"Non sopporto San Valentino" - Racconto
Racconto scritto per il contest "Non sopporto San Valentino" de
@LeRagazzeArcobaleno
Ho scelto la traccia scritta per racconto ironico. Non è il mio genere, ma mi sono divertita a mettermi in gioco. Per questo motivo, per la partecipazione e l'impegno, le organizzatrici hanno voluto premiare tutti i partecipanti con la loro coloratissima
Trama: Un gruppo di giovani la giornata di San Valentino decidono di passarla alla casa in montagna, lì incontreranno tre arzille donne, che desiderano da tempo innamorarsi il giorno di San Valentino, riusciranno i giovani a cavarsela? O le arzille donne metteranno loro dei legacci?
"Alla faccia vostra"
"Finalmente lontani da Roma e dalle rompiscatole, alla faccia de Cupido!" Dino aprì la finestra per far prendere aria alla casa di montagna in cui si era rifugiato con i suoi gemelli.
"Come s'avvicina il 14 febbraio si fanno tutte di miele, pur di ricevere un mazzo di rose spinose, un pupazzetto spelacchiato o un anello con brillocco." Rino posò la spesa sul tavolo e cominciò a tirare fuori gli ingredienti per la cena.
"Al naso glielo metterei l'anello!" Nino accese il fuoco nel camino, poi restò in piedi a guardarlo, sfregandosi le mani soddisfatto.
Erano tre avvocati affermati, di neanche quarant'anni, liberi e danarosi, assolutamente da sposare.
"Il guaio è che siamo pure belli" affermò Dino, sospirando.
Si specchiarono uno nell'altro, tanto erano identici, nel fisico e nell'abbigliamento: altezza sopra il metro e ottanta, muscoli niente male, carnagione ambrata da ricorrenti docce solari, capelli corti, folti e neri, naso aquilino, magnetici occhi verdi; indossavano tute da ginnastica blu e scarpe da tennis bianche.
Refrattari a qualsiasi impegno che richiedesse lo sforzo d'essere galante, e di cacciar fuori il portafogli, avevano deciso che questa volta non ci sarebbero cascati; erano scappati da sguardi ammiccanti e frasi allusive di collaboratrici capaci e clienti facoltose che avrebbero fatto carte false per una cena romantica con uno di loro - o con tutti e tre, non necessariamente uno alla volta – ma che non era saggio deludere: si sarebbero trasformate in streghe malefiche (non che fossero, in realtà, delle fate.)
"Meglio stare alla larga." Rino preparò tre piattoni di spaghetti ajo ojo e peperoncino e se li sbafarono in pochi bocconi.
Dopo una sigaretta fumata in santa pace, serrarono le finestre – vetri e persiane – e si svaccarono sul divano davanti al pc portatile - che non mancavano mai di portarsi appresso – pronti a gustarsi un video per pochi intenditori, che mai nessuna donna aveva voluto condividere con loro.
Dopo neanche dieci minuti, stavano concentrati davanti a immagini strabilianti, quando udirono ripetere, all'esterno, un gridolino soffocato: "Ehilà!" Lo ignorarono.
"C'è qualcuno? Ehi? Voi della casetta rossa, ci siete?" continuava l'esile voce.
"No, ci facciamo" rispose Nino senza scomodarsi troppo. Nessuno dei tre giovanotti si degnò di alzarsi dal divano: erano decisamente più interessati a ciò che avevano davanti che a quel che vi era di fuori.
Intanto era calata la sera e l'aria si era fatta rigidina.
Tre sorelle gemelle, ma diversissime nel fisico e nel portamento, stavano fuori alla porta della casa rossa sperando di attirare l'attenzione di Dino, Rino e Nino.
Isa, la più smilza, e anche la più delicatina, si portò dietro le orecchie un ciuffo di capelli castani tagliati a caschetto, e socchiuse i piccoli occhi nocciola, mentre tossiva, avendo la gola che graffiava a forza di urlare.
"'Sti cafoni. Sei sicura che stanno dentro e soprattutto che sono soli? Forse seguirli qui non è stata una bella idea."
Elisa, tracagnotta, con i capelli ricci, tinti di rosso, lunghi fino alle spalle, e occhi neri come la pece, non era proprio raffinata. Sentendosi chiamata in causa, si difese, con voce grossa e decisa: "Senti bella, sono stata qui tutto il pomeriggio a fare la guardia, se non ti fidavi potevi starci tu. Sono dentro, ti ripeto. Sono soli, e sono i nostri principi azzurri, come dice sempre zia Lucia, che ci abita vicino e li conosce bene."
"Provo io." Luisa, prosperosa e dinamica, si passò una mano tra i neri capelli a spazzola, sbatté quattro-cinque volte le ciglia che incorniciavano due grossi pezzi di smeraldo, poi mise le mani a megafono davanti alla bocca: "Panini co' la sarciccia! A gratise!"
Al di là del muro e delle finestre tappate, il richiamo arrivò forte e chiaro e questa volta non cadde nel vuoto.
"Nino, Dino, avete sentito? Andiamo!"
I polli uscirono dalla tana e cascarono nella trappola.
Le tre donzelle, di poco più attempate, apparvero subito vivaci e vogliose. Desiderose, sin dall'adolescenza, di innamorarsi proprio il giorno di San Valentino, saltarono loro al collo prendendoli per la gola: "Il mio panino per un bacio!" e non li mollarono più.
Sbocconcellato il loro panino, Rino e Isa si ritirarono in camera da letto. Le loro labbra si avvicinavano e allontanavano titubanti.
"Puzzo forse di frittata alle cipolle?"
"Ma no, cara! Forse io puzzo d'aglio?"
"Ma no, caro."
Si guardarono un attimo, poi esclamarono in coro, ridendo: "Puzziamo d'aglio e di cipolla!"
Si rotolarono sul letto e presero a discutere di cucina.
Dino e Luisa divisero il panino metà per uno, seduti sul divano; poi lei si accostò al pc:
"Cosa stavate guardando?"
"Ferma, non avviare il vi..."
"Wow! Il backstage di un film horror! Adoro!"
Trascorsero tre ore a guardare le stesse scene e a parlare di trucchi cinematografici, finché a entrambi calarono le palpebre.
Nino e Elisa, rimasti seduti al tavolo della cucina, mangiarono, con un morso ciascuno, il loro panino, e rimasero in silenzio, non trovando parole per riempire la bocca. Lei sbadigliò, lui si massaggiò la pancia.
"Non digerisco le sarcicce."
"Perché l'hai mangiata?"
"Per fare piacere a te."
"Che carino!"
"Sì, scusa, torno fra un attimo."
Nino sganciò un paio di potenti bombe chimiche che fecero tremare le pareti del bagno, poi tornò da lei, che russava con il collo reclinato all'indietro e la bocca spalancata.
L'alba li trovò tutti addormentati, vestiti, lì dove li aveva lasciati la notte. Non lo sapevano ancora, ma Cupido, dispettoso, aveva scoccato le sue frecce e aveva fatto centro: "Alla faccia vostra!"
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