LA DUCHESSA
La cameriera che le fu assegnata disse di chiamarsi Mary. Aveva qualche anno più di lei e dei lineamenti morbidi. Mora e con gli occhi neri, aveva una luce allegra nello sguardo, tipica di chi vuole cogliere il meglio da ogni singola giornata, un ottimismo che Ester non aveva mai avuto. -Miss Escobar sono a vostra completa disposizione.- disse, con un accento scozzese.
Ester la guardò poi, con un filo di esitazione, chiese un bagno. Pochi istanti dopo, alcune cameriere dai tratti indiani, entrarono nella stanza portando dei secchi d'acqua che riversarono in un grande pentolone di ferro, sostenuto sopra il fuoco del camino.
-Il vostro bagno sarà pronto a momenti Miss. Ho fatto portare il sapone e gli oli per darvi modo di rilassarvi dal viaggio.- disse Mary, con un tono solare. L'altra annuì. Aveva un disperato bisogno di liberarsi dalla fatica del tragitto e dalla polvere che quel tragitto in carrozza le aveva lasciato addosso. Mentre l'altra la aiutava a liberarsi della veste, Ester andava riflettendo su come avrebbe potuto passare quelle ore. -Mary, Lady Mc Stone ha dato delle indicazioni su quale dovrà essere la mia condotta all'interno della sua dimora?- domandò, sospirando di sollievo nell'istante in cui la cameriera allentò i lacci del corsetto.
-La padrona ha ordinato che io mi prendessi cura di voi. Pranzerete e cenerete nella sala da pranzo della residenza ma, se volete, potete consumare gli altri pasti nella vostra camera. Potrete passeggiare nel giardino interno della casa e accedere alla biblioteca della casa. Ha inoltre disposto per voi la possibilità di visitare le due gallerie di ritratti dell'ala est e ovest, nonché le sale delle cineserie.- spiegò, elencando diligentemente le istruzioni ricevute.
Ester ne rimase sorpresa. -Non sapevo che mia sorella fosse un'appassionata di oggetti orientali. -disse.
-Era una passione del padrone. Lord Mc Stone conosceva perfettamente tutti i dialetti indiani, comprese le parlate locali degli angoli più remoti. Ha viaggiato molto prima di ereditare il titolo di duca e di sposarsi.-
-Alludete a mia sorella?- domandò l'altra, mentre scioglieva pigramente la chioma.
-No, Miss- rispose la cameriera -parlo della precedente padrona, la compianta Lady Katherine Gloucester McStone. Era la promessa sposa del fratello maggiore di Lord Mc Stone e avrebbe ereditato lui questo titolo ma è morto in giovane età e il padrone ha preso l'onere di rispettare le promesse matrimoniali di quest'ultimo. E'stata un'unione di breve durata. La signora è mancata dopo pochi mesi di matrimonio.-
-Mi dispiace molto- mormorò questa.
La cameriera socchiuse gli occhi. - Sono cose che accadono- rispose questa, sfuggendo al suo sguardo. Quella reticenza lasciò interdetta la signorina Escobar ma fu un pensiero momentaneo che accantonò quasi subito. Il pensiero di potersi finalmente rilassare nell'acqua calda della tinozza era troppo allettante per non indugiarvi. Così, con la mente sgombra da ogni preoccupazione, si apprestò a infilare la gamba dentro ma la risatina di Mary, a stento trattenuta, la spinse a girarsi. -Cosa vi succede?- chiese allora, inarcando la fronte.
-Anche la padrona era solita lavarsi vestita. Poi ha smesso di farlo, quando ha preso confidenza con questa dimora ma ogni tanto riprendeva queste abitudini.- spiegò -In questa casa,è poco frequente, soprattutto dopo che il padrone ha restaurato le varie sale, limitando al massimo gli spifferi dalle finestre. -
Ester la guardò interdetta. Nel collegio, durante i giorni destinati al bagno, era consuetudine lavarsi vestite. Le stanze dove si trovavano le vasche avevano infatti finestre alte e malamente coperte, dove regnava un'aria gelida e umida. Ripensare a quel momento ebbe un effetto straniante. -Una scelta molto saggia- sospirò.
Mary annuì, con fare convinto. -Ha anche disposto controlli regolari agli alloggi della servitù, per limitare al massimo il rischio di malattie e disagi da parte nostra. Il padrone aveva molta premura nei nostri confronti...come tutta la sua famiglia del resto.- si affrettò ad aggiungere, mentre l'altra si immergeva nell'acqua.
Mary aveva compiuto un lavoro impeccabile. Dopo averla aiutata ad uscire dalla vasca, le aveva pettinato i capelli in una comoda treccia e le aveva fatto indossare un abito verde chiaro. Ester non lo riconobbe tra gli abiti in suo possesso. Deve essere uno dei capi commissionati da Lady Mc Stone dedusse, studiando criticamente le cuciture. Il vestito le calzava perfettamente, senza essere né troppo largo né troppo stretto.
-Avete una splendida chioma, Miss, e questo colore vi dona- le disse la cameriera, sorridendo compiaciuta dell'opera finale. Quelle parole misero in imbarazzo la giovane che, per sfuggire al disagio di quei complimenti, chiese di poter essere servita del te e dei sandwich. Mary fece arrivare alcune donne della servitù e dette loro le istruzioni necessarie. Mentre era così impegnata, Ester socchiuse gli occhi, tentando di assorbire quella nuova condizione ma si rese conto che quella prova era ben lungi dal realizzarsi.
-Miss- disse Mary, mentre si avvicinava alla porta per seguire le cameriere- Lady Mc Stone ha lasciato una lettera per voi sul tavolino. Mi ha raccomandato di farvela avere.-
-Vi ringrazio- rispose questa, posando lo sguardo sul mobile. La busta vi era appoggiata sopra, accanto ad un vaso di fiori. Il pallore della carta sembrava brillare nel legno del tavolo intarsiato. Senza attendere oltre, estrasse il foglio e, con passo leggero, si avvicinò ad una poltroncina posta nei pressi della finestra.
Mia diletta Ester
esprimo il mio più sincero dispiacere per non essere qui con voi. La mia attuale condizione ha imposto delle necessità a cui devo piegarmi, tanto da spingermi a lasciare questa dimora. Sarò di ritorno entro pochi giorni e vi prometto che converseremo con piacere di tutti gli argomenti che desiderate.
Vostra
Soledad
Le parole scivolarono in un soffio, leggere e impalpabili come un velo. Ad Ester sembrò di poterle accarezzare, malgrado la brevità del messaggio le facesse dubitare dei messaggi reconditi al suo interno. Era una lettera sintetica, priva di sofismi leziosi e di parole di circostanza, malgrado fosse rigidamente fedele allo studio della sottile arte della lettera.
La guardò a lungo, immaginandosi Soledad intenta a scrivere quelle brevi parole. Provò a figurarsela, con i lunghi capelli color dell'autunno avvolti in una treccia, con il viso concentrato e l'espressione pensosa. Le parole sono come pietre, attenta a come le usi era solita dirle, con un tono che voleva essere severo, senza riuscirci davvero.
-Miss Escobar, il té è pronto. Le abbiamo fatto avere dei sandwich al salmone affumicato e al cetriolo, insieme ai Victoria Sandwiches e ai muffins. - disse Mary, guidando alcune cameriere con sé. Ester guardò con stupore il piatto. Le dosi erano molto abbondanti. -Vi ringrazio, Mary- rispose, prendendo uno dei tramezzini in mano e scoprendosi improvvisamente affamata. Forse era colpa del bagno oppure dei piatti spartani del collegio, non avrebbe saputo dirlo...ma quando vide quelle leccornie sul piatto, si ritrovò improvvisamente a mangiarle, quasi senza ragione. Assaporò ogni singola leccornia, badando bene di non lasciare nulla nel piatto. Solo allora alzò la testa e vide l'espressione perplessa di Mary, fissa nel piatto.
-Qualcosa non va?- domandò.
-No Miss, i piatti erano di vostro gradimento?-chiese invece questa, con un tono leggermente rigido, mentre studiava la ceramica.
-Oh, sì. Sono pietanze che ho apprezzato molto. Ho mangiato meno del solito prima della partenza e, per questo motivo, avevo molta fame.- disse, poi un pensiero la attraversò. Che la cameriera stesse cercando di capire quali fossero i suoi gusti? Forse era così, o almeno lo suppose, non appena la vide farsi sempre più pallida. -Non amo l'agnello né, tantomeno, il porridge...soprattutto il porridge.- disse, fissando il piatto ormai vuoto.
Mary sembrò rilassarsi. -Nemmeno la padrona ama quel piatto perciò è molto raro prepararlo in questa casa. Informerò la cuoca delle vostre preferenze, Miss.- disse, continuando a guardarla.
Ester si irrigidì appena. L'idea di essere oggetto del suo esame la stata rendendo molto nervosa, malgrado comprendesse che la donna stava unicamente facendo il suo dovere. Bevve alcuni sorsi di te, chiedendosi come avrebbe dovuto rapportarsi. Aveva visto molte coetanee trattare la propria servitù come se fosse un oggetto parlante, riversando su di loro richieste assurde e reazioni isteriche. Quell'esempio ebbe su di lei un effetto straniante. Non aveva la minima idea di come trattare quella donna senza apparire debole o, peggio ancora, causare fastidio in Lady Mc Stone.
Cosa devo fare? Andava chiedendosi.
Rashid camminava silenzioso nel corridoio. Al suo passaggio, i camerieri e le cameriere si irrigidivano lentamente, chinando il capo in segno di rispetto. Giunto in fondo al corridoio, vide la sagoma scura di Donna Ines.
-Mr. Rashid- fece quella, avvicinandosi – Le comunico che Miss Escobar continua a risiedere nell'alloggio a lei destinato e non sembra intenzionata ad uscire. Abbiamo disposto un menù adeguato ai suoi gusti, come disposto da Sua Grazia.- Poi, con fare discreto si avvicinò -Perdonate l'ardire, ma ho notato che non avete ancora mandato il responso a Sua Grazia. Sapete che desidera avere una lettera ogni tre giorni.-
-Non lo dimentico, Donna Ines- rispose questi- Ho disposto tutte le indicazioni della lettera, con tutte le informazioni che ho ricevuto da Mary e da voi. Ritenete opportuno chiamare un medico?-
-Per il momento no. Ho notato che era molto magra. Gli abiti commissionati sono stati aggiustati.- rispose.
-Forse sarebbe opportuno comunicare queste osservazioni allo stesso collegio?-domandò l'uomo.
-No- replicò la donna- non senza il permesso di Sua Grazia.-
Rashid socchiuse gli occhi. -Concordo con voi. Anche se dubito che queste differenze sfuggano alla duchessa.-
Donna Ines non commentò. Sapeva che vi era del vero nelle parole del maggiordomo ma si guardò bene dal dirle ad alta voce. Rashid inarcò la fronte, come in attesa di una risposta da parte sua ma, di fronte al silenzio della governante, si limitò a stirare le labbra in un sorriso arcaico. -Credo che sia opportuno tornare al mio alloggio, per redigere le dovute missive per la padrona.- mormorò, incamminandosi verso il corridoio.
Malgrado tutto, quei giorni furono fiacchi e privi di sorprese, proprio quello di cui Ester aveva disperatamente bisogno. Aveva sempre desiderato vivere in un luogo lussuoso, come tutte le ragazze del collegio. Era ciò che veniva loro presentato come la migliore soluzione possibile, il fine della loro stessa esistenza. Comodamente accovacciata su una poltrona, ripensava a quei momenti. La casa dove viveva Soledad era ampia e sfarzosa. Trovava interessante la scelta degli arredi e la diversità di ogni alloggio e suppellettile. Le coperte, poi, erano calde e accoglienti, tanto da spingerla a indugiarvi la mattina più di quanto fosse solita fare in passato. Era così piacevole crogiolarsi nell'ozio, non lo avrebbe mai pensato.
Ancora non riusciva a credere alla strana situazione in cui si era trovata in quel momento. Fino a poche settimane prima era la figlia di un esule spagnolo e di una donna di origini francesi di nobile lignaggio che viveva in un rigido collegio. Ora era la sorella di una duchessa e viveva sotto la protezione di quest'ultima. Quella situazione la lasciò perplessa. Dove si trova mia madre? Era il pensiero frequente che le faceva compagnia in quei giorni, mentre aspettava il pranzo nell'ampio soggiorno, circondata dalla servitù.
Inizialmente, aveva provato un certo disagio a mangiare da sola, sotto lo sguardo vigile delle cameriere e dei maggiordomi. Poi aveva iniziato a farsene una ragione, ignorandoli o, almeno, provandoci. In quelle occasioni l'insicurezza tornava a farle compagnia, facendola sentire nuovamente fuori luogo.
Gli abiti che portava erano semplici e morbidi, malgrado i corsetti le comprimessero il corpo. Anche quelli erano nuovi. Una mattina si era svegliata e non aveva più trovato la sua biancheria.
-Miss, abbiamo ricevuto l'ordine di buttarli. Erano logori e non si potevano più portare- fu la risposa delle cameriere. Analoghe parole uscirono dalla bocca di Mary...così Ester si era rassegnata in fretta a quell'improvviso cambiamento. In fondo, erano abiti che avevo adattato con ago e filo. Non posso pretendere di averli con me per sempre. Si era detta. La stoffa era infatti estremamente usurata e solo un paziente lavoro di cucito aveva ridimensionato i danni. Mentre rifletteva su quelle cose, tuttavia, non riuscì a frenarsi dal provare un sordo fastidio. Non le interessava possedere quegli abiti ma avrebbe preferito essere informata prima sul loro destino.
Fu forse quella la prima stonatura che Ester provò, durante quei giorni.
26c
Col senno di poi, Ester superò rapidamente il dispiacere di quella notizia. Il misero abbigliamento che aveva portato in quella dimora aristocratica era stata fonte di costante vergogna. Per questa ragione, non parve molto sorpresa della loro mancanza ma ugualmente le dispiacque. Benché modesti, quelli erano gli unici abiti che avesse mai avuto nel corso di quegli anni. Ne parlerò con Lady Mc Stone, non appena farà ritorno concluse, osservando il libro che aveva di fronte.
-Mary, vi ringrazio per questo volume. Spero di saperlo apprezzare come si conviene.- disse, guardando il volume. La luce proveniente dalla finestra esaltava le grottesche del soffitto ed i mobili elaborati che decoravano lo studiolo. -Ricordatemi di porgere questi ringraziamenti anche a Mister Rashid per la scelta.- commentò, studiando il titolo -William Wordsworth è uno dei miei autori preferiti. Le sue Ballate sono una delle opere che preferisco.-
-Sarà fatto Miss.- fece.
-Mi domando quando potrò parlare con Lady Mc Stone. La settimana è già passata.- mormorò, studiando con attenzione le elaborate decorazioni della copertina.
-La padrona non ha ancora avuto modo di arrivare alla dimora dei Mc Stone. Purtroppo la scorsa notte un violento acquazzone ha reso difficile percorrere queste strade. Non appena avremo modo di avere maggiori notizie, vi faremo sapere.- disse.
-Vi ringrazio. Posso sapere cosa sta trattenendo Lady Mc Stone?- domandò, tremando leggermente. Ester si era trattenuta per giorni ma allo scadere della settimana sentiva la sua pazienza venire meno. Lo scorrere del tempo diventava sempre più insopportabile. Spesso si ritrovava a fissare il soffitto, chiedendosi cosa poteva aspettarsi da quell'incontro. Erano trascorsi dieci anni da quando sua sorella Soledad aveva preso la via di Londra, seguendo un uomo conosciuto solo di recente e di cui Ester ricordava poco o nulla. Si chiese se fosse cambiata, oppure se fosse rimasta la stessa...non avrebbe saputo dirlo. La risposta poteva essere solo una...e la ebbe il giorno seguente, quando una carrozza dalle linee leggermente squadrate fece il suo arrivo.
Era immersa nella lettura di una delle poesie di Wordworth, quando Donna Ines fece il suo ingresso nel salottino dove era solita risiedere. - Lady Mc Stone è arrivata a palazzo. Vi attende nella sala principale, Miss Escobar.- le comunico, con il suo consueto tono incolore.
Ester non mosse un muscolo poi, vedendo che la governante si era recata personalmente a comunicarle quella notizia, balbettò qualche parola di circostanza, una di quelle risposte banali che lei esprimeva automaticamente, tanto da scordarsele qualche istante dopo.
Un brivido la attraversò.
Presto avrebbe rivisto Soledad.
Si vide alzarsi lentamente dalla poltroncina e seguire Donna Ines lungo i corridoi del palazzo, salire una maestosa scalinata e scivolare dentro un'ala dell'edificio che prima non aveva considerato. Era decorata con splendide grottesche e con quadri raffiguranti paesaggi bucolici. Uno stile completamente diverso da quello dell'ala dove alloggiava. -Si tratta del nucleo più antico della casa e risale al secolo scorso.- spiegò Donna Ines, notando la sua espressione.
-Comprendo- rispose la ragazza, mentre osservava incantate i disegni che si stagliavano sul soffitto. Poi posò lo sguardo sui quadri, una pregevole carrellata di dipinti ad olio, raffiguranti paesaggi.
Donna Ines camminò a passo deciso lungo quell'ala dell'edificio. Ester non commentò ma ebbe l'impressione che non desiderasse altro che andarsene per sbrigare le proprie mansioni. Ugualmente raggiunse una porta di legno scuro e decorato da tarsie chiare. -Lady Mc Stone, sono Donna Ines. Miss Escobar è arrivata.- disse.
Ester fece un profondo respiro.
-Fatela entrare.- disse una voce bassa e musicale. La governante invitò con un cenno Ester a fare alcuni passi all'interno. Lei obbedì meccanicamente ma quando la porta si chiuse ed il silenzio ripiombò al suo interno, il nervosismo crebbe. La stanza era arredata con mobili scuri e le tende leggermente oscurate. Alcune parti dell'ambiente erano coperte da stoffe scure e pesanti. Ne aveva viste molte in quella casa...poi vide una figura, seduta compostamente sulla poltroncina più vicina alla finestra.
Il cuore prese a galoppare, mentre osservava l'elegante figura avvolta da un abito scuro privo di ornamenti. Nessuna decorazione arricchiva il vestito, un tripudio di stoffe nere che arrivava fino al collo. La pelle, color dell'alabastro, era priva d'imperfezioni e riluceva sotto quella tonalità priva di luce. La chioma, simile ad un mare di foglie autunnali, risaltava in quel contesto, benché castigata in una crocchia stretta e mortificante e coperta da un velo nero sottile e trasparente. Due gemme verdi, incastonate in un ovale perfetto, la osservavano. -Miss Escobar, benvenuta nella dimora del duca Mc Stone. Io sono la sua consorte, la duchessa di Mc Stone, Soledad Blanca Rossignol Escobar. Sono onorata di avervi qui. - disse, con voce musicale.
Ester sussultò. -L'onore è mio, Vostra Grazia- si affrettò a rispondere.
-Mi duole non avervi potuto ricevere come si conviene ma i miei doveri nei confronti di Sua Grazia, il mio sfortunato consorte, mi hanno imposto di essere altrove. Spero che la mia casa e quanto avete ricevuto sinora siano state cosa gradita.- rispose.
-Sì, Vostra Grazia- disse, sentendosi gli occhi della dama puntati addosso.
-Accomodatevi. Donna Ines, la mia governante e Mister Rashid, il mio maggiordomo, mi hanno accennato al fatto che desiderate avere da me delle risposte. Sarò ben lieta di darvele, in questo preciso istante.- spiegò, guardandola fisso -Eppure desidero sapere da voi come avete trascorso questi dieci anni di studio presso il collegio, dal momento che vivrete con me.- fece.
-Non tornerò nella scuola?- chiese.
La duchessa Mc Stone scosse il capo. -Mio marito è morto da nemmeno un anno ed io sono tenuta a rispettare uno stretto lutto, come potete osservare dalla bambagina che porto. Ugualmente sopperirò al debito di riconoscenza che ho nei confronti di vostra madre, dal momento che si è presa cura di me fino al mio matrimonio.- le comunicò.
Ester arrossì di vergogna. -Perdonatemi, vi porgo le mie più sentite condoglianze per la perdita del vostro consorte.- disse, pronunciando rapida ogni singola parola. Presa com'era dallo sconcerto, aveva dimenticato la recente condizione di vedova della sorella maggiore ma questa non le mosse alcun rimprovero. Si limitò a guardarla, con un'espressione melanconica che lasciò addosso alla più giovane uno strano sconcerto. -Non mi è consentito muovermi più del lecito ma vi prometto che trarrete ogni beneficio dalla mia posizione ora che vivete con me. Il mio lutto non mi consente di condurvi ad una stagione ma vi prometto che la avrete, con tutti gli onori possibili.- rispose.
-Perché non mi avete più scritto?-domandò la più giovane.
-Non sapevo che voi foste in un collegio.- spiegò la duchessa ma non aggiunse nessun'altra frase. Rimase semplicemente composta, guardandola con ammirazione. –Sono lieta di vedere che siete in ottima salute. Siete diventata molto bella. – aggiunse, guardandola fisso.
Ester sussultò. Le parole di Lady Mc Stone erano ridotte all'essenziale ma quel complimento, per quanto semplice, l'aveva sorpresa. –Avete i colori diafani di vostra madre...chissà se vi è qualcosa di nostro padre. Spero solo cose belle.- commentò con un tono dolce e malinconico. Poi sembrò scuotersi da qualche pensiero e si fece seria. –Sarete una giovane molto ammirata ma la bellezza non basta per attirare un buon marito. Sapete ballare?- chiese.
-Conosco i passi.- rispose.
-Sapete conversare?- domandò.
-Non amo parlare. Preferisco osservare.-fece Ester con un tono contrito, ripensando alle ammonizioni delle insegnanti.
-Cosa avete studiato?- chiese ancora la duchessa.
-Letteratura, storia, geografia. Abbiamo ricevuto lezioni di musica e di danza...e alcune nozioni di disegno.- mormorò Miss Escobar, riducendo la voce ad un sussurro. La duchessa Mc Stone sembrò approvare ma le rivolse un'occhiata penetrante nel momento in cui pronunciò l'educazione artistica. Ester temette di tradirsi, soffermandosi sulla sua passione più del lecito, ma la dama non chiese spiegazioni né, tantomeno, la ammonì per quella debolezza così palese.
-Avrete un' istitutrice francese quanto prima, in modo da completare la vostra preparazione. La dimora di mio marito possiede uno splendido pianoforte, dove avrete modo di esercitarvi nella musica e nella danza.- disse la dama- E'mio desiderio che apprendiate inoltre l'equitazione. Come avrete notato, questa dimora è lontana dalla città e non è bene che una fanciulla indugi nell'ozio più del necessario.-
Ester la guardò. Le parole morbide della duchessa mostravano una severità di fondo a lei familiare ma quella somiglianza, per quanto presente, non riusciva a smettere di essere estranea ai suoi occhi. –Avete notizia di mia madre?-domandò infine.
-Lady De Florie, la vostra genitrice, è in questo momento in Europa e sta seguendo il suo attuale marito in un'ambasciata diplomatica. Ignoro quali siano le ragioni di questo viaggio ma la mia vedovanza mi ha allontanato da quell'ambiente. Chiedo venia per questo.- spiegò – Pochi mesi fa, ho ricevuto una sua lettera. –
La curiosità di Ester crebbe. –Cosa vi ha raccontato?-domandò.
L'espressione della dama non mutò. –Mi ha raccontato della sua nuova vita come moglie di un ambasciatore e delle infinite implicazioni che questo ruolo comporta. Ha inoltre descritto le bellezze delle città europee e le numerose occasioni di balli e ricevimenti alle quali ha avuto accesso grazie a queste nozze.- descrisse – E'molto impegnata...e anche voi dovrete fare altrettanto. Siete la figlia più giovane di Mister Escobar e dovete rendere onore ai vostri natali ma io vi aiuterò in questo arduo compito. Presto supererò il periodo di lutto stretto e potrò indossare abiti meno tetri. Spero che le mia immagine appaia meno cupa di quella che avete di fronte in questo momento.-
Ester percorse silenziosamente il corridoio per raggiungere la propria camera. La duchessa aveva conversato con lei, parlando del tempo nella campagna circostante e dei passatempi che potevano praticare in quel luogo. Ogni tanto aveva accennato ad un sorriso, una lieve increspatura che non aveva raggiunto gli occhi e che solo un osservatore attento avrebbe potuto scorgere, dietro al velo.
Era stato un incontro strano, ben diverso da quanto avrebbe potuto immaginare. Dieci anni di distanza e dieci anni di differenza potevano produrre un sentimento di distacco. La signorina Escobar non ricordava tuttavia di aver mai provato una sensazione del genere, durante l'infanzia. Soledad era un'adolescente schiva, dai modi dolci e affettuosi, molto protettiva nei suoi confronti. Era una creatura ben diversa dalla dama composta che l'aveva accolta.
E'stata gentile con me provò a dirsi, tentando di frenare il proprio malessere. Doveva essere grata della generosa offerta che la duchessa le aveva porto, in modo diretto e senza alcuna esitazione. Ester rabbrividì. Per qualche ragione, quell'incontro le aveva lasciato addosso un profondo gelo che non riusciva ad abbandonarla e si chiese a cosa fosse dovuto, se all'aria fresca di quel giorno o al pallore della dama che, per tutta la durata dell'incontro, le aveva rivolto un sorriso gentile e distaccato. Mentre così rifletteva si rese conto che la duchessa aveva risposto ad una parte minima delle sue domande, le più lievi ed innocue. Le altre, le più pesanti e scomode, erano rimaste in gola, per nulla propense ad uscire.
Ester non aveva avuto il coraggio di pronunciarle. Si disse che aveva rispettato le nozioni di etichetta apprese durante il collegio, in rispetto del rango assunto dalla sorella e della differenza d'età. Si disse che la sorpresa dell'incontro l'aveva frenata dall'essere pienamente sincera. La sua mente formulò molte spiegazioni sul suo comportamento, giustificando le azioni che aveva compiuto e rimproverando il riserbo della duchessa, colpevole di non averle esposto la verità e quanto agognava da mesi, dopo tanti episodi strani ed inspiegabili. Quel non detto, quel parlare nel rispetto dei limiti della cortesia aveva soffocato i suoi bisogni e le sue esigenze, malgrado la ricchezza ottenuta avesse di fatto concesso più di quanto aveva avuto negli ultimi anni. In tutto quel ragionare, però, una verità rimase taciuta. Perché non aveva parlato? Perché non aveva chiesto, sfidando i pericoli della decenza e correndo il rischio di apparire sfacciata e irriconoscente? Ester non trovò una risposta razionale a quelle domande. Per qualche ragione, sua sorella, avvolta in quegli abiti neri, le era apparsa spaventosamente fragile, come se fosse destinata a volare via da un momento all'altro, al primo soffio di vento.
Non dirò una sola parola su questo capitolo, tranne che la bambagina era una stoffa usata per confezionare gli abiti da lutto stretto, ovvero i primi sei mesi dopo il funerale. Ringrazio tutti coloro che mi hanno letto finora e lasciato qualche commento. Spero di scrivere nuovi capitoli migliori. A presto e grazie di nuovo.
Non dirò una sola parola su questo capitolo, tranne che la bambagina era una stoffa usata per confezionare gli abiti da lutto stretto, ovvero i primi sei mesi dopo il funerale.
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