Partecipante 3

Un vestito così ti protegge.

I jeans, rigidi contro la pelle, sembrano resistere a qualsiasi attacco; la camicia, larga, avvolge il corpo a nasconderlo agli sguardi analitici della gente. E la maglietta, l'orologio, la collana, be', quelli sono gusti personali. Come i capelli, e la mancanza di trucco: è tutto lei. Un'armatura nuda.

Questa ragazza è semplicemente se stessa, ed è fiera di esserlo. Quasi aggressivamente, ma con ironia e sobrietà. Non è facile raggiungere un equilibrio in se stessi, e lei lo sa. Lo ha vissuto, e lo ha superato, lottando inconsapevolmente dentro di sé per riuscirci. Niente di straordinario o eccezionale: un paio di prese in giro per le stranezze, un po' d'emarginazione per le idee diverse, qualche compromesso di troppo, risate per le battute sbagliate. Nessun trauma, solo un'infelicità repressa che confonde, devia, dà una sensazione di vuoto e orrore nei confronti del mondo. L'importante è non abbandonarvisi, e non coinvolgere, ferendo, coloro che ci circondano.

Una ragazza razionale come lei ne è consapevole, anche se a posteriori. Così si è perdonata - in parte - per le proprie leggerezze; ha perdonato - in parte - per le cattiverie altrui. Sa che il mondo è un gran casino, dove la gente parla e parla ma raramente è conscia di quello che dice e delle conseguenze che porterà. Pazienza: lei esiste, e non deve dimenticare che ha il diritto di farlo.

Se lo ricorda ogni giorno davanti allo specchio, come prima azione della giornata, perché sa che nei momenti di debolezza se lo dimentica. Soltanto dopo inizia a domandarsi cosa l'aspetta, che appuntamenti ha, cosa indossare, se deve prendere la macchina oppure può andare a piedi. Si prepara, finalmente si mostra alla famiglia e saluta: ciao, mamma, ciao, papà. Spero abbiate dormito bene. Anch'io, sì, devo andare al lavoro, buona giornata.

Camminando, pensa a loro, la sua unica famiglia (non conta chi vive aldilà dell'oceano, loro si sono trasferiti troppo tempo fa e non si fanno sentire mai), e sorride. Sono stata fortunata, pensa. E spera che anche loro siano stati fortunati.

Arriva in negozio e solleva la serranda. Grazie al cielo non c'è quel cliente pazzo che l'aspetta anche un'ora prima che apra, per poi entrare nel negozio, guardare ogni singolo film e uscire senza aver comprato niente. O noleggiato niente. Insomma, a caso.

Ride e sposta i peluche in vetrina. Quando era piccola non le piacevano: giocava con le automobiline e con il meccano, e agognava di possedere un elicottero telecomandato da mandare a terrorizzare il cane dei vicini. Adesso ce ne sono alcuni che fanno al caso suo, e ogni tanto se li regala, e ci dorme anche. Una bella sensazione, poter stringere a sé qualcuno dormendo; o meglio, qualcosa... Con un essere umano non potrebbe essere lo stesso: i rapporti sono troppo complicati, le persone troppo umide e calde e a volte rumorose. Almeno la pizza si mangia e non può russare.

A volte, sul lavoro, le telefona quell'imbranata di Cristina, che vive fuori dal mondo perché è il periodo degli esami (fa Lettere, n.d.a.) e può scandire le settimane segnando i "giorni rossi" e quelli di puro studio, senza ore precise.

"Laura, ciao!" la saluta, e poi, senza quasi attendere risposta, si mette a descriverle quello che deve fare, e che potrebbe in effetti stare facendo se non fosse a telefono a descriverglielo. Se ne accorge anche da sola, ma continua a parlare, e descrive alcune novità, alcune stranezze.

Laura ride, e le promette di richiamarla: ci sono clienti. Anzi, le dà appuntamento per la serata. Poi riattacca e riflette: è strano come due persone tanto diverse, come acqua e fuoco, possano continuare ad essere amiche; e forse questo rende tanto più prezioso il loro rapporto.

Il tempo scorre; serve i clienti, a volte gentili, a volte bizzosi: ingoia bile, si sorprende, si azzarda anche a giocare un po' alla consolle. Non è proprio noia, è solo routine.

Torna a casa, saluta i genitori, parla con loro. Notizie tristi.

Si chiude in camera e aspetta che quella sensazione di oppressione si tolga dal petto. Ma non può farci nulla; solo lavorare, guadagnando quel poco, e aspettare il decorso della vita.

Si mette una maglietta più elegante (ma sempre i jeans neri) e si prepara ad incontrare Cristina.

Prende l'auto, e guida. Un senso di oppressione nel petto: immagina come sarebbe stata la sua vita se avesse preferito l'università, se avesse osato di più, se fosse stata una persona diversa. Ma non è una persona diversa. E questa è la sua vita.

Cristina l'abbraccia forte, e l'accompagna al tavolo. E all'improvviso: sorpresa! Tutti i suoi amici sono lì, per festeggiarla perché sì. 

***


Ringrazio @seargreyson per aver partecipato

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