Capitolo 19

Avril

<<Avril tu vuoi morire.>>
<<Sì.>>
<<Avril alzati.>>
<<No.>>
<<Avril ti ho comprato la Vodka se arriva a saperlo Cassandra mi ammazza.>>
<<Ben ti sta.>>
<<Avril andiamo, ti riporto a casa.>>
<<No.>>
<<Ti porto a mangiare qualcosa.>>

Spalanco gli occhi e mi alzo a sedere in quell'asfalto viscido, alzo lo sguardo e lo fisso sospettosa.

<<Davvero? Dove?>>

<<Dove vuoi tu l'importante è che finiamo il più fretta possibile.>>

<<Ash.>>
Mi alzo guardandolo attentamente e mi avvicino a lui.

<<Non ti sopporto.>>

Gli sorrido mentre lui mi risponde con una smorfia, salgo in macchina e partiamo in silenzio.

<<Ma posso far finta di sopportarti stanotte.>>

Si volta nella penombra, i suoi occhi azzurri sembrano essere sempre più scuri e tristi.
Mi guarda con la solita espressione ferma tornando alla guida.

<<Solo per stanotte, non sopporterei un comportamento normale e gentile da parte tua.>>

Abbasso il finestrino della macchina e porto fuori il braccio facendo ballare le dita tra la corrente del vento.

<<Metti la cintura.>>

<<Perché?>>

<<Cosa significa perché? Avril metti la cintura per sicurezza e non fare la bambina.>>

<<Per sicurezza.>>

Mormoro a bassa voce.

<<Se dovesse accadere un incidente tu sarai la prima...>>

<<A morire.>>

Concludo per lui la frase del tutto indifferente.

<<A f-farti male, intendevo dire a farti male.>>

<<Lascia che mi faccia male allora.>>

Non aspetto una sua risposta anche perchè difatti non l'ha data.

<<Dove vuoi andare?>>

Mi chiede irrompendo il silenzio, guardo la città nel suo silenzio e mi torna in mente quella notte.

<<In cimitero.>>

<<A quest'ora? Non credo sia una buona idea.>>

<<Fammi scendere allora.>>

Mi volto nella sua direzione ma non mi guarda, mi ignora.

<<Non volevi mangiare?>>

<<Se mangio non riesco a bere.>>

<<Che grande filosofa.>>

<<Ash o mi porti in cimitero o mi fai scendere.>>

La macchina si ferma di colpo e lui sbatte il pugno sul volante, sembra frustrato e sfinito allo stesso tempo.

<<È mia responsabilità riportati in casa sana e salva, anche se di sano hai ben poco, smettila con queste tue stranezze.>>

Sbuffa ripartendo e aprendo anche il suo finestrino, il vento gli scompiglia i capelli facendoli andare all'indietro e mostrando i suoi occhi azzurrini.

<<Chi va in cimitero a quest'ora? Ad Halloween poi.>>
Sussurra scioccato.

<<Se ci vuoi andare vacci da sola. Ad allora puoi anche morire.>>

Tre minuti dopo siamo davanti casa mia, quando sto scendendo prendo la bottiglia di Vodka e prendo i pacchetti delle caramelle.
Ne apro uno e ne tiro fuori una caramella, gliela butto su di lui che sta ancora al posto di guida.

<<Che fai?>>

Chiede guardandomi incredulo.

<<Questo è per il passaggio, non ho soldi quindi accontentati.>>

<<Ti ricordi che gli ho comprati con i miei soldi? Non ha senso.>>

<<Babbo Natale mi ha regalato un pacchetto di queste.>>

Alzo la mano destra con le caramelle mentre lui alza gli occhi al cielo.

<<Sono mie, quindi sì, ha senso.>>

<<Mi stai facendo diventare matto.>>

<<Parli come se starti vicino mi sia facile o voluto. Vattene ti ho sopportato abbastanza. Tra l'altro non che te sia sano.>>

Sbotto scendendo dall'auto, sempre più di prima mi pento di parlare con le persone dato che si dimostrano uno schifo.

<<Un grazie sarebbe bastato!>>
Mi urla dietro ma lo ignoro.

Mi piacerebbe tanto che per ogni persona ci fosse un trailer di 30 secondi in modo che io posso vedere in cosa mi sto andando a cacciare.

Quando entro a casa nascondo la bottiglia sotto i cuscini del divano, vado di sopra a controllare se mia madre sta dormendo ma non è in camera sua.
Il suo letto è pulito e intatto come lo ha lasciato stamattina, strano, dove sarà a quest'ora?

Vado nella mia stanza e nel buio, accendo la luce e mi sfilo il vestito, se non fosse per Cassandra non l'avrei mai messo, butto i tacchi da qualche parte della stanza, mi dirigo all'armadio prendendo una maglietta a maniche corte nera e dei leggins rossi a scacchi.
Prendo gli anfibi e scendo lentamente nel buio quando sento un rumore proveniente dall'ufficio.

Mi immobilizzo istantaneamente, mi sto agitando e non va per niente bene.
Passo per la cucina lentamente prendendo un coltello e lo infilo nelle calze.

Prendo la mazza da Baseball che sta vicino alle scale dietro all1qa porta del garage e percorro il corridoio lentamente.

La porta è semichiusa, mi avvicino mentre inizio a sentire caldo.
Degluitisco spingendo di poco la porta stando attenta a non farla cigolare, una figura sta in piedi alla scrivania ma non capisco se sia femminile o maschile.
Accendo la luce di scatto e la figura si volta guardandomi.

<<Mamma...>>

Lascio un sospiro di sollievo nascondendo la mazza fuori dalla porta.

<<Avril, tesoro sei tornata?>>
Annuisco entrando nel suo ufficio, indossa il suo pigiama di seta e le pantofole.

<<Che ci fai in piedi a quest'ora? Pensavo stessi già dormendo.>>

<<Ho finito da poco il lavoro sul pc, mi sono giusto cambiata per andare a dormire e tu?>>

Alzo le spalle infilando le mani nelle tasche dei leggins.

<<È la prima volta che torni tardi da una festa, solitamente torni presto, ti sei divertita vero?>>

<<Se per divertita intendi dire litigare costantemente con un idiota allora sì.>>

Mi guarda sorridendo, si siede sulla poltroncina di pelle guardando i quadri sul comodino.

<<Tesoro, quando capirai che litigare con tutti e odiare tutti senza neanche dar loro possibilità di conoscerti e farsi conoscere non è un modo con il quale potrai vivere per sempre?>>

Alzo gli occhi al cielo ed esco dal suo ufficio prendendo la mazza e riportandola al suo rifugio di corsa prima che mi segua fuori.

<<Avril puoi sentirmi per una volta? Non ho finito di parlare.>>

Quando sento la voce di mia madre avvicinarsi corro fino alla cucina.
Mi raggiunge dopo poco, faccio finta di prendere qualcosa dal frigorifero cercando di nascondere il fiatone.

Tiro fuori un tramezzino e mi siedo versando del succo di frutta, il mio tramezzino preferito è quelli agli spinaci, il frigorifero ne è sempre pieno.

<<Ti comporti come se non ti importasse, nuovamente, quando inizio a pensare che la tua situazione sta migliorando mi rendo conto che non sei mai andata avanti in quattro anni!>>

Alzo lo sguardo addentando il tramezzino agli spinaci, la guardo ferma e fredda, se ne sta con un braccio poggiato allo stipite della porta e un'espressione poco serena.

<<Smettila di comportarti così, smettila di litigare con tutti e di avere questo carattere duro perchè ti renderà difficili le cose.>

Per un attimo ho visto un lampo di tristezza e dolore, poi, nuovamente quella rabbia.

<<Non mi dici niente?>>

Mi guarda per qualche secondo, io non alzo lo sguardo continuo a mangiare in silenzio, bravo del succo di frutta.

<<Non so proprio come ti ho cresciuta. Bene, non dire niente. Buonanotte.>>

<<Mamma. Tu non mi hai cresciuta, ho dovuto farlo da sola, ora non pretendere di avere qualcosa da dire sul mio carattere.>>

Mia madre fa finta di non avermi sentito, forse è stanca per litigare o forse non avrebbe retto la discussione.
Quando mi accerto che si è chiusa in camera torno di sopra per prendere le chiavi di casa.

Sto per scendere di sotto quando sento la voce di mia madre provenire dalla sua stanza.
Attacco l'orecchio alla porta per origliare meglio, sentire cosa le succede.

Mia madre sta piangendo e soffocando le sue strilla, mi accascio alla porta e chiudo gli occhi sentendo la muscia provveniente da dentro la stanza.

Per quanto possa sembrare egoista io non posso farle niente, questa volta penserò solo a me stessa, le sue lacrime e il suo dolore è ciò che volevo.

È ciò che mi serve per avere la forza di andare avanti, è ciò che mi fa stare bene.
Lei deve provare quello che mi ha uccisa in tutto questo lasso di tempo, sorrido amareggiata.

<<Piangi mamma finché puoi. Urla e grida se ci riesci, c'è chi deve stare in silenzio anche nei momenti dolorosi.>>

Le sussurro sicura che non mi avrebbe ascoltata, scendo le scale, indosso le scarpe ed esco dalla casa con la bottiglia di Vodka in mano.
Guardo il cellulare che segna 01:20.

Cammino lungo la strada da sola come mi è sempre stato destinato, tutto ciò che sento in testa non sono altro che lamentele di protesta.
Non riesco a non pensare al male è l'unica cosa che mi tiene normale.
Se non trovo nessuno da maltrattare non posso più respirare.
Ho bisogno del loro dolore per continuare.
Dove la trovo una persona capace di restare senza odiare.
Ad amare ormai non ci crede più nessuno, neanch'io questo è sicuro.
Non posso riaverlo indietro e non posso dimenticarlo col tempo, non posso odiarlo e non posso amarlo, è questo significare essere morti?

Non mi rispondo perché quando alzo lo sguardo trovo tutto ciò di cui ho bisogno, la risposta.

Spingo il cancello semiaperto ed entro attraversando quel silenzio tomba.
Inciampo su dei sassi strappando i leggins alle ginocchia, mi rialzo e sorrido quando dopo tre sentieri lo trovo.

Mi avvicino e mi siedo davanti a lui, stappo la bottiglia e inizio
a bere due sorsi.

<<Non guardarmi così, sono due anni che non bevo, concedimelo.>>

Sorrido guardandolo davanti a me, li porgo la bottiglia.

<<Cin Cin, alla tua salut!>>

Rido bevendo altri due sorsi,mi asciugo le gocce dalla bocca con la manica della maglietta.

<<Sai, oggi ho litigato con la mamma.>>

Rido bevendo dalla bottiglia.

<<A dire il vero è quello che stiamo facendo in tutto questo tempo, tutti questi anni passati in una relazione di amore e odio.>>

Lo accarezzo sperando di avere una riposta da lui, guardo tutti gli altri ascoltare la nostra conversazione.

<<Incredibile la gente anche da morta non si fà i cazzi suoi.>>

Lo guardo ridendo, alzo la faccia verso il cielo e guardo le stelle, mi volto verso di loro e alzo la bottiglia.

<<Avrei tanto voluto offrire a tutti un giro per brindare un'altra volta Victor. Ma non posso condividerla. Ciò che è mio non si tocca.>>

Resto in silenzio per qualche secondo ed ecco che riprendo a parlare dicendo tutto quello che sento in testa.

<<Hai visto quanto sono cresciuta Victor? Sono cresciuta da sola, ce l'ho fatta anche senza di te razza di idiota.>>

Accarezzo la tomba, la pietra liscia e le scritte ricalcate varie volte, sono quattro anni che non lo vedo.
Mi faccio un'altro sorso circondandolo con le braccia.

<<Sei così freddo. Hai freddo vero? Sei da solo e hai freddo, te lo meriti Victor, te lo meriti.>>

Lo accarezzo guardandomi attorno, dove sono? Sono da sola?
No, c'è con me la mia bottiglia, ne bevo un sorso e torno a guardarlo.

<<Non volevo tornare qui, ma io non scappo lo sai. Volevo farti del male tornando qui, ma te ne ho già fatto vero? Ti ho lasciato solo per due anni. Com'è stato?>>

Rido facendo una piccola pausa per bere, mi guardo attorno e poco è quelli che riesco a vedere.

<<Com'è stato stare da soli? Hai sentito il magnifico gusto della solitudine? E quel pizzico di follia nei momenti più bui e spaventosi? La voglia di distruggere l'unica persona che ami?>>

Mi alzo barcollante, i miei piedi e le mie gambe ballano la musica che dà la festa che ho in testa.

<<Hai assaporato il dolore di essere incompreso? Tra tutta questa gente qui presente se l'unico dimenticato vero? Non vorresti urlarmi contro? Già, dovresti avere tanta rabbia represse dentro vero? Ti brucia, ti uccide dentro fino a consumarti del tutto.>>

Faccio il giro attorno alla sua tomba quando inciampo su un sassolino barcollo finchè cado in faccia avanti alla bara, la tomba di Victor.
Picchio la fronte sullo spigolo di pietra, mi tiro indietro mettendomi davanti a lui come prima.

Tutto gira e niente balla.

<<È questo che sai fare? È solo questo? Sei un perdente. Ti piacerebbe svegliarti, alzarti e toccarmi vero? Perché sei arrabbiato, così tanto da non riuscire più a sopportare il dolore.>>

Prendo la bottiglia e bevo tutto d'un fiato il poco che rimane.

<<Ma che dico, tu sei morto. Non provi più nulla, sei morto, sei sotto terra, sei della ossa. Sei il nulla. Una persona andata e dimenticata.>>

Guardo la bottiglia ormai vuota quando la stavo per attaccare alle labbra.

<<Cazzo, anche tu sei vuota, te ne sei andata eh? Stronza. Mi lasciate sempre tutti. Tutti quelli di cui ho bisogno.>>

Lo guardo un'ultima volta prima di parlare.

<<Come te vero? Tu sei bravo a lasciare le persone sole quando ne hanno bisogno. Dài, alalzati, svegliati, urlami, toccami, picchiami ma alzati!>>

Gli urlo contro mentre pecchietto i pugni sulla sua tomba, dò dei pugni forti ma invano.

<<Dai Victor! Fatti sotto codardo! Affrontami! Affrontami idiota!>>

Ma lui niente, nessuna risposta, si limita a guardarmi e fissarmi indifferente.
Chiudo gli occhi, inspiro l'aria gelida e prendo la bottiglia buttandogliela sopra e rompendola in mille frammenti.

Mi accascio senza forze su di lui, le mie palpebre sono semichiuse e l'unica cosa che vedono sono le scheggie di vetro.
Faccio camminare le mie dita una dopo l'altra finché prendo una grande scheggia.

<<Sai...ci avevo pensato, volevo che tutto finisse...ma non volevo vederti.>>

Una lacrima scende lungo tutta la mia guancia andando a bagnare me e lui, è così calda che mi mette i brividi.

<<Sono così arrabbiata con te che ti odio sempre di più,volevo porre fine a tutto quel dolore, a mamma che dava di matto, alle persone false. A una vita senza un senso o un importanza, ma poi...poi mi sono ricordata che ti avrei rivisto.>>

Sussurro mentre le lacrime scendono calde sul viso, piango silenziosamente non concedendomi un urlo.
Rigiro fra la mano una scheggia di vetro.

<<E l'unica cosa che voglio è vederti nuovamente. Per me non sei più niente. Sei passato. Mi hai lasciata e infranto le tue promesse ora ti prendi le tue conseguenze.>>

Stringo nel pugno la scheggia ma non sento niente, possibile che sua ridotta così?
È possibile non sentire più niente?

<<Ho lasciato l'idea del suicidio perché io non sono debole, nessuno è all'altezza del dolore che ho provato e di tutto quello che ho passato. Per quello, non permetto a nessuno di starmi vicino. Sono io che scelgo non loro che vengono da me.>>

Dal mio pugno cadono gocce di sangue, butto la scheggia lontano da me quando le mie palpebre si chiudono definitivamente, l'ultima cosa che vedo è l'espressione preoccupata di Victor, il suo dolore.

<<Guardami soffrire...e soffri anche...tu, se non posso tenerti per mano...ti terrò nel cuore.>>

Sussurro mentre cado in un sonno profondo, sotto il gelo, durante la notte di un nuovo giorno, Novembre.

Sono appiccicata a lui quando due braccia possenti mi circondano per la vita.

<<N-No...No...>>

Biascico mentre mi sento tirare via indietro, le mie gambe strisciano per il sentiero, poi mi sento presa tra le braccia di qualcuno, cerco di imporre resistenza ma sono troppo stanca.

Alla fine cedo mentre l'estraneo mi tiene in braccio, sento un forte profumo di sicurezza, mi lascio trasportare dalle sue braccia.

Hai visto Victor, mi hanno portata via da te, ti hanno portato via da me.
Ogni volta che stiamo assieme ci separano, sarà destino?

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