18

Jacopo prese l'ascensore che lo avrebbe condotto di sotto. Era più forte di lui: più l'abitacolo proseguiva la sua discesa e più il suo disagio aumentava, assieme ad un leggero senso claustrofobico.

Raggiungere la Bolgia all'interno di quella scatola di latta collegata ad una sorta di carrucola moderna dal cigolio per niente rassicurante, non era proprio il massimo per la psiche nel breve momento. Ma d'altronde a differenza delle scale, non permetteva di fare retromarcia con altrettanta facilità.

Durante il tragitto, ricordò del suo primo giorno di servizio in quella caserma, quando gli parlarono per la prima volta della Signora Dei Morti. La pelle gli si accapponò esattamente come allora, ma sorrise divertito in quanto si trattava solo del riflesso incondizionato azionato dai ricordi.

Gli raccontarono una marea di balle enormi quanto lo stesso pianeta Terra, quali che Ivana parlava con gli spiriti dei morti e che i defunti erano ancora più pallidi a causa del suo necro-vampirismo. Gli raccontarono che se ne stava tutto il giorno china e gobba sulle salme, con le unghia delle dita affilate come bisturi sporchi di sangue raggrumato. Gli raccontarono inoltre che, non avendo una vista perfetta, scambiandolo per uno dei suoi pazienti avrebbe potuto incappare in una brutta vivisezione.

Si chiese quindi con che razza di scherzo di Dio avrebbe mai dovuto collaborare, restando piacevolmente sorpreso dall'incontro con il medico. Si aspettava una sorta di Gollum spelacchiato ed invece si era trovato di fronte una delle donne più belle del pianeta, di quelle che un uomo farebbe carte false per avere anche solo una sola chance di uscire con lei.
Certo che anche allora, nonostante questo e tralasciando il fatto che avevano instaurato una solida amicizia, la trovava piuttosto singolare e stravagante... Non era facile sentirsi a proprio agio con lei.

Come volevasi dimostrare, una volta di sotto, le porte dell'ascensore si spalancarono lasciando che alle orecchie del carabiniere giungessero le note di "Per Elisa" ad accompagnarlo lungo l'oscuro, freddo e spoglio corridoio che l'avrebbe condotto da Miss Inquietante.

Almeno si sente l'odore del disinfettante. Questo è bene, pensò Jacopo osservando le deboli luci al neon che lampeggiavano ad intermittenza.

Dovrebbe farle sostituire queste lampadine...

Stava per muovere il primo passo quando una risatina isterica unita al ticchettare di una calzatura con il tacco lo fece trasalire. Sospirò arrendevole e si fece avanti.

Ivana immersa in quella penombra ansiogena danzando leggiadramente in simbiosi con la traccia audio, stava sistemando dignitosamente le salme delle tre donne orribilmente uccise disposte in quest'ordine su tre differenti barelle: Chiara Monte; Elisa Barbato; Aurora Pastore. Le aveva lavate, pulite e pettinate per bene prestando attenzione ad ogni singolo dettaglio, così da restituir loro un po' della dignità che meritavano di diritto.

Jacopo la vide aggirarsi tra i tre sostegni in trance, senza neanche che sbattesse le palpebre. Sembrava un tutt'uno con quell'ambiente sterile ed inquietante, una strega alle prese con chissà quale rituale esoterico. Il tavolo operatorio brillava più del sole bersagliato dalla luce inquisitoria della lampada soprastante. Al suo fianco vi era un carrello con tutti gli strumenti tipici del chirurgo. Deglutì, chiedendosi assoggettato a quella visione se non stesse aspettando proprio lui per adoperare quegli aggeggi.

Rinsavendo, attiro l'attenzione su di sé schiarendosi sonoramente la voce.
Di colpo Ivana si irrigidì, venendo riportata sulla terra. - Oh, sei tu allora. Ciao Jacopo! - Lo osservò meglio, notando la sua espressione disagiata.
- Jacopo... cos'hai che non va...? Ti senti male? - domandò apprensiva, raggiungendolo e posandogli le mani sulle spalle. Poi ponendo il suo viso a quello del carabiniere, chiese: - Devi essere stressato, perchè non ti riposi cinque minuti sul lettino vuoto? -

Il lettino vuoto? Il tavolo operatorio! Una scintilla scoccò nella sua mente, così nitida da poterla vedere anche con gli occhi e due battiti più violenti del suo cuore lo rimisero sull'attenti mettendo in circolo l'adrenalina. Col cavolo che ci si sarebbe messo a riposare la sopra!

- Fa' cessare questa musica! - intimò Pois puntando il dito verso il suo portatile.

- Ma come -, disse la donna dirigendosi verso il dispositivo, - credevo ti piacesse la musica classica. Non ti sarai mica convertito anche tu alla pattumiera musicale, spero. -

- Ma non ti rendi minimamente conto di quanto tu sia inquietante a volte vero? Dovresti passare un po' meno tempo qua dentro e cercarti compagnia Ivana. Sul serio. -

- Ma qui in obitorio sono già in ottima compagnia. Lo sono spesso. - lo schernì ridendo, approfittando del suo disagio. - Nel caso non te ne fossi accorto siamo in compagnia di tre belle signorine qui, pronte per andare a prendere il sole! -

- Ecco, appunto... Non dovresti rifiutare sempre gli inviti ad uscire di Nora e le altre - rispose lui preoccupato per l'amica.

- Su rilassati, usciamo questa sera tutte insieme! E poi negli ultimi giorni anche se avessi voluto non ci sarei riuscita e lo sai bene anche tu: c'è stato del lavoro da fare... - bofonchiò lei quasi sbuffando, inducendo Jacopo ad abbassare la testa e guardare per terra.

- Dai Jacopo, non me la sono presa! - lo rassicurò il medico. - So bene anche io che starmene chiusa qui dentro mi fa male, ma è dovuto anche al fatto che il mio lavoro mi piace. Mi ha logorato più il fatto di non avere niente d'interessante a cui lavorare, e che le povere vittime qui non me ne vogliano. Sto bene, davvero. -

- Va bene, voglio crederti. Allora dimmi, cosa puoi dirmi a riguardo delle vittime? - domandò senza crederle affatto.

Ivana fece cenno di avvicinarsi ai carrelli. Per un primo momento si domandò se fosse necessario usufruire delle cartellette mediche, poi convenne che non ne era il caso dato che al carabiniere mancavano solo alcuni dettagli.

- Poverette... - si lasciò scappare accidentalmente Jacopo, mostrando così la sua sensibilità.

- Non ti preoccupare. Li prenderemo - lo rassicurò Ivana.
- Allora, ascolta. Buona parte degli elementi sono già a tua conoscenza, perché coincidono con la deposizione di quel povero ragazzo... Per quanto riguarda Elisa Barbato e Chiara Monte intendo. La prima donna, poveretta, è morta realmente in seguito ad un violento urto del cranio che l'ha uccisa sul colpo.
Per quanto riguarda la seconda invece, la dinamica dell'assassinio è la medesima della deposizione, esattamente come nel primo caso che ti ho appena elencato. E fin qui niente di strano se non che... -

- Se non che...? - fece Jacopo irritato da quella pausa che reputava inopportuna.

- Se non che ho riscontrato una strana coincidenza tra due dei tre cadaveri - rispose lei senza nascondere un evidente disagio.

- Una coincidenza dici? -

- Proprio così. Non so quanto possa essere rilevante, ma come nel caso di Chiara Monte è stato asportato un rene, ad Aurora Pastore è stato asportato il cuore. -

- Che cosa?! - fece Jacopo esterrefatto.
- Le è stato asportato... il cuore?! -

- Si, proprio così. Hai capito bene - rispose Ivana annuendo con la testa ed incrociando le braccia. Le venne la pelle d'oca al solo pensiero che in giro fosse presente a piede libero un maniaco collezionista d'organi. - È stata sedata per cominciare. In seguito tutto il suo sangue è stato fatto defluire via dal suo corpo, mediante un foro posto sul suo collo in corrispondenza della carotide, raccogliendolo tutto in qualche contenitore suppongo. Questo spiega l'assenza di tracce ematiche nella stanza dove è stata ritrovata dalla sua amica. Poi come puoi immaginare benissimo da solo... -

- Ma è orribile... Io non... non... -
Jacopo non riusciva ad esprimersi. Stava affrontando un blocco psico-emotivo molto forte. Dopotutto era anche lui un essere umano.

- Jacopo, secondo te abbiamo a che fare con un maniaco trafficante d'organi? Cioè voglio dire, prima un cuore e poi un rene... -

- Non so cosa dirti, ma lo scopriremo - rispose Jacopo, sperando con ogni fibra del suo corpo che la madre di Alessandro Santi non fosse andata incontro alla stessa fine.

***

Con gli occhi dolenti per via della luminosità del monitor sulla scrivania di Gianluigi Calderano, lo stesso carabiniere assieme a Cristina Miagolo, cercava informazioni sui nominativi affibbiatigli da Pois.

Per prima cosa esaminarono gli archivi della centrale, cercando eventuali precedenti collegati agli interessati senza ottenere riscontri.

- Nada - sibilò amareggiato Calderano gettandosi all'indietro sullo schienale della sua sedia. - Dovremmo inviare i nominativi al comando generale per vedere se loro riescono a venirne a capo in qualche modo... -

- Perché non facciamo una telefonata in Comune all'Ufficio Anagrafe? Magari potremmo ricavarne qualcosa di buono ed inaspettato! - proruppe Cristina, con l'aria di chi sulla testa si sia appena accesa una lampadina.

- Il Comune? Non sappiamo neanche se questi porci siano della zona, Cristina. -

- Però non sappiamo neanche se lo sono, effettivamente! Potrebbero risiedere ancora qui, nel comprensorio. Oppure potrebbero essere stati residenti della zona o nella zona in passato! -

Gianluigi rimase a fissarla in modo distaccato, seccato e saccente senza concederle una risposta. Riteneva la sua proposta un tentativo futile, pertanto non meritevole di considerazione.

Ma Cristina non si lasciò contagiare da quel momento di negligenza da parte del collega. Prese la cornetta, compose il numero del Municipio ed attese che qualcuno le rispondesse.
Non ci misero molto dagli uffici e, presa in carico la richiesta da parte delle forze dell'ordine, terminati i controlli spedirono il responso via FAX come da cordiale accordo.

- Wow! - esclamò la donna in uniforme sollevando il foglio di carta al cielo come se stesse reggendo in mano il Trofeo Dei Trofei. - Avevo ragione, ho fatto bene a telefonare. Guarda un po' qui, Gigi! -

Calderano diffidente le strappò il foglio dalle mani e ne lesse il contenuto attentamente. Non poté credere a quanto vi era riportato.

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