CHIACCHIERE

Benvenuti a questo nuovo capitolo della storia SECRET GARDEN. Il titolo del racconto deriva dall'omonima canzone di Bruce Springsteen, un pezzo davvero bellissimo che consiglio di ascoltare. Nel frattempo vi lascio a questo nuovo aggiornamento. L'immagine proviene da PINTEREST, qualora siate interessati.


Le risposte evasive della duchessa non avevano offerto a Ester alcuna rassicurazione. Il matrimonio rappresentava, nella sua esistenza, un mero dovere, un funzione alla quale era naturalmente condotta dagli studi, dalle parole delle istitutrici e dalle stesse convenzioni sociali. In pieno disincanto, avrebbe naturalmente accolto tutti gli ordini che le sarebbero stati impartiti eppure provò un filo d'insofferenza di fronte al silenzio che la dama aveva mantenuto in quel genere di argomento. Pur rendendosi conto che la sua condizione di vedova rendeva sgradita una simile materia di conversazione, fremeva dal desiderio di sapere. Non le era sfuggito che, nelle ultime settimane che avevano preceduto la sua partenza, il personale del collegio aveva mostrato una premura che, per le maniere fredde fino a quel momento mostrate, sconfinava quasi nella gentilezza. Se ne era spesso domandato il motivo, così come si era chiesta la ragione di quei doni.

Doni che non aveva più visto e di cui non sentiva la mancanza, troppo avvezza com'era a non ricevere nulla e troppo diffidente per indole a lasciarsi andare.

La vita all'interno del maniero in cui viveva la duchessa era dettata da ritmi fissi e immutabili. La servitù era silenziosa e vestita con un'eleganza semplice ed inconsueta. In quel periodo di noia, osservare quella quotidianità rigidamente organizzata era diventata fonte di nuove riflessioni. Soffocando l'ansia per quella condotta priva di sorprese , Ester proseguiva nella sua attività di spettatore, chiedendosi quale sarebbe stata la scelta della duchessa.

La duchessa di Mc Stone era una creatura che conduceva una vita ritirata ma questa solitudine non aveva sorpreso eccessivamente Ester. Pur essendosi separate dieci anni prima, ricordava vagamente che non ricevevano visite nella dimora di famiglia, poiché il signor Escobar preferiva risolvere le sue attività in una sede esterna che loro non avevano mai avuto occasione di visitare. - Miss Escobar- esordì allora la duchessa, interrompendo i suoi pensieri – oggi pomeriggio uscirò in giardino e gradirei avere la vostra compagnia. In questi giorni era necessario apportare delle migliorie e, di conseguenza, non era opportuno scendere. Vorrei mostrarvi i risultati di questo lavoro, anche se occorrerà del tempo, prima di poterne vedere i reali effetti.- -E'questa allora la ragione per cui mi avete interdetto il giardino?-domandò, non riuscendo a trattenersi.

-Certamente- rispose la duchessa – non mi sarei perdonata per avervi mostrato qualcosa che non fosse meno che accettabile.-

-Ne sono lieta. Vostra Grazia, avrei una domanda da farvi, un pensiero che mi tormenta.- fece, esitando un po'la minora.

-Cosa vi turba?- domandò la padrona di casa.

-Non desidero mancare di rispetto a Vostra Grazia ma vorrei chiedervi se è possibile ricevere degli abiti appropriati al lutto che portate. Il contrasto tra i nostri abiti sta generando dell'imbarazzo. Non voglio essere per voi fonte di disagio.- fu la risposta di Ester. Per tutto quel lungo discorso, aveva tenuto gli occhi fissi sul piatto.

-Se vorrete, potrete scegliere dei modelli dai cataloghi e chiedere alla modista di realizzarli con i colori scuri. Vi suggerisco di non eccedere. Il lutto stretto non sarà perpetuo e non è mia intenzione mostrarmi al pubblico più del dovuto.- rispose la dama.

Ester storse la bocca. -Solo il necessario.- promise.

-Ne sono lieta. L'abbigliamento da lutto non deve essere troppo esteso poiché non avrete molte occasioni di sfoggiarlo. Non desidero che voi dobbiate sopportare questo fardello più del lecito. Potete promettermelo Ester?- chiese, perdendo per un momento il suo tono formale e lasciando interdetti sia la giovane signorina Escobar, sia il resto della servitù.

Sentendosi gli occhi puntati addosso, la ragazzina si limitò ad annuire rigida.

-Tra due giorni, se vorrete, potrete accompagnarmi alla messa domenicale della canonica del borgo di ***. Anche se siamo due papiste, dobbiamo usare una certa benevolenza con chi non condivide il nostro credo.- disse la dama.

Ester annuì di nuovo.

Quell'invito non era ciò che si attendeva ma le sarebbe piaciuto poter uscire da quella dimora. Aveva trascorso buona parte del tempo nella propria camera, impegnata a scrivere delle lettere alla madre e al collegio. Nessuno di quei fogli, tuttavia, usciva da quelle stanze. Non sapeva quale fosse l'indirizzo preciso di Madame Renée e non aveva più alcuna amica nella sua precedente dimora. Per questa ragione, l'idea di vedere i luoghi al di là di quella residenza rappresentava comunque un modo per sfuggire alla noia.

-Questo pomeriggio, uscirò nel giardino e gradirei la vostra presenza. Prenderemo il té lì. Ho saputo da Donna Ines che oggi la cuoca preparerà delle frittelle di mele ed alcuni sandwiches. Insieme al té nero saranno un toccasana.- esordì la duchessa.

Il giardino interno della dimora dei Mc Stone era avvolto da una lieve penombra. Alcuni alberi, ancora spogli, erano disposti in ordine casuale in quello spazio aperto, insieme ad alcuni arbusti dal legno scuro. L'abito nero della duchessa risaltava in quel contesto funebre, dandole un che di gotico all'intero quadro. La sua stessa cameriera, nel più assoluto silenzio, stava un passo indietro a lei.

Con la coda dell'occhio, Ester studiò i contorni di quel luogo.

-Vi piace? E'un progetto del duca. L'ho trovata così, quando sono giunta in questa dimora come sua moglie.- disse la dama, rivolgendole un sorriso privo di calore.

Quella notizia stupì la signorina Escobar. -E'molto particolare- commentò, non osando andare oltre. Da quel punto, era possibile vedere alcuni scorci della tenuta. Le era sembrato di vedere, in qualche punto, il luccichio dei cancelli in pietra e metallo ma era troppo lontano perché quello spazio fosse visibile veramente.

-Rimasi stupita quando vidi questo edificio. E'stata una delle prime dimore dove ho soggiornato, insieme al mio consorte. Dovevamo ancora visitare mio suocero, insieme alla sua consorte e alla madre di questi. Risiedono nel nord della Scozia, nei pressi di Edimburgo.- disse.

-Perché avete deciso di risiedere qui? -domandò Ester.

La duchessa non abbassò gli occhi. Si stirò la stoffa della gonna e, con un sospiro, si preparò a rispondere. - Per onorare la memoria del mio povero Alistair. Questa era la casa che preferiva maggiormente e che rispecchiava il suo gusto personale. Le altre dimore dei Mc Stone non erano così in linea con il suo sentire. Mi piace vivere qui, mi dà serenità.- disse, senza alcuna incertezza nella voce -Mi dispiace non avervi potuto rivedere prima. Purtroppo, le questioni dei Mc Stone mi hanno impedito di poter sapere dove foste.-

Ester aggrottò la fronte.

-Maman non vi ha detto nulla?-chiese. Quelle parole ebbero il potere di disorientarla.

La duchessa sospirò di nuovo. -Vostra madre ha dovuto affrontare molte questioni difficili dopo la morte di nostro padre. Ho seguito mio marito, facendomi promettere di vegliare su di voi ma vi erano dei problemi per i quali era necessario tutelarvi. Una buona educazione in collegio era la massima protezione che poteva offrirvi.- disse mesta. -Se mi avesse confidato questi dispiaceri, avrei potuto provare a convincere mio marito ma dovevo seguirlo ed eravamo costantemente in viaggio.-

-Era davvero così complessa la vita accanto al duca? Credevo che avreste vissuto nella dimora di Sua Grazia e che avreste provveduto alla sua organizzazione.- disse, ricordando le lezioni apprese al collegio.

-La vita di una lady non si limita solo a questo genere di cose ma non si è mai preparati per questo ruolo.- rispose, rivolgendole un sorriso malinconico. Ester chinò la testa, imbarazzata. I sorrisi di Soledad erano qualcosa di più unico che raro nella sua infanzia. Comparivano per un istante ed erano così rari e veloci da sembrare un miraggio.

-Sto cercando una buona istitutrice per voi, per permettervi di terminare la vostra istruzione. Quando sarete sufficientemente pronta, inizieremo a fare alcune visite.- disse.

Ester la guardò senza capire. -Perché devo avere un'istitutrice? Non potevo rimanere in collegio fino al momento del debutto?-chiese, perplessa ma subito si pentì di quella domanda. Non le dispiaceva affatto rimanere in quella bella dimora ma si impose comunque di essere razionale e assennata.

Proprio in quel momento, si accorse della sagoma scura di Donna Ines, ferma sulla soglia. La duchessa si girò verso di lei. -Vogliate scusarmi un momento. Temo di dover prendere congedo da voi. Potete rimanere qui se lo volete ma non dovete allontanarvi troppo. -disse, muovendosi verso la matrona che la stava aspettando.

Ester annuì.

Non appena fu sola, tirò fuori dalle tasche quel piccolo quaderno che aveva creato e lo aprì. Prese un pezzo di carboncino che teneva sempre con sé e lo avvicinò alla carta. Man mano che la distanza si riduceva, però, quel minuscolo pezzo di grafite iniziava a tremolare, insieme alle dita che lo reggevano. Ester si fermò. Quel luogo tanto strano era pieno di cose interessanti, pregno d'ispirazione fin nelle più piccole fessure...eppure non bastava.

Perché non riusciva più a disegnare?

La duchessa guardò la governante.

-Donna Ines, è vero quello che dite?-domandò, dopo aver ascoltato le parole della donna. Quest'ultima le consegnò la busta, senza aggiungere altro. Vide la sua padrona aprirla, tirare fuori una lettera e scorrere le righe impresse con un'espressione serena. -Ci sono persone molto testarde a questo mondo, Donna Ines. Dovrebbero sapere quando è il momento di arrendersi...e credo che sia tempo di ribadire i giusti confini.- disse, allontanandosi nel corridoio.

Scusate per il ritardo. Sto tenendo in piedi varie storie e spero di dare anche a questa il giusto peso. Grazie a tutti coloro che mi hanno seguito e spero di avere nuovi aggiornamenti il più presto possibile.

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