Kapittel Fire
"Ma cosa dici? Ci siamo già andati da quella parte e ci ha portati al punto di partenza!", urlò per la decima volta Haralda.
"La vuoi smettere di urlare?! Gli animali scappano e non voglio perdermi l'opportunità di vedere un cervo!" Replicò Steinar.
Isolin stava bisticciando con Haralda sulla direzione da prendere, mentre il resto del gruppo cercava di non perdere la pazienza. Non era né un buon momento, né il luogo adatto per litigare.
Tutti ne avevano abbastanza così Thodis, amante dei boschi, prese tra le mani la cartina, trovando i punti cardinali semplicemente grazie alla crescita del muschio sugli alberi, e si consultò con l'unico calmo, un minimo furbo e perspicace.
Reidar ragionò con la mora sul tragitto da imboccare e giunsero alla conclusione che avrebbero dovuto procedere verso nord-est. Così sarebbero arrivati al punto d'arrivo e avrebbero dimostrato che anche degli adolescenti dagli ormoni sballati, come erano soliti essere chiamati dai professori, si sapevano orientare in una foresta.
Nei loro discorsi si intromise però Kasper che cercava, nonostante la malavoglia, di capirci qualcosa e di rendersi un minimo utile. Nel frattempo Agnes era intervenuta con una delle sue risposte ben ragionate con cui zittì la bionda infervorata e Steinar.
Thodis rivolse alla corvina un sorriso di ringraziamento per aver diviso i due litiganti, e Agnes fu ben disposta a contraccambiare. Non aveva mai parlato con la mora, ma la reputava una compagna silenziosa e gentile, ma allo stesso tempo determinata e con le palle. L'aveva vista sempre cercare una soluzione a tutto senza mai lasciarsi influenzare troppo dalle emozioni. Certo non lo avrebbe mai ammesso, ma le sarebbe piaciuto stringerci amicizia un giorno.
Tutti prestarono attenzione alla mora, che teneva ancora tra i polpastrelli la cartina stropicciata. Lei li informò della direzione verso cui andare e loro la seguirono senza porre troppe domande.
La bionda affiancò subito l'amica e cercò di attaccare bottone, ma Thodis era troppo concentrata e orgogliosa di guidare il gruppo per prestarle attenzione. Si erano messi in fila indiana; come capofila c'era Thodis, seguita a ruota da Agnes, Haralda, Steinar, Isolina, Kasper e per ultimo Reidar, che si propose come chiudi-fila poiché sapeva tenere il passo ed era il più attento insieme alla mora. Così i sette ragazzi proseguirono lungo il percorso, finché arrivarono al margine opposto del bosco, non lontano dalla meta prestabilita.
Giunsero per ultimi al vasto campo rigoglioso, ma non ci diedero molto peso poiché erano contenti e sollevati di esserci arrivati, come minimo. I professori fecero per l'ultima volta l'appello e, dopo essere passati per una breve strada sterrata, come previsto si fermarono allo stesso rifugio della mattina.
Da quella angolazione si poteva scorgere bene il nome.
Fullmåne-bukten.
Baita della Luna Piena.
Questo era inciso su una tavoletta di legno ben levigata e laccata. Era probabilmente il risultato di un minuzioso e lungo lavoro.
Nome originale e appropriato, pensò la professoressa Olsen.
Notarono inoltre la presenza di molti tronchi accumulati uno sopra l'altro alle spalle dell'edificio. Probabilmente in caso di freddo ne usufruivano per riscaldare gli ospiti con l'antico camino presente all'interno. Salirono i pochi scalini che guidavano i clienti all'interno del piccolo portico che precedeva l'entrata.
Concessero agli alunni un po' di ristoro e li lasciarono liberi di uscire e svagarsi nel prato intorno al possedimento dei due anziani. Tutti corsero letteralmente fuori. Ognuno aveva infatti portato con sé un pranzo al sacco.
Passarono all'incirca un paio di ore dopo il pasto, e nel prato c'era chi ascoltava la musica con gli auricolari, chi spettegolava, chi si lamentava per il male si piedi non abituati alle scarpe da trekking, chi leggeva un libro e chi chiamava i genitori per informarli della emozionante e favolosa gita.
Thodis invece lasciò Haralda insieme ad Agnes, che si dimostrò felice di scambiare due parole a proposito di una serie televisiva che avevano visto entrambe. Le due ragazze parlottavano degli attori sexy e attraenti, di come fosse patetica una certa Monik che ci provava con il fidanzato della migliore amica e cose del genere che la mora non si prese nemmeno la briga di ascoltare. Le lasciò accovacciate su due grandi sedie in vimini.
Lei preferiva fare un salto al piccolo fiumiciattolo che scorreva a circa trenta metri dallo spiazzo in cui si erano riuniti gli altri alunni. Lo aveva visto all'arrivo in lontananza e voleva togliersi lo sfizio di avvicinarcisi.
Ci mise poco a sopraggiungere presso torrente, che scorreva dolcemente. Socchiuse gli occhi per godersi a pieno il rumore rilassante dell'acqua in movimento, che accarezzava con delicatezza tutti i sassi sulla propria strada. Ne raccolse uno che, una volta asciutto tra le mani della giovane, si schiarì notevolmente.
La superficie liscia e perfettamente modellata dal tempo la affascinó tanto che si chinò a cercarne altri. Abbassatasi però si sentí quasi in difetto a sottrarre una tale bellezza che, sebbene fosse tanto piccola, formava quel magnifico paesaggio, così lo lasció cadere nella traiettoria dell'acqua socchiudendo gli occhi.
Quando li riaprí però, scorse in lontananza sull'altra sponda, semi nascosta dietro un olmo, un'imponente figura che le camminava incontro.
Subito pensò che fosse un guardia-caccia. Magari era Ivar che tornava per salutarli. Non riusciva però a distinguere i tratti dell'uomo, perché di sicuro di un uomo si trattava per la stazza che portava. Nel piccolo spiazzo intorno ad essi però, la luce scarseggiava a causa degli alti e imponenti alberi che svettavano sopra di loro. Si accorse che ormai erano quasi le cinque, e che doveva tornare alla locanda per ritornare a casa.
Fece per incamminarsi, ma un dettaglio di quella figura ormai un po' riconoscibile, la ghiacciò sul posto. Per tutti gli dèi!
Quell'uomo, o faceva meglio a dire ragazzo, era completamente nudo. Nudo come sua madre lo aveva fatto. Non seppe se scappare o correre ad aiutarlo. Non pareva ferito o zoppicante.
Era solo e inesorabilmente nudo. Notò chiaramente la pelle ambrata e i capelli spettinati, che però non riusciva a capire se fossero biondi o castani. Le braccia dello sconosciuto erano chiaramente toniche tanto quanto le gambe, in cui attirava l'attenzione il quadricipite teso. Il viso era ancora in penombra e non riuscì bene a decifrarne i tratti.
Non fece in tempo ad allontanarsi correndo che lui arrivó a circa tre metri da lei, e tutto ciò che li divideva era solo un piccolo e basso corso d'acqua. Le guance della ragazza, sebbene fosse impaurita e sconcertata, si imporporarono violentemente.
In quel momento Thodis riuscì ad ispezionare il volto dinanzi a sè; era olivastro anch'esso come il corpo statuario, gli zigomi alti gli incorniciavano gli occhi scuri, che erano socchiusi come le labbra. Infine riuscì a identificare il colore della chioma del giovane, che si rivelò tendente al castano. Ovviamente l'unico dettaglio a cui cercò di non badare era la sua carenza di indumenti.
Insomma non aveva mai visto un uomo nudo. Figurarsi un ragazzo così bello. Lui la fissò intensamente come se volesse dirle qualcosa, ma non sembrava intenzionato ad aprir bocca. Lei men che meno. Voleva solo tornare dai suoi amici e scappare via da quello strano individuo che sarebbe potuto essere anche un maniaco o perfino un assassino.
La fantasia era partita a viaggiare per i sentieri più spaventosi. Nonostante i piedi della ragazza fossero come radicati nel terreno, la paura fu più forte e la spinse a fuggire via veloce quanto il vento. L'unica cosa che sentì prima di voltarsi e darsela a gambe fu una voce profonda; aspetta.
Stranita ma con il cuore più leggero Thodis abbracciò affannata l'amica bionda, che rimase spiazzata da un gesto così spontaneo della mora che di solito stava nel suo spazio.
Haralda si trovava ormai dentro la baita per trovare un po' di calore per le sue magre dita. Thodis non disse nulla. Rimase in silenzio finché la sera tornò a casa propria e salutò i genitori a cui raccontò brevemente la giornata. Si infiló sotto le coperte che la coprivano fin sopra il piccolo naso leggermente lentigginoso, e ripensò alla voce di quel misterioso personaggio.
Non potè far a meno di pensare a per quale assurdo motivo fosse nudo in un bosco, per di più costretto a subire il gelo norvegese.
Arrossì ancora e si rimproverò mentalmente, imponendosi di dormire e smetterla di rimuginare, nonostante il giorno dopo avrebbe potuto dormire tranquillamente.
<Ciao ragazzi! Ecco un altro capitolo!
C.🍄>
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top