Capitolo 85
Quattro settimane dopo
Bruce's p.o.v.
Finalmente, come se nulla fosse mutato intorno ad essa, riesco a scorgere casa. Pare assurdo, ma mi è mancata davvero, così come in questo momento mi manca Zelda.
È stato un viaggio così assurdo...Non riesco a credere di essere ancora vivo. Percorrere lo stesso viale di una vita fa uno strano effetto, ora come ora. Non mi aspetto di trovare mio padre in casa, ma prego per lui che stia bene davvero. Faccio un giro su di me stesso. Qui non è cambiato nulla, se non qualche fiore più colorito nelle aiuole, ma credo che ciò dipenda dalla presenza di Veronika. Lei...dovrebbe essere all'ottavo mese di gravidanza, e probabilmente è in casa. È quasi bello essere nuovamente qui.
Suono il campanello e sento nello stomaco una grande agitazione. La porta si apre e compare Edgard. Dopo alcuni istanti passati a scrutarmi silenziosamente pare riconoscermi.
-Oh mio Dio- sussurra, -Bruce!- ed è incredulo.
-A quanto pare- rispondo, e sorrido appena. Gli dedico un abbraccio veloce.
-Ma dove sei stato?- e cerco di capire quand'è che ha cominciato a darmi del tu.
-Un po' qua, un po' là...Il mondo è grande- ed entro, -Ti racconterò meglio, promesso- e voltandomi mi pare di non essermene mai andato. La cosa che mi viene più spontanea fare è dirigermi verso il salotto. Non è cambiato nemmeno questo, eppure sembra tutto diverso...
Mi mancava questo posto, forse me ne rendo conto ora.
-Edgard, chi era?- sentiamo domandare, sia io che lui, da Veronika che ha disceso le scale frettolosamente. Si blocca alla mia vista. Le sorrido appena.
-Bruce?- e suona più come una domanda. Annuisco. Sorride, assumendo un'espressione incredula come quella di Edgard. La pancia è pressoché enorme, e se non sapessi nulla direi che è sul punto di partorire. Si avvicina e prende il mio volto tra le mani.
-Oh...Ora che lo verrà a sapere Mark!- esclama.
-Perché? È qui?- domando, ed è evidente la mia curiosità nel volerlo sapere. Lei scuote la testa sorridente.
-No, ma mi tengo in contatto con lui. Non so dove sia, ma sappi che è al sicuro. Mi fa sapere di lui attraverso delle lettere...Potresti scrivergliene una da spedire assieme alla mia-
-Si, ma non ora. Ora vorrei lavarmi: sono più di quattro settimane che cammino senza fermarmi quasi mai-
-Certo, certo. Questa è casa tua, d'altronde. Immagino tu sappia dove si trova il bagno- e annuisco con un sorriso di cortesia. Desidero soltanto rivedere la mia camera da letto, le altre stanze...Desidero soltanto rivedere casa, ed in effetti è ciò che faccio, prima di chiudermi in bagno. Dal mio corpo vanno via litri e litri di acqua sporca, ma a differenza del mio deja vu questa volta sono a casa mia...Sono a casa, ma una parte di me non starà bene finché non avrò nuovamente la voce di Zelda nella testa. Proverò a telefonarle il più presto possibile. Mi manca moltissimo. La mia camera da letto...È un effetto stranissimo trovarmi nuovamente qui, perché non è cambiata di un millimetro, eccetto per la fotografia che trovo su un comodino. Mia madre...con me in braccio. Di chiunque sia stato il pensiero di metterla lì ha fatto bene. Il mio armadio...È enorme, e me ne rendo conti solo ora. Ho centinaia e centinaia di vestiti e scarpe...Perché mi rendo conto soltanto ora di tutte queste fortune? Indossare nuovamente abiti miei, miei per davvero, mi fa provare un senso di familiarità che avevo dimenticato. Persino il letto non è mutato, ma avevo completamente dimenticato quanto fosse morbido. Rivedermi con addosso i miei vestiti fa un certo effetto: mi sento nuovamente io. Lo studio di mio padre...Ho voglia di rivederlo? Si. Lì ci siamo visti per l'ultima volta, dopo l'ennesima e ultima litigata. Non riesco a credere che il volantino di Oxford che avevo posato sulla sua libreria prima di sbattere la porta e non vederlo più fosse ancora qui. Fa un effetto stranissimo: ha sancito tutto ciò che è avvenuto dopo. Zelda, mio padre, Veronika...Nulla di tutto questo sarebbe accaduto se non avessi mai letto questo volantino.
Veronika ed Edgard mi hanno domandato di tutto ciò che è accaduto dopo il litigio tra me e mio padre, ed escludendo Zelda ho parlato di come le cose si siano effettivamente svolte.
-Sei stato così testardo da rischiare di morire di fame- dice Veronika. Che sia un rimprovero? Mi hanno fatto, sia lei che Edgard, talmente tante domande che non capisco più niente in realtà. Non appena ho affermato che me ne sarei andato a dormire non hanno detto nulla, e anche se la situazione è surreale ho comunque tentato di telefonare a Zelda, e anche se non ho ottenuto ciò che desideravo mi ritengo comunque soddisfatto.
-Pronto?- ha risposto la voce di una donna.
-Cerco Zelda, Zelda Mizrachi-
Dall'altro capo del telefono ci sono alcuni istanti di silenzio.
-Ma chi è lei?- domanda una voce femminile.
-Bruce. Lei sa chi sono-
-Ma io no- risponde lei.
-La prego. Mi dica solo se sta bene, non chiedo altro- e lei sospira.
-No, di lei, così come per la famiglia, non si sa nulla. Buonasera- e riattacca prima che possa ribattere.
Dove sei, Zelda?...
Provo ad addormentarmi, ma è davvero inutile pensare di riuscirci dato che ad ora sono sveglio, ed è l'una di notte.
Chissà se...No, non è il caso. E se invece lo fosse? È tanto che non vedo il campo...A cosa si sarà ridotto? Se voglio davvero andarci dovrò portarmi una pistola dietro per sicurezza...L'idea di dover uscire di casa senza fare il minimo rumore mi porta a fermarmi ogni cinque secondi mentre sistemo la cintura dei pantaloni e cammino per il corridoio di casa.
Ho camminato così tanto che non provo nemmeno più stanchezza, e fa un certo effetto tornare a camminare con una pistola carica nella tasca del cappotto. Quella che avevo l'ho sotterrata poco prima di imbucarmi nel vagone di un treno da poco nuovamente funzionante. Già...Con quel colpo io e altri tre uomini abbiamo risparmiato settimane di in cammino. Mi auguro che Zelda, Friedrich e le altre persone con loro abbiano fatto la stessa cosa.
È davvero strano tornare a camminare su percorsi già visti: è come se non provassi più familiarità.
Forse non dovrei essere qui: del campo non rimane nemmeno un briciolo della grandezza che aveva prima. È...morto, ma non è una cosa negativa. Le baracche sono vuote: passo affianco ad ognuna di queste. C'è un'aria così tranquilla...Non si direbbe il posto dove sono state uccise migliaia di persone, davvero. Mi inquieta abbastanza conoscere il campo abbastanza bene da sapermici orientare anche senza luce. Una baracca ha le porte chiuse. E se ci fossero dei russi all'interno? Ora che ci penso non è stata una grande idea venire qui. Mi avvicino appena, ma non ho intenzione di entrare. Mi sporgo oltre una micro-finestra dal vetro rotto, e mi si gela il sangue non appena distinguo varie figure all'interno. Mi abbasso istantaneamente: perché il cuore ha preso a battere tanto velocemente? Nemmeno impugnare la pistola nella mano tremula mi tranquillizza. "Perché sei ancora sveglio?" sento domandare, e per alcuni istanti ho l'assurdo sospetto che stia parlando a me, chiunque questa persona sia. "Non ho voglia di dormire" risponde un'altra voce maschile, ed essendo il tono pacifico mi sporgo nuovamente con appena gli occhi. La luce che filtra dalla finestra rotta illumina appena la schiena di un...ebreo? Non può certo essere un russo, indossando uno straccio evidemente sporco e logorato a righe bianche e blu. "È la seconda notte che affermi la stessa cosa: non dormire non ti farà bene..." risponde la vecchia voce.
"Tutti dormono...Dormi anche tu, no? Non dormire non ti farà bene" ripete quest'altra voce.
"Tutti"? Ma quanti sono?
L'altra voce, quella più vecchia, sospira.
"Ma quand'è che ce ne andiamo? Qui non c'è più nessuno e nessun pericolo...!" dice la voce più giovane. "Non abbiamo molto cibo a disposizione, né soldi in tasca. Non possiamo andarcene come e quando vuoi senza pensare a queste cose. Dimmi: cammineresti per strada con questi stracci addosso?" e la risposta arriva da una voce seria. "Voglio solo tornare a casa e scoprire che fine ha fatto Zelda. Mettiamo fine a quest'incubo" ribatte la voce giovane. "Non ha fatto nessuna fine. Avrà trovato il modo di sopravvivere meglio di quanto siamo riusciti a fare noi". Sento che sto per scoppiare. Hanno davvero detto "Zelda" o è solo un'illusione della mia mente? Non ho sentito male...ne sono convinto. Ma se avessi sentito bene -cosa che dò per certo- come dovrei comportarmi, ora? I fattori per pensare che a parlare sia il padre e uno dei tanti fratelli di Zelda ci sono tutti...
Rimango in attesa delle voci, ma queste si fanno così basse che sono inascoltabili. Cosa faccio? Entro? Non entro? Mi dovrei presentare? Questo mai. Torno a casa, a passo svelto, perché voglio soltanto riflettere sul fatto che ho appena trovato la famiglia di Zelda senza nemmeno volerlo. Anzi, no, inutile perdere altro tempo: non ha senso aspettare l'inutile. Prima loro tornano a casa prima posso avere notizie concrete su Zelda. Ho talmente tanti vestiti che suo padre non dovrà preoccuparsi di andare in giro conciato di stracci. Non ho abiti femminili, ovviamente, ma non credo che faranno tante storie. Dovrei procurare loro del cibo? Forse dovrei munirli di denaro, e penso che dell'acqua e del pane basterà loro in questo momento. È orribile dover correre con mille cose in mano da casa al campo per la seconda volta, ma ho la fortuna -o sfortuna, dipende dai punti di vista- di averlo vicino casa. Non parlerò mai con loro, né dirò nulla. Eccoci qui. Ora come mi comporto? Come faccio a far avere loro queste cose? Le posiziono davanti alla porta della baracca, badando a non far rumore. Affianco un biglietto, scritto velocemente e quasi al buio, a casa. "Tornate a casa" credo vada bene: si insomma, è breve e conciso, forse anche troppo. Per attirare la loro attenzione e avere il tempo di correre via tiro un sonoro pugno alla parete della baracca, che rimbomba dentro e oltre essa, per poi correre senza fermarmi un istante, senza pensare che dalla finestra dal vetro rotto il fratello di Zelda, quello sveglio, mi ha urlato un "Ehi" per poi rincorrermi, probabilmente senza aver nemmeno notato le cose o il biglietto che ho posato a terra davanti alla porta della baracca che ha dovuto necessariamente oltrepassare per rincorrermi. Non è da me comportarmi da codardo, ma non voglio far capire loro che conosco Zelda.
-Ehi- e mi sento soffocare nel colletto della camicia che questo stronzo mi ha tirato per fermarmi.
-Chi sei?- mi urla contro, agitato e forse spaventato. Riesco ad estrarre la pistola e a puntargliela contro, anche perché, steso a terra come sono, non so come altro difendermi. Lo stronzo si allontana immediatamente.
-Ti sto aiutando, coglione!- gli urlo contro, rialzandomi. Altre due figure ci osservano dalla baracca da cui sono corso via. Mi fermo ad osservarle: una dev'essere della voce vecchia, e l'altra può essere o la sorella o la madre di Zelda, perché ha un corpo chiaramente femminile. La curiosità è tanta, ma è rischioso dilungarsi in inutili parole andando a spiegare a tutti quanti la effettiva e vera situazione. Lo stronzo mi richiama.
-Lasciami stare, d'accordo? Io ti sto aiutando- gli dico.
-Ma cosa dici? Ma chi sei?- domanda lui, con le braccia in aria a causa della pistola puntata contro.
-Questo non ti importa- e vedo entrambe le figure in lontananza piegarsi verso dove ho posato le cose.
-Ma cosa ci fai qui?- domanda, poi, vedendo che mi sono accorto delle altre due figure: -Non dire niente, ti prego-
-Ma cosa vuoi che mi importi?- rispondo seccato, e lo vedo avanzare verso di me.
-Allontanati- gli dico, ma è evidentemente convinto a proseguire. Gli dico di allontanarsi più volte indietreggiando. Non posso picchiarlo: è il fratello di Zelda, ma già vedo che non andremo d'accordo. Lo stronzo fa per rincorrermi, e voltandomi verso di lui lancio uno sparo in aria. Si bloccano le tre figure che avevo davanti agli occhi, e mi allontano correndo. Volevo evitare tutto questo, ma forse è andata meglio così: prima o poi avremmo dovuto comunque conoscerci. Inutile dire che prendo sonno molto tardi, e che risvegliarsi a casa è la cosa più bella che io potessi vivere.
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