23
Il pacco scivolò dalle mie mani, le polaroid si sparpagliarono sul pavimento. Subito dopo, mi arrivò un messaggio da un numero sconosciuto. Altre foto, sempre di Pablo e la ragazza a letto. Una in particolare catturò la mia attenzione: c'erano delle stampelle accanto al letto, cerchiate in rosso. Mi si gelò il sangue. Pablo era stato con lei mentre era infortunato.
Il telefono vibrò di nuovo, era un video, loro due, nudi, a letto. Le loro voci basse, i respiri affannati, il movimento dei corpi. Era troppo reale. E sullo sfondo, quelle maledette stampelle.
Chiamai quel numero con mani tremanti. Gli squilli durarono pochi secondi. «Chi cazzo sei?» urlai, la voce spezzata dalla furia.
Una risata fredda mi rispose. «Sono Ana, tesoro. Hai ricevuto il mio regalo?» disse con un tono di scherno.
«Che cazzo vuoi?» sbottai, sentendo il cuore esplodermi nel petto.
«Voglio che tu sappia chi è davvero il tuo "perfetto" compagno.» rispose, enfatizzando l'ultima parola con sarcasmo. «Sai quando è successo? Durante la sua riabilitazione. Tu eri incinta, sembravi una mongolfiera... e io gli ho fatto compagnia.»
Le sue parole mi colpirono come pugni. «Sei solo una stronza!» gridai, cercando di convincermi che fosse tutto falso.
«Oh no, cara. Io non mento. Non ho bisogno di distruggere la vostra famiglia. Lui lo ha già fatto. Io ti ho solo dato la prova.»
Chiuse la chiamata prima che potessi rispondere. Rimasi immobile, il telefono che scivolava dalle mie mani. La testa mi girava, il cuore mi martellava nel petto come un tamburo impazzito.
La porta di casa si aprì all'improvviso. Pablo entrò, il suo solito sorriso rilassato che si spense appena incrociò il mio sguardo.
«Qué pasa, mami? Estás bien?» chiese, avvicinandosi con cautela.
Mi alzai di scatto, raccogliendo una delle foto dal pavimento. Gliela mostrai, le mani che tremavano per la rabbia. «Hijo de puta!» urlai, lanciandogli addosso lo scatolo che conteneva le foto.
Pablo si scansò appena in tempo, il suo viso che si dipinse di colpa. Fece un passo verso di me, le mani alzate in segno di resa. «Lasciami spiegare!»
«Spiegare cosa? Che mi hai tradita mentre ero incinta? Che sei un bugiardo?» afferrai un soprammobile dal tavolo accanto e glielo lanciai contro, ma lui si scansò di nuovo.
«Mami, calmati! Non è come pensi!» disse, cercando di avvicinarsi.
«Non osare toccarmi!» urlai, afferrando un vaso questa volta e lanciandoglielo con tutta la forza che avevo.
«Non voglio perderti. Non voglio perdere quello che abbiamo!»
«Quello che abbiamo?» gridai, la voce spezzata dalle lacrime. «L'hai già distrutto, Pablo. Esci da questa casa!»
Il baby monitor emise un suono stridulo. Diego si era svegliato e piangeva. Pablo si girò per andare verso le scale, ma urlai di nuovo: «Non azzardarti ad andare da lui. Esci!»
Si fermò, indeciso, il respiro pesante. Alla fine, abbassò la testa e si diresse verso la porta e uscì.
Sbatté la porta dietro di sé, lasciando un silenzio assordante. Corsi da Diego, che piangeva ancora disperato nella sua culla. Lo presi tra le braccia, cercando di calmarlo mentre le mie lacrime cadevano sulle sue piccole guance.
Ma il telefono vibrò di nuovo. Un messaggio da quel numero sconosciuto: "Hai ricevuto il regalo. Ma c'è ancora molto da sapere su Pablo."
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Visca el Barça ❤️💙
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