27
Camminiamo fianco a fianco, fino a qualche ora fa avrei dato praticamente qualsiasi cosa per vederla e parlare con lei. Per stare così con lei. Per sentire la presenza del suo corpo accanto al mio e sentire il suo profumo a ogni piccola folata di vento.
Adesso però sono quasi irritato dalla sua presenza, quello che mi ha fatto... sono incazzato come una iena. Non posso credere di avere un figlio di tre anni che non conosco, un figlio che non sapevo di avere fino a oggi pomeriggio e che aspetta solo il momento in cui il suo cazzo di padre di merda torni dal suo lavoro altrettanto di merda, inventato dalla sua mamma stronza.
Povero piccolo.
Christopher.
Christopher Campbell-Allen Paradisi o Christopher Paradisi Campbell-Allen?
Suona bene, ma sono più che sicuro che non abbia il mio cognome, si potrà mettere dopo? Devo informarmi... voglio che abbia il mio cognome.
Ma come si fa a nascondere una cosa del genere?
Nemmeno Ella è arrivata a tanto... si è presa la briga di attraversare mezzo mondo per dirmi che forse avrei potuto avere una figlia... con tutti i rischi del caso, che purtroppo sono stati decisamente troppi.
Nella sfortuna almeno lui è ancora piccolo, quindi dovrei essere in tempo per farmi conoscere e far parte della sua vita, che Viola lo voglia o no è mio figlio e voglio essere presente. Voglio recuperare tutto ciò che posso.
Certo però, tutto ciò che mi sono perso fino ad ora, niente e nessuno potrà rendermelo.
La sua nascita, il suo primo sorriso, la prima parola... i primi passi, il suo primo giorno di scuola.
Come è potuto succedere? Come è potuto succedere che due persone come noi, che si amavano, siano a questo punto? Dove ho sbagliato? Cosa ho sbagliato? Lassù ci deve essere qualcuno che ce l'ha davvero con me, sennò non si spiega.
Devo anche capire come spiegarlo a Hope... non so se sarà contenta della novità. Ma come si fa a spiegare e presentare un fratellino di tre anni?
Frena! Mi urla la mia mente.
«Stai pensando a nuove parole con cui infamarmi?» domanda Viola accanto me fermandomi e facendomi tornare alla realtà.
Mi ero quasi dimenticato di lei.
«Vorrei, ma no».
«Posso solo immaginare il casino che hai in testa in questo momento» sussurra abbassando il capo.
«No Viola. Fidati non puoi» ribatto serio.
«Sappi che non è stato facile neanche per me...».
«Cosa? Cosa stai dicendo? Nessuno ti ha obbligata a tenermi all'oscuro di tutto. Nessuno ti ha obbligata a fare tutto da sola. Sarei potuto essere lì, sarei voluto essere lì per te se solo lo avessi saputo e me lo avessi permesso. Ti avrei accompagnato a ogni cazzo di visita, ogni ecografia. Ti avrei sostenuta e consolata quando avresti avuto paura, quando la tua testa sarebbe partita con delle paranoie assurde, perché so che te le sei fatte. Ti avrei stretta a me dicendoti che sarebbe andato tutto bene. Sarei venuto ai corsi pre-parto. E sarei stato con te in sala parto e avrei pianto come un bambino quando sarebbe nato, vedendolo per la prima volta e ti avrei baciato con ogni cellula del mio corpo» ribatto con un filo di voce e le lacrime agli occhi.
«Lo so...».
«Ma tu no, sei una testarda del cazzo e hai voluto tagliarmi fuori dalla tua e dalla sua vita. Io volevo solo passare tutta la mia vita con te e sposarti Viola, cazzo lo volevo con ogni fibra del mio cuore e del mio corpo e se mi avessi detto che aspettavi un bambino sarei stato la persona più felice del mondo, anche la più impaurita probabilmente... ma avremmo costruito insieme la nostra famiglia, quella fottuta famiglia che non ho mai avuto e ho desiderato per tutta la vita. Saremmo stati felici insieme, schifosamente felici» ribatto arrabbiato.
«Davvero?» domanda in un sussurro fissandomi con i suoi occhioni.
«Cazzo sì! Ne sono certo» ammetto sconsolato «nonostante ti odi e nonostante tutto sono felice anche adesso sapendo che abbiamo un figlio insieme... che il nostro amore ha prodotto qualcosa che non sia solo sofferenza e dolore, ma anzi ha prodotto amore puro... non vorrei, ma una parte di me sta saltando di gioia al pensiero che abbiamo qualcosa che ci legherà per sempre... e ti giuro che non vorrei».
«Sam...».
«Non dire nulla... non ce n'è bisogno. Hai preso la tua decisione e io la rispetterò come ho sempre fatto da quattro anni a questa parte. Non interferirò mai più con la tua vita ma voglio conoscere mio figlio e far parte della sua. Voglio vederlo crescere e voglio che sappia che suo padre è sempre dalla sua parte anche quando commetterà qualche cazzata».
«Lo capisco... ti aiuterò a conoscerlo».
«E voglio che lui conosca Hope... è sua sorella dopo tutto».
Sospira e giocherella con i capelli.
«Mi sembra giusto... vorrei conoscerla anch'io... se sarai d'accordo» ammette poi timida.
«Davvero? Perché?» domando incredulo.
Come fa questa donna? Cosa ha di magico che me la fa guardare così anche se la odio con tutto il mio cuore? Che cazzo!
«Perché siamo una famiglia...».
Mi si blocca il respiro in gola.
Non siamo una famiglia... purtroppo.
Non ancora... Risponde la mia coscienza.
«Entriamo qua» dice poi indicandomi un bar non so dove. Camminiamo da talmente tanto che ormai potremmo essere anche in un'altra città.
Ci accomodiamo a un tavolino uno di fronte all'altro.
«Due gin tonic» dico alla cameriera «è possibile avere anche il menù per mangiare qualcosa?».
Il suo sguardo si posa un po' troppo su di me e le sorrido di rimando, è davvero molto carina.
La vedo irrigidirsi e spostare lo sguardo altrove infastidita.
Siamo davvero ancora gelose Viola Paradisi? Penso sogghignando.
Tiè Viola Paradisi prenditi questo.
«Te lo porto subito» risponde la cameriera sorridendomi.
«Grazie mille» ribatte secca Viola liquidandola.
«Bevi sempre il gin tonic?» chiedo rendendomi conto solo dopo che ho ordinato per lei senza consultarla, ma cazzi suoi se non lo beve più, ce ne sarà di più per me.
«Sì, non pensavo te ne saresti ricordato».
«Io mi ricordo tutto Viola... TUTTO» ribatto serio.
La vedo deglutire a vuoto mentre le guance avvampano.
«V... vuoi vedere qualche foto di Chris?» chiede spiazzandomi.
«Davvero?».
Annuisce ed estrae il telefono dalla borsa.
«Viola...» sussurro.
«Sam?».
«Voglio sapere tutto, dal quando hai fatto quel fottuto test a oggi... ti prego».
«Ok... questo posso farlo. Te lo devo» ammette sorridendomi.
«Un'altra cosa...».
«Dimmi».
«Non scappare più, non portarmelo via» dico con voce tremante.
«Te lo prometto Sam, non andiamo più da nessuna parte» risponde stringendomi la mano sul tavolo.
Un tremito mi attraversa da capo a piedi a contatto con la sua pelle fredda.
La odio con ogni fibra del mio corpo, ma la amo ancora da impazzire purtroppo per me.
🌊
«Allora qui eravamo al mare, eravamo in Sardegna, Chris aveva quasi un anno. Lo vedi com'era tondo? Sembrava un bambolotto cicciottello. È sempre state un bambino grande, ma quando ha iniziato lo svezzamento ha avuto un annetto in cui era davvero una pallina di amore» racconta sorridendo scorrendo le foto i video.
«Qui invece è stata la prima volta che l'ho portato a tagliarsi i capelli, non ti dico le scenate che ha fatto, ma guarda com'è bello? Gli avevo fatto anche la cresta per un momento».
La osservo e guardo incantato le foto di quel me in miniatura che mi scorrono davanti. Ne avremo già viste almeno duecento, e siamo al terzo gin tonic infatti. Inizio a non essere lucidissimo se devo dirla tutta.
«Invece questo è il primo giorno di nido, è la scuola per i bambini sotto i tre anni» precisa.
«Lo so cosa è un nido Viola, ti ricordo che ho una figlia di quattro anni...» commento alzando gli occhi al cielo.
«Giusto... io... non ci pensavo. Scusa... Forse ti sto annoiando» sussurra cercando di bloccare il suo Iphone.
«No, assolutamente. Va avanti» rispondo sfiorando la sua mano che mi trasmette una scossa elettrica. Smetterà mai di essere così?
In quel momento una notifica appare in alto sul suo schermo, è di whatsapp e si legge l'anteprima.
Matte: Ciao Piccola, come sta andando? Tutto ok?
Matte: Fammi sapere. Sono preoccupato, spero vada tutto bene.
Matte: Chris ha fatto qualche storia ma finalmente dorme. Gli ho letto il libro di Spider Man, per penso la centesima volta questa settimana, ma è crollato.
Matte: Ti aspetto sveglio. Voglio sapere com'è andata.
Matte: Ti amo.
Aspetta cosa? Cosa cazzo ho appena letto? Chi minchia è ora Matte? E cosa fa con mio figlio? Chi cazzo è che sta facendo da padre e mio figlio quando a me non è stato nemmeno concesso di sapere che esisteva fino a oggi? Ti amo? Ma questo chi cazzo è? Come ho fatto a non rendermi conto che la maggior parte delle foto erano state scattate da una terza persona? Che coglione che sono.
Viola cerca di far scomparire le notifiche che arrivano a raffica ma ormai è tardi e ho letto tutto. Ma che mi aspettavo? Che dopo tutti questi anni lei si stesse struggendo per me? Che idiota che sono. Sono l'unico sottone di merda della storia. Lei è andata avanti e mi ha lasciato nel suo passato.
«Sam... io posso spiegare... non è come pensi...» ribatte insicura.
«Non mi sembra che lascino molto spazio all'interpretazione questi messaggi... il ti amo finale soprattutto» dico caustico.
«Io... non so come...».
«Tu lo ami?» chiedo secco.
«È complicato».
«Non c'è niente di complicato o lo ami o no, è una risposta facile. Una sillaba. Sì o no».
«Vorrei poterti dire di no, ma non è così semplice. Ma non posso nemmeno dire di sì... non dopo di te...» sussurra.
«E questo cosa stracazzo significa?» sbraito attirando l'attenzione dei pochi avventori del bar su di noi.
«Possiamo parlarne in un posto più tranquillo?» chiede guardandosi intorno «per favore».
«Okay» ringhio trucidandola con lo sguardo. Non voglio cacciarmi nei guai.
Ma perché perdo ancora tempo con lei?
«Andiamo a casa mia, è qui vicino e lì potrai urlarmi contro quanto vorrai».
«A casa tua? Ma sei impazzita?».
«È la mia vecchia casa in Ponte Vecchio, non la casa dove vivo con Chris...».
Ah.
Casa sua.
Quella casetta che è stata anche la mia...
Non so se sono pronto a rientrarci, ho avuto problemi anche a varcare il portone del palazzo per andare da Arianna...
«Andiamo» dico secco alzandomi e lasciando 100 euro sul tavolo.
Usciamo nella notte fredda, è quasi mezzanotte e percorriamo le strade in silenzio, intorno a noi la vita scorre veloce, alcuni ragazzi si baciano, altri urlando, c'è chi canta e chi ammira semplicemente la bellezza della città. Noi no, noi camminiamo muti, senza il coraggio di proferire parola. Io perché non so da dove cominciare senza incazzarmi. Ho le mani strette talmente forte che ho paura di spaccarmi qualche dito.
Viola cammina a testa bassa, sembra di punto invecchiata di dieci anni, si tocchiccia freneticamente i capelli e ha la mano sinistra aggrappata alla tracolla della borsa, come per sorreggersi.
Davanti al portone si ferma, sappiamo entrambi che da qui non si torna più indietro. Qui decretiamo probabilmente la fine ufficiale della nostra storia. Metteremo un punto definitivo, punto che lei sembra aver già messo da un po'... mentre io sono ancora il solito coglione innamorato.
Infila la chiave la toppa, mi guarda con la coda dell'occhio e vedo una lacrima rigarle la guancia.
Cammino dietro di lei, mentre la mia mente vaga nei ricordi in quei mesi in cui ho vissuto qui e un'ondata di dolore e tristezza mi travolge. L'ultima volta che sono stato in quella casa ero distrutto e oggi ci rientro messo peggio di allora. Non è amore questo, è una fottuta maledizione.
«So che hai vissuto qui» sussurra camminando nell'ingresso del palazzo.
Sono le prime parole dice da quando siamo usciti dal bar.
«Qualche anno dopo sono tornata e ho ritrovato l'ipad che avevo lasciato...».
Oddio l'ipad... ci avevo lasciato una serie infinita di messaggi per lei, convinto che prima o poi li avrebbe trovati e avrebbe capito quanto l'amavo, ma nonostante li abbia letti non hanno funzionato...
«È storia vecchia» ribatto serio.
Non voglio più farle vedere il mio dolore, non se lo merita, io non me lo merito.
Apre la porta e mi fa rientrare nel mio infermo personale.
La casa è esattamente come l'ho lasciata, tre anni fa... è tutto nello stesso identico posto. Cosa? Come? C'è addirittura il libro che avevo dimenticato sul tavolino del salotto, "La solitudine dei numeri primi". È come se me ne fossi andato solamente ieri.
«Non ho toccato niente... non ci sono riuscita. Io non potevo...» sussurra.
«Io...».
«Non ho permesso più a nessuno di entrare in questa casa, non dopo che ci sei stato tu... non potevo pensare che qualcuno ci abitasse dopo di te. Sembro pazza, lo so» ammette sconsolata.
Sono confuso dalle sue parole.
«Non capisco...» ammetto fissandola.
«Non c'è niente da capire».
«Ma che cazzo dici? Dio Viola. Sto impazzendo. Tu mi odi, non mi hai detto di Chris per non avermi nella tua vita e poi mi dici così... io...».
«Io non ti odio, non potrei mai farlo» ammette inchiodandomi con i suoi occhioni.
«Io non riesco a seguirti... perché non hai fatto sparire ogni minima traccia di me se mi volevi fuori dalla tua vita? Se non mi amavi più...».
«Non ho mai detto di non amarti più. Avere tutto qui era come avere ancora te vicino» sussurra con un filo di voce.
COSA?
I miei occhi si spostano immediatamente sulle sue labbra schiuse appena, che cazzo sta succedendo? È desiderio quello che leggo nei suoi occhi? Non è possibile...
Faccio un passo verso di lei, il suo odore mi colpisce e mi investe, perdo definitivamente quel briciolo di lucidità che mi è rimasto.
Con violenza e irruenza faccio scontrare le nostre labbra, le infilo una mano alla base della testa intrecciando le mie dita con i suoi capelli.
Le sue mani si ancorano alle mie spalle e mi spingono verso di lei.
Che si fotta tutto, soprattutto quel cazzo di Matte. Lei è mia.
Non ci siamo mai baciati in questo modo. È un bacio diverso, è disperato, bisognoso.
La mia lingua affonda nella sua bocca conquistando ogni fottuto centimetro di lei, e vorticando freneticamente con la sua. È un mix letale di baci, morsi, denti che si scontrano e confusione. È desiderio e bisogno allo stato puro e mi scorre nelle vene. Sono già duro come il marmo e potrei venire solamente se solo continuasse a baciarmi così.
Perdo totalmente il controllo del mio corpo e del mio desiderio, e la conduco, senza smettere di baciarla, verso la camera da letto.
Vorrei essere diverso ma in questo momento non riesco a pensare lucidamente.
So che domani me ne pentirò amaramente e starò peggio di prima.
Nel tragitto verso la camera perdiamo il mio golf, la t-shirt, il suo vestito e le mie scarpe.
La osservo semi nuda davanti a me, indossa solo un completino blu notte di pizzo e gli stivali al ginocchio. Cazzo, è una visione.
Continua a baciarmi mentre armeggia con la mia cintura e mi toglie definitivamente pantaloni e boxer.
La mia lunghezza sfila davanti a lei, fiero e duro come un cazzo di carrarmato.
«Sei troppo vestita» dico contro le sue labbra e le sento piegarsi all'insù in un piccolo sorriso.
Mi perdo dentro i suoi occhi, mescolandomi con il suo viola che mi affascina e mi disarma ogni volta, poi con la coda dell'occhio vedo cadere il reggiseno a terra e lì capitolo definitamente. La spingo contro il muro e scendo lentamente verso i suoi seni, baciando ogni fottuto centimetro della sua pelle scura, succhio, mordo e tiro i suoi capezzoli strappandole svariati ansimi e qualche gemito.
Così piccola, così...
Continuo la mia lenta discesa, fino alle sue mutandine che addendo e sfilo con la bocca inginocchiandomi davanti a lei.
Il suo profumo mi fa quasi perdere la testa definitivamente, la bacio sul monte di Venere, mentre la sento rabbrividire.
Sono contento di farle sempre questo effetto.
Infila una mano nei miei capelli mi spinge dove mi vuole, dove ha più bisogno di me... tra le sue gambe. È sempre stato uno dei posti preferiti.
Non me lo faccio ripetere due volte e affondo la lingua tra le sue piaghe.
È già fradicia, cazzo! Rischio davvero di venire prima ancora di iniziare.
Il suo sapore mi manda fuori di testa, è come la migliore delle droghe e la più potente.
Arpiono il suo culo sodo, mentre continuo a leccare, succhiare e mi posiziono la sua gamba sinistra sulla spalla.
Voglio accesso completo al suo corpo.
Mi tira i capelli, mentre ansima e geme sotto i colpi della mia lingua. Ed è musica per le mie orecchie, la mia canzone preferita.
Continuo fino a quando non la sento tremare leggermente, le sue pareti mi risucchiano e si contraggono. L'orgasmo la colpisce violentemente e per poco non vengo pure io solo a sentire le sue urla e il mio nome dalla sua bocca.
Alzo lo sguardo, con un sorrisetto sghembo e trovo i suoi occhi che mi inchiodano.
«Tu. Dentro di me. Adesso» scandisce ansimando ancora tremante per l'orgasmo.
Agguanto il suo culo e la sollevo, intreccia le sue gambe dietro di me e la sbatto contro il muro mentre la penetro con un colpo solo.
Urla.
Impazzisco.
Stare dentro di lei è sempre la perfezione, cazzo.
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