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Quel mattino fu preda di un risveglio traumatico. Aveva dormito poco, ma la sveglia biologica gli fece aprire gli occhi alle otto del mattino. La stesura del romanzo lo attendeva. Mise un piede nudo sul pavimento e poi l'altro. Sentì il freddo della ceramica salirgli dalla pianta del piede sino alla colonna vertebrale. Era il suo modo di ritornare nel mondo reale e abbandonare quello di Morfeo. Si recò in cucina, bevve del caffè senza zuccherarlo e lasciò che l'amaro invadesse la sua gola. Poi diede un'occhiata alla cesta dei panni sporca, posata sulla lavatrice e le rivolse uno sguardo avvilente. Aprì con lentezza l'oblò e lento come un bradipo infiló uno ad uno i capi da lavare all'interno della rumorosa macchina. L'accesse, le permise di fare il solito paio di bizze e poi fece partire il lavaggio. Chiuse accuratamente la porta del bagno dove stava, per non permetterle di disturbare la sua scrittura e poi si recò nella stanza adibita ad ufficio per accendere il computer. Un'altra mattinata in compagnia dei vampiri, lo aspettava. Concluse un intero capitolo e a conti fatti, forse con un altro paio riusciva a chiudere quella storia. Fece morire uno zannuto, per le mani del suo eroe e disperare una donzella innamorata di quell'essere immortale. Poi spense lo schermo. Era nauseato da quella storia. Aveva cominciato a svilupparla molti anni prima nella sua testolina di ragazzino. Quattordici anni, tante idee nella mente e troppa acne sulle guance. Non avrebbe mai pensato di dover portare la scrittura di quella serie per così tanti anni. Del resto l'idea iniziale era quella di partorire solo una trilogia, per poi iniziare a scriverne un'altra sui lupi mannari e chissà, magari una sulle mummie. Ma all'epoca non aveva un contratto con un editore e non viveva di quello. O forse era più giusto dire che viveva ancora, solo, di sogni. Ma del resto, quando lesse la mail in cui la casa editrice "doctor horror" gli proponeva un contratto, era volato fin quasi al soffitto. Sua nonna era corsa in camera sentendolo urlare e quando lui in preda all'entusiasmo le aveva indicato lo schermo, mostrandole la mail, anche lei aveva iniziato ad urlare con lui. Era stata lei a sostenerlo in quegli anni in cui lui si guardava allo specchio e vedeva riflessa l'immagine di un povero ragazzino sfigato che amava scrivere, mentre lei, quella roccia di donna, gli si avvicinava, gli scuoteva la testa e gli ripeteva con il suo dolce sorriso "diventerai più grande della Rice". Quando nonna Lella morì, non potette esimersi da scrivere le una dedica in calce all'episodio che stava scrivendo quell'anno. Fu così che divenne uno scrittore professionista. Anche se non aveva ancora scritto un romanzo ai livelli di "intervista col vampiro". Non guadagnava cifre astronomiche. Per campare era costretto a sfornare un libro all'anno ed era sotto scacco della casa. Trainato dal successo di "twilight", la sua serie aveva iniziato a vendere un buon numero di copie e non era stato facile accettare l'idea di dover inserire elementi sentimentali nella sua storia. Però i vampiri che succhiavano solo sangue non attraevano le adolescenti. Attratte dal dolce succhiasangue protagonista di quella storia, avevano imparato ad amare i vampiri grazie a Belle e soci e lui aveva fatto buon viso a cattivo gioco. Era comunque meglio che finire a friggere patatine da Mc donald's. La fame dello scrittore l'aveva definita una volta.
Si rivestì e andò al supermercato. Infilò un po' di roba nel carrello e si mise in coda alle casse.  Dai diffusori uscì fuori un pezzo dei "Duran Duran" e gli scappò un sorriso. Era uno dei suoi preferiti. Quando arrivò il suo turno, Marzia, la cassiera gli sorrise:
-finalmente allegro il nostro scrittore!!
-è stato il pezzo dei Duran a mettermi di buon umore.
-potere della musica-affermò la ragazza.
Trovò che la dolcezza del suono della voce di lei, rendesse accettabile persino una banalità come quella. Una di quelle tipiche frasi che uno scrittore di solito, non infilerebbe mai in un romanzo. Salvo che esso non fosse un polpettone adolescenziale da propinare a giovani ingenui e affamati di letteratura da discount.
-chissà se un giorno mi inviterai a bere qualcosa...-disse lei con un sorriso malizioso- ahhh- sopirò infine, sorridendo.
Non rispose. Infilò la roba nella spesa e uscì salutandola con la manina. Come ogni mattino da otto anni a quella parte.

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