INCUBI DIURNI
Inquei giorni, l'animo di Ester era sprofondato in un'inquietudineda cui non riusciva a risollevarsi. Parlava poco, incantandositalvolta nell'osservare il paesaggio fuori dalla finestra, con lamente persa chissà dove. L'assassinio di quei due individui eraun'immagine che non riusciva a scacciare dalla sua mente, tanto chesi ritrovava a riviverla sotto forma di ricordi, in un lento ecostante supplizio. Non aveva mai desiderato vedere cose simili e perquanto impulsiva fosse, aveva sempre aborrito il sangue, con ognifibra del suo essere. Quelle immagini, vissute come sogni spaventosie come incubi diurni tornavano puntualmente a ghermire il suo animo,lasciandola immobile e priva di difese.
Quellostato di cose crebbe con il passare del tempo, anziché diminuire.Spesso si ritrovava a guardare con terrore porte e finestre, alladisperata ricerca di qualsiasi oggetto le ricordasse quei momenti econ il pensiero fisso di vedesi comparire dinnanzi quei criminali equell'uomo mascherato, i primi sotto forma di spettri, il secondocome un essere di carne.
Lapadrona della casa veniva a farle visita ogni giorno, assicurandosidel miglioramento delle sue condizioni di salute.
Esteraccoglieva quei momenti con un filo d'imbarazzo. Non era abituata aquel genere di attenzioni e si spiegò quello stato di cose con lavita passata in collegio.
–Oggivi sentite meglio?-domandò la dama.
-Sì,Vostra Grazia.- rispose, tenendo gli occhi fissi sulle proprie mani.
-Lacuoca serve pasti di vostro gradimento?-chiese la più grande.
-Sì,Vostra Grazia.- rispose Ester, senza mutare espressione. L'ansia leattanagliava le viscere, togliendole quasi la voce. La duchessa eravicina a lei, eppure non riusciva a rivolgerle la parola connaturalezza, tanto da nutrire quasi il dubbio che un simile processofosse possibile. Per giorni, poco prima della partenza, avevaascoltato docilmente le infinite raccomandazioni delle insegnantisull'importanza del rango della sua nutrice, tacendo il legame disangue che intercorreva tra loro, quasi fosse impossibile pensare chevi fosse una parentela tra due persone così distanti. I ricordifumosi dell'infanzia cozzavano quasi con la figura riservata cheaveva di fronte, benché la sorella maggiore non avesse mai brillatoper esuberanza o parlantina. Neppure la duchessa era una fine amantedelle conversazioni, preferendo il silenzio e la solitudine. Per unattimo si domandò quale debutto in società avrebbe mai potutoricevere da una simile persona...ma subito si ritrasse da queipensieri, profondamente inorridita. -Vostra Grazia, la mia cavigliasta meglio. Posso uscire.- provò a dire, tentando di controllare iltono della voce e scacciando immediatamente da sé le immagini cheaveva ancora di fronte a sé, come se fossero fatte di carne. Quellampo di paura le fece perdere coraggio, spingendola nuovamente afare un passo indietro. -Ma, forse, è meglio che rimanga in questastanza.- aggiunse infine, studiando con gli occhi quel volto perfettoed ermetico.
Laduchessa non rispose subito.
Silimitò a scrutarla in volto. Ester arrossì, intimidita. Gli occhidi sua sorella Soledad avevano sempre avuto un fascino particolare sudi lei. Erano verdi come le pietre preziose e capaci di mettere anudo l'anima di chi avevano di fronte, senza lasciarle scampo. Chissàcosa vedrà nella mia anima? Saprà cogliere qualcosa che io nonvedo?Andava domandandosi, mentre tentava di allontanare dalla memoria queibriganti che, con forza, ritornavano indietro, come le onde sullaspiaggia. Uno scontro impari e terribile, che la spingeva a riviverenella mente lo spavento preso per via del suo colpo di testa. Avevaormai messo da parte la sua indignazione per il diverbio passato maera difficile ignorare la ferita. Per anni, le era stato ripetutoquanto fosse inadatta al suo ruolo di gentildonna e quelle parole,espresse con distacco, erano penetrate dentro di lei, alla stregua diun chiodo arrugginito nella carne.
-Hoparlato con il dottore e mi ha assicurato che la vostra caviglia avràdei miglioramenti se beneficerà dell'aria aperta.- fece la dama.
-Comedite?- chiese stranita.
-Che,sia pure con misura, potete riprendere a passeggiare ma solo dopo cheavrete informato quale sarà il vostro percorso, quando avreteintenzione di farlo e come volete uscire.- aggiunse la dama- Nonvoglio ripetere l'esperienza passata.- Quelle parole fecerorabbrividire la più giovane, tanto da attirare l'attenzione delladonna. -Anche se credo che ciò che vi è accaduto vi abbia scosso asufficienza. Avete subito un forte turbamento, lo vedo dal vostroagire.-
-Cosaintendete?- domandò Ester, sulla difensiva.
-Statetrovando questa gabbia preferibile all'esterno e avete dimenticatotutti i vostri propositi di fuga. Non trovate che dovrei farmi delledomande sulla vostra condizione?-chiese retorica la duchessa. Quelladomanda colse alla sprovvista la più giovane.
-Secredete che stia tramando contro di voi siete in fallo! Nessuno mi hausato violenza!- esclamò, sempre più agitata.
Pertutta risposta, la duchessa scosse il capo. -Cosa vi è accaduto ditanto terribile?- domandò ma Ester fraintese le sue parole e, perl'ennesima volta, agì d'impulso, abbandonando ogni remora.
-Nonmi è stata usata violenza! Sono ancora vergine!-fece, arrossendo dirabbia non appena si rese conto di ciò che aveva detto. Sel'avessero udita le istitutrici, avrebbe certamente rimediato cosìtanti colpi di betulla da non riuscire a tenere in mano una penna permolto tempo. L'ansia la ghermì di nuovo, lasciandola senza fiato.
L'espressionedistaccata della duchessa non le lasciava presagire niente di buono.Poteva farle di tutto, visto che le aveva mancato di rispetto in modotanto vergognoso. Ne avrebbe avuto tutto il diritto, giacché era unodei più clamorosi fallimenti dell'istruzione inglese. Neppure lacoercizione più dura era riuscita a frenare quel temperamentocollerico e impulsivo. Come se la sua anima dannata di bambina fossealiena da ogni forma di miglioramento. Quel pensiero la intristì,ricordandole quanto fosse sbagliata e fuori luogo in ogni ambiente.
-Quelloche vi stavo chiedendo, in vero, era altro. Ho avuto modo di vedere,nel corso della mia vita affianco al duca, casi di donne oggetto diviolenza e so riconoscere i segni di chi ha subito una cosa tantoesecrabile. Quando vi abbiamo trovato, ho chiesto alla mia camerierapersonale di controllare il vostro corpo e non vi era alcuna tracciadi quel crimine. Siete pura come un giglio, per quel che ne so...etanto mi basta sapere. Tuttavia, la vostra paura mi preoccupa.- fecela duchessa.
-Perquale ragione?-domandò allora la signorina Escobar.
Ladama chiuse gli occhi per un istante. -Fuori da queste mura, la formaè sostanza. Non siete ancora entrata in società perché io non sononelle condizioni di poterlo fare né voi siete pronta. Il vostro fareguardingo e pauroso sarà deleterio per voi. Nessuno fuori da questacasa vi sarà amico poiché ogni individuo che incontrerete nel Tonmirerà a soppiantarvi, come le piante che lottano le une con lealtre per avere un raggio di sole. Basterà insinuare un sospetto evoi sarete distrutta prima ancora di entrare in una sala da ballo.-fece, studiando il tremito che aveva colto la più giovane. Prima cheEster potesse fare o dire alcunché, afferrò il suo mento con ilpollice e l'indice, in una presa gentile e ferma. La ragazzina feceun sussulto, prima di specchiarsi di nuovo in quegli occhipenetranti. -Io sono il vostro solo alleato in quel luogo e devosapere tutto di voi, prima che qualche pettegolezzo inventato ad artepossa creare un disastro. Cosa è accaduto prima che i servitori cheho mandato a cercarvi tornassero a palazzo con voi?- domandò,tenendo lo sguardo fisso su di lei.
Leimmagini di quella sera infausta ritornarono nuovamente alla luce,accarezzandole viscide il corpo.
Idue oscuri briganti sbucarono improvvisamente nello spiazzo, uscendodalla boscaglia che li circondava. I loro neri mantelli accarezzavanogli arbusti, senza toccarli veramente. A passo sgraziato e veloce siriunirono insieme, tenendo tra le mani un sacco.
Estersi irrigidì.
-Haidetto che dovevano incontrarci in questo posto dimenticato da Dio?Che razza di appuntamento è?-disse uno dei due.
-Taci!Gli affari sono affari. Una volta consegnate queste chincaglierie,potremo andare via e magari fotterci qualche puttana in un bordello.Per tutti i santi del paradiso, ho proprio bisogno di una scopata.-borbottò il secondo, dandosi una pigra carezza all'inguine.
-Potevamotrascinare qualche pezzente in un angolo della boscaglia, invece diarrivare qui in queste condizioni. Da quanto siamo dei santarellini?-rispose l'altro, seccato.
Pertutta risposta, l'uomo sputò a terra. -Magari potevamo prenderequella pollastra ricca che abita nella villa a cui appartiene questoluogo eh?-lo canzonò-Mi hanno detto che è bellissima ma horischiato la forca e non mi va di ritornarci per un paio di tette! Hapure presso di sé la sua giovane sorellina...carne fresca.-
Estersgranò gli occhi, rivivendo quell'incubo.
Istintivamentesi ritrasse.
-Mihai messo una bella voglia ma nemmeno io voglio crepare per un paiodi signorine per bene...oh, ecco il nostro buon amico.- dissel'altro, non appena udì un fruscio alla sua destra.
Entrambisi girarono.
Iltremito la scosse di nuovo, scorrendole insieme al ritmo accelleratodel sangue che fluiva nelle vene come impazzito. Il cuore battevafurioso, simile al fragore del mare e gli parve nuovamente divederlo.
Dallefrasche uscì una sagoma alta e sottile, con il volto coperto da unamaschera. -Milord, siamo onorati di vedervi qui. Abbiamo avuto mododi recuperare quanto avete chiesto.- disse uno dei due uomini.
-Sietein ritardo.-rispose l'altro, con voce artefatta.
Quest'ultimosi profuse in una serie di untuose scuse che riempirono il silenziodello spazio intorno.
-Nonimporta. Devo affrettarmi per tornare a palazzo o si accorgerannodella mia assenza. Avanti, sbrigatevi a consegnarmi quantopattuito.-ordinò, con aria annoiata.
Idue briganti obbedirono...poi seguì lo sparo.
Sottogli occhi della duchessa, Ester si piegò in avanti, rigettando alsuolo tutta la colazione di quel giorno. La dama non emise alcunsuono. Semplicemente, si pose al suo fianco, massaggiandole piano laschiena di quel corpo giovane e preda degli spasmi. Non seppe direquanto durò quel momento ma quando tutto finì, sentì l'orgoglioincrinarsi di colpo. Aveva avuto una reazione molto imbarazzante,indegna del suo rango e delle sue origini. Si chiese come avevapotuto cadere in disgrazia in quel modo.
-Voleteche chiami un medico?-domandò, continuando a massaggiarle laschiena.
Esterscosse il capo. Era l'ultima cosa che desiderava.
-Allorapotreste raccontarmi cosa vi affligge? Da quando vi hanno riportatoqui siete turbata da qualcosa. Qualunque sia, devo saperlo.-laesortò.
Aquelle parole, Ester si allontanò e senza rendersene conto le scoccòun'occhiata diffidente. -Perché vi dovrei obbedire?-domandò,osservandola seria. Non amava gli ordini e anche se aveva semprechinato la testa, non aveva mai mandato giù quello stato dicose...tuttavia la risposta della donna la spiazzò.
-Perchésiete mia hermanita, ecco perché.-fece la donna, con tono dolce estanco. Qualcosa si spezzò dentro Ester. Aveva sempre provato unadolorosa nostalgia per quella voce e in quell'arco di tempo l'avevacercata nella madre e nel personale del collegio. Né l'uno, nél'altro, però, avevano quel grado di calore...e quelle ricerchel'avevano spesso lasciata insoddisfatta e rabbiosa. Ora però, udendonuovamente quel tono, Ester ebbe finalmente l'impressione di esseretornata a quei momenti felici e quella distanza odiosa cessò dipesarle addosso.
Senzarendersene conto, appoggiò la fronte sulla spalla della duchessa,con l'animo sereno di chi è finalmente tornato a casa.
-Sorella-fece- vi devo confessare una cosa orribile che ho visto quella sera eche tuttora mi terrorizza.-
Poila lingua si sciolse, come un filo legato da un nodo troppo stretto.
Quandole cameriere tornarono per pulire la camera, le due sorelle eranoancora in quella posizione insolita ma nessuno dei servi ebbel'ardire di levare alcun commento. Tutti però trovarono insolito chela padrona stesse in quella posa eccessivamente calorosa, troppa,dopo anni di distaccato e cortese riserbo.
-Oracercate di riposare, Ester. Quello che è successo non deve piùpreoccuparvi perché quei briganti non possono più fare del malealla vostra persona, né alla mia. Se la mia esperienza ha qualchevalore, i morti non possono nuocere più di tanto...non quanto ivivi. Rasserenatevi di ciò. Penserò io a proteggervi ma voi nondovete scappare più- disse- Me lo promettete, hermanita?-
Esternon rispose subito, disorientata da quel suono. Non aveva piùsentito una parola spagnola da quando sua sorella era partita insiemeal suo silenzioso consorte. Sua madre aveva infatti deciso diproibirla, invitandola a dimenticare quel linguaggio, a suo direrozzo e volgare. Quel consiglio si tramutò ben presto in un ordineimplacabile tra le mura del collegio, dove la sua pronuncia eraoggetto di scherno e derisione. Poteva parlare un inglese corretto manon lo era...e quel clima aveva finito col renderla inizialmenteaggressiva e rabbiosa. Le sue azioni, comunque, si erano ritortecontro di lei. Le istitutrici avevano risolto la sua ribellione conl'uso della bacchetta, del digiuno e della reclusione. Il risultatofinale era stato quello di renderla schiva e silenziosa, simile ad unanimale in gabbia.
-Comefate a ricordarlo ancora?-si ritrovò a chiedere.
-Sietela mia hermanita, non potrei mai scordarlo.- fece la dama, dandole unbuffetto sul naso.
Esternon disse una sola parola ma si rese conto, con una punta di orrore,di sentire un'odioso calore sulle guance. Era vergognoso, si ritrovòa pensare, che stava arrossendo come una fanciulla ingenua di unromanzo d'appendice...e non a causa di uno spasimante misterioso maper opera della sorella che aveva appena riscoperto.
-Comunquenon dovete temere. Quei criminali senza misericordia non vi darannopiù simili preoccupazioni. Lasciate da parte simili pensieri.- larassicurò.
-Vorreiperò parlare con gli agenti dei Bow Street Runner. Sono fuorileggema mi sentirei in colpa se non rivelassi loro quello che so.- fece lagiovane, con minor timore di prima.
-Gliagenti sono già andati via ma non è stato ritrovato nessun corpo inquesta zona. Hanno setacciato ovunque e non hanno scoperto niente.Forse alcuni complici li hanno portati via. Quei criminali potevanoavere dei complici. Purtroppo non lo sapremo mai, hermanita.- risposecon dispiacere.
Laduchessa uscì dalle camere della signorina Escobar solo nel tardopomeriggio. A passo zoppo percorse i corridoi coperti da drappi neridella sua dimora, senza guardare nulla in particolare. Al suo fiancostava la sua fida cameriera indiana che l'aveva attesa a pochi metridi distanza dalle stanze della giovane.
-Lasignorina Escobar stava meglio?-domandò, dopo qualche istante.
-Sì-rispose laconicamente la dama.Il buio ingoiava tutto, lasciando pochisprazzi di luce. Le statue di marmo in quel mare oscuro mostravanotimidamente le loro forme opalescenti, in un malizioso gioco di lineenascoste. -Vorrebbe parlare con gli agenti ma sono riuscita a frenarequesto suo desiderio. Le sue rivelazioni sarebbero poco utili edannose per noi. Ho agito nell'interesse della famiglia dei Mc Stone.Non sarebbe consono lasciare che quegli individui continuino aficcanasare nella tenuta di mio marito.- spiegò. -Se trovassero icorpi, dunque, potrebbero emergere nuove storie e supposizioni.Magari scoprirebbero la presenza di Ester e, a quel punto, sarebbepericoloso per lei. Nessuno sa che era lì. Quegli uomini sono mortima non tutti e se devo essere onesta, temo più i vivi deimorti.-decretò, proseguendo nella sua camminata.
Isuoi passi erano accompagnati dalla presenza silenziosa dellacameriera e dagli oggetti esposti alle pareti e ai suoi lati:paesaggi bucolici, tartarughe imbalsamate, maioliche, statue dibronzo di piccole dimensioni appoggiati ai camini. La duchessastudiava ogni cosa con aria seria e pensierosa. -Ci sono nuovelettere?-domandò.
-Sì,Vostra Grazia. Poco dopo che siete uscita dalla camera dellasignorina Escobar.-mormorò la cameriera, tenendo gli occhi bassi econsegnandole una busta.
Laduchessa guardò il foglio, listato di nero. -Queste buste sonodeprimenti ma non ho molta scelta. Purtroppo dovrò usarli ancora perun po'di tempo. Volete ricordarmi ancora per quanto tempo devo tenerequesto rigore?- mormorò.
-L'annonon è ancora concluso, Vostra Grazia- le rispose la cameriera, conun sorriso arcaico.
-Aveteragione...ma trovo questo stato profondamente fastidioso. Perché,tra tutte le vedove presenti in questo mondo, devo essere io lapersona più interessante?-mormorò, guardando diffidente il foglio.
-Perchévoi lo siete, Vostra Grazia.- rispose l'altra.
Ilviolento acquazzone che si era abbattuto su Londra era, a memoriad'inglese, uno dei più forti degli ultimi tre anni...o almeno cosìandavano dicendo i gentiluomini che in quel momento stavano giocandoa carte nel club.
Sedutoin disparte su una poltrona, Mr. Fielding sorseggiava il suo té,guardando distratto la partita attraverso gli occhiali scuri. Moltilo definivano un uomo eccentrico per questo look vagamente dandy matale bizzarria non era oggetto di condanna da parte di nessuno.Sarebbe stato molto apprezzato dalle signore, se avesse posseduto unaspetto gradevole...ma il volto sottile ed il fisico smilzo non gliavevano mai fatto guadagnare questo tipo di attenzioni. Per molti,infatti, era giudicato troppo smilzo e mingherlino per essereattraente. -E'un piacere potervi vedere qui a Londra dopo molti annidi distanza. Ho saputo che avevate deciso di rimanere nelle highlandsa tempo indefinito ma sono felice di sapere che il vostro esilio èstato bruscamente interrotto.- disse, sorseggiando pigramente il suoté e studiandolo con lo sguardo.
Eraun uomo molto diverso da lui. Alto e possente, aveva un viso daitratti duri e feroci, come uno di quei terribili guerrieri pitti cheinfestavano le leggende scozzesi. Non aveva un filo di barba né,tantomeno, portava i baffi ma quell'assenza non lo rendeva menovirile di tutti i gentiluomini presenti nella sala. -Ne sono lieto,anche se non amo molto Londra.- decretò, guardando tutti i presenti.
Mr.Fielding stirò le labbra. -Mi duole molto sapere che non siete moltolieto della vostra permanenza in città. Non tutti sannoapprezzarla.- mormorò, inclinando la testa. -Siete un espertocacciatore?-
-Comeogni scozzese degno di questo nome ma lo faccio più perché è ciòche ci si aspetta da noi nobili scozzesi. In realtà non mi interessamolto- rispose guardandolo dritto negli occhi- Perché questa domandaindiscreta?- Benché seduto, la sua statura era notevole, così comelo era ogni parte del suo corpo...ma non fu questo particolare acatturare la curiosità di Mr. Fielding. Furono i suoi occhi, di unceleste così chiaro da ricordare i ghiacci che circondavano icrepacci alpini.
-Hosentito parlare molto di voi, Lord Mc Kenzie. Mi hanno detto chesiete stato in gioventù un personaggio molto famoso, soprattutto perl'intuito che vi contraddistingueva nel risolvere spiacevolisituazioni. Mi sono sempre chiesto perché non abbiate tentato lapolitica.-fece l'altro- La contea dei Mc Kenzie non vanta un posto inparlamento ma le vostre imprese vi avevano reso molto popolare.-
L'uomolo guardò. -Sono scozzese, Mr. Fielding, e non mi piacciono gliinglesi, soprattutto le persone eccessivamente curiose ed elusivecome voi.- rispose, in modo diretto e sgarbato -Preferisco agirefuori dalla politica. Non è cosa da me, né mi interessa. Sono contesolo per uno strano accidente, se conoscete la mia storia.- fece.
Mr.Fielding non ebbe bisogno di fare ulteriori domande su queiparticolari. -Invero, vi sarebbe una questione che desideravoesporvi.-disse.
-Dicosa si tratta?-domandò il conte.
L'altrosi tolse gli occhiali e, per qualche istante, giocò con lamontatura. -Onore, Lord Mc Kenzie. Nient'altro che onore.-rispose.
Questocapitolo è abbastanza breve e forse non dice molto ma ho ritenutodoveroso lasciarvi questo regalo di Pasqua. In questo periodo stofacendo un master che mi impegna molto e spero di avere abbastanzatempo per scrivere questa storia e documentarmi sulle usanze delperiodo vittoriano. Ci sono diversi gruppi Regency su Facebook chesono ricchi di notizie e curiosità, cosa di cui sto approfittandosenza pormi alcun problema. Vi auguro intanto BUONA PASQUA!
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