16.

Tristezza, mancanza.
Furono le prime sensazioni che avvertii quando guardai la foto che avevo tra le mani. Ero stradaiata sul mio letto, la porta era chiusa e non vedevo l'ora che Harry tornasse. Era passato solo un giorno dalla sua partenza e mi stavo già annoiando a morte.
Tenevo stretta la fotografia con la mano destra e con la mano sinistra ne sfioravo ogni singolo centimetro. Vedere quanta felicità ci fosse in quell'immagine mi fece soffrire. I sorrisi non mancavano e riuscivo a entravedere qualche persona piangere. Mi meravigliai di quanto la foto, scattata con indifferenza verso i dettagli, fosse venuta bene. La cosa che mi rendeva ancor più triste, era che quella foto non sarebbe mai invecchiata. Era stata stampata su un pezzo di carta e sarebbe stata capace di farmi ricordare sia momenti belli, che momenti brutti. E lo stava facendo anche in quel momento.

Accennai un sorriso e ripensai al giorno in cui quella foto fu scattata. Ripensai che forse, avrei potuto fare qualcosa, che avrei potuto fermare quello che stava per accadere, ma non lo feci. Chiusi gli occhi e mi resi conto che non stavo affatto sorridendo. Sentivo il mio sguardo farsi sempre più cupo, gelido. Ma non potevo soffrire in quel modo. La persona che c'era in quella foto, la persona che sorrideva in quella foto non me l'avrebbe mai perdonato. Non avrebbe mai voluto che soffrissi a causa sua, o che la persona che ero cambiasse.
«Non l'avrebbe voluto.» ripetei a me stessa.
Ma le persone cambiavano, tutti cambiavamo; per un trauma, per la scomparsa di una persona importante. Per una ragione scatenante, tutti potevano cambiare. Anche la persona più buona e innocente del mondo, poteva trasformarsi in quella più malvagia. Doveva solo esserci una ragione che avrebbe scatenato il cambiamento.

Sospirai profondamente e poggiai la foto accanto a me, poi sentii un rumore. Qualcosa di metallico, pesante, che proveniva dal piano di sotto. Ma non ne ero completamente convinta. Per un attimo rimasi paralizzata sul letto. Non sapevo che fare. Alzai la testa e ispezionai ogni singolo oggetto che si trovava nella stanza, vicino a me.
Poi lo sentii di nuovo, lo stesso identico suono. In quel momento fui certa che quel rumore proveniva dal piano di sotto.
Mi posizionai a sedere sul bordo del letto e sistemai la foto nel cassetto del comodino. Mi alzai e afferrai il telefono. Velocemente digitai il numero di Harry e accostai il telefono all'orecchio.
Qualcosa non quadrava. Se qualcuno fosse entrato in casa, l'allarme sarebbe subito scattato ed Harry l'avrebbe subito saputo, di conseguenza i poliziotto non c'avrebbero messo molto ad arrivare.
«Andiamo Harry rispondi.» farfugliai a bassa voce, prima di avvicinarmi alla porta.

Ordinai a me stessa di restare lucida, ma una voce all'altro capo del telefono riuscì a distrarmi. «Emily...»
Subito mi colpì il tono della sua voce. Sembra che si fosse appena svegliato, ma non diedi molto peso alla cosa.

«Oh, Harry meno male che hai risposto.» tirai un sospiro di sollievo. «Per caso sul tuo cellulare è arrivata una strana chiamata o qualcosa del genere?»

«No, a me non è arrivato niente.» rispose e la mia preoccupazione arrivò alle stelle. «Ma Emily... perché stiamo bisbigliando?»

«Credo che qualcuno sia entrato in casa tua, ma l'allarme non è scattato. Harry ho sentito dei rumori provenire dal piano di sotto. E io sono sola, non so che fare... tu qui non ci sei e non ho la minima idea di cosa fare e... e credo di star entrando in panico.» iniziai a parlare più velocemente di quanto volessi e notai subito che il respiro era notevolmente accelerato. Feci un respiro profondo e riportai tutto alla normalità.

«Calmati e cerca di ragionare. Proverò a contattare Simon per farti raggiungere, mentre io cerco una soluzione.» mi rassicurò il fatto che lui stesse prendendo il controllo della situazione. «Tu intanto cerca qualcosa per proteggerti, ma che non gli faccia troppo male, lo voglio vivo. Io resterò in linea a tenerti compagnia.»

Incominciai a gironzolare per la stanza, cercando qualcosa che avrebbe potuto proteggermi dal presunto rapinatore. «Ok. Devo cercare qualcosa che possa proteggermi... proteggermi da un tizio che è riuscito a entrare in casa di Harry Edward Styles senza far scattare l'allarme. Forse se gli farò vedere il pigiama che il capo di questa casa indossa, se ne andrà.» ripetei più di una volta.
In sottofondo sentivo dei passi che salivano le scale, stava arrivando.

«Ehi, ricorda che io ti sento.» intervenne Harry, prima di ridacchiare.

«Non riderei se fossi in te.» lo rimproveri. «In casa tua c'è un tizio che probabilmente vuole uccidermi e...» poi notai che a terra, accanto al letto c'erano le mie scarpe. Ne afferrai una e raggiunsi la porta. Non sarebbe servita a molto, ma avrei potuto sbatterla in faccia a chiunque si trovasse lì fuori. «Harry ho trovato un'arma. Be', una specie... Harry ci sei?» allontanai il telefono dall'orecchio e vidi che la chiamata era ancora aperta. Lo rimisi apposto. «Harry!» alzai di poco la voce. Nessuna risposta.
Chiusi la conversazione e buttai il telefono sul letto.
Respirai profondamente. Alzai la mano che stringeva la scarpa e posai l'altra sulla maniglia. La strinsi forte.

Sentii altri rumori, rumori di passi che si fermarono proprio dietro la porta della mia camera. Colsi subito l'occasione e di scatto aprii ma porta, poi mi bloccai.
Harry era davanti a me. Mi guardava e mi resi subito conto che aveva gli occhi leggermente arrossati.
«Sorpresa.» bisbigliò lui prima di abbassare lo sguardo. Con una mano teneva la maniglia della valigia e con l'altra il telefono e le chiavi di casa.

«E io che stavo per colpirti con una scarpa.» posai questa a terra e andai a sedermi sul letto. «Ma che ci fai qui? Non dovresti essere con Carlyn a spassartela in qualche locale vip?»
Dal modo in cui mi guardò successivamente, capii che quella domanda non fu delle migliori.

Harry non si mosse, si limitò a sospirare. «Io e Carlyn abbiamo litigato.»
Chiusi per un istante gli occhi, sperando che le parole che aveva appena pronunciato fossero solo una presa in giro.
«E nel litigio c'eri di mezzo anche tu.» continuò.

Era impossibile. Tutto quello che Neil mi aveva detto si stava avverando, o almeno in parte. Non volevo crederci.
«Se è per quello che ho detto, mi...»

«Assolutamente no. Non avrei mai parlato a Carlyn del nostro "litigio".» lasciò la presa sulla valigia e si sedette accanto a me. «Eravamo appena atterrati e tutto sembrava andare alla grande, quando lei ha iniziato a dire che io la stavo tradendo con te. Che noi avevamo una relazione segreta e che tu, ti sei innamorata di me. Abbiamo iniziato a litigare, urlare... me ne sono andato ed eccomi qui.» spiegò. Era triste, glie lo leggevo in faccia.

«Ma avresti potuto dirle...»

«Cosa? La verità?» mi guardò negli occhi. «Emily, una cosa che avresti dovuto imparare di Carlyn, è che lei non crede mai alla verità. Lei sa credere solo alla sua di verità.»
Di nuovo quel contatto visivo e di nuovo quella sensazione. Distolsi lo sguardo e iniziai a sfregare le mani l'una contro l'altra.
«Ma sono appena tornato da tre ore di viaggio. Devo ammettere che non ho proprio voglia di litigare con te, perché tu non c'entri nulla... andrò di sotto e cercherò una volta per tutte di rilassare i nervi.» raggiunse la porta e uscì. «Questa giornata sarà da dimenticare.» borbottò, poi lo sentii scendere le scale.

***

Attraversai il salone e uscii nel giardino sul retro, chiudendo la portafinestra alle mie spalle. Adocchiai Harry seduto sulla panchina a bere una birra. Mi avvicinai, lo superai e mi sedetti accanto a lui. Poi lo guardai e notai che le sue pupille erano dilatate, sicuramente per la poca luce che in quel punto del giardino scarseggiava. «Ne hai una anche per me?» gli chiesi indicando la bottiglia di vetro che aveva in mano.
Lui accennò un sorriso e me ne passò una.
Ne bevvi un sorso e sentii subito il sapore dell'alcol, riuscì quasi a migliorarmi l'umore. E credevo che anche Harry avesse provato la stessa sensazione.

Presi coraggio e presi parola: «Come si fa a capire quando qualcuno ti piace?»
Sapevo che quella domanda era enormemente fuori luogo, ma dovevo saperlo. O almeno, sapere cosa si provasse.

Harry di scatto si voltò verso di me. «Ti piace qualcuno? O mio dio...»
Non mi piaceva affatto qualcuno. Volevo solo scoprire cosa si provasse quando qualcuno iniziava a piacerti e visto che non avevo molta esperienza in quel campo, sapevo che Harry me lo avrebbe fatto capire in qualche modo.

«Non hai risposto alla mia domanda.» puntualizzai e battei il dito contro la bottiglia.

Harry prese un altro sorso di birra. «Non saprei come spiegartelo...» ci pensò per una manciata di secondi - secondi che per me sembravano interminabili - e tornò a parlare: «Ora che ci penso, molti dicono che quando qualcosa, o qualcuno ti piace, le pupille tendono a dilatarsi.» feci finta di guardare altrove.  «Ma credo sia solo una leggenda metropolitana.» tirai un sospiro di sollievo e tornai a guardarlo. «Comunque, è difficile da spiegare a parole... è come camminare tra le nuvole, lì tutto potrebbe essere possibile. Poi iniziano ad arrivare la gola secca, il battito del cuore accelera...» sospirò. «E ti ritrovi a provare sensazioni che non ti saresti mai aspettato di provare.»
La sua voce era cambiata. Sembrava più serena. Vedere le sue labbra muoversi in quel modo così leggero, riuscì quasi ad affascinarmi.

«E tu quelle sensazioni le hai provate anche con Carlyn?»

«Sì, all'inizio...» lo sentii deglutire molto pesantemente. «I-io l'ho lasciata, Emily. Ho lasciato Carlyn.»
In quel momento capii il perché della frase: "Questa giornata sarà da dimenticare". Non potevo crederci. Sapevo che Carlyn avrebbe fatto di tutto per riconquistarlo, ma non potevo immaginare che Harry l'avesse fatto davvero.
«Finalmente, dopo tanto tempo sono riuscito a troncare una volta per tutte il nostro rapporto... e quattro ore dopo mi ritrovo qui a bere una birra.»
E se l'avesse lasciata per colpa mia? Se quello che Neil è Loretta mi avevno detto il giorno prima, si stava pian piano avverando?

Mi sembrava assurdo. «Io non so che dire.»

«E avevi ragione...» continuò. «È stata lei a pagare Neil per baciarti e non avrebbe dovuto farlo. Credo che quella sia stata quella la goccia che ha fatto traboccare il vaso nel nostro rapporto.» bevve un altro goccio di birra e la piega che stava prendendo la sua bevuta di alcol non mi stava piacendo affatto. «È incredibile come le cose cambino in così poco tempo, eh?»

«Potresti smettere di bere?» mi guardò storto. «Ho già visto il tuo comportamento quando sei ubriaco e non ci tengo molto a rivederlo.»

Lui annuì e poggiò la bottiglia a terra. «Sì, hai ragione. Da ubriaco non do l'idea di essere una brava persona.»

«Per niente.» ridacchiai e per la prima volta riuscii a strappargli un sorriso. Un vero sorriso. Ai lati delle guance due piccole fossette uscirono allo scoperto e mi ricordarono quanto tenessi a lui cinque anni prima.

Approfittai del momento per legarmi i capelli in uno chignon alto. Non legavo spesso i capelli, ma in quel momento sentivo il bisogno di tenerli raccolti. Data la lunghezza, riuscivano a sfiorare completamente la mia schiena.
Harry mi guardò. «Stai bene con i capelli raccolti.»

Sorrisi. «G-grazie.» balbettai, non sapendo che altro aggiungere. Sentii le guance andare a fuoco, così mi alzai, con la birra ancora in mano. «Vado a preparare qualcosa da mangiare, desideri qualcosa in particolare?» cambiai discorso.

Lui scosse la testa. «No, non ho molta fame, ma grazie lo stesso.»
Annuii e raggiunsi la portafinestra, ma prima che potessi aprirla, la voce di Harry mi bloccò. «Ascolta, ti va di restare qui con me?» io lo guardai con sospetto, non capendo dove volesse arrivare. «Non dobbiamo per forza parlare... voglio solo che tu mi tenga compagnia ancora per un po'.» accennò un sorriso e in quel gesto riuscii a intravedere il bisogno che aveva di avermi accanto a lui in quel momento.

Senza dire nulla, tornai seduta accanto a lui. Quest'ultimo raccolse la sua bottiglia da terra e me la porse, come se volesse fare una specie di brindisi. Avvicinai la mia bottiglia alla sua e le feci scontrare, provocando un rumore acuto che rieccheggiò per tutto il giardino. «Salute.» disse lui e dopo quella parola, restammo in silenzio. Guardavamo il cielo, ascoltavamo ogni singolo rumore, ma restando in silenzio. Con la coda dell'occhio avevo notato che un paio di volte, Harry aveva puntato il suo sguardo su di me. Ma non gli diedi peso perché io facevo la stessa identica cosa quando lui non mi guardava.
Ero stata sua fan per anni e ritrovarmi nello stesso posto con lui e provare delle sensazioni del tutto nuove, mi sembrava fuori luogo. Forse era colpa di quello che Loretta e Neil mi avevano detto, ma io non amavo né mi ero innamorata di Harry. Avevo solo avvertito una sensazione strana. Forse era il bene che provavo per lui, ma di sicuro non era amore.

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