Capitolo 9

Se pensate che trascinare un corpo sia una cosa da niente siete scemi.
Più di un'ora! Più di un'ora a trascinare quest'essere che non merita neanche la mia compassione. La barretta di cioccolato non aveva avuto l'effetto sperato: si insomma, era grande come barretta, lo era sempre stata, però non mi ha saziata più di tanto. Vedo le ore che passano sul, probabilmente costosissimo, orologio di...Lui. E ogni ora che passa mi chiedo se valga veramente la pena provare compassione nei suoi confronti. Si insomma, mi avrebbe uccisa se non avessi trovato quel bastone...

Mezz'ora dopo averlo trascinato mi sono resa conto che strascicarlo tenendolo per il colletto non era la migliore delle idee dato che sul collo si stavano formando segni rossi. E così via a trascinarlo per le braccia. Poi però ho pensato che trascinandolo per le braccia avrei potuto fargli male, e anche se non dovrebbe importarmi se si fa male o no, l'ho portato per la gamba. Poi però ho pensato che quando si sarebbe svegliato mi avrebbe picchiata di nuovo, così ho pensato di prendere un bastone robusto tanto quanto quello che avevo usato precedentemente e portarmelo dietro. Poi però ho pensato che portando già lui non potevo anche portarmi un bastone dietro, però se non lo avessi fatto quando si sarebbe svegliato non avrei potuto difendermi. Così mi sono fermata un momento a pensare per poi giungere alla conclusione che sto...concludendo anche ora: scelto il bastone, l'ho preso e l'ho lanciato il più lontano possibile, poi ho preso la gamba di lui e l'ho trascinato sino a dove era atterrato il bastone. Ho ripreso quest'ultimo, l'ho lanciato nuovamente e ho nuovamente ripreso la gamba di lui sino a dove era atterrato. Ho continuato così fino ad ora.

Sono le sette e un quarto e sta per fare buio. Ho fame, e ho sete. Sono stanca dopo quel "lancia e trascina" che ho fatto da mattina sino ad ora.
Decidendo di fare una paura sotto l'albero Dove ora mi ritrovo per trascorrere la notte ho avuto modo di scoprire che lui nella divisa ha una bussola. Inutile esprimere la mia gioia nel tenerla in mano. Forse da lassù qualcuno vuole che sopravviva.
Il bastone che ho lanciato più e più volte questo pomeriggio è qui, lo tengo vicino a me nel caso dovesse servirmi. E anche lui è qui affianco a me. Ancora non riprende coscienza, ma è meglio così. Prima ho provato a cercare del cibo, ho anche visto degli uccelli ma non ho mai ucciso un animale...E non ho mai cacciato.
Osservando meglio lui il mio sguardo ricade sul polso destro Dove porta un probabilmente costosissimo orologio. È davvero bello...l'orologio. In effetti sono stanca di dover sempre alzare il suo braccio per vedere l'ora. Me lo metto al polso sinistro. Non mi sta male anche se è chiaramente un modello da uomo.
Sento un mugulare affianco a me. No, stava andando tutto bene...diciamo.
Senza fare rumore prendo il bastone che tenevo affianco a me e lo prendo come per assicurarmi una sicurezza. Sempre senza fare rumore mi allontano leggermente da lui che intanto apre gli occhi. Di bene in meglio. Non appena prende coscienza di essersi svegliato prova a muoversi, non riuscendoci a causa delle ferite da me causate il suo volto si contorte in un'espressione di dolore. Ormai sveglio ma immobilizzato dal suo corpo dolorante si guarda intorno finché non mi vede, in piedi davanti a lui, con in mano un bastone. Fa un'espressione schifata o arrabbiata, ma non riesco a distinguerlo.
-Tu...- sibila cercando di alzare il braccio per indicarmi senza riuscirci a causa del dolore. Ah.
-Piccola puttana- prova ad alzare la voce senza riuscirci. Ah. Ciò che mi ha appena detto mi fa ribollire il sangue nelle vene. Basterebbe un colpo e lo ucciderei date le sue condizioni, ma non posso farlo: io non sono come lui. Non sarò un'assassina. Non voglio però rinunciare a fargli del male per ciò che ha detto, così con il bastone gli colpisco violentemente la gamba destra. Godo nel sentirlo urlare di dolore, e non mi importa di essere improvvisamente diventata sadica.
-Non ti avrei colpito se non ti fossi rivolto a me definendomi con quel termine poco lusinghiero, sappilo- gli dico.
-Aspetta che mi rimetti in forze e poi vedi come te la faccio pagare per questo- mi urla contro. Mi fa davvero poco piacere che si sia svegliato.
-Oh ma tu non ti rimetterai in forze, te lo posso assicurare- gli dico senza sapere neanche io cosa sto dicendo.
-Me la paghi, schifosa ebrea!- mi urla contro. Improvvisamente mi sento talmente potente da colpirgli nuovamente la stessa gamba di prima. Urla, ma molto più forte di prima. E a me piace vederlo soffrire, per quanto sadica stia diventando.
-Visto? Non ti rimetterai tanto presto in forze- e gli sorrido sfacciatamente mentre mi fulmina con lo sguardo, poi però si sofferma ad osservare il mio polso sinistro. No.
-Ehi! Ehi!- mi urla - perché cazzo porti il mio orologio?!- ed è più furente di prima.
-Calmati, non te l'ho rubato. Mi serve per vedere l'ora senza doverti sollevare il braccio- gli rispondo.
-Brutta stronza ridammi il mio orologio!- non ho voglia di dargli un altro colpo sulla gamba, perciò lascio correre.
-No, mi serve! E non vedo perché ti ostini tanto a rivolerlo dato che non riesci nemmeno ad alzare un dito-
-Ma che cazzo dici? È il mio orologio e lo rivoglio ora! Guarda che- lo interrompo
-Sta attento a come parli! Non mi ci vuole niente a porre fine alla tua esistenza, un altro colpo...magari in testa! E sei finito. Paradossale il fatto che fino a tre giorni fa queste cose le dicevano a me, vero? Non voglio più sentire una parola uscire dalla tua bocca, chiaro?!- gli urlo contro, lui mi guarda come se volesse uccidermi, anzi, vuole uccidermi, lo vorrebbe tantissimo, ma non ha le forze per farlo. Per mia fortuna.
-Ah, un'altra cosa- gli faccio - ho preso anche la tua bussola. Non ti preocupare, quando non mi servirà più te la ridarò insieme all'orologio-
-Me la pagherai, non so come mai ti giuro che la pagherai!- urla
-Ancora?! Ho detto che non voglio sentirti urlare!- e gli do uno schiaffo piuttosto forte. Sta per parlare, ma poi non dice nulla, probabilmente ci avrà ripensato preocupandosi della sua salute. Vedo che cominciamo a ragionare.
-Dove...Dove è la mia giacca?- chiede abbassando lo sguardo.
-È lì- e gliela indico.
-Passamela-
-Ti dovrei dare un altro schiaffo per non avermi chiesto 'per favore', sai?-
È mi guarda male. Malissimo. Continuando a guardarmi in quel modo fa un gesto che non credevo fosse nelle condizioni di fare: alza il braccio e mi prende per il collo, stringe forte e mentre continuiamo a guardarci sento che comincia a mancarmi l'aria. Dalla sua espressione però capisco che sta facendo uno sforzo sovrannaturale.
Ma in quelle condizioni come fa a resistere? Con entrambe le mani vado a prendere il braccio con cui mi sta soffocando per poi stringerlo graffiandolo con le unghie. Resiste per pochi secondi, poi mi lascia e io riprendo fiato mentre lui urla per il dolore al braccio. Mi allontano di scatto, prendo il bastone e con forza gli colpisco il braccio con cui ha tentato di uccidermi. Urla più forte, ma non mi importa.

Alcuni minuti in silenzio mi fanno riflettere sul fatto che non gli ho detto a cosa mi servirà la giacca. Così, a testa bassa, senza guardarlo negli occhi, gli dico:
-Comunque la tua giacca mi serve...Per dormire...Per coprirmi. Per coprirmi mentre dormo, ecco-
Lui sospira, chiaramente ha ancora voglia di picchiare, anzi, siamo realisti, uccidermi.
-Tu sai cacciare?- domandano -perché nel caso sapessi cacc- mi interrompe
-Non ti aiuterò a sopravvivere! Sarebbe bello vederti morire qui e ora davanti a me!- sputa acido.
-Già, immagino. Ma finché sarò viva e ti terrò immobile a suon di botte come pensi di nutrirti? Nelle tue condizioni è chiaro che se non mangi non vivi. Vuoi davvero morire così, per mano di un'ebrea? Il führer non sarebbe contento di sapere che un suo uomo è morto per mano di un'ebrea...- mi rendo conto che sta riflettendo su quanto ho detto, sapevo che nominare quell'uomo lo avrebbe fatto pensare...
-Senti, facciamo una cosa, tu mi insegni a cacciare e io ti medico come meglio posso, anzi, non ti colpisco più con il bastone, ok? Non devi rispondermi ora, però riflettici- e detto questo mi alzo per prendere la sua giacca. La indosso per quanto mi possa disgustare indossarla e l'abbottono. Lui mi guarda senza proferire parola, nel suo sguardo però leggo disgusto. Ci fissiamo per qualche istante, poi mi vado a sedere appoggiandomi al tronco dell'albero sotto il quale sosto, dal lato opposto rispetto a quello dove è immobilizzato lui. Non gli ho neanche chiesto come si chiama, ma tanto non me lo direbbe comunque. Poco prima di addormentarmi lo sento sussurrare:
-Stronza di un'ebrea- e sospiro per poi abbandonarmi al sonno.

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