Capitolo 6

Avril

Quando mi volto vedo una ragazza dai capelli biondi che è per terra con il suo vassoio.
Dei ragazzi si affrettano ad aiutarla ad alzarsi, è la stessa ragazza che ho sentito piangere in bagno.

Li ringrazia e si alza raccogliendo il vassoio e il cibo per terra con un fazzoletto.

<<Cos'è successo?>>

Chiede Mahmood ad Ash che guardano l'accaduto, mi metto in avanti di qualche centimetro per guardare meglio la situazione.

<<Chi è lei?>>

<<Brianna.>>

<<Cassandra.>>

Dicono all'unisuono mentre li guardo interrogativa, ho chiesto chi fosse la ragazza bionda eppure mi hanno dato due nomi differenti, questo spiega che ognuno di loro conosce una di loro.

<<La ragazza bionda, chi è.>>

Preciso io guardandola.

<<È Cassandra, del quarto anno.>>

<<Ha sempre avuto problemi con Brianna?>>

Mahmood alza le spalle Ash si tortura le dita.
Perché queste reazioni?

<<Solitamente sono le cheerleader ad aver un comportamento come questo, ma è da qualche settimana che Brianna infastidisce Caterina.>>

Una ragazza dai capelli verdi scuri si avvicina a lei, le sorride beffarda e si siede sul tavolo a gambe incrociate.
Brianna.

<<Ehy Carter!>>

Urlo alzandomi, tiro in dietro la sedia, alzo il mento e cammino lentamente verso la sua direzione.

<<Benvenuti allo show.>>

Sussurro a me stessa, sento Mahmood chiedere ad Ash "che sta facendo?" ma lui non risponde.
In effetti solo io al momento so che farò.

Brianna sgrana gli occhi e si irrigidisce all'istante.
Quando le sono davanti sento lo sguardo di tutta la mensa addosso, Cassandra mi guarda con occhi spalancati.

<<Ehm io sto bene...>>

Dice quest'ultima mentre poggiando il vassoio sopra un tavolo e pulendosi la maglietta con un fazzoletto.

<<Chi te l'ha chiesto?>>

Le sorrido mentre lei aggrotta la fronte per il mio modo sgarbato.

"Va tutto bene, nonostante tutto devi dire che va bene. Perché è questa la vita, anche se fa male devi fartelo andare bene."

Scaccio via quel pensieri prima che mi stordisca e continuo dritta.
Deve andare bene.

<<Oh guardate chi c'è, Cooper.>>

Le sue bambole ridono mettendosi la mano teatralmente davanti alla bocca e lei mi indica con una mano.

<<Complimenti per i capelli, si vede che sei appena stata dal parrucchiere. Ti hanno messo una parrucca Carter?>>

Sento delle risate sussurrate, dei bsibigli e una bocca spalancata per lo shock, la sua bocca.

<<Che stronza.>>

Sussurra una delle due ragazze all'orecchio dell'altra che sta dietro facendo una smorfia.

<<Non mi sto comportando da stronza, io sono così al naturale, ma voi? Non siete delle stronze a comportarvi così con lei senza un motivo apparente?>>

<<Non ti permettere più Cooper non vorrei abbassarmi ai tuoi livelli, non ti conviene!>>

Assottiglia lo sguardo Brianna scendendo dal tavolo e puntandomi il dito contro, la supero di qualche centimetro.

<<Tu ai miei livelli? Non ci arriveresti neanche con l'ascensore, rassegnati Carter.>>

<<Fai tanto la simpatica Cooper ma fossi in te ritornerei sui miei passi.>>

Si gira verso le sue amiche e sventola la mano in aria.

<<Andiamo prima che dica qualcos'altro.>>

<<E tu Cassandra apri gli occhi la prossima volta.>>

Le fa un sorrisino fugace, quando si volta per andarsene con ke sue ragazze la blocco per l'avambraccio.

<<Sai Carter, tu sei una di quelle che continua a parlare finché non trova qualcosa da dire e alla fine tutto ciò che riesci a dire è stupido o insensato. Non voglio più vederti trattare male questa ragazza, lo dico per il tuo bene.>>

Le sorrido calma, sento una risata profonda da diversi ragazzi, lei si volta infuriata e stringe i pugni.

<<Che avete da ridere?>>

Strilla e tutti la guardano divertiti.

<<Tu...non...>>

La blocco con la mano in aria mentre mi punta un dito contro, mollo la presa dal su avambraccio e prendo per il braccio la bionda che mi guarda confusa ma silenziosa.

Mi volto per un attimo verso Ash e Mahmood e noto che stavano guardando la scena con attenzione, come d'altronde tutto il resto della mensa, faccio un'occhiolino a quest'ultimo che sorride ed esco.

Non le tolgo la presa finché siamo fuori e lontane dalla mensa, siamo davanti al mio armadietto celestino, tiro fuori lo zaino e lo chiudo con la chiave.

<<Grazie...>>

Mi fermo e la guardo per un attimo indefinito, da quando io non ho pronunciato quella parola?

<<Per cosa?>>

<<Sei stata gentile con me. Quindi grazie per essere stata gentile con me aiutandomi.>>

Lo dice aggrottando la fronte come se la cose fosse ovvia.

<<Una volta ero gentile con tutti. Poi sono guarita.>>

Dico e lei non capisce, nessuno mi capisce, ma sorride e mi tende la mano.

<<Mi chiamo Cassandra ma puoi chiamarmi Cassie.>>

<<Io sono->>

<<Avril Cooper, lo so, seguiamo lo stesso corso di matematica.>>

Non mi ero mai accorta di lei prima d'ora se non oggi in bagno, non presto molta attenzione a ciò che mi circonda sopratutto alle persone, a meno che io non abbia un motivo valido per farlo.
Allora non mi sfugge nulle.

<<Odio il professore Stewart.>>

<<Sì, sa essere odioso e poi si parla sempre dei nuovi arrivati finché si ambienta.>>

<<Non voglio sapere cosa tutto gira su di me.>>

<<Per ora solo buone cose.>>

Sorride, cosa devo fare?
Non ho quasi mai avuto contatti così diretti con le persone, non mi riesce fare la gentile a lungo, ho sempre evitato le amicizie nella vecchia scuola.

Tutti pensano perché io sia il solito stereotipo di persona addolorata precedentemente in passato che non vuole fidarsi delle persone per non far sì che qualcuno le faccia nuovamente male.

Errato, non sono il solito clichè.
Semplicemente sto attenta alle persone che voglio al mio fianco, davvero.

<<Io devo andare, ho le ultime due ore buche.>>

<<Aspetta, io ehm...davvero ti ringrazio ancora era da tanto che nessuno faceva qualcosa contro Brianna.>>

<<Cos'è successo fra voi due? Perché ti tratta male?>>

Chiedo appoggiandomi agli armadietti mentre lei guarda il cortile.

<<Prima eravamo amiche ma col tempo lei è cambiata e io ho preferito starle alla larga e farmi altre amicizie, così ci siamo divise e abbiamo preso due strade differenti.>>

Spiega lei chiaramente addolorata dalla situazione, ma qualcosa non mi torna, dov'erano le sue "amicizie"?

<<E i tuoi amici dove sono?>>

<<Non ho legato con tante persone, l'unica che posso ritenere veramente amica è Olivia, è partita quest'anno per studiare a Londra.>>

Non so cosa provare o cosa sentire, cosa dirle o come consolarla, la guardo e mi volto a fissare un punto inesistente.

<<È la vita, ci fotte tutti.>>

Sorride imbarazzata, è chiaro che non è abituata ad un certo linguaggio e quasi mi sento in colpa per averla messa in imbarazzo.

<<Mi dai il tuo numero? Domani ti aspetterò fuori scuola.>>

<<Non devi starmi appiccicata.>>

Si sofferma a guardarmi con i suoi occhioni pieni di delusione ma mi affretto a spiegarmi meglio, non mi ha fatto niente di male dunque non voglio ferirla.

<<No, intendo non per forza, io non ho fatto niente, odio quella zoccola non sa fare altro che aprire la bocca tanti sono i lavori che...>>

<<Avril!>>

Mi sgrida spalancando la bocca e trattenendo a stento una risata.
Sì, c'è da divertirsi con Follettina.
All'improvviso spalanco gli occhi e sorrido.

<<Tu da oggi sei Folettina.>>

Le dico toccandole il naso, lei lo arricccia goffamente.

<<Oh! Ehi il mio naso!>

Sorride felice come una bambina eccitata.

<<Perché?>>

<<Ma insomma guardati, sei una Folettina da giardino!>>

Sbuffa con un sorrisino incrociando le sue braccia minute.

<<Hai un bel naso, sai che significa? Le persone con un bel naso hanno una bella vita, se hai un bel naso hai tutto.>>

<<Che ragionamento è?>>

Dopo le sue risate ci scambiamo i numeri, la saluto uscendo dalla scuola e mentre aspetto il pullman tiro fuori le caramelline al latte.
Tra meno di un'ora inzia il mio programma preferito e a solo sapere che non lo guarderò mi sento già triste.

Quando salgo in pullman guardo la coppia che sta davanti a me, sono due ragazzi e stanno giocando al cellulare, ridono e si battono il cinque.
Amicizia.

Cos'è l'amicizia?
Temo la risposta ma so già che io non ho mai avuto modo di credere nell'amicizia.
Guardo fuori dal finestrino, sono anni che sto via da questa città e la mia vita sembra essersi fermata in quella notte.

Ora che sono di nuovo qui voglio le risposte e solo allora riuscirò ad avere un nuovo inizio.
Farò la mia vendetta su tutti e inizierò da te Brianna Carter, ti renderò la vita un inferno come hai fatto a me.

Quando torno a casa salgo di corsa le scale, prendo la mia borsa e ci metto i vestiti di ricambio, senza neanche controllare se mia madre è a casa o meno riesco con la stessa fretta e euforia con la quale sono entrata.

Sto camminando lungo il viale quando noto che è praticamente deserto, ci sono solo due ragazzi che stanno camminando e parlando tra di loro.

Solitamente non avrei fatto questo ragionamento ma un SUV da qualche secondo mi sta dietro, ho questa impressione perché percorre la strada a modo molto lento.

Non voglio voltarmi, se qualcuno mi sta inseguendo devo subito trovare un modo per seminarli o mimetizzarmi e poi arrivare in un posto dove ci sono più persone.
Perché in pubblico non hanno potete.

Affretto il mio passo, sento il ronzio del motore accelerare, continuo ad andare dritta con un espressione normale.

Faccio finta di controllare l'orario, mi sbatto la mano sulla fronte ed inizio a correre.
Come mi aspettavo, il SUV accelera e io di conseguenza inizio a correre più che posso, come mi sono tenuta allenata rutti questi anni.

Mi fermo perchè accade qualcosa di inaspettato quando il SUV mi supera e continua ad andare dritto lungo tutto il viale, lo guardo finché sparisce alla seconda rotonda.

È stata una coincidenza? Mi sono immaginato tutto?
E se chi guidava sà della mia direzione e mi ha superata per nascondersi e aspettarmi?

Torno indietro per la mia strada e inizio a correre dalla direzione opposta prendendo hna scorciatoia, quando sono in città più vicino alla gente mi fermo, inciampo distratta e mi rialzo.

<<Maledette gambe, che avete che non va. Vi ho allenate per questo dai non cedete stronze.>>

Sbuffo spolverando i miei pantaloni e guardandole male.

Un signore mi passa accanto e mi guarda preoccupato e  forse impaurito, quando incrocio il suo sguardo lo tengo fisso su di lui, nessuno può intimidirmi.
Abbassa lo sguardo e mi sorpassa.

Sono vicina a tanti ristoranti e tra tutti mi fermo al Fast Food Good, sorrido davanti alle vetrate.
È lo stesso di sempre, chissà se il cibo ha la stessa ottima qualità di prima.

Spingo la porta e guardo dentro il locale che è meno pieno di quanto mi ricordassi, ci veniva tanta gente prima perché ora è vuoto.

Le pareti e la loro tinta ormai appaiono vecchie, le sedie e i tavoli sono nuovi, è ben pulito dentro ma non è più accogliente come una volta, non c'è più l'atmosfera calda e famigliare di una volta, è come se mancasse qualcosa.

Mi avvicino alla cassiera e aspetto che venga qualcuno ma tutte le cameriere sono impegnate.
Sbuffo guardando fuori dal locale, non possono farmi aspettare così tanto accidenti.

Durante l'attesa ripenso aj pochi minuti prima, cos'era è appena accaduto?
Non ho nemmeno visto chi stava al posto di guida, aveva tutti gli specchi scuri e non si vedeva granché.

Sto per prendere il telefono e informarlo quando una voce dà dietro il banco mi distrae.

<<Benvenuta al Fast Food Good, desidera?>>

Mi volto verso il ragazzo dai capelli rasati a zero, ha degli occhi verdi e un sorriso stampato in faccia.
Non indossa nessun uniforme a differenza degli altri impiegati.

Ha solo un cartellino attaccato sulla sua maglietta sù scritto "Alec".

<<Un panino al triplo formaggio con degli hamburger piccanti. Le patatine dalla porzione grande, le ali di pollo croccanti con la salsa speciale.>>

Mentre sta scrivendo qualcosa su un foglietto si gratta la fronte.

<<Ah sì, e una Pepsi Maxi.>>

<<Ehm mi scusi, non facciamo più la salsa speciale e neanche gli hamburger piccanti.>>

<<Cosa? Ma come? Perché?>>

Il ragazzo alza le spalle con una smorfia sul volto, sicuramente si chiederà che ragazza di persona si spaventa così per il cibo, ma quella salsa e quegli hamburger insieme erano veramente unici.

Mi mordo le labbra e lo guardo assottigliando lo sguardo.

<<Fammi parlare con lo chef.>>

<<Eh?>>

Il ragazzo spalanca gli occhi.

<<Io non credo sia possibile...Se vuole può ordinare qualcos'altro...>>

<<Come non credi sia possibile? Se io voglio vedere lo chef allora lo vedrò.>>

Sbotto fissandolo per un ultimo secondo.

<<Allora, si calmi e...>>

Non finisce di parlare che io faccio il dietro il banco ed entro nella cucina.
Ci sono tre ragazzi che cucinano gli hamburger e delle patatine.

<<Dov'è lo chef?>>

Tutti alzano lo sguardo e mi guardano spaesati, mi avvicino a loro.

<<Chef Jackson?>>

Urlo cercandolo ma invano, rimango delusa e imbrinciata.

<<Hey! Hey! Senti ma chi ti ha dato il permesso di entrare?>>

Guardo il ragazza dai capelli rasati e gli occhi verdi, Alec.
Assottiglia lo sguardo mettendosi le mani ai fianchi.

<<Senta non sono proprio dell'umore adatto, esca subito e finiamola qui.>>

I due cuochi mi guardano sorpresi mentre uno di loro si avvicina a me.

<<Tu conoscevi lo chef?>>

Sto per rispondere quando mi sento prendere per un braccio e uscire fuori dalla cucina.

<<Prova a toccarmi nuovamente e ti assicuro che non finirà per niente bene.>>

Ritiro il mio braccio con forza dalla sua presa e gli giro il braccio con facilità dato che una mossa del genere era del tutto inaspettata.
Alza le mani in segna di resa così gliela lascio libera.

<<Come fai a conoscere lo chef?>>

Mi chiede guardandomi più del devuto.
Mi infilo le mani nella giacca a vento, sto perdendo tempo.
Il tempo è un lusso per pochi.

<<Anni fa venivo sempre qui, eravamo buoni amici, mi trattava come una figlia volevo vederlo e sono passata.>>

<<Lo chef non c'è più.>>

In che senso non c'è più?
Rimango a rifletterci per qualche secondo e quando finalmente capisco che intende spalanco gli occhi.

<<Quando è successo?>>

<<Due anni fa è venuto a mancare proprio in cucina.>>

Ne parla come se fosse addolorato.

<<Era molto stanco per colpa della vecchiaia, io sono suo nipote e ora dirigo questo posto.>>

Addio panino magico, mi guardo attorno e riporto la mia attenzione sul ragazzo.

<<Ecco perché ci sono così pochi clienti, sarà che la qualità del cibo è pessima.>>

Dico d'un tratto senza contenermi, il ragazzo rimane scioccato ma si ricompone immediatamente.

<<Può assaggiare e darmi la sua opinione, offriamo noi.>>

Lo guardo sospettosa e poi l'orario nel cellulare.

<<No, sarà la prossima volta, ora devo andare.>>

<<Non l'ho mai vista qui, si è trasferita da poco?>>

<<Se continui a darmi del lei sarai tu a non essere più visto perché probabilmente sarai sottoterra.>>

Dico con tono gelido, mi guarda per un attimo e poi scoppia in una risata calma.

<<Sei davvero simpatica. Studi?>>

<<Vuoi anche il mio numero?>>

<<Mi è concesso?>>

Chiede con un sorriso tranquillo, ispira tanta tranquillità e pace, persino il suo modo di fare, i suoi movimenti sono lenti e determinati.

<<Smettere di respirare? Sì.>>

Esco dal locale mentre sento il suo sguardo addosso e una risata che lascio alle mie spalle, questa città ha perso la sua magia.

Quando arrivo a scuola mi cambio negli spogliatoi femminili ed entro nella palestra della piscina scolastica.
Questo è uno dei motivi per cui ho scelto di frequentare questa scuola, per tutto l'anno non ci sarà mai nessuno a quest'ora.

Prima di entrare nella piscina coperta mi guardo dietro, non c'è davvero nessuno.
Niente panico.
Sarà stata solo una coincidenza.

Mi passo le mani sul costume e guardo l'acqua, mi metto la cuffia e gli occhiali.
Inspiro ed espiro un'ultima volta prima di tuffarmi in acqua.
Questa è l'unica cosa che mi rimane, nuotare.

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