Capitolo 6

«Non posso crederci!»

Sentendo quella frase per la terza volta di fila, Crystal guardò infastidita la cameriera. Essere presa in giro per qualcosa che l'aveva fatta sentire così in imbarazzo la indisponeva.

«Sono davvero pentita di avertene parlato...»borbottò.

Erano andate in paese a fare acquisti per la cena. Un buon momento per fare due chiacchiere. Dopo due giorni, da quell'incidente, Crystal aveva incrociato pochissime volte il Conte, e solo quando entrava e usciva dalla biblioteca o per andare a cavallo. A essere sinceri, se da una parte ne era dispiaciuta, pensando che il Conte la evitasse di proposito, dall'altra ne era contenta. Quell'uomo suscitava in lei sensazioni che, in quel momento, non voleva analizzare.

Nel frattempo, finalmente, Julia aveva smesso di ridere. La vide asciugarsi le lacrime con un fazzoletto e voltarsi verso di lei.

«Scusami, Crystal, ma se immagino la scena... avrei tanto voluto essere lì!» esclamò, e stava di nuovo per scoppiare a ridere quando, all'ennesima occhiataccia di Crystal, si trattenne. Da quando avevano iniziato a lavorare insieme, la ragazza aveva smesso di darle del voi, come si sarebbe convenuto altrimenti. Ora erano allo stesso livello. Era giusto così.

«Sai, anche se la situazione della gallina era molto divertente, la cosa che mi ha lasciata a bocca aperta è stata pensare al Conte in una situazione del genere» riprese Julia, dopo un momento di silenzio.

Crystal la guardò, sorpresa. «Che cosa intendi?»

Osservò Julia valutare alcune mele esposte su un bancone, poi voltarsi verso di lei. «Be', il Conte sta molto attento a non far percepire agli altri le sue emozioni» spiegò la cameriera e, davanti al suo sguardo, che doveva risultare ancora più perplesso, Julia tentò di esprimersi meglio.

«Devi sapere che, quando ero molto piccola, conoscevo bene il Conte poiché giocavamo insieme...» Crystal non poté fare a meno di sgranare gli occhi per lo stupore, tanto che Julia rise di gusto prima di continuare. «Mia madre lavorava già da qualche tempo per i Vumont e io stavo con lei, ma mi annoiavo e andavo spesso in giardino. È stato lì che ho incontrato il Conte per la prima volta.»

Il tempo sembrò passare velocemente per Crystal, sentendo Julia parlare di quell'uomo affascinante e della sua infanzia, tanto che in poco tempo si ritrovarono a camminare verso la via di casa. «Giocavamo spesso insieme. Monsieur Vumont era un bambino spensierato e felice, forse un po' troppo determinato nel voler tutto ciò che chiedeva, però.» A quel ricordo, un sorriso apparve sulle labbra di Julia e Crystal ne approfittò per intervenire.

«Se era un bambino così felice e sereno, che cosa ti ha sorpreso di quello che è successo nelle cucine?»

«Ci stavo arrivando!» ribatté Julia, alzando gli occhi al cielo. «Dato che ormai eravamo compagni di giochi, fu naturale diventare amici. Tutto finì nell'adolescenza, quando cominciarono i problemi in quella famiglia, ma fino ad allora io e lui fummo davvero ottimi compagni di avventure.»

«Che tipo di problemi?» volle sapere Crystal.

«Non saprei con precisione, giacché non avevo mai avuto a che fare con i padroni, non direttamente almeno. Molto spesso li vedevo di sfuggita, anche se all'epoca lavoravo già per loro.» Julia abbassò la testa, pensierosa. «Ricordo però, che il Conte Vumont iniziò ad adottare comportamenti sempre più frivoli e superficiali, con la sola idea in testa di uscire da quella casa e divertirsi. In poco tempo si trasferì in un'altra residenza di famiglia» concluse guardandola con enfasi.

Anche se conosceva il Conte da pochissimo tempo, Crystal non riusciva a immaginarlo un tipo cosi poco profondo, eppure Julia continuò.

«Tornò solo due anni dopo, quando avvenne quella disgrazia, sai...»

«Quale disgrazia?» chiese di getto lei, avvertendo uno strano brivido lungo la schiena. Julia abbassò gli occhi e il suo sguardo all'improvviso divenne cupo.

«Morì il Conte. Il padre di David.»

«E come?» la incalzò, convinta che non si trattasse di una semplice dipartita per vecchiaia.

«Si tolse la vita» sussurrò Julia come a non voler far rinascere il ricordo. Crystal la guardò, sgranando gli occhi per la sorpresa, ma la cameriera neanche se ne rese conto, troppo persa nel suo racconto. «Morì dentro la sua camera, per un colpo di pistola. La moglie era sconvolta... Non volle vederlo fino a che non fu nella bara. Be', c'era da capirla: era stata la prima a scoprire il cadavere del marito.»

«Oh, povera donna» mormorò Crystal, profondamente turbata al pensiero di ciò che era accaduto e di ciò che aveva dovuto passare la contessa.. Julia annuì, condividendo le sue parole. «Io non entrai mai lì dentro finché ci fu il cadavere del Conte perché mia madre me lo impedì, evitandomi quella vista raccapricciante.»

Arrivarono al parco e si sedettero sulla prima panchina libera che trovarono, entrambe scosse. Una nel ricordo, l'altra nell'immaginare. Julia rabbrividì visibilmente, poi sospirò. «Ricordo ancora gli schizzi di sangue, vicino alla porta...»

«E Monsieur Vumont? Il figlio, intendo» domandò Crystal, col cuore stretto dalla tristezza.

«Lui arrivò il giorno dopo. Abitava molto distante dalla tenuta, quindi non riuscì a essere tra noi per tempo. Oh, la morte del padre lo sconvolse profondamente. Non voleva che nessuno si avvicinasse alle stanze del Conte e, per questo, furono chiuse.» Julia si voltò verso Crystal e la guardò negli occhi. «L'ho visto sorridere davvero poche volte, da quel giorno, e comunque mai di cuore. Sempre con quello sguardo d'indifferenza, come se niente potesse affliggerlo o rallegrarlo, come se nulla lo toccasse.»

La sua era solo voglia di protezione, pensò Crystal scombussolata da quel racconto. Era sicura che il comportamento così diffidente dell'uomo fosse solo un modo per schermirsi da tutto e da tutti. Mai, come in quel momento, aveva notato un legame così tangibile con quell'uomo.

Dopo un po', tornarono alla residenza e Crystal promise a Julia di non raccontare a nessuno ciò che aveva appreso durante la loro passeggiata.

Dopo aver cenato e approntato le stanze per il giorno seguente, Crystal si diresse in giardino a pensare e a metabolizzare quello che aveva sentito da Julia perché, anche se aveva avuto la sua parte d'incubi, in fondo aveva vissuto un'infanzia felice, almeno fino ai quindici anni. Si sedette sulla sponda della fontana, al centro del giardino, e il suo sguardo cadde sul riflesso della sua figura nell'acqua. Con i capelli corti e il vestito scuro, non era al massimo dello splendore, ma era sempre meglio che vivere nel lusso ed essere infelice. Arricciò il naso e increspò la superficie nella quale si stava specchiando con il movimento della mano. Non appena l'acqua smise di tremare, vide il riflesso di un'altra persona e si voltò, spaventata, per trovarsi davanti al Conte.

David, facendo una delle sue solite passeggiate serali, aveva notato una presenza vicino alla fontana, ma non l'aveva riconosciuta, a causa della poca luce, fino a che non si era avvicinato a sufficienza.

«Scusate se vi ho spaventata, ma non vi avevo riconosciuta» le disse e, in effetti, se l'avesse notata in tempo, si sarebbe allontanato senza neanche pensarci un secondo, pensò irritato.

Aveva cercato di non incrociarla in casa perché, anche se sembrava sciocco, la sua presenza lo metteva a disagio e in quel momento si diede dello stupido per aver ceduto così alla curiosità. Quella miniatura di donna suscitava in lui sensazioni diverse e contrastanti cui, però, non voleva assegnare un nome. Nel frattempo, con eleganza innata, Crystal si alzò facendo un breve inchino.

«Perdonate voi me, Monsieur. Non avrei dovuto passeggiare in giardino come se fosse casa mia.» David stava per rispondere che poteva passeggiare quanto voleva, ma si fermò in tempo e approfittò della situazione, invece, per sapere qualcosa in più su di lei.

«Avete per caso un giardino simile, a casa vostra?» le domandò e notò subito l'immediato irrigidimento della ragazza, d'un tratto nervosa.

«No, ma cosa andate a pensare?!»replicò quella, dissimulando il suo turbamento con un sorriso. «Se così fosse, certo non sarei qui a lavorare per voi..».

David non proferì parola, limitandosi a guardarla attentamente e osservò il modo in cui Crystal evitava il suo sguardo. Era evidente il disagio che provava nell'affrontare discorsi inerenti il suo passato. La vide avvicinarsi alle diverse piante di rose poco distanti, immergendosi nei colori del rosso, rosa e bianco, e si perse per un momento a contemplarla in quel quadro bucolico e meraviglioso. «Sono stupende» gli disse lei, voltandosi a fissarlo, cercando di cambiare argomento. David si avvicinò, fissandola per un lungo momento prima di trovare le parole adatte a esprimere quello che gli si agitava dentro.

«Perché non volete dirmi niente di voi?» le chiese poi, con la voce arrochita dall'intimità di quella conversazione.

«Cosa dovrei dirvi? Sono una domestica. Mi avete trovata con la mia poca roba, su una strada. Non potete certo pensare che nella mia vita ci sia stato qualcosa di cui valga la pena parlare..." ribatté Crystal tornando a prestare attenzione ai fiori.

«In voi c'è qualcos'altro. Avete un'eleganza che le altre domestiche, e molte gentildonne di mia conoscenza, non hanno. Sembrate una vera dama» le disse e le si avvicinò, coprendo con la sua una mano della ragazza che, in quel momento, sorreggeva una rosa. Chinò la testa e annusò l'aroma del fiore, quindi alzò lo sguardo e lo puntò dritto negli occhi spauriti di lei.

«Una rosa, anche se cambia il nome, non cambia il suo profumo.»

Con le guance in fiamme, Crystal sentì il cuore battere all'impazzata. Ispirandosi a Romeo e Giulietta, anche se tra loro non c'era il grande amore descritto nel dramma, David voleva comunicarle un messaggio che Crystal afferrò immediatamente. Doveva andare via da lì, ma i suoi occhi non volevano staccarsi dai suoi. Verdi, cosi chiari da lasciarle intravedere la forte determinazione che lo animava, ma anche la profonda sofferenza che lo turbava, erano simili ai suoi per intensità di sentimenti espressi. L'aria sembrò cambiare all'improvviso e i rumori intorno a loro cessarono. Il viso di David si avvicinò al suo, arrivando a un soffio dalle sue labbra, incantandola, ammaliandola. Non appena se ne rese conto, Crystal si risvegliò e, accorgendosi della situazione, fece uno scatto all'indietro, graffiandosi un dito con una spina della rosa, e si allontanò correndo. Forse la rosa non cambierà profumo, ma di sicuro ha le spine, pensò rifugiandosi nella sua stanza. Spine che, se non avesse fatto attenzione, avrebbero raggiunto il suo cuore.

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