7

Mentre fissavo lo schermo del telefono, il messaggio di Pablo risuonava nella mia mente: "Es un secreto. Esta noche tú serás mía. Otra vez." Quel tono possessivo, quasi come se avesse già deciso per me, mi fece rabbrividire. Non tanto per il contenuto, quanto per la presunzione. Era chiaro che, per lui, il gioco fosse già fatto. Eppure, quello che non aveva capito era che questa volta non sarebbe andata così. Sarebbe stata una mia scelta se e quando vederlo, e lui avrebbe dovuto accettarlo.

Riflettevo sulle mie risposte. "Ci vediamo al Pacha, allora."  L'avevo scritto come se tutto fosse già stabilito, ma in realtà non avevo ancora deciso. L'idea di incontrarlo in un posto così pubblico mi disturbava. Immaginai le occhiatacce e i sussurri della gente, tutti pronti a farmi passare per una delle tante conquiste di Pablo, una di quelle ragazze che ruotano intorno a lui come se fosse il sole. E io? Io non sarei mai stata una delle sue orbite. Non volevo essere vista come l'ennesima che cadeva ai suoi piedi, e di certo non volevo che il mio nome fosse associato a quello di un calciatore come una nota di passaggio.

Decisi in quel momento che non avrei giocato secondo le sue regole. Non sarei andata al Pacha, dove avremmo solo recitato una parte. Mi sarei presa la situazione in mano, come avevo fatto con ogni uomo che avevo incontrato da quando ero arrivata a Barcellona. Io decidevo l'inizio, io stabilivo la fine.

Senza esitare, digitai il suo numero e aspettai che rispondesse. Non ci volle molto. Dall'altro capo della linea, la sua voce si fece sentire, profonda e sicura di sé.

«Mami.» disse, con quel tono che cercava di essere seducente.

«Pablo.» dissi, cercando di mantenere la voce calma e autoritaria, «non verrò al Pacha.»

Un breve silenzio, poi lui rise piano. «Ah sì? E dove pensi di andare allora, bebè

«Non è una questione di dove io vada.» risposi, tagliando corto. «È una questione di dove verrai tu: a casa mia, adesso.» Pronunciai quelle parole con forza e determinazione, mettendo enfasi su quel "verrai".

«Va bene, verrò io da te.»

«Tra un'ora.» risposi, senza dare spazio a discussioni. «E non farmi aspettare.»

Riattaccai senza aspettare la sua risposta. Quella era la mia serata, in cui sì, avrei condiviso il mio corpo con un uomo, ma solo per il mio piacere, per il mio volere. Misi il mio intimo migliore, un set ricamato color ottanio che esaltava la mia pelle abbronzata.

Il mio obiettivo non era che lui mi trovasse irresistibile, né cercavo la sua approvazione. Quello che contava, quello che davvero importava, era che io mi trovassi perfetta. Amavo ogni curva, ogni tratto del mio corpo, e sapevo che l'unica persona da cui desideravo essere conquistata quella sera, ero io stessa.

Pablo arrivò puntuale. Indossava un paio di jeans e una shirt di AMI Paris che aderiva perfettamente al suo fisico scolpito. Con quell'aria sicura di sé e il solito sorriso da conquistatore, sembrava voler dominare ogni cosa attorno a lui. Lo osservai per un istante sulla soglia della porta, e capii immediatamente che questa volta non avrebbe avuto il controllo. Non era lì per giocare a fare il seduttore; aveva accettato di venire alle mie condizioni. Solo questo già gli toglieva parte di quella presunta superiorità che cercava di trasmettere.

«Mami...» mi salutò, appoggiandosi alla porta con una noncuranza studiata. Il suo sguardo scivolò su di me, ma io rimasi impassibile. Non ero più la ragazza affascinata dalla sua aura di mistero. Quella notte, tutto sarebbe stato diverso.

Si avvicinò, chiudendo la porta dietro di sé, i suoi occhi cercavano di sondare i miei. Mi girai senza fretta, dirigendomi verso il soggiorno. Potevo sentire il suo sguardo fisso su di me, ma mi divertiva, perché sapevo che non era lui a dettare il ritmo. Mi sedetti sul divano, incrociando le gambe con calma, mentre lui rimase in piedi di fronte a me, incerto su come agire.

«Pensavi che bastasse un messaggio per decidere tutto, vero?» chiesi con un sorriso sottile, osservando il lieve cambiamento della sua espressione. «Ma non funziona così con me.»

Il suo sorriso si affievolì, ma cercò di mantenere la solita aria di superiorità. «E come funziona, allora?»

«Funziona che stasera sei qui per me,» risposi, la mia voce ferma e decisa. «Non per giocare, non per il tuo ego. Sei qui perché l'ho deciso io..»

Per la prima volta da quando lo avevo incontrato, lo vedevo incerto, come se stesse camminando su un terreno che non gli apparteneva.

«Capisco.» disse infine, abbassando leggermente la testa, un gesto quasi impercettibile di resa. Si avvicinò a me e iniziò ad accarezzarmi la guancia, sfiorando le mie labbra con il pollice. Senza staccare lo sguardo dai suoi occhi, lo leccai lentamente. Poi, senza preavviso, lo afferrai per le braccia e lo scaraventai sul divano. Con un balzo mi rimisi in piedi di fronte a lui, la sfida era iniziata.

«Qué me espera esta noche...» mormorò, quasi tra sé e sé, sollevando il capo per guardarmi meglio, sfidandomi con quel tono malizioso.

Mi sfilai la felpa e, senza esitare, mi misi a cavalcioni su di lui, sfilandogli la maglietta con un gesto deciso. Lo sentii contrarsi sotto il mio tocco, la sua tensione era palpabile.

«Miedo?» chiesi con un sorrisetto provocatorio, sfidandolo apertamente. La battaglia era cominciata.

Pablo si irrigidì per un attimo sotto di me. Lo vidi scivolare verso la resa mentre le sue mani si posarono sui miei fianchi, cercando di afferrare un controllo che non gli avrei concesso. Mi chinai verso di lui, la mia bocca sfiorò il suo collo, scendendo lentamente, sentendo il calore del suo corpo aumentare sotto di me. Il suo respiro si fece più rapido, mentre le sue mani mi seguivano, esplorando il mio corpo con una delicatezza che contrastava con il suo solito atteggiamento spavaldo. Mi mossi con sicurezza, senza fretta, godendo di ogni istante, di ogni contatto. Sentii il suo corpo cedere completamente, e con esso, il suo bisogno di resistere.

Il suo corpo tremò sotto il mio, il piacere esplodendo in una silenziosa resa, mentre io continuavo a guidare fino a quando decisi che fosse abbastanza. Quando tutto si calmò, il respiro pesante e i corpi rilassati, mi alzai lentamente da lui, sentendo una soddisfazione profonda.

Mi sistemai accanto a lui sul divano, non troppo vicina. Pablo mi guardò, il suo sorriso per la prima volta incerto, come se non sapesse più quale fosse il suo ruolo.

«Questa notte è stata mia,» dissi, fissandolo con uno sguardo intenso, «e non dimenticarlo.»

Lui annuì lentamente, senza parole, consapevole che per quanto potesse ancora desiderarmi, non sarebbe stato mai più lui a condurre.

Mi alzai dal divano e gli indicai la porta senza nemmeno pronunciare una parola. Non c'era bisogno di altro. Pablo capì. Si alzò in silenzio, si rimise la maglietta e uscì, l'eco del nostro incontro ancora vivo nella stanza.

Chiusi la porta dietro di lui. Questa notte non era stata solo una vittoria su di lui, ma una vittoria su tutto ciò che avevo lasciato alle spalle.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top