Camilla, parla!
"Tieni Cami, mangia ancora un po' di gelato."
"Becky perché non può amare me?"
"Oh tesoro, non sei tu il problema, è decisamente Samu!"
Cercai di placare i miei dispiaceri mettendo in bocca un cucchiaio di gelato al cioccolato. Rebecca era venuta da me appena le aveva raccontato quello che avevo visto. Aveva passato la prima mezzora ad insultare Samuele e ancora di più Carolina.
"Cosa dovrei fare ora?" chiesi piagnucolando mentre Rebecca mi guardava dispiaciuta.
"Lo sai. So che non vuoi, ma credo che dovresti. Per te stessa."
La guardai a lungo senza dire nulla. Sapevo che aveva ragione. Potevo anche accettare una scomoda amica, ex fidanzata. Ma non potevo di certo accettare che fosse ancora innamorato di lei. Ripensai allo sguardo d'amore che Samuele aveva rivolto a Carolina, e non ricordai di averlo mai visto rivolto a me.
Probabilmente era sempre stato innamorato di Carolina, ma quando si erano lasciati, Samuele aveva sofferto molto. Forse aveva paura di star male ancora con lei, per questo aveva provato a dimenticarla con me. O forse non si era mai reso conto che la amava ancora. Per un motivo o per l'altro, io non ero parte di questa relazione, ormai era evidente. Nonostante tutto, da qualche parte della mia testa, una vocina ancora mi pregava di non rompere con lui.
Dovevo, ma non volevo.
"Magari la stava solo accompagnando da qualche parte" sussurrai fissando la mia ciotola con il gelato, ormai sciolto. Rebecca mi rivolse uno sguardo scettico. Neanche io ci credevo a quello che avevo appena detto, ma mi stavo sforzando di farlo.
"Scrivigli" mi suggerì la mia amica "chiedigli cos'ha fatto oggi. Se ti dice la verità vuol dire che non ha nulla da nascondere. Così ti togli ogni dubbio."
Ci pensai qualche secondo, poi decisi di fare come diceva Rebecca. Non aveva senso fare supposizioni, dovevo sapere come stavano davvero le cose. Poco dopo il mio cellulare, poggiato sul tavolo, segnalò l'arrivo di un nuovo messaggio. Samuele.
Il testo diceva che aveva passato il pomeriggio in biblioteca a studiare e stava tornando a casa ora. Sollevai gli occhi su Rebecca, che mi restituì la mia stessa espressione addolorata. Samuele mi nascondeva qualcosa.
Dovevo.
Cenai da sola in silenzio, mangiando meno della metà del mio piatto di pasta. Il mio stomaco era chiuso, il mio cuore lavorava freneticamente per trovare il coraggio per affrontare Samuele, mentre la mia mente cercava di trovare le parole adatte. Le lacrime minacciavano di bagnare il mio viso in ogni momento. Ero diventata una vera piagnucolona! Sperai di riuscire a controllarle finché non fossi stata di nuovo sola nel mio letto.
Sistemai i piatti e rimasi davanti allo specchio, fissando il mio riflesso per un tempo lunghissimo. Non ero pronta per affrontare questa cosa, ma non avevo più scelta. Sospirai profondamente, mi sfregai la faccia, mi sistemai i capelli e andai alla porta dall'altra parte del pianerottolo.
Fissai il campanello.
Feci un respiro profondo.
Suonai.
Respiro profondo.
Samuele aprì la porta.
Respiro profondo.
Respiro profondo.
Respiro profondo.
Camilla, parla!
Samuele mi stava guardando sorridendo, ma con un'espressione confusa.
Respiro profondo.
"Dobbiamo parlare" dissi con sguardo serio.
Il sorriso sul viso di Samuele lentamente si affievolì. "Va tutto bene?
"No. Possiamo andare in camera tua?"
Samuele mi lasciò passare e mi seguì lungo il corridoio. Potevo sentire i suoi occhi puntati sulla mia schiena. Probabilmente stava cercando di capire cosa fosse successo, mentre io stavo cercando di impedire al mio cuore di battere tanto forte. Appena varcai la soglia di camera sua mi voltai e lo fissai intensamente, mentre lui si chiudeva la porta alle spalle e si posizionava davanti a me.
"So che non eri in biblioteca oggi..." feci una pausa osservando i suoi occhi che si spalancavano "... ti ho visto con Carrie."
Samuele rimase immobile, cercando di assimilare quella notizia, mentre il suo sguardo si faceva sempre più teso. "Cami... io... non voglio ferirti."
"Però lo fai continuamente!" risposi con rabbia, senza riuscire a bloccare il tremolio della mia voce. Accidenti, ero già sull'orlo delle lacrime! Sollevai lo sguardo verso il soffitto cerando di riprendere il controllo.
"Mi dispiace così tanto" potevo capire dal tono di voce di Samuele che era sincero, ma ormai era troppo tardi. Tornai a guardarlo duramente, aspettando che si decidesse a darmi una qualche spiegazione. Il silenzio si stava facendo pesante, e fui sollevata quando Samuele riprese a parlare dicendo: "sono confuso Cami... io ti voglio bene, ma Carrie... lei... credevo fosse tutto finito, credevo di averla dimenticata ma..." mi rivolse uno sguardo triste e io dovetti fare appello a tutte le mie forze per non piangere.
Samuele fece qualche passo verso di me e allungò una mano, sfiorandomi la guancia, per poi scendere e poggiarla sul mio braccio. Io rimasi come impietrita, il respiro accelerato, le parole bloccate nella testa. Sentivo così tanto dolore emotivo, che mi sembrava anche fisico. La mano di Samuele bruciava sul mio corpo, ma non riuscivo a spostarla. Forse nel profondo, non volevo.
Chiusi gli occhi e trovai la forza per pronunciare quelle parole che ormai, da un po' di tempo, pesavano sul mio cuore
"L'hai sempre amata, non è così?" sussurrai, senza riuscire a fermare quella maledetta lacrima, che ora scendeva lungo la mia guancia.
Samuele deglutì, continuando a fissarmi dritto negli occhi, poggiò anche l'altra mano sull'altra mia spalla e rispose: "Io... io amo entrambe..."
Era davvero convinto delle sue parole, ma io sapevo che non era davvero così che stavano le cose. Lui aveva sempre e solo amato Carolina e io non avevo mai avuto una vera possibilità. Era stata una relazione illusoria, e lo dimostrava il fatto che, questa era la prima volta che diceva di amarmi, ma dovevo condividere questa dichiarazione con lei.
Carolina era sempre stata tra noi.
Poggiai una mano sul suo petto respingendolo e feci un passo indietro, allontanandomi da lui. Le sue braccia gli ricaddero sui fianchi, mentre un'espressione sempre più abbattuta si faceva strada sul suo viso.
"Non mi basta" gli dissi seccamente. Il dolore ora si era trasformato in rabbia.
"Cami, ti prego... lasciami pensare a..." provò a dire lui avvicinandosi ancora a me. Lo fulminai con lo sguardo, bloccandolo sul posto. Le parole gli morirono in bocca e non concluse la frase.
"Non voglio un amore a metà" presi un profondo respiro e buttai fuori tutta la mia frustrazione "voglio un amore che mi faccia ridere e anche piangere. Che mi riempa di vita e mi tolga tutto il fiato. Che mi faccia tremare le ginocchia e brillare gli occhi. Che mi regali baci e mi tolga preoccupazioni. Che mi faccia sentire importante e... unica." Feci una pausa fissandolo intensamente negli occhi e cercando di trasmettergli tutto il mio dolore e tutta la mia determinazione "l'unica" conclusi.
Gli rivolsi un ultimo sguardo triste, poi lo superai, uscendo dalla porta alle sue spalle e tornai nel mio appartamento.
Mi appoggiai al bancone della cucina e lasciai che le lacrime finalmente uscissero dai miei occhi, riversando tutto il dolore che provavo. Avevo creduto davvero che tra noi sarebbe andata bene e ora mi sentivo solo stupida per averlo fatto. Avevo avuto la verità davanti agli occhi per tutto il tempo e, anche quando mi ero resa conto del loro legame, avevo deciso di ignorare tutto quanto, per paura di soffrire. Avevo finito per stare peggio.
Riempii un bicchiere d'acqua per calmarmi e lo sollevai portandolo alla bocca, ma le mie mani non la smettevano di tremare, così il bicchiere cadde a terra, rompendosi in tanti pezzi.
Esattamente come il mio cuore.
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