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Una vibrazione costante interrompe il mio sonno, o meglio il costante susseguirsi di incubi e ricordi tormentati.

Chi cazzo è che mi rompe i coglioni di prima mattina?

Apro leggermente gli occhi e la luce che filtra dalla finestra alla mia sinistra mi acceca.

'fanculo.

La testa pulsa violentemente e mi fa male tutto. Mi giro a pancia sopra e cerco di allungare il braccio alla ricerca del cellulare.

Il dolore dopo una serata, come quella passata, è un ricordo così familiare nel mio corpo che quasi si attenua.

Afferro il telefono e rispondo, senza neanche guardare chi è.

«Buongiorno principessa» risponde la voce dall'altro del telefono.

«Chi cazzo è?» rispondo biascicando.

«Ei bello, sono Matteo».

«Ciao...» il ricordo di quando gli ho dato il numero di telefono affiora nella mia mente.

«Come stai? Una merda?» chiede ridendo.

«Più o meno» ribatto.

«Ieri sera sei sparito, dopo che Olly ti si è avventata addosso. Non avevo mai visto nessuno rifiutarla in un modo così plateale, anzi non avevo mai visto nessuno rifiutarla» dice scoppiando a ridere.

«Non volevo...» sussurro.

«Ei amico, lei sta bene. Almeno smette di tirarsela come se ce l'avesse dorata» risponde sincero.

«Comunque stasera siamo da Arianna a mangiare una pizza, ci raggiungi?»

«Io, non lo so... non credo».

«Forza Sam. Non farti pregare! Ti tengo Olly lontana... promesso».

«Ci penso... non sono molto di compagnia».

«Ti suoniamo quando ci siamo, ok? Intorno alle otto comunque. A dopo bello!»

«Ciao...» e chiude la chiamata.

Guardo l'ora, sono le tre del pomeriggio.

Ma quanto ho dormito? Cosa è successo ieri dopo che sono uscito da quell'inferno?

Mi tocco distrattamente il collo, per un secondo non riesco a realizzare cosa sia questo sottilissimo filo attaccato, poi realizzo... la collanina d'oro.

Una fiammata di dolore percuote il mio corpo, in ogni sua cellula.

La sua mancanza fa male come se stessi respirando sott'acqua al mare, come se il sale stesse bruciando ogni cosa dopo il suo tocco.

Devo distrarmi e devo uscire da queste fottute quattro mura che mi sembra si stia restringendo intorno a me.

Mi infilo veloce un paio di jeans neri, una felpa grigia scuro, le Stan Smith, un capellino nero e il mio giaccone verde ed esco.

Passeggio per le vie del centro, il clima natalizio è palpabile, lucine che incorniciano ogni negozio, decorazioni in ogni strada, da semplici palline luminose a veri capolavori: come i gigli rossi che ho sopra la testa. Cammino nella speranza che per miracolo la incontri, che veda il suo riflesso in una vetrina mentre magari prova qualcosa.

Sicuramente sarà lontana chilometri e chilometri ormai...

Il ricordo del suo sorriso mi colpisce come un pugno in piena faccia e mi manca il respiro.

Dio, quando mi manca.

La sua presenza, la sua voce e la sua risata erano diventati la mia quotidianità negli ultimi tre mesi, e nonostante fosse obiettivamente poco tempo... adesso sono perso senza di lei.

Cammino, testa bassa e mani in tasca, intorno a me si sta facendo buio, le decorazioni sono diradate, sintomo che mi sto allontanando dal centro credo e vengo attirato da un negozio con la scritta al neon verde lampeggiante: Tattoo.

«È un'idea stupida» mi dice il mio cervello.

«Fallo» dice il mio cuore.

E ovviamente entro.

L'odore di disinfettante mi colpisce, il negozio è piccolo, le pareti sono nere e completamente piene di disegni e fotografie di lavori svolti su altri clienti.

Fisso allo specchio il lavoro della tatuatrice, è stata bravissima.

La costa di Favignana è perfettamente disegnata all'altezza del mio cuore, sul mio pettorale sinistro, nascosta tra le sue insenature c'è una "V" e accanto all'isola una piccola onda.

Accarezzo piano il tatuaggio stupito.

È il primo che faccio per lei.

Le lacrime fanno capolino e le ricaccio indietro con forza.

Sembro una ragazza in pre-ciclo, ormai piango per tutto.

«Allora metti la crema una settimana, ok? Immagino già tu sappia come funziona» dice indicando tutti gli altri.

«Sì sì, so tutto» rispondo secco.

«Ok, chiudiamolo e poi puoi andare» risponde lei sorridendo.

Pago, prendo la mia crema ed esco.

Non ho idea di dove sia finito, Piazzale Donatello dice il navigatore, prendo l'Iphone e imposto il percorso più veloce per tornare a casa, non guardando minimamente la strada.

Sento un rumore di freni troppo vicino e una 500 rossa si ferma inchiodando a venti centimetri da me. Fisso il paraurti troppo vicino alla mia gamba congelato.

«Stronzo! Guarda la strada prima di attraversare» urla la donna, sbattendo le mani sul volante.

Conosco quella voce. Cazzo se la conosco.

È... la sua voce.

Alzo lo sguardo riconoscendola all'istante, riconoscendo i suoi occhi così familiari, i suoi capelli scurissimi che ricadono lunghe le spalle, in testa ha un capellino rosa chiaro che li mette ancora più in risalto.

Viola.

Amore mio.

Mi vede e spalanca gli occhi. La vedo mordersi il labbro inferiore, ma è solo una frazione di secondo.

L'automobilista dietro di lei suona il clacson irritato.

La testa vortica violentemente, mi manca la terra sotto ai piedi.

Mi avvicino al suo finestrino, si volta verso di me, le lacrime le rigano il viso e veloce inserisce la prima e parte.

Lasciandomi lì, da solo, di nuovo...

Dovrei correrle dietro, ma sono paralizzato ed è come se una scossa elettrica mi attraversasse il corpo, barcollo verso il marciapiede e mi accascio seduto tra due macchine.

Raccolgo le ginocchia verso il petto e abbandono la testa sopra le braccia incrociate, mentre un dolore lancinante mi squarcia il petto.

Porca puttana non aveva mai fatto così male, nemmeno nei miei momenti più bui avevo sentito questo dolore.

Devo far tornare regolare il respiro e bloccare l'attacco di panico che sta arrivando.

Inspira.

Espira.

Inspira.

Espira.

In un barlume di lucidità invio la posizione a Sara con un messaggio.

Sam: SOS

Dopo esattamente dodici secondi il telefono squilla, ed è lei.

«Sam! Che succede?»

«S...S...Sara...l'ho vista...» sussurro cercando di incamerare aria nei polmoni.

«Che cazzo vuol dire che l'hai vista?»

«L'ho vista...».

«Sam parlami».

«St... stavo attraversando la strada, ho sentito una frenata e nella macchina c'era lei»

«Merda!»

«Sara non... riesco a respirare...» riesco a dire.

«Arrivo Sam, dammi dieci minuti».

E chiudo la chiamata.

Resto lì sul marciapiede freddo a cercare di calmarmi, mentre le tempie pulsano e il cuore sanguina.

Cazzo...

Cazzo.

Cazzo!

Un BMW nera lucente si ferma con le doppie frecce davanti a me, ho perso completamente la cognizione del tempo, non so da quanto sono qui, non so che ore sono, non so più neanche chi sono.

Sento solo il mio respiro affannato, il petto che si alza e si abbassa velocemente con ritmo innaturale, eppure non riesco a incamerare aria sufficiente per respirare.

Tutto intorno a me è sfocato, sbatto gli occhi più volte, i rumori, le voci, le auto tutto ovattato, sto morendo?

Due mani mi prendono il volto decise, cerco di mettere a fuoco il viso davanti a me, non ci riesco, sento le lacrime bollenti rigarmi il viso.

«Sam! Sam! Guardami» sento in lontananza.

Poi uno schiaffo sulla guancia, brucia ustionandomi la pelle martoriata e spostandomi verso sinistra.

Inspiro profondamente e riesco finalmente a espandere i miei polmoni.

Sara è davanti a me che mi fissa terrorizzata.

«Sam? Mi senti?» chiede impaurita.

Annuisco piano.

Mi butta le braccia al collo e mi abbraccia singhiozzando.

«Mi hai fatto spaventare»

Si stacca da me e continua a osservarmi.

«Stavi avendo un attacco di panico» mi dice calma.

«Lo so...» rispondo abbassando la testa.

«Ti è già successo?» chiede.

«Sì... quando ero più piccolo».

«Spesso?».

«Qualche volta...»

«Ce la fai ad alzarti? Ti porto a casa» dice calma.

Casa... ma qual è casa mia?

Lentamente provo ad alzarmi, ma le gambe cedono sotto il peso del mio corpo, mi appoggio alla macchina davanti e finalmente riesco a rimettermi in piedi.

Salgo sulla BMW e stacco il cervello di nuovo, abbandonando la testa a contatto con il vetro freddo.

«Sara?» chiedo girandomi verso di lei.

«Si?» dice guardandomi mentre siamo fermi nel traffico.

«Lei è qui...» sussurro.

Distoglie lo sguardo dal mio, abbassa la testa, si passa una mano sulla fronte e annuisce.

«Sam... io... non...».

«Lo so» dico serio, in questo momento la odio, ma so il profondo amore che le lega.

«Non posso tradirla, è mia sorella» dice giustificandosi.

«Lo so» ribatto ancora.

«Vorrei tanto... ma lei... non vuole vederti... ti giuro che c'ho provato in tutti i modi Sam» sussurra appena.

«Perché?» riesco a dire contraendo la mascella così forte da farm imale.

«Arriviamo a casa e ne parliamo, ok?»

"No Sara, parliamone adesso» ringhio.

Sospira vistosamente.

«Sam... io...» cerca di dire.

«Parla chiaro Sara, mi sto rompendo il cazzo di tutti questi segreti... e poi... tanto peggio di così» e indico il mio stato.

«Lei ha il cuore a pezzi, dopo che ti ha visto con lei, tutte le sue certezze sono crollate, la sua paura più grande si è avverata, e non mi crede quando le dico che tu hai mollato tutto per lei, forse ora che ti ha visto... che la stai seguendo per mezzo mondo... che hai lasciato Ella e la bambina, ma è testarda, la conosci»

«Non credo...»

«Che vuol dire non credi?»

«Tu non hai visto come mi ha guardato... non credo di conoscerla, forse non l'ho mai conosciuta davvero... se è bastato vedere Ella per farla rinunciare a noi... forse non la conosco così bene... io combatto per lei ogni giorno, ma lei si è semplicemente arresa» e mi scappa un singhiozzo.

«Sam...»

«Non so più che fare» dico prendendomi la testa tra le mani.

«Nemmeno io...» conferma lei «Sai quanto è testarda Viola e cogliona» si lascia scappare.

«Lo sapevo, ma non pensavo così tanto» ammetto sconsolato.

«Io non vivo senza di lei, ma a quanto pare lei vive benissimo senza di me» sussurro.

Mi prende una mano dolcemente e vedo una lacrima rigarle la guancia.

«Eh, forse...»

«Cosa?» chiedo spaventato.

«Forse... dovresti provarci a imparare a vivere senza di lei» dice abbassando lo sguardo.

«Cosa cazzo vorrebbe dire? Sara?» ringhio.

«Io... non dovrei...».

«PARLA. ORA.»

«Le hanno offerto un lavoro in America» dice senza guardami negli occhi.

«Cosa? Perché?» chiedo tremando.

«Non ha ancora accettato...Sam! Fermati!» mi urla dietro.

Ma io ho smesso di ascoltarla, ho smesso di sentire tutto... afferro la maniglia della portiera e mi lancio in mezzo ai viali andandomene, mentre continuo a sentire una voce chiamarmi in mezzo al traffico... sempre più lontana...

Dovrei imparare a vivere senza di lei? Cosa cazzo posso fare? A questo punto che senso ha continuare?

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