Emozioni


Ero appena tornata dalle lezioni di russo. Ormai era aprile e dovevo iniziare a studiare seriamente per l'esame di giugno, altrimenti stavolta avrei rischiato di abbassare la mia media.

Stavo preparando il pranzo, immersa in questi pensieri organizzativi, quando qualcuno suonò al campanello. Senza considerare il mio aspetto ridicolo, andai ad aprire. Indossavo le pantofole pelose e il grembiule per non sporcarmi, che raffigurava un teschio con sotto la scritta: "attenzione pericolo" (me l'aveva regalato Tommaso dopo il disastro della sua torta di compleanno!)

Mio padre mi fissò interdetto per un lungo momento. Io ero totalmente spiazzata, non mi sarei mai aspettata di trovarmelo davanti. Annaspai in cerca di ossigeno, mentre lui si schiariva la voce e riacquistava la sua solita espressione impassibile.

"Camilla" esordì come sempre "non è buona educazione farmi attendere sulla soglia."

Mi scostai quasi in automatico, ancora incapace di realizzare che mio padre era nel mio appartamento. Lui avanzò studiando con attenzione il piccolo spazio che ora ospitava tutta la mia vita. 

"Preferisci vivere in questo buco, piuttosto che assecondare le mie richieste?" mi guardò con una certa rabbia negli occhi. Deglutii cercando di mantenere la calma.

"E' proprio questo il punto" risposi ritrovando il mio coraggio e spostandomi al centro della stanza "la mia libertà vale più di qualsiasi altra cosa!"

"Non durerà molto questa tua determinazione. Tra qualche mese tornerai da me, pregandomi di riprenderti in casa."

"Piuttosto andrei a vivere in strada" normalmente non avrei risposto così bruscamente, ma certe volte mio padre riusciva a far emergere il mio lato peggiore. Notai un mutamento nella sua espressione, ora la rabbia non si limitava ai suoi occhi, era dipinta su tutto il suo viso.

"Sei una figlia ingrata!" Non accadeva spesso che alzasse la voce, ma quando succedeva, faceva davvero paura. Avanzò qualche passo verso di me e stava per aggiungere altro, quando una voce alle nostre spalle mi congelò sul posto.

"Tutto bene Cami?" Samuele era sulla soglia della porta, che era rimasta aperta, e ci osservava con aria preoccupata. Aveva sentito la nostra conversazione? Sicuramente! Eravamo qua dentro a gridare con la porta spalancata! Cosa poteva succedere di più imbarazzante?

"Samu, non..." iniziai a dire cercando di tranquillizzarlo, per evitare che la situazione peggiorasse, ma appena pronunciai il suo nome, gli occhi di mio padre scattarono su di lui come un predatore. "Tu saresti Samuele? Il fidanzato di mia figlia?"

Ecco cosa poteva essere più imbarazzante! Samuele guardò spiazzato prima lui, poi me.

Chiusi gli occhi sperando di sparire magicamente da quella situazione, ma mente stavo per riaprirli, sentii la voce di Samuele che diceva: "No, non sono più il suo fidanzato."

Il mio cuore ebbe un sussulto mentre guardavo angosciata mio padre che aveva un'espressione sempre più confusa. Feci per aggiungere qualcosa, ma Samuele, ancora una volta, mi precedette continuando a dire: "Io non merito Camilla. Lei è una ragazza bella, forte e determinata. Può arrivare ovunque lei voglia, contando solo su se stessa, ed è quello che sta facendo. Lei, signore, dovrebbe essere fiero di sua figlia e delle scelte che ha compiuto!"

Rimase con lo sguardo fisso su mio padre per tutto il tempo, la mascella serrata, i pugni chiusi e tutto il suo corpo in tensione. Si capiva che stava cercando di controllarsi per non esagerare.

Io non osavo aggiungere nulla, me ne stavo immobile, sospesa tra loro due, sconvolta per l'intervento inaspettato di Samuele e per tutte le emozioni che stavano travolgendo il mio cuore.

Mio padre socchiuse gli occhi, fulminando Samuele con lo sguardo, ma non pronunciò nessuna parola. Mi passò davanti, riservandomi uno sguardo truce e poi superò Samuele che era ancora sulla soglia. Sparì giù per le scale.

Io finalmente tornai a respirare un po', ma la presenza di Samuele, limitava ancora la mia capacità di controllare il battito del mio cuore. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi, così fissai il pavimento dicendo: "Grazie per il tuo intervento. Sei stato carino a dire quelle cose."

"Ero semplicemente sincero Cami" ripose lui gentilmente. Mi azzardai a sollevare lo sguardo su di lui e vidi che aveva un'espressione preoccupata. 

Credevo che rivederlo così da vicino, nel mio appartamento, mi avrebbe spezzato il cuore, e invece sentivo solo una leggera fitta. Nonostante questo non ero ancora riuscita a dimenticarlo. Gli rivolsi un timido sorriso di gratitudine. Lui fece altrettanto e poi tornò nel suo appartamento. Era come se un tornado avesse scosso il mio animo.


Qualche settimana più tardi Tommaso approfittò del fatto che Samuele e Carolina erano via in vacanza, per invitarmi da lui a mangiare una pizza. Dopo cena ci apprestammo a vedere un film, stavolta non horror, perché Tommaso non aveva più molta fiducia nelle mie scelte cinematografiche, ma prima di iniziare la visione mi alzai per andare al bagno.

Stavo percorrendo il corridoio, quando notai la stanza di Tommaso aperta, e quasi casualmente, lanciai un'occhiata al suo interno. La luce che proveniva dal corridoio illuminava la parete dietro la scrivania e parte della libreria piena di libri. La prima volta che ero stata in camera sua, ero rimasta impressionata dalla qualità di volumi che aveva, ma avevo notato anche che le sue pareti erano totalmente spoglie. Non aveva attaccato nessuno quadro o poster.

Ma ora, un particolare attirò la mia attenzione. Sul muro illuminato c'era attaccato qualcosa che non riuscivo a vedere bene. La curiosità fu troppo grande, così accesi la luce e mi avvicinai per curiosare. Era una polaroid del mazzo di rose rosse che gli avevo regalato per natale e di fianco alla foto c'era il bigliettino che gli avevo scritto.

Sentii un'improvvisa ondata di tenerezza nei suoi confronti. Aveva tenuto tutto, anche i fiori. Aveva trovato il modo per conservarli. Questo voleva dire che aveva davvero preso a cuore le mie parole e forse stava davvero cercando di aprirsi. Provai una grande ammirazione per lui, nonostante tutte le sue sofferenze, ci stava provando a migliorare. Sollevai una mano e accarezzai delicatamente la foto, mentre un sorriso dolce si formava sul mio viso. Volevo davvero bene a questo ragazzo!

"Cosa stai facendo?" la sua voce mi fece trasalire e subito riportai la mano vicino al mio corpo. Mi voltai e lo vidi appoggiato allo stipite della porta, che mi fissava con un'espressione di finto rimprovero.

"Io stavo solo..." balbettai, ma non seppi come finire la frasi così mi limitai a rivolgergli un'occhiata colpevole.

"Ficcanasando?" mi suggerì lui avvicinandosi e guardando la foto alle mie spalle.

"Scusa" risposi a corto di giustificazioni.

"Sai" iniziò a dire lui infilandosi le mani nelle tasche della tuta "avevo già iniziato ad aprirmi, prima del tuo biglietto." Corrugai la fronte confusa. Cosa stava cercando di dirmi?

"Ma" continuò grattandosi la testa, cosa che faceva sempre quando era in imbarazzo "l'ho capito solo quando ho letto le tue parole, e ultimamente ne ho avuto la conferma." Sembrava irrequieto e questo mi mise addosso un'inspiegabile agitazione.

"La conferma di cosa?" chiesi perplessa guardandolo negli occhi. Mi restituì uno sguardo che si fece sempre più intenso, man mano che si avvicinava a me e quando fu vicinissimo, con voce sicura concluse: "Cami, io provo qualcosa per te"

Boccheggiai colta alla sprovvista. Non mi aspettavo una dichiarazione tanto sincera da parte sua. Ma, in realtà, era già da diverso tempo che aveva notato un cambiamento in Tommaso. Non aveva più avuto ragazze in giro, passava quasi tutto il suo tempo libero insieme a me. Si preoccupava per me e cercava sempre di proteggermi. Ero stata così presa dalla mia delusione d'amore che non mi ero resa conto del significato di tutti questi comportamenti. Ma ora, era chiaro che Tommaso era pronto ad aprirsi, e voleva farlo con me. 

Il problema era che io non ero sicura di essere pronta. Non volevo illuderlo per poi ferirlo, se davvero volevo stare con lui, dovevo esserne convinta. Dovevo essere sicura di aver dimenticato totalmente Samuele. E ora sapevo che non era così.

"Tommi, io..." iniziai a dire poggiando una mano sul suo braccio. Dalla mia espressione mortificata, lui intuì qualcosa perché mi interruppe, poggiando un dito sulle mie labbra. Mi mostrò un sorriso rassicurante e poi disse: "Non mi interessa se non hai ancora superato la tua delusione d'amore, sono disposto ad aspettare tutto il tempo necessario. Non mi ero nemmeno accorto di aver vissuto questi ultimi anni bloccando le mie emozioni, per paura di stare male ancora. Ma poi sei arrivata tu, e lentamente mi hai fatto capire che, vivere senza provare ogni emozione fino in fondo, è come non vivere affatto. Ti ho vista amare, soffrire, ridere, piangere, arrossire e arrabbiarti, ma non ti sei mai pentita di nessuna tua scelta. Io invece ero come intrappolato in uno stato di apatia interiore. Ora mi sento di nuovo vivo, ed è una sensazione fantastica!"

Le parole di Tommaso mi provocarono brividi lungo tutto il corpo. Il mio cuore batteva senza controllo mentre i miei occhi erano lucidi di commozione. Lo guardai a lungo, cercando di trasmettergli la mia riconoscenza, poi accorcia la distanza tra di noi e gli buttai le braccia al collo, abbracciandolo forte. Avvicinai la bocca al suo orecchio e gli sussurrai: "Aspettami."

Lui mi cinse la vita e restammo fermi così per un tempo lunghissimo, in silenzio. Lasciammo che fossero i nostri cuori a comunicare, ora che battevano vicini, insieme. 

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