12.

Uscimmo tutti dal ristorante e Mitch prese parola: «È stato davvero un piacere conoscerti, Emily.»
Quel giorno avevo avuto l'onore di conoscere Mitch, Clare, Sarah e Adam.
Harry aveva optato per una cena, ovviamente - era quasi una fissazione -. Erano stati tutti molto gentili e simpatici. E quando Harry mi disse che li avrei incontrati tutti quella sera, la mia agitazione aumentò di colpo. Non smetterò mai di ringraziare Harry per avermi rassicurata prima di entrare nel ristorante. Era strano, ma quando lui era accanto a me, mi sentivo subito più rilassata e al sicuro... ma forse era solo una stupida sensazione.

Sorrisi. «È stato un piacere anche per me, davvero, vi ringrazio, è stata una serata bellissima. E voi siete fantastici.»
Clare e Sarah sorrisero.

«Bene, qualcuno ha bisogno di un passaggio?» domandò Adam, guardandosi intorno.

Clare alzò la mano. «Io!»

«Io vado con Sarah.» confermò Mitch.

«Tu hai bisogno di un passaggio?» mi domandò Harry. «È più buio del solito, non mi fido a lasciarti per strada da sola.»

Mi guardai intorno. Harry aveva ragione, era buio e sicuramente con la macchina ci avremmo messo molto meno. «Sì, meglio che venga con te.» lo guardai e lui mi sorrise. Sulle sue guance spuntarono due piccole fossette e quasi mi emozionai. Erano così carine che non riuscivo a smettere di guardarle.

«Harry, vedi di non fare troppo tardi.» continuò Mitch, facendogli l'occhiolino. «Ciurma, si torna a casa!» avvolse le spalle di Sarah con il braccio.
Li vidi allontanarsi e raggiungere le loro auto.

Io ed Harry ci voltammo e iniziamo a camminare verso la sua macchina. All'improvviso un vento fresco iniziò a rinfrescarmi la pelle. Harry infilò le mani nelle tasche della giacca che indossava e con la coda dell'occhio, vidi che mi stava guardando. «Ti hanno messa in imbarazzo, vero?» mi chiese. Sembrava preoccupato della risposta che avrei potuto dargli.

«No, ma che ti salta in mente? Sono stati gentili, anche se mi hanno fatto un po' troppe domande, ma è stato divertente...» tirai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Soprattutto quando imitavi le espressioni di Mitch.»

Alzò le sopracciglia, sorpreso. «Be', Mitch si prenderà una sgridata per aver detto quella frase, prima.»
Risi debolmente e quella risata contagiò anche Harry. Poi sentii un telefono squillare e il suono proveniva dalla tasca di quest'ultimo. Harry prese il telefono e risposte. Mentre parlava, non riuscivo a decifrare la sua espressione: per un istante sembrava arrabbiato, poi imbarazzato. «Perché non passo più tempo con te?... Carlyn ti prego, smettila di dire stupidaggini.» all'improvviso si fermò e si passo la mano tra i capelli. «Cosa vuoi che ti dica?... Vuoi che venga lì da te? Ora? Ma lo sai che ore sono?» mi guardò e capii subito che non sapeva cosa fare. «Non possiamo parlarne domani?... Vorrei tornare a casa e dormire se non ti dispiace... Carlyn ti prego, non ho proprio voglia di litigare e...» poi allontanò il telefono dall'orecchio, sospirò e lo rimise in tasca.
Era evidente che Carlyn gli aveva attaccato il telefono in faccia.

Harry riprese a camminare ed io lo seguii. «Tutto bene?»

Sospirò. «No. No per niente. Ma...»

«Se non vuoi parlarne, va bene.»

Portò la mano dietro il collo e si grattò la nuca. «No, anzi, mi servirebbe parlarne con qualcuno.» lo invitai a continuare, poi notai che l'aria si stava facendo sempre più fredda. Non era strano, a Londra la temperatura poteva cambiare da un momento all'altro.
«Quello che c'è tra me e Carlyn è molto complicato. Tutti dicono che siamo una bellissima coppia, ma non è così. Più i giorni passato e più mi pento di non averla lasciata il giorno prima. Ma ho paura di lasciarla, perché se lo facessi succederebbe un casino e sicuramente lei me la farebbe pagare.»

Salimmo in macchina, Harry accese il motore e la macchina iniziò a muoversi. «Forse è solo un "momento no" della relazione...» ipotizzai.

Lui iniziò a ridere. «Momento no della relazione?» poi tornò serio. «Non è così facile come credi.»

«Perché?» lo guardai. «Forse sbagliate qualcosa, ma non riuscite a capire cosa. Forse dovreste solo fidarvi di più l'uno dell'altra.»

Harry scosse lentamente la testa. «Non si tratta di fiducia, solo...» sospirò. «per te è normale che lei ogni sera voglia fare...» interruppe la frase e notai farsi strada dell'imbarazzo sul suo viso.

«Cosa? Sesso?» lui annuì . «Be', mantiene la relazione.» si voltò verso di me e aggrottò la fronte. «Così dicono tutti.»
Mi sentii in imbarazzo per quello che avevo detto, ma avevo sentito molte persone dire che il sesso riusciva a mantenere stabile una relazione.

Assottigliò gli occhi. «Tu non sei mai stata fidanzata, vero?»

Deglutii e guardai altrove. «Non credo di essere il tipo che sopporterebbe una relazione.»

«Sopporterebbe?» ridacchiò. «Mi stai dicendo di non esserti mai innamorata di nessuno, proprio nessuno? Neanche alle medie o alle superiori?» scossi la testa in segno di negazione e lo sguardo di Harry si fece sempre più sbalordito. «Neanche all'asilo?»

«Be', ora che ci penso c'era un bambino che...» guardi avanti, verso la strada e mi pentii subito di averlo fatto. «Harry fermati! Fermati!» gridai con tutto il fiato che avevo nei polmoni.
Il mio respiro era accelerato, il cuore batteva così velocemente che non riuscivo più a ragionare.
Deglutii.

Harry chiuse gli occhi e premette il freno.
La macchina frenò di scatto e dopo essersi fermata totalmente, Harry guardò davanti a sé. «Oh merda.» sussurrò.

I lamenti della ragazza accasciata a terra si facevano sempre più intensi, così decisi di prendere in mano la situazione: slacciai velocemente la cintura, uscii dal veicolo e raggiunsi la ragazza. «Ehi tutt'ok? Stai bene?»

Lei mi guardò, non sembrava avere più di diciotto anni, e i suoi occhi scuri entrarono in contatto con i miei. «Ti pare che io stia bene? C-credo di essermi rotta un braccio. Cristo, tu e il amico avreste potuto rallentare no?» si alzò e mi resi con la mano destra stava reggendo il braccio sinistro.
Era grave.

Harry era rimasto lì, seduto sul sedile, immobile. Non sapeva cosa fare e in realtà non lo sapevo neanch'io. «Ok, ora ti accompagno in ospedale.» poi raggiunsi lo sportello di Harry. «Torna a casa.»
Sembrava quasi un ordine, be' in realtà lo era. Non potevo permettere che succedesse qualcosa ad Harry o alla sua carriera.

«Cosa? Ma io...»

«Harry, ti prego, torna a casa prima che qualcuno ci veda.» lo pregai con lo sguardo. «Mi occuperò io di tutto, andrà tutto bene.»

Mi guardò negli occhi. «Non puoi prenderti la colpa per una cosa che ho fatto io!» alzò la voce.

«Se servirà, lo farò.» conclusi.

«Oh mio dio!» esclamò la ragazza. Io ed Harry ci voltammo nello stesso istante e vidi la ragazza puntare gli occhi proprio su quest'ultimo. «Dio ma tu sei Harry... quell'Harry... Oh mio dio tu... lo sai che mi hai quasi investita con quella macchina da un milione di dollari che ti ritrovi?»

La situazione stava degenerando. Il mio sguardo puntò di nuovo su Harry. «Torna a casa, penserò a tutto io. L'ospedale non è molto lontano da qui.» lui mi guardò storto. «Torna a casa e cerca di calmare i nervi, sei troppo agitato e non riesci a ragionare come si deve. Adesso va'.»

Finalmete riuscii a convincerlo e lui sfecciò via. Presi un respiro profondo e mi avvicinai alla ragazza. «Andiamo, ti accompagno in ospedale.»

Iniziai a camminare e subito la ragazza mi seguì. «Aspetta, ma tu sei Emily, giusto? La sua...»

Arrestai il passo e mi voltai verso di lei. «Sì, sono la sua stilista.» conclusi la frase. «E ti pregherei di non fare parola con nessuno di quello che è successo pochi istanti fa, perché la carriera di Harry potrebbe finire nello scarico del bagno in meno di due minuti. Quindi, se vorrai denunciare qualcuno per quello che è accaduto, denuncia me, ma lui lascialo in pace. Ti prego.»
Erano due settimane e mezzo che lavoro per lui e lo stavo già proteggendo. Ma se fosse servito, mi sarei presa io la colpa di tutto. Non volevo che la sua carriera venisse stroncata.

La ragazza mi guardò attentamente. Solo in quel momento mi resi conto che i suoi capelli erano di color biondo cenere e la sua carnagione leggermente olivastra.
Continuò a guardarmi per un'altra manciata di secondi, poi riprese a camminare, lasciandomi indietro. «Mi accompagni o no all'ospedale? Il braccio mi fa malissimo!»

Con un paio di falcate la raggiunsi. Lo avrebbe denciato, me lo sentivo. La carriera di Harry sarebbe stata rovinata, ma non potevo permetterlo. Lo avrei protetto ad ogni costo, di questo ne ero certa.

***

Appena attraversate le porte scorrevoli dell'ospedale, l'odore di disinfettante mi invase le narici e una donna ci accolse: sembrava essere un'infermiera. «Salve, avete un'appuntamento?»

«No in realtà, sono stata quasi investita e credo di essermi rotta un braccio.»

La donna sgranò gli occhi. «Sei riuscita a vedere chi è stato? Vuoi che chiami la polizia per denunciare l'accaduto? Hai visto la targa?»

Dovevo dire qualcosa o la carriera di Harry sarebbe stata rovinata, ma la ragazza riuscì a precedermi. «N-no è successo tutto troppo infretta, la macchina andava molto velocemente, non sono riuscita a vedere la targa né la faccia del guidatore. Lei,» puntò il dito verso la mia direzione e la donna mi guardò. «passava da quelle parti e mi ha subito soccorsa.»
Aveva mentito. Avrei voluto abbracciarla per la felicità, ma sapevo di non poterlo fare e mi limitai a gioire mentalmente.

«Lei può confermare l'accaduto?» mi domandò l'infermiera ed io annii senza esitare.

La ragazza fece qualche passo in avanti. «Ok, ma ora potrebbe portarmi da qualcuno per farmi fasciare il braccio? Fa un male cane!»

«Certo, seguitemi.» io e la ragazza seguimmo subito la donna. «Tranquilla, ti daremo qualcosa per il dolore e... potresti darmi il numero dei tuoi genitori? Li informerò personalmente dell'accaduto. Puoi dirmi il tuo nome?»

«Mi chiamo Laurel. E il numero di mio padre è...»
Mentre Laurel continuava a parlare, non mi sembrava possibile che fosse andato tutto bene. Tirai un sospiro di sollievo e cercai di calmare i nervi. L'adrenalina che avevo in circolo mi aveva aiutata a mantenere la calma, ma davanti a quell'infermiera avevo totalmente perso il lume della ragione. Non sapevo cosa dire e per fortuna Laurel aveva preso in mano la situazione.

***

Era passata appena un'ora da quando io e Laurel avevamo attraversato la porta dell'ospedale.
Ci trovavamo in una stanza, Laurel era seduta sul lettino ed io le ero affianco. Non volevo lasciarla sola, o almeno, finché non fossero arrivati i suoi genitori io non me ne sarei andata. Le avevano fasciato il braccio e lei non si era lamentata neanche una volta del dolore.
Pensai ad Harry.
Lo avevo praticamente buttato fuori da quella situazione e adesso non avevo sue notizie. Avrei potuto chiamarlo, ma lo avrei solamente fatto agitare ancor di più.

Continuai a strofinare le mani l'una contro l'altra per eliminare il sudore in eccesso. Non sapevo per quale strano motivo, ma le mie mani continuavano a sudare. Forse era colpa dell'agitazione che vagava ancora dentro di me.
«Non sei l'unica a volergli salvare la carriera.» iniziò Laurel.
No, non era affatto l'unica.
«Non lo merita e non lo meriti neanche tu, visto che lavori per lui da poche settimane.»

«Fa male?» chiesi, indicando il braccio fasciato.

«Perché stai cambiando discorso?»

«Perché solo ora mi rendo conto che avrei potuto rovinare la mia carriera per proteggerlo.» confessai. «Ma è quello che farei, anche se per lui potrebbe risultare sbagliato o ingiusto.»

«Portarmi in ospedale è stato un gesto davvero eroico. Se fossi stata qualcun altro, sicuramente mi avresti lasciata lì a marcire sull'asfalto.» si grattò l'orecchio. «E se in quell'auto ci fosse stato soltanto Harry, lui sarebbe rimasto lì a fissarmi senza fare niente e forse sarei morta per il dolore. Quindi, lasciamelo dire, Harry è fortunato ad averti al suo fianco.»

«Quindi non dirai a nessuno quello che è successo?»

Lei scosse la testa. «No, mi inventerò qualche storia da raccontare ai miei genitori. Dirò che è stato un pirata della strada o roba simile.»

Le sorrisi, poi sentii il mio telefono squillare. «Torno tra un secondo.» sussurrai a Laurel, prima di rispondere e uscire dalla stanza. «Pronto?»

«Ehi.» la sua voce. «T-ti ho chiamato... v-volevo sapere come sta la ragazza, ecco.»
Sentirlo balbettare era strano.

«Sta bene, le hanno fasciato il braccio. Ora aspetto che arrivino i suoi genitori. Tutto sommato, sta bene.» spiegai.

«Emily, ascolta... mi dispiace di essere rimasto lì senza fare niente, ma ero terrorizzato e poi...»

Lo interruppi. «Non ti preoccupare, va tutto bene. Lei non denuncerà nessuno.»
Cercai di rassicurarlo, ma sapevo che sarebbe stato difficile.

«Davvero ti saresti presa la colpa al posto mio se sarebbe servito?» mi domandò.
Il suo tono di voce sembrava ancora sconvolto per l'accaduto.

Annuii, anche se lui non poteva vedermi. «Sì, lo avrei fatto senza neanche pensarci.»

«Grazie Emily, grazie davvero.» sussurrò.
La sua voce sembrava quasi commossa. Continuavo a sentire dei sumori strani oltre alla sua voce, che non mi rassicuravano per niente.

«Ho fatto quello che ritenevo giusto.» mi giustificai. E interminabili minuti di silenzio presero il sopravvento. Non sapevo cosa dire, ed era evidente che neanche lui sapesse cosa dirmi. Sapevo che non avrebbe mai smesso di ringraziarmi per quello che avevo fatto, ma a me non importava dei ringraziamenti. «Ascolta... ora devo andare, ma ci vediamo domani, ok?»

«S-sì. A domani.» e chiuse la chiamata.

Sospirai e incrociai le braccia. Non ero tranquilla. La voce di Harry era strana, quel tono così sconvolto non lo avevo mai sentito prima, aveva balbettato più del solito e poi, quei rumori in sottofondo mi avevano quasi messo paura. Forse era ancora agitato per quello che era successo, avrei potuto capirlo, perché lo ero anch'io.
«È lei?» chiese una voce maschile alle mie spalle.
Mi voltai e vidi un uomo e una donna avvicinarsi a me. «Salve, siamo i genitori di Laurel. Un'infermiera ci ha riferito che è stata lei a soccorrere nostra figlia.»

«Sì, è vero.»

La donna intervvenne. «La ringraziamo immensamente, davvero.»
Aveva gli occhi lucidi, stava per piangere.

Sorrisi ad entrambi. «Laurel si riprenderà velocemente, ma abbiate cura di vostra figlia e ditele che le volte bene. Ricordateglielo sempre.»
Cosa che i miei genitori non avevano mai fatto.

«Lo faremo.»

Sorrisi di nuovo ad entrambi e mi avviai verso l'uscita. Mi guardai indietro un'ultima volta: i genitori di Laurel entrarono nella stanza e abbracciarono quest'ultima.
Sapevo che avrebbe mantenuto il segreto e ne ero sollevata, ma non riuscivo a togliermi la voce di Harry dalla testa.
Decisi che il giorno dopo avremmo parlato dell'accaduto, forse sarei riuscita a calmarlo definitivamente.
Uscii dall'ospedale e tornai a casa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top