Capitolo 86

Zelda's p.o.v.
Sei settimane dopo la partenza

Finalmente casa! Corro, corro senza fermarmi un istante, buttando a terra la valigia che tenevo in mano, lungo il viale adornato da siepi non più distrutte, e anche se fuori, e probabilmente anche dentro, è ancora come i tedeschi hanno lasciato poco importa. Dopo sei settimane sono a casa...Ho contato sull'aiuto di altre persone che erano dirette a Vienna come me, e grazie a passaggi da guidatori scettici sono giunta qui, di nuovo a casa.
Ho salutato Friedrich lasciandogli il mio numero e quello di Bruce. Mi mancherà Friedrich, ma contiamo di rivederci. È stato così cortese con me...
Correndo mi interrompo: le porte principali sono aperte...Come fanno ad essere aperte? Prendo in mano il coltellino svizzero di Bruce e cammino lentamente. Quasi svengo rendendomi conto della presenza della nostra domestica sulle scale della porta principale, che pulisce i vetri esterni.
-Adelaide!- la richiamo, e lei si volta. Mi osserva alcuni secondi per poi venirmi incontro. Mi abbraccia.
-Zelda, Zelda cara!- mi dice, osservandomi alcuni istanti, -Vieni, vieni con me. Guarda cosa ti mostro- e non mi lascia nemmeno aprir bocca, che mi prende per il polso e mi trascina dentro casa senza darmi il tempo di riconoscere le stanze, che nonostante siamo ancora piene di lividi dall'avvento dei tedeschi si sta rimettendo bene.
Non mi ero mai accorta di quanti oggetti avessi in casa...
Adelaide mi trascina in uno dei salotti principali, e quasi fatico a riconoscere la figura che ho davanti agli occhi, seduta sul divano ricucito, con in mano un giornale...Mia madre? Davvero lei? È come se nello stomaco mi fosse scoppiata una bomba, e stento a credere che sia reale l'immagine di lei che si alza e urla il mio nome, con la stessa espressione con cui la osservo io. Mi getto al suo collo e comincio a piangere.
-Mamma...- è tutto ciò che riesco a dire.
-Oh, Zelda: non sai quanto eravamo in pensiero per te- e mi accarezza la testa. Sento come un frastuono generale la voce dei miei fratelli e di mia sorella che si uniscono all'abbraccio urlando il mio nome. Un gra numero di volti mi passa davanti agli occhi in pochi istanti, e mentre provo ad abbracciare tutti singolarmente, tra le lacrime del mio pianto generale, vedo comparire mio padre con la stessa fretta dei miei fratelli, e anche a lui getto le mie braccia al collo piangendo.

Se penso alla giornata di ieri non posso far altro che sorridere. Sono di nuovo a casa, che seppur devastata è comunque il mio posto felice, e ogni stanza, anche quella già vista, mi riporta nel cuore una gioia che pensavo non avrei mai più provato. Abbiamo parlato di tante cose. Evitando Bruce ho raccontato la verità, e ci sono stati molti pareri contrastanti verso il mio comportamento. Ho chiesto alla mia famiglia come abbiano fatto a scampare al male del campo, e loro mi hanno risposto che, quando i russi stavano invadendo questo, si sono cercati tra le folle di persone, e si sono nascosti sotto i letti di una baracca. Quando, non sentendo più nessun rumore a distanza di un giorno, hanno provato a riaprire la porta, si sono accorti che era chiusa a chiave, o che comunque non si riusciva ad aprire. Hanno allora rotto il vetro di una sorta di finestra per aprire la porta dall'esterno, senza però sapere chi l'avesse sbarrata. Si sono procurati da mangiare come meglio hanno potuto, e hanno detto che se in quel momento erano lì era grazie a un uomo, "un ragazzino con in mano una pistola", lo ha descritto mio padre. Inutile dire che il mio pensiero è andato subito a Bruce.
-Ha detto che mi stava aiutando, e ha lasciato questo biglietto oltre a una grande somma di denaro e dei vestiti, e del pane con dell'acqua- ha detto Tobias, che a quanto pare ha rincorso questo ragazzino armato. Il modo di scrivere conciso ed essenziale, nonché la bella calligrafia e la "A" scritta nel modo che solo Bruce scrive...Non poteva non essere lui. Anche la descrizione fisica combacia con il ricordo chiaro che ho della sua figura. Ho intenzione di telefonargli, ora. È mattina presto, e tutti ancora dormono, difatti dubito che lui possa rispondere al telefono, perché con le notizie di ieri ora posso affermare con certezza che sta bene, anche perché Adelaide mi ha detto che una settimana prima che tornassi ha chiamato un ragazzo chiedendo di me, e che questi aveva detto di chiamarmi Bruce, e Dio solo sa quanto ne sono stata felice. Con la mano tremante compongo il numero di telefono scritto sul pezzo di carta che ho gelosamente custodito. Il telefono suona a lungo, e sul punto di attaccare sento alzare la cornetta.
-Residenza Hoffmann- afferma una voce seria, e un sorriso evidente compare sul mio volto.
-Buongiorno. Scusi l'orario, ma ho bisogno di parlare con Bruce-
-Il signore dorme. Posso farla telefonare più tardi-
-No, non può. La prego, è importantissimo: gli dica che sono Zelda- e lui risponde che ora lo va a chiamare. Mi sento in uno stato di agitazione ed emozione indescrivibile, e l'idea di sentire nuovamente la voce di Bruce mi fa sorridere. Passano diversi minuti.
-Zelda!- lo sento affermare non appena prende la cornetta del telefono in mano. Il suono della sua voce dopo tanto tempo arriva al mio orecchio come qualcosa di più soddisfacente dell'ultima notte che abbiamo passato assieme.
-Bruce...Sono io- e lo sento sorridere come ho fatto io.
-Oh, Zelda: finalmente! Non ne potevo più di vivere così: senza sapere se stavi bene o meno. Da quanto sei a casa? Immagino che tu mi stia telefonando da lì...- dice.
-Ieri mattina, ma ho avuto modo di telefonarti soltanto ora. Grazie per quello che hai fatto per la mia famiglia...Sai a cosa mi riferisco-
-Ho scoperto che erano loro per caso. A volte si tratta davvero di destino...Ma parlami di te, ora, Zelda: non sai cosa darei per poterti vedere anche solo cinque minuti-
Sorrido.
-Lo vorrei tanto anch'io, ma tra qualche tempo, quando le cose si saranno sistemate, potremo. Come sta Veronika? E tuo padre? Hai saputo qualcosa?-
-Veronika sta bene ed è gentile con me, ma nulla di più perché è una situazione abbastanza imbarazzante. Ho scritto una lettera a mio padre: Veronika mi ha detto che se le fa spedire in Finlandia anche se non si trova . Non abbiamo quindi idea di come le riceva, fatto sta che mi ha risposto. Non prenderla male, ma gli ho parlato di te, e dei nostri progetti, e non ho escluso il dettaglio che sei ebrea- mi dice.
-Cosa ha detto a riguardo?- gli domando.
-Sembra che lo sopporti. Nella lettera scrive qualcosa come "Pare che la storia si ripeta" ma non ho idea di cosa significhi. Fatto sta che, da quanto ho capito, si trova al sicuro e sta bene-
-Sono felice per te, davvero. Sai, mi mancava sentire la tua voce- gli dico.
-Non dirlo a me...Dio solo sa quanto mi manca dormire affianco a te. Sai, a differenza di quanto credevo, ho capito che non riesco a soddisfarmi nel ricordo delle belle cose che abbiamo fatto assieme- e nel suo tono ci sono riferimenti bastardi.
-Sei disgustoso, davvero. Dì una cosa simile e non ti telefono più- gli dico, ridendo.
-Lo farei in ogni caso io- risponde lui, e sorrido. Sento il rumore delle scale calpestate.
-Ora devo andare. Richiamerò il più presto possibile, te lo prometto. Mi manchi tanto...Ti amo- gli dico.
-D'accordo. Ti amo anch'io Zelda, tanto. A presto. Ah e sono diventato maggiorenne- e mi viene spontaneo sorridere prima di attaccare, salutando un'ultima volta e facendogli degli auguri in ritardo.
-Chi è disgustoso?- domanda mia madre, e voltandomi verso di lei scatto in piedi.
Non me lo aspettavo...
Boccheggio appena, fermandomi lentamente: ha senso mentire? Tanto vale essere schietti.
-È...una lunghissima storia. Ci siamo incontrati per motivi differenti nel bosco di cui ti parlavo ieri. Siamo scappati insieme. Abbiamo conosciuto Friedrich insieme...Vogliamo sposarci- e lei assume un'aria scettica.
-Come si chiama?- mi domanda.
-Bruce, Bruce Hoffmann- e a questo nome la vedo sconvolta.
-A chi è figlio?- domanda immediatamente.
-Premetto che lui è diverso- comincio -E che è una persona splendida...È figlio di un generale nazista. Beh, ora ex generale, perché da quanto ho capito è scappato assieme ad altri uomini, e nonstante mantenga con lui una corrispondenza non dice comunque dove si trovi- e la vedo abbassare lo sguardo, mentre cammina lungo la sala principale.
-Ma che ti salta in mente?- dice, quasi urlandomi contro. Immaginavo una reazione simile. -Vuoi sposarlo e vi conoscete da meno di un anno. E il padre...- fa una pausa -Il padre è un nazista ricercato!- dice, osservando fuori la finestra. Ecco che arriva mio padre, svegliato dalle sue urla. Domanda cosa stia succedendo, e mia madre sospira.
-Vuole sposarsi, ma non con un giovane qualunque, ma con il figlio di Mark Hoffmann, che al momento è un generale nazista ricercato- e mio padre si volta verso di me. Improvvisamente mi torna in mente l'episodio della gelateria, e di un uomo biondo e alto che mi dice che sono sveglia. Ecco chi è questo fantomatico Mark Hoffmann: il padre di Bruce! Pare assurdo. Improvvisamente le sue parole: "Ha scritto una cosa simile a "la storia di ripete"" e ricordo lo sguardo di mia madre nel sentir nominare quel nome, sia allora che adesso, e lo sguardo di quell'uomo biondo non appena sente del mio nome, di mia madre, e che io sono sua figlia. Non chiederò mai cosa sia successo, ma di sicuro qualcosa di importante è accaduto, e me ne rendo conto solo ora. "La storia si ripete", probabilmente mia madre e il padre di Bruce si sono frequentati...Incredibile come sia piccolo il mondo.
-Cosa?- fa mio padre, -Ma come vi siete conosciuti?- e non ha più senso nascondere nulla, così racconto la verità, la vera verità di tutta questa situazione assurda e intricata. Mi auguro soltanto che possano comprendere.

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