-3. Argento -
23 febbraio
Quando Clarissa vide che la chiamata proveniva dalla centrale di polizia sentì un nodo formarsi nella gola. Sapeva benissimo quale fosse il motivo di quella telefonata: Evan non c’era più. Dopo tutto quel tempo, dopo quei mesi di incertezza, avevano trovato il suo corpo.
Anche se aveva passato settimane e settimane ad illudersi che il suo ragazzo fosse solo scappato, forse proprio per causa sua e di ciò che gli aveva tenuto nascosto, in realtà una parte di lei sapeva che Evan non aveva mai lasciato Heston, non vivo almeno. Lui non le avrebbe mai fatto questo, nemmeno dopo tutto ciò che aveva scoperto su di lui, avrebbe potuto credere una cosa simile.
Rispose e ascoltò ciò che l’agente aveva da dirle, senza mai controbattere. Ringraziò e corse in bagno a vomitare, per la terza volta quel giorno. Sarebbe dovuta andare in commissariato per i nuovi interrogatori quella sera stessa, ma non ne aveva le forze. Anche perché, cosa avrebbe mai potuto dire di diverso da quanto aveva dichiarato prima? Lei non sapeva nulla del vero Evan. Il ragazzo che aveva amato non esisteva, era solo una maschera posta a nascondere un mare di segreti e bugie.
Si lavò i denti e si rintanò nella sua stanza, lontana dagli occhi pieni di pietà di suo padre. Sul comodino teneva ancora una foto di lei ed Evan di quando erano felici e spensierati, prima che lui iniziasse a cambiare, prima che il loro piccolo mondo da sogno venisse stravolto. La prese e la osservò attentamente.
Lui aveva il suo solito sorriso contagioso stampato sul volto, un completo elegante e un bacio rosso fuoco stampato sulla guancia. Lei indossava un abito color crema e portava i capelli legati in un elegantissimo chignon, impreziosito da rose cremisi.
D’istinto la sua mente ritornò a quella magica serata, la festa del suo diciottesimo compleanno, quando tutto era ancora perfetto, quando Evan era ancora con lei.
7 luglio
Clarissa guardava orgogliosa il suo party che prendeva vita. Il suo giardino era gremito di persone che non facevano altro che portarle regali, farle gli auguri e sorriderle. Ma a lei importava solo di una persona. Quando lo vide arrivare, con un enorme orso di peluche tra le braccia, non riuscì a trattenere l’emozione.
Gli corse incontro e subito lo baciò sul viso. Insieme al suo ragazzo c’era anche Francois, che ancora le rivolgeva sguardi di sconforto ogni qualvolta mostrasse affetto per Evan. Clarissa non poté fare a meno di notare quegli occhi allegri incupirsi di colpo.
Lei sapeva benissimo che al cuor non si comanda, e che se Francois ancora pensava a lei non era colpa sua. Ma dopo un anno non riusciva ancora a perdonarsi per ciò che gli aveva fatto. Non lo meritava. Anche se con gli altri il ragazzo era sempre stato rude e crudele, era sempre stato un amico fedele per Clarissa, il migliore che lei potesse mai desiderare. Gentile, premuroso, pronto ad ascoltare ogni suo minimo problema da quando avevano dieci anni. E lei lo aveva ripagato in quel modo cattivo e a tratti imbarazzante.
Lui si era dichiarato, e Clarissa non solo lo aveva liquidato con un patetico “Grazie” ma la sera stessa, dopo qualche bicchiere di troppo, aveva baciato Evan, il migliore amico di Francois, proprio davanti a lui. Probabilmente una pugnalata in pieno petto gli avrebbe fatto meno male.
Ma nonostante questo, il ragazzo non le aveva mai voltato le spalle, le era rimasto vicino e continuava a darle preziosi consigli, anche sulla relazione con Evan, con il quale era rimasto in ottimi rapporti. Era per questo che Clarissa non riusciva a trovarlo spregevole come facevano tutti gli altri. Nemmeno quando lo vedeva cambiare tre o quattro ragazze nel giro della stessa serata poteva biasimarlo. Per lei era comunque il suo tenero e dolce Francy.
“Amore mi stai ascoltando?” Evan richiamò dolcemente la sua attenzione e lei lo guardò spaesata, come se si fosse appena risvegliata da un sogno. Annuì, anche se in realtà non aveva sentito una parola di ciò che aveva detto. “Quindi? Dove posso metterlo?” Evan teneva ancora sollevato quell’enorme orso bianco, e parlando cercava di sputare i peli che gli erano finiti in bocca. Né Clarissa né Francois riuscirono a trattenere una risata.
Clarissa gli indicò il tavolo dei regali, e lui si liberò finalmente di quel morbido ingombro, pronto a festeggiare con i suoi amici. I tre si avvicinarono a Liam, il quale, si era appena rimesso con Samantha facendo imbucare alla festa anche lei. Clarissa abbozzò un sorriso poco credibile e presto si allontanò da quella coppia disastrosa, sperando di dover interagire con loro il meno possibile.
Lei adorava Liam, era un tipo davvero molto simpatico, anche se un po’ particolare, quella che non poteva vedere era Samantha. Una ragazzina del secondo anno, che si atteggiava come una trent’enne. Si comportava come se stesse recitando, ogni sua azione serviva a rendersi piacevole agli occhi degli altri. Infatti, tutti nel gruppo la trovavano simpatica, ma solo perché non si rendevano conto di quanto fosse falsa. La sua stessa relazione con Liam sembrava uno spettacolo, nulla tra loro appariva spontaneo. E poi, come può risultare credibile una ragazza che dopo averti promesso amore eterno ti tradisce almeno una volta a settimana, senza nemmeno preoccuparsi di nascondersi?
Fortunatamente aveva invitato quasi tutta la scuola ed era riuscita a divertirsi anche più di quanto sperasse. Rebecca era sola, grazie al cielo quel giorno Helia aveva un altro impegno, e lei era riuscita ad avere la sua amica tutta per sé, senza quell’idiota che la rendeva nervosa e spenta, rovinando spesso le loro uscite. Insieme, le due, avevano provato a trovare un ragazzo ad Ethel, la quale però non ne voleva assolutamente sapere. Lei era così, estremamente esigente, ma quando riusciva a trovare qualcuno che le interessasse, toglierglielo dalla testa era assolutamente impossibile.
“E lui?” Rebecca indicò uno dei ragazzi della squadra di nuoto, un vero e proprio Adone. Le sembrava si chiamasse Jason, ma non ne era tanto sicura. Ethel guardò sconvolta entrambe le sue amiche. “Ma ci avete mai parlato? Quello è sveglio come un sasso.” Il suo viso si contrasse in una smorfia di disgusto, mentre Rebecca si copriva la faccia con la mano carica di piccoli anelli dorati.
“Per farci sesso non è obbligatorio parlarci.” Aveva risposto Clarissa senza nemmeno ragionarci. Le tre scoppiarono a ridere. Tutto andava per il meglio. Clarissa era felice.
La festa continuò tranquillamente, ballarono, bevvero e qualcuno vomitò dietro i grandi alberi del giardino. Lydia venne gettata in piscina vestita, Robert, ubriaco come pochi, tentò di baciare Rebecca ricevendo un ceffone e Francois si appartò dietro la casetta degli attrezzi proprio con Samantha.
A mezzanotte però, gli occhi erano puntati nuovamente tutti su Clarissa che apriva i regali con lo stesso entusiasmo di una bimba a Natale. Quando ebbe finito, suo padre portò il dolce mastodontico che le aveva regalato. Un’immensa torta al cioccolato.
Clarissa si avvicinò e chiuse gli occhi, lasciando che l’odore del cacao le penetrasse le narici, mentre la sua pelle veniva scaldata dalle candeline che si apprestava a spegnere. “Esprimi un desiderio.” Le consigliò la voce calda e rassicurante di papà.
“Vorrei che tutto questo non finisse mai.”
Soffiò, e i suoi amici iniziarono ad applaudire, fischiare ed urlare, il dj riprese a suonare, e lei tornò a divertirsi, dimenticando anche ciò che aveva appena desiderato. Era così sicura nella bolla in cui viveva, che dava per scontato che nulla sarebbe mai cambiato, se non in meglio. Aveva tutto dalla vita, cosa sarebbe potuto andare storto?
“Sei davvero bella, lo sai?” Lei ed Evan si erano allontanati dalla folla di ragazzini intenti a ballare e a provarci l’uno con l’altro, ritagliandosi un momento di calma ed intimità, sui gradini d’ingresso della grande e lussuosa casa della ragazza. Erano lì per guardare le stelle, ma Evan non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Come le diceva sempre, perché avrebbe dovuto guardare il cielo? Il più bell’angelo era già a fianco a lui. “No, non lo so… Me lo dici solo ogni giorno…” mentre parlava gli accarezzava dolcemente i capelli color ebano, mentre cercava un modo per dirgli ciò che provava in quell’istante. Voleva fargli capire in qualche modo, quanto tenesse a lui, anche se era cosciente che per descrivere certe sensazioni le parole non bastano mai.
“Sai delle volte penso di essere troppo giovane per questo…” Evan si protrasse in avanti per ascoltare meglio, raramente Clarissa esprimeva i suoi sentimenti e quando lo faceva il ragazzo provava a non predersi nemmeno una sillaba. “…per credere di aver realmente trovato il ragazzo con cui voglio passare il resto della mia vita. Non mi fraintendere ma come tutti pensavo di divertirmi e fare le mie esperienze almeno fino ai venticinque anni, se non di più, e di pensare soltanto dopo ad impegnarmi in qualcosa di serio.” Lui sorrise, probabilmente anche lui aveva sempre pensato che le cose sarebbero andate così.
“Invece ho incontrato te… Ed è la cosa più bella che mi potesse succedere, perché tu sei diverso da tutti gli altri, tu…” Si interruppe e scosse il capo, pensando di essere patetica o ridicola. “Diverso in che senso?” La strinse, facendola sciogliere in quell’abbraccio caldo e confortevole. Era incredibile il modo in cui riuscisse a farla sempre sentire a suo agio.
“Tu beh… È strano da dire ma è come se tutti attorno a me fossero di colore grigio, mentre tu… tu sei argento.” Sapeva che quella frase poteva sembrare assurda e priva di senso, ma con Evan si sentiva libera anche di parlare a vanvera, lui non l’avrebbe mai giudicata per questo. “Alla base non cambia molto se ci pensi, sei come gli altri, con i tuoi pregi e i tuoi difetti. Ma è come se ai miei occhi brillassi di più. Hai quel qualcosa che nessun altro ha. Qualcosa che ti rende prezioso ed inimitabile. Sì, tu sei argento.”
Annuì soddisfatta di quella metafora, tanto strana quanto efficace, e, prima che potesse aggiungere altro Evan le diede un bacio, lasciandola senza fiato. Per lei ogni volta era emozionante quanto la prima volta. Le mani del ragazzo si appoggiarono sulle sue guance, mentre le loro fronti si sfioravano.
Clarissa alzò lo sguardo ed osservò le stelle che vegliavano su di lei. Una di loro cadde, attraversando quell’oscuro cielo estivo, lasciando dietro a sé una scia di luce bianca e azzurra.
“Vorrei che tutto questo non finisse mai.”
23 febbraio
Riaprì gli occhi, facendo scivolare via quel ricordo, tanto bello quanto doloroso. Avrebbe voluto dimenticare tutto, lasciarsi tquella storia alle spalle e ricominciare da capo. Sapeva che Evan sarebbe rimasto nella sua mente per sempre, e che una parte di lui ormai viveva in lei, ma ricordare era straziante.
Il suo mondo perfetto le era crollato addosso, come uno specchio che cade e si frantuma in milioni di piccoli pezzi. Ricostruirlo è impossibile, l’unico modo per tornare felici era fuggire, e trovare un nuovo specchio, una nuova normalità, un altro pezzo d’argento in quel mare grigio piombo.
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