18

Mollo la carta di credito al portiere per pagare la cena, passerò a riprenderla domani, tanto mi conoscono.

Spalanco la porta a vetri del ristorante ed esco fuori nella notte londinese, per completare la serata di merda ha iniziato pure a diluviare e sono in moto. Inspiro profondamente mentre sento l'acqua iniziare a inzuppare la mia camicia. Ma cosa mi aspettavo succedesse? Cazzo Sam sii realista dopo tutto questo tempo. Sei sempre il solito idiota che ci sta male. Lei ha preso la sua decisione quel dannato giorno e niente le farà cambiare idea... dovevi saperlo ormai. Come faccio a essere così stupido da sperarci ancora? Un milione di rifiuti, un trasferimento intercontinentale e un compagno... non ti bastano?

Mi passo le mani nei capelli frustrato.

«Vaffanculo» urlo verso il cielo.

Me ne frego della pioggia, di Viola, di me e mi incammino verso la mia moto. Non posso ricominciare tutto dall'inizio. Non ho più forza né energia per continuare questa conversazione, sarebbe stato meglio non incontrarci e lasciare tutto esattamente com'era. Faceva male, ma mai così...

Un'idiota credulone, manco fossi una principessa della Disney... Dio che coglione!

«E quindi finisce così?» sento urlare dietro di me.

Mi congelo sul posto, mentre cerco di fumare una sigaretta fradicia. Le mani mi cadono lungo il corpo e rimango pietrificato.

«Non hai nient'altro da dirmi? Dopo quattro anni... te ne vai così?» sento mentre sono sicuro si stia avvicinando a me.

Non ha nemmeno minimamente idea di quante cose avrei da dirle.

Mi volto piano e mi ritrovo faccia a faccia con lei.

La scruto dall'alto, mentre i capelli fradici si appiccicano al suo volto e il vestito aderisce al suo corpo. Deglutisco e cerco di mantenere il controllo.

«Cosa potrei dirti che tu non sappia già? Cosa potrei dire per cambiare quello che è successo?» ribatto mesto «niente» mi rispondo da solo.

«Hai preso la tua decisione quattro anni fa, andandotene e non lasciandomi nemmeno il beneficio del dubbio, non facendomi nemmeno spiegare... e adesso sto facendo esattamente come hai fatto tu... me ne vado».

«Sa...».

«Cazzo Viola tu mi hai spezzato il cuore, mi hai distrutto. Non hai mai creduto a me, non hai mai creduto in noi... hai buttato via tutto come se non fosse mai successo. Come se io non contassi niente... cazzo io ti amavo da morire, avrei fatto qualsiasi cosa per te, ti ho cercata in lungo e largo e tu... mi hai semplicemente tagliato fuori dalla tua vita».

«Dimmi la verità, la tua verità» sussurra piano facendo un ulteriore passo verso di me.

Il suo odore mischiato alla pioggia mi investe.

E in quel momento perdo tutta la lucidità che ho cercato di mantenere, la afferro per la vita e l'attiro a me, incollando le mie labbra alla sue.

La sento irrigidirsi tra le mie braccia, schiudo piano le labbra cercando un'apertura da parte sua che trovo già lì per me, nonostante lei cerchi di tenermi lontano il suo corpo non ce la fa.

Intensifico il bacio, riappropriandomi di quella bocca che era mia, centimetro dopo centimetro, mentre le nostre lingue si ritrovano e si riconoscono. Voglio cancellare qualunque uomo non sia io.

Affondo una mano nei suoi capelli dietro la nuca per tenerla ancora più vicina a me, quasi volessi fonderci insieme. Le sue mani timide sono avvinghiate alla mia schiena.

Controvoglia mi stacco da lei, cercando di riprendere fiato.

«È questa la verità» le dico a fior di labbra «io e te... ci apparteniamo. Non ho mai smesso di pensare a te, non ho mai smesso di amarti. Ella non è mai stata un'opzione... ci sei sempre stata tu e solamente tu nell'esatto momento in cui sei apparsa su quella spiaggetta con gli occhialoni neri e il cuore spezzato».

«Io.... Sam... non so cosa dire...».

«Shhh... non devi dirmi nulla. Ho capito...» dico lasciandola andare.

«Andiamo in camera mia».

«Cos... Sei sicura?».

Annuisce prendendo la mia mano e intrecciando le sue dita con le mie.

«Sicurissima».

In un secondo me la carico sulle spalle e inizio a correre verso il suo hotel, mentre la sento ridere nel mio orecchio, ed è la musica più dolce che abbia mai sentito.

Dio quanto mi è mancata.

Nella hall il concierge ci fissa con ammonimento mentre aspettiamo l'ascensore, forse perché stiamo sgocciolando su tutto il pavimento o forse perché sembriamo due che scoperanno nel suo bell'ascensore appena le porte si chiuderanno dietro di noi. Si spalancano le porte e la tiro dentro con me, ricominciando a baciarla ancora prima che si richiudano. Sono quattro anni che aspetto questo momento e non posso sprecare nemmeno un secondo.

«Che piano?» chiedo nella sua bocca.

«Settimo» risponde ricominciando a baciarmi.

Cerco i bottoni e provo a premerne alcuni, sperando di beccare anche il settimo.

La sbatto contro lo specchio e inizio a infilare la mano sotto il suo vestito, e quando sono arrivato alle sue mutandine la porta si spalanca al quarto piano. Cazzo. Mi allontano di qualche decina di centimetri giusto per salvare le apparenze se salisse qualcuno.

Vedo un lampo di malizia attraversare gli occhi di Viola e due secondi dopo si sta sfilando le mutandine e me le infila nella tasca dei pantaloni.

È sempre la stessa.

Come faccio a non premere lo stop dell'ascensore e prenderla subito? Dammi la pazienza perché se mi dai la forza faccio un macello e ci denunciano per atti osceni in luogo pubblico.

Mi riconnetto con la realtà e Viola mi sta già piano piano aprendo la camicia di jeans, quando finalmente le porte si riaprono al piano giusto.

Schizziamo fuori e iniziamo a correre per il corridoio ridendo come due ragazzini.

Arriviamo davanti alla porta della sua camera, inserisce la carta e sblocca la serratura.

Mi fermo «Sei sicura?» chiedo fissandola.

Annuisce sorridendomi, mi afferra per una mano e mi tira dentro, mentre chiudo la porta con un calcio.

La afferro per il culo e la sollevo, mentre le sue gambe di allacciano ai miei fianchi.

«Quanto tieni a questo vestito?» chiedo ansimando, mentre armeggia con i miei pantaloni.

«P... poco» balbetta mentre le mordo il collo.

Mi avvicino alla parete facendole appoggiare la schiena al muro, afferro con le mani lo scollo del vestito e lo tiro, sbranandolo e aprendolo in due.

«Cazzo» sussurro alla vista delle sue tette nude davanti a me mentre quel che resta del vestito cade ai miei piedi.

Affondo la faccia nelle sue tette leccando e mordendo i capezzoli, mentre sento dei gemiti provenire dalla sua bocca e quasi mi vengo nei pantaloni tanto desideravo risentirla così con me.

Mi riapproprio della sua bocca, baciandola con passione e urgenza. Non smetterei mai di baciare queste labbra perfette.

La sento armeggiare con i miei pantaloni mentre continuo a toccare ogni centimetro di lei.

«Viola se non me li togli ho quasi paura che li sfonderò» sussurro nella sua bocca.

La sento ridere mentre finalmente i miei pantaloni e i boxer cadono ai miei piedi.

«Scopami... ora» mi ordina tirandomi una ciocca di capelli e io non me lo faccio ripetere nemmeno mezza volta in più e in due secondi entro dentro di lei... ed è la sensazione più bella del mondo.

Un gemito sommesso le parte dal centro del petto e butta la testa all'indietro quando inizio a muovermi.

Non hai il preservativo, mi rammenta la mia coscienza, ma non me ne frega un cazzo in questo momento.

Adesso voglio solo ritrovarmi dentro di lei dopo quattro fottutissimi lunghissimi anni.

Durerò tre minuti, lo so già, per cui devo farla venire veloce, almeno per adesso.

Intensifico leggermente le spinte, mentre le sue pieghe calde e bagnate di stringono intorno al mio uccello, cazzo sto perdendo la testa.

Le sue unghie leggermente lunghe mi graffiano la schiena, le gambe magre mi stringono i fianchi, ma starei così per sempre.

Tra un urlo e un gemito balbetta una frase sconnessa «io... pillola» e definitivamente li capisco di potermi lasciare andare.

Entro ed esco da lei come una furia, mentre con una mano le stuzzico il clitoride gonfio, piccoli brividi si propagano in tutto il mio corpo e sento l'orgasmo montare come un uragano dentro di me. Ma voglio che venga anche lei.

Le mordo un capezzolo e la sento urlare, ha gli occhi chiusi e le guance rosse.

«Guardami piccola» sussurro nel suo orecchio e bastano che i suoi occhi si inchiodino ai miei per sentirla finalmente venire e sentire le sue pareti bollenti che si contraggono intorno al mio uccello e arrivo al capolinea anch'io.

Ansimo cercando di ritrovare lucidità con la fronte imperlata di sudore appoggiata alla sua.

Apro gli occhi e la trovo bellissima e disarmante che mi fissa con i tuoi occhioni viola.

«Sei bellissima» sussurro.

«Questo lo hai già detto» risponde ridendo.

«Non smetterei mai di dirlo perché è la verità» ribatto uscendo da lei che vedo sussultare di questa improvvisa mancanza.

Mi avvicino a letto e mi ci siedo sopra, sempre tenendola sopra di me.

Poggia una mano all'altezza del mio cuore e sorride, ascoltando sicuramente il galoppo e le capriole che il mio muscolo cardiaco sta facendo.

Mi sbottono definitivamente la camicia di jeans e poggio di nuovo la sua mano sul mio cuore. Pelle a pelle.

I suoi occhi si sgranano davanti al mio tatuaggio.

«Q... questa... è...» balbetta.

«Sì è Favignana e qui sotto» indico un punto in basso sul contorno «è una V» conclude lei.

«Ci siamo visti solo una volta quattro anni fa... mi hai quasi investito con la tua macchina. Ricordi? Ecco avevo appena fatto questo» dico indicando il mio tatuaggio.

«È bellissimo» risponde con gli occhi lucidi e il labbro inferiore che trema. Cazzo Viola cosa non ti farei.

Mi osserva e scruta ogni centimetro del mio corpo, sembra come se stia cercando qualcosa di diverso in me.

Rompo il silenzio «Stai cercando di vedere se sto invecchiando bene?».

«Sei... sempre tu...» sussurra sorridendomi dolce.

Vede una sottile catena oro che indosso al collo e ci giocherella tirandola leggermente, mentre io non riesco a toglierle gli occhi di dosso.

«Oh mio Dio» esclama portandosi le mani alla bocca.

«Cosa?» chiedo allarmato.

«Quella è... la mia collana» risponde emozionata «pensavo di averla persa per sempre».

«L'ho trovata nel tuo appartamento... avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse che eri reale, che eri esistita davvero e non ti avevo sognata. Adesso però è giusto che torni alla sua legittima proprietaria» dico sganciandola.

«Dici sul serio?».

«Dopotutto è tua» rispondo chiudendo il piccolo fermaglio intorno al suo collo.

«Grazie...».

«È stato un piacere custodirla tutti questi anni per te...» rispondo sorridendole.

«Sam...» dice rabbuiandosi.

«Dimmi».

«Quella volta a Firenze non è stata l'unica volta che ci siamo visti...».

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