25
Davanti a un piatto di ribollita e a una pappa al pomodoro, ridiamo come due vecchi amici.
Ho sempre avuto un debole per il padre di Viola, all'apparenza freddo e serio, ma dal cuore enorme. Lo testimonia il modo in cui mi ha accolto nella sua famiglia quando nemmeno Viola voleva vedermi.
«Quindi novità?» mi chiede poi a bruciapelo.
«Bè niente di che via... forse solo una» sorrido estraendo il telefono dalla tasca e mostrando la foto di Hope orgoglioso.
Vedo i suoi occhi sgranarsi e rabbuiarsi leggermente. Si passa una mano in mezzo ai capelli grigi e scuote leggermente il capo tornando a fissare il telefono con un sorriso che mi sa tanto di circostanza, non capisco perchè.
«E chi è questa meraviglia?» domanda.
«Mia figlia, si chiama Hope».
«È bellissima Sam, complimenti. Ma quanti anni ha?».
«Quasi quattro, li compirà a novembre».
«Nooo, non mi dire che è la bambina del distacco della placenta» risponde sgranando gli occhi e tornando indietro di quattro anni.
«Già, è proprio lei».
«Non ci credo» ribatte incredulo.
«Nemmeno io ci credevo, se devo essere sincero, tutto volevo fuorché diventare padre quando mi hanno dato il risultato del test di paternità, ma adesso è tutta la mia vita e non riesco a pensare a un nemmeno un giorno senza di lei» ammetto sincero.
Ma quando sono diventato così smielato?
«I figli cambiano, sia la vita che tutto il resto, ma quindi sei tornato con la mamma della bambina? Era la tua ex fidanzata, se non ricordo male, vero?» chiede curioso.
«Sì era la mia ex, e no, non siamo mai tornati insieme. Era finita allora e così è stato. Lei era ed è attualmente felicemente sposata. Non avrei mai potuto tornare con lei. Io non l'ho... lascia stare» dico scuotendo la testa. Scacciando il ricordo di Viola che fa capolino.
«Nemmeno lei ti ha mai dimenticato. Non lo dice ma lo so, la conosco» confessa stringendomi una mano sul tavolo.
«No, Filippo, non farlo» sussurro appena.
Nonostante siano le parole che vorrei sentirmi dire da anni, non sono pronto a questo confronto con lui. Non riesco a capire come abbia potuto farmi, farsi e farci questo per quattro anni se davvero provava ancora qualcosa per me. Perché privarsi così? Non riesco a capirlo nemmeno se mi impegno. E sentirmelo dire da Filippo non fa che incasinarmi la testa ancora di più.
«Ma... io...».
«Non voglio sapere nulla, davvero. È andata così. Non eravamo fatti per stare insieme. Non eravamo la persona giusta al momento giusto. Forse è semplicemente questo. Spero solo che lei sia felice adesso».
Bugiardo! Schifoso! Urla la mia coscienza.
Ma se voglio che il mio piano non subisca interferenze devo far finta che sia una storia chiusa. Dio... quanto lo vorrei davvero.
«E te sei felice?» mi domanda a bruciapelo.
Sono felice? No. Lo ero prima di rivederla a Londra? No. Lo sarò se lei non torna nella mia vita? Probabilmente no.
«Diciamo che cerco la felicità in ciò che ho e mi impegno per essere un buon padre e una brava persona».
«Sei cresciuto...» dice sorridendo.
«O crescevo o morivo... non ero in una bella forma l'ultima volta che mi hai visto».
«Devo ammettere che ero un po' preoccupato per te. Ho provato a chiamarti tante volte dopo quello che è successo».
«Avevo bloccato tutti i vostri numeri. Dovevo chiudere con tutti. Niente di personale, ma avevo bisogno di curarmi le ferite».
«Lo immaginavo».
Ai miei genitori non è mai fregato niente di come stessi, dovevo solo non fargli fare brutta figura. Questo contava. Solo questo.
«Non ero e non sono abituato a questo genere di preoccupazioni... forse è anche per quello che non mi sono mai curato delle mie condizioni perché non fregava a nessuno» ammetto.
«Ma i tuoi genitori?».
«Non sono mai stati particolarmente interessati a me. Sono stato un incidente di percorso per loro e non hanno mai finto che questa non fosse la realtà. Diciamo semplicemente che non ci frequentiamo. Da anni».
«Oh mi dispiace Sam».
«Non devi. Ormai non è più un problema» sorrido mesto.
Ho smesso di soffrire per loro e per la loro assenza, certo è una ferita che non si rimarginerà mai dentro di me, ma ho smesso che questo influenzasse tutta la mia vita come facevo quando ero più giovane. Quando la loro indifferenza bruciava come sale su una ferita aperta.
«Nessuno figlio merita un trattamento del genere».
«Eh vaglielo a spiegare a loro» dico sconfitto.
«Che tipi sono? Se posso...» mi chiede.
«Due merde...» sbotto sincero «cioè mia madre, Laura, è un avvocato di successo e vive in America, se n'è andata quando ero piccolo perché non riusciva a sopportarmi. La bloccavo in una vita che non voleva per sé. Mio padre invece si è accollato la mia presenza fino ai diciotto anni. Lui forse è stato peggio di lei, non mi hai mai fatto mancare nulla e non mi ha mai fatto del male fisico questo va detto. Mi ha solamente ignorato, ero un promemoria perenne del suo errore e questo si è notato ancora di più quando ha avuto gli altri suoi due figli. Per loro era amorevole e perfetto... per me non era nessuno. Penso sempre che sicuramente sarebbero stati più felici se non mi avessero mai avuto, se i miei nonni non fossero stati così bigotti mia madre avrebbe abortito e tanti saluti a tutti» ammetto mesto.
«Ma che cazzo dici?» sbotta sincero Filippo.
«Vabbè dai non ha senso parlarne ora».
«Sam... non avrei mai visto la mia bambina felice, anche se per poco, se non ti avessero avuto e non posso non ringraziarli per questo. Però ti prego dimmi il loro indirizzo che vado a pestarli come si deve».
«Ti ringrazio, ma non è necessario».
«Allora vado a dirgliene quattro su come essere un genitore decente, non mi ergo a modello di perfezione ma cazzo almeno decente sì».
Sorrido e guardo Filippo con amore, sarebbe stato bello averlo come padre. Mi scalda il cuore sapere che vorrebbe andare da loro e difendermi, nonostante io non sia un cazzo di nessuno per lui.
«Hai fatto più come padre te per me, che mio padre... e non ti ho mai ringraziato» dico impacciato.
«Oh Sam, non lo dire nemmeno per scherzo. Sai che ho sempre avuto un debole per te. Ho capito subito cosa ha visto in te Viola, perché lo vedo anch'io» risponde dandomi una pacca sulla schiena.
«Un bellissimo uomo con un passato tormentato e di merda?» domando ridendo.
Filippo scoppia a ridere, nonostante fossi parecchio serio, soprattutto sulla mia bellezza.
«Sì dai una specie...» ribatte tra le risate.
«Ti chiedere di non dire a nessuno che mi hai incontrato. Non vorrei...» dico cambiando totalmente discorso.
«Tranquillo, figliolo. Non dirò nulla».
«Ti ringrazio».
Il resto del pranzo scorre leggero e tranquillo a parlare del più e del meno.
Ho scoperto che Sara ha avuto un altro bambino, Davide, che ha circa un anno e mezzo.
E che Clotilde e Filippo stanno pensando alla pensione e a ritirarsi al mare lontani dal caos della città.
🌊
Nel pomeriggio continuo la mia ricerca per il quartiere delle Cure. Lo sto setacciando nemmeno fossi un maniaco. È veramente tranquillo e animato da figure singolari. Ho visto un signore pescare sul piccolo fiume nonostante l'acqua sia circa trenta centimetri. Una signora che con un binocolo faceva birdwatching e importunava i passanti perché ormai non ci vede più bene, inutile dire che fermato anche me e siamo stati a osservare le anatre e i loro piccoli.
Sono circa le quattro e cammino riscaldato dal sole lungo questo piccolo fiume che divide il quartiere in due. Hope amerebbe rincorrere gli animaletti sull'argine, penso sorridendo. Mi piacerebbe portarla qui un giorno.
Cammino sovrappensiero e arrivo nuovamente al lato del cancello di quella scuola dove ho visto quel bambino l'altro giorno. Inizieranno davvero a pensare che sono un pedofilo, ma mi manca troppo Hope e vedere questi bimbi saltellare me la ricordano tanto e me la fanno sentire più vicina.
Mi appoggio di spalle alla cancellata e prendo il telefono dalla tasca per chiamare Ella, voglio sentire la mia bambina e dirle quanto mi manca e che tornerò prestissimo, quando vengo distratto da una voce che conosco fin troppo bene.
Mi volto lentamente e fisso oltre le inferiate del cancello sconvolto. Non è possibile. Cerco di mettere a fuoco l'immagine che ho davanti.
«Amore mio».
«Mamma!» strilla la vocina di un bambino.
«Christopher vai a giocare con Chiara che la mamma deve parlare un attimo con la maestra» dice Viola sorridendo al bambino che riconosco essere il ricciolino dell'altra volta.
Christopher...
Io e Christopher avevamo bisogno di stabilità...
La mia mente ricollega in un secondo le poche ma basilari informazioni che ho.
Il telefono mi cade di mano, il respiro si fa accelerato e gli occhi mi si offuscano. Non può essere. Non è possibile. Ci deve essere una spiegazione.
"Scuola dell'infanzia Le Cure", che cazzo di grado è? Come funzionano le scuole in Italia? Quanti anni ha quel bambino? QUANTI.CAZZO.DI.ANNI.HA.QUEL.BAMBINO?
Un milione di pensieri si danno battaglia nella mia testa, non può essere, ma cazzo è la copia sputata di come ero io da piccolo, allora non era tutta suggestione, no, ci deve essere una spiegazione. Inizio mentalmente a fare i conti.
Conti che non mi tornano e che non riesco realmente fare data la velocità e la confusione dei miei pensieri.
Forse è il figlio di un'amica, di Sara? Di un fratello? Un cugino?
Ma l'ha chiamata mamma...
Osservo, anche se non vedo realmente, Viola che parla sorridendo con questa donna. Sposto lo sguardo su quello che è suo figlio e lo vedo ridere, esattamente come fa anche Hope.
Una fitta di dolore mi trafigge da parte a parte, lacerandomi e facendomi mancare il respiro.
Devo rimanere lucido penso aggrappandomi alle sbarre della cancellata mentre l'aria non entra nei polmoni.
Conto fino a cento e cerco di far tornare il respiro regolare, alzo la testa e vedo Viola e il bambino uscire dal cancello e dirigersi nella mia direzione, dovrei andarmene, ma le gambe sono inchiodate a terra.
Cerco un contegno che non ho e mi appoggio di spalle al cancello, alzo lo sguardo e trovo il suo puntato su di me, gli occhi sgranati e la bocca aperta e il terrore che attraversa il suo volto.
«Tu...».
La fisso in cagnesco senza sapere cosa dire. Probabilmente uscirebbero solo insulti se riuscissi ad aprire la bocca.
«C... come hai...» balbetta.
«Chi è mamma?» chiede il bambino curioso tirandole la mano.
Viola si riscuote dal suo stato di tranche e risponde «un vecchio amico della mamma» spostandolo dietro di lei, nascondendolo. Come se ormai fosse possibile nasconderlo ancora.
Sarei molto più di questo piccolo.
«Dobbiamo parlare» apro bocca glaciale.
«Non qui, non adesso» mi risponde terrorizzata indicandomi il bambino con la coda dell'occhio.
Vorrei urlare e gridarle quanto cazzo la disprezzi in questo momento, ma sto zitto.
Ci deve essere una spiegazione. Ci deve essere.
«Ti aspetto su Ponte Vecchio alle sette, ok?» mi dice a disagio.
«Chi mi garantisce che ci sarai davvero? E che non scapperai di nuovo?» sputo fuori con rancore.
«Te lo prometto».
«Mamy io ho fame. Voglio il gelato» ci interrompe il bambino.
Sposto lo sguardo su di lui, hai capelli mossi castano scuro, come quelli di Viola, ma gli occhi sono identici ai miei, un mix di verde e blu che si fonde con il giallo.
«Che gusti ti piacciono?» chiedo abbassandomi davanti a lui.
Mi fissa timido.
«A me piace yogurt e cioccolato» dico sorridendogli.
I suoi occhioni si spalancano, facendo un'espressione di felicità identica a Viola «sono i miei gusti preferiti» risponde sorridendo.
«Andiamo Chris, è ora di andare. Dì ciao al signore» lo incita Viola.
Una coltellata farebbe meno male forse...
E dette queste ultime parole mi sorpassano e vanno via.
Io rimango immobile a fissarli e a guardare il bambino che si volta di continuo a osservarmi con i suoi occhi verde-blu che mi scrutano e la piccola manina che mi saluta.
E adesso?
Crollo poggiato di spalle al muro della scuola, prendendomi la testa tra le mani distrutto mentre sbatto la testa contro le pietre dure.
Come ha potuto?
Come ha potuto nascondermi una cosa del genere?
L'ha davvero fatto? Forse sto sognando.
Ho un figlio?
Ho davvero un figlio con Viola?
Afferro il telefono e chiamo Arianna disperato.
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