12

Con passo pesante salgo le scale che mi portano al suo appartamento, non ho la forza di entrare in casa mia, quindi vado versa casa di Arianna, in fondo al pianerottolo.

Busso con forza alla grande porta di legno scuro, più e più volte.

«Arrivo, un attimo!» sento urlare.

La porta si spalanca, sento delle risate da dentro e alla fine i suoi occhi miele si posano nei miei.

«Eccoti! Finalmente! Dove ti eri cacciato?» chiede trascinandomi letteralmente dentro casa sua.

Non faccio in tempo a replicare che continua «Siamo venuti più volte a bussarti, pensavamo ci avessi dato un bidone».

«Bidone?» chiedo non capendo.

«Sì, un pacco...oioi come dite voi... insomma che ci avessi detto una cazzata, mancando alla cena» conclude.

«Ah, no... ero fuori e ho perso la cognizione del tempo» mento.

Percorriamo il lungo corridoio che divide l'ingresso dal salotto, le pareti sono bianche e molto luminose, piene di quadri e stampe appese, varie porte si aprono portando a quelle che penso siano altre stanze, infondo a esso si allarga un salotto ampio, con due divani rosso fuoco posizionati ad angolo nel centro, un tavolino da caffè in vetro, un tappeto grigio canna di fucile che copre quasi tutta la stanza e un'enorme libreria sulla parete di destra, di fronte a un tavolo, anch'esso in vetro.

Sono tutti lì: Matteo e Lucrezia, Neri, Leonardo e anche Olivia.

Mi salutano molto calorosamente, tutti tranne Olivia, ancora evidentemente offesa per il comportamento della sera precedente e Leonardo per l'evidente astio che nutre nei miei confronti.

«Sam che pizza ti andrebbe? Stavamo per ordinarla» mi chiede gentile Neri.

«Mmmm margherita» rispondo.

«Ti facevo più uno da diavola» ribatte piccata Olivia.

Le sorrido appena fissandola negli occhi, sbatte più volte le palpebre imbarazzata da quel contatto visivo prolungato, la vedo stringere le gambe e arrossire.

Nonostante tutto non ho perso il mio tocco, penso sorridendo amaramente. Lo perderei un milione di volte pur di riavere qui Viola.

Sono sempre stato consapevole del mio ascendente sulle donne, sono un bel ragazzo e questo unito alla mia stronzaggine e indifferenza hanno sempre fatto la differenza.

Forse quello che mi serve è proprio una scopata... reset per poi ripartire da zero.

Con violenza rinchiudo in una gabbia tutti i miei sentimenti, tutto il mio dolore, l'amore per lei, i miei sogni, le mie speranze vane sul nostro futuro insieme e torno esattamente quello che ero, quello che sono sempre stato ancor prima di incontrare Ella.

Uno stronzo insensibile e incurante di tutto e tutti.

Come possono ferirmi se non sento niente? L'insensibilità è stato il mio rifugio per molti anni e può tornare a esserlo... devo proteggermi anche se fa male.

Per un attimo torno a vedere chiaramente davanti a me, è quasi bello essere tornato, l'animale che avevo rinchiuso e sconfitto per tanto tempo adesso è libero, libero di sfogarsi e di prendere il sopravvento su di me.

Vuoi giocare bambolina? E allora giochiamo, sorrido maligno.

Guardo Olivia, arrossisce nuovamente, mi alzo e raggiungo Arianna in cucina.

«Hai qualcosa da bere?» chiedo calmo.

«Apri il frigo e prendi quello che vuoi» risponde mentre è intenta a infornare una teglia, piegata a novanta gradi, inclino appena la testa a osservarle il culo, però non è niente male, penso leccandomi il labbro inferiore.

Afferro una birra e inizio a berla piano, senza distogliere lo sguardo da lei che si volta sentendo i miei occhi sul suo corpo.

«Tutto ok?» mi chiede arrossendo leggermente notando come la sto squadrando.

«Sì, sì»

«Sembri diverso? È successo qualcosa? Vuoi parlarne» ammette imbarazzata.

«Diverso eh? No, sono solo tornato a essere me stesso» rispondo serio fissandola.

Distoglie lo sguardo dal mio voltandosi.

«Hai bisogno di una mano?» chiedo arrivandole alle spalle.

«No, torna da gli altri» ribatte seria lei, allontanandosi.

Faccio quello che mi dice e torno di la, sedendomi accanto a Olivia.

Matteo mi passa una canna, faccio qualche tiro e mi preparo un gin tonic.

Olivia continua a guardarmi con fare interrogativo e leggermente imbarazzata, quando le accarezzo delicatamente la schiena.

«Le pizze saranno qui tra circa venti minuti» ci informa Neri.

Leonardo mi fissa, con fare da stronzo, di cosa ha paura? Di non reggere il confronto? O forse... no, forse gli piace Olivia! Cazzo ho colpito nel segno. Ora sì che ci divertiamo, sorriso sornione, voglio proprio dare una lezione a questo stronzetto che si crede chissà chi.

«Insomma Sam raccontaci un po' di te e della Paradisi» interviene appunto lo stronzo.

Lo fisso a mia volta reggendo il suo sguardo, mentre il mio cuore di pietra perde comunque un colpo al sentire il suo nome. Vuoi la guerra? Hai già perso.

«Non vedo cosa te ne possa fregare» rispondo secco.

«Amico, era per fare conversazione, non c'è bisogno che ti scaldi tanto».

«Dai Leo, lascialo in pace. Sam ha avuto una giornataccia ed è evidente che non vuole parlare di lei» risponde Arianna fulminandomi con lo sguardo.

«Direi che ho toccato un nervo scoperto» dice ridacchiando il coglione. Il sangue mi ribolle nelle vene, ma non gli darò la soddisfazione di farm incazzare di nuovo, non stasera, non quando posso divertirmi con la sua bambolina e vederlo impazzire.

«Io vado fuori a fumare» dico annoiato alzandomi e scoccando uno sguardo di fuoco a Olivia, che avvampa. Fa tanto la mangiatrice di uomini e poi si vergogna per due sguardi fatti bene?

«La scala» dice Arianna indicandomi la scala a chiocciola infondo al salotto.

Un piccolo terrazzino si apre alla mia vista, è identico a quello dell'appartamento di Viola, accanto, per un attimo vacillo e tutti i sentimenti tornano a galla riprendendo il loro posto nel mio cuore e nella mia testa. Li rinchiudo nuovamente e mi accendo una sigaretta.

Inspiro il fumo profondamente osservando i tetti di Firenze e la cupola del Duomo che imponente e maestosa di erge davanti a me.

Chissà quante serata come questa ha passato Viola e per un attimo la vedo seduta sul muretto che fissa il Duomo felice.

I miei pensieri si dissipano quando sento la porta aprirsi, non mi volto, so già chi mi ha raggiunto qui. Olivia.

«C'hai messo poco eh?» le chiedo sicuro senza nemmeno guardarla.

«I... io... posso?» continua avvicinandosi a me.

Dov'è andata tutta la sicurezza dell'altra sera?

Davvero basta questo per farla capitolare in questo modo? Dai bambolina così non le rendo nemmeno un po' divertente... rivoglio la gattina sfacciata dell'altra sera, di questa tua versione pudica non me ne faccio un cazzo.

Sorseggio il mio gin tonic e mi volto verso di lei, guardando ogni centimetro del suo corpo.

Indossa un paio di jeans blu scuri a vita alta, che fanno risaltare il suo culo sodo e la vita sottile, un maglioncino nero a collo alto e un paio di stivali al ginocchio. Gli occhi quasi neri, contornati solo da un po' di mascara, scintillano sotto il mio sguardo.

«Stai molto meglio senza tutto quel trucco» le dico sinceramente.

Arrossisce e si avvicina, prende il mio gin tonic e da una lunga sorsata, avvicinandosi pericolosamente. Qualcuno ha bisogno di un po' di coraggio liquido.

Le scosto una ciocca di capelli castano scuro dagli occhi, posizionandola dietro il suo orecchio, un gesto così intimo che per un attimo mi strazia il cuore. Non sono i suoi i capelli che vorrei toccare in questo momento.

In un lampo le sue labbra sono sulle mie, delicate, lente e morbide.

Mi allontano come ustionato.

«Non posso» penso, ma invece che dirlo a me stesso lo dico a voce alta.

«Sì che puoi, devi solo lasciarti andare... non pensare a lei» mi sussurra all'orecchio facendo scattare tutti i miei sensi e l'amichetto la sotto.

Sono settimane che non scopo, ormai non ho più la pretesa di fare l'amore con lei, ma il mio corpo ha comunque bisogno di essere soddisfatto.

L'animale che è in me ha bisogno di essere sfamato. E c'è solo un cibo che desidera.

L'afferro per il culo tondo e la sollevo, in un attimo le sue gambe cingono i miei fianchi e la sua bocca trova la mia. La mia mente si annebbia e lascio che i miei istinti prendano il sopravvento sui miei sentimenti.

Lascia subito entrare la mia lingua nella sua bocca, il suo sapore è diverso, non è male... ma non è il suo. Il nostro bacio è diverso, senza amore, rude e urgente, le sue labbra bollenti divorano le mie, la sua lingua trova comunque la strada, muovendosi con forza nella mia bocca. Le afferro i capelli stringendoli nel pugno mentre mi allontano dalle sue labbra e continuo straziante a leccare e baciarla dietro l'orecchio, dove ha un piccolo tatuaggio a forma di cuore.

Non riesce a trattenere un gemito «Cazzo...» mugugna.

«Ti faresti scopare anche qui...» sussurro col mio alito caldo al suo orecchio.

Spalanca gli occhi e le guance si tingono di rosso.

«Sì...» sussurra stringendo le cosce intorno ai miei fianchi.

«Lo so... ma non mi avrai... stasera» le dico facendola scendere da me e allontanandomi.

La vedo destabilizzata, le gambe non la sostengono come dovrebbe e si appoggia al muretto mentre mi volto e scendo le scale per tornare in salotto dagli altri.

E lasciando Olivia lì vogliosa e sola.

Sono tornato.

Lo stronzo è tornato.

La serata scorre tranquilla, mangiamo, beviamo, riesco perfino a ridere, Olivia continua a fissarmi con sguardo truce, ma interrogatorio, dopo che l'ho abbandonata sul terrazzo, ma non ci faccio caso ignorandola e concentrandomi sul film che abbiamo messo, che in realtà non guardo tanti sono i pensieri che affollano la mia mente e oscurano la mia vista.

Le sbarre della prigione dove ho rinchiuso tremano, ma nonostante questo riesco a rimanere distaccato. Non è mai stato così difficile tenere a bada i miei sentimenti.

Giocherello con la collana di Viola, come faceva sempre anche lei, ostentando indifferenza ma ogni volta che ci passo le dita intorno il mio cuore perde un pezzo sgretolandosi come sabbia.

Chiudo gli occhi e la vedo nuovamente seduta sul bancone della cucina con indosso solo la mia t-shirt blu che giocherella distratta con la collana, mentre i lunghi capelli sono mossi dal vento che arriva dalla porta finestra sul giardino e mi sorride illuminando tutto il mio mondo. E poi... non vedo più niente. Buio assoluto.

«Stellina buongiorno» dice una voce alle mie spalle.

Apro un occhio, guardandomi intorno, non riconosco il salotto, mi alzo di scatto in affanno.

«Sam tranquillo, sono Ari» dice lei parandomisi davanti.

La metto a fuoco e torno a respirare regolarmente.

«Scusa... ma che è successo?»

«Ieri sera durante il film, sei crollato, nonostante il casino, le voci, le battaglie con i pop corn non ti sei mosso, mi ha fatto un che svegliarti per mandarti a casa così ti ho messo addosso una coperta e ti ho lasciato qui» dice tranquilla.

«Ok» dico confuso.

«Caffè?» chiede sorridente.

Annuisco e la seguo in cucina.

«Vuoi dirmi che ti è successo ieri?» chiede sedendosi su uno sgabello a lato dell'isola bianca.

«Non è successo nulla» rispondo.

«È vero non ti conosco da molto, anzi per nulla, ma perfino io mi sono accorta che ieri avevi qualcosa che non andava, eri strano, diverso, distante... freddo» continua.

«Arianna non credo che questi siano fatti tuoi» ribatto secco.

«Ei, ei, lo so... calmo. Siamo amici e gli amici fanno questo, quando uno dei due ha bisogno ci sono. Tutto qui. Non so niente di te, non so la tua storia, ho capito che c'entra V...» la fulmino «la Paradisi ma non so cosa sia successo e non ti forzerò se non me ne vorrai parlare, dico solo che a volte parlare con un estraneo è più facile rispetto a qualcuno che conosciamo da tanto, tutto qui...» e conclude sorridendomi «se hai bisogno io sono qui, ok? Non ti giudico, ti ascolto e se posso ti aiuto».

Mi passo una mano sulla fronte spostando i capelli lunghi, dovrei riaprire il mio cuore, permettendo che tutto il dolore fuoriesca un'altra volta?

Una lacrima solitaria solca la mia guancia, rompendo di nuovo l'argine che contiene tutto ciò che cerco irrimediabilmente di rinchiuderci dentro e parlo.

Per la prima volta mi lascio andare e racconto tutto, di come ci siamo conosciuti, del nostro amore, di Ella, di Hope, della ricerca, della sua fuga e del mio amore viscerale, profondo e disperato per Viola.

Le racconto anche del giorno prima, del mio incontro casuale con Viola e del bacio con Olivia.

Arianna mi fissa con gli occhi sbarrati, sbattendo le palpebre più volte.

«Porca troia» dice quando mi zittisco per riprendere fiato.

«Già» rispondo.

«Che casino... boia Sam».

«Già».

Mi sfilo la felpa e la maglietta.

«Che fai?» mi chiede in imbarazzo davanti al mio gesto.

«Guarda» dico indicando il mio pettorale sinistro ancora avvolto nella pellicola, ovviamente non l'ho medicato come avrei dovuto, coglione!

«È... è quello che hai fatto ieri?» chiede avvicinandosi.

«Sì»

«La vedo la piccola V nascosta nella costa» dice sfiorando la mia pelle nuda e la vedo percossa da un brivido.

Si ricompone «Che si fa ora?»

«Ora?»

«Sam dobbiamo trovare Viola!»

«Arianna non vuole vedermi. Mi odia».

«Sì, ho capito, è ferita ma cazzo... tu... tu».

«Io?»

«Tu la ami così tanto, non può ignorarlo, hai mollato tutto per lei. Porca troia! Te la sei pure tatuata! Ti deve ascoltare!» urla la mia nuova pseudo amica.

Sospiro e mi passo la mano nei capelli stanco.

«Devo pensare un piano» mi dice fredda.

Scuoto la testa.

«Non è necessario, davvero. Devo rispettare questa sua scelta, nonostante tutto. Tu non hai visto come mi ha guardato ieri... il disprezzo... il dolore»

«Cazzo, ma non è giusto» ribatte lei.

Sorrido triste.

«Lo so».

«Andiamo a farci una corsetta? Ci schiariamo le idee, scarichiamo un po' di energie negative e ripartiamo. Che ne dici?»

«Ok, sappi che sono un po' fuori allenamento però».

«Ci andrò piano con te pivellino, anche se dal fisico che ho visto prima non sembrava» dice ridendo.

«Tutta scena... vado a cambiarmi e torno».

Esco dal suo appartamento, entro in quello che mi sta ospitando per questi giorni e mi scontro con la realtà.

Devo andarmene da questa casa se non voglio impazzire.

Sara è seduta sul divano bianco.

Merda.

«Ciao» dico piano.

«Ciao Sam» risponde lei fredda «Continui a fissarmi o ti siedi accanto a me?»

Mi avvicino sedendomi sulla morbida poltrona bianca di fronte a lei.

«Quindi che devi dirmi?» chiedo.

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