Capitolo 84
Zelda's p.o.v.
Eccoci qui. Domani mattina io e Bruce ci divideremo e chissà quando potremo vederci nuovamente. La sola idea mi fa star male. La domanda che mi sorge spontanea a ogni ora del giorno è: "So ancora come si vive senza di lui?" e la risposta è quasi sempre negativa. Potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo, e non riesco a far finta di niente. Non so nemmeno se voglio dormire affianco a lui: non riesco ad accettare che da domani inizia un capitolo nuovo delle nostre vite, un capitolo che abbiamo a lungo atteso ma dai risvolti negativi. Apro la porta della camera verso cui mi stavo dirigendo, e aprendola lo trovo a rigirarsi tra le mani il fazzoletto che ho ricamato alcuni giorni fa. Lo nasconde dietro la schiena.
-L'ho visto- gli dico, e allungandomi oltre le braccia che bloccano le mie ride, domandando "Cosa?". Gli sfilo il fazzoletto da sotto la schiena, e lui mantiene la stessa espressione guardando altrove.
-Tienilo- gli dico, e sono ormai seduta affianco a lui.
-Lo avrei fatto in ogni caso- risponde lui, ora serio, e mi strappa il fazzoletto dalle mani. Non è arrabbiata, ma di sicuro l'idea di separarsi non fa impazzire nemmeno lui. Mi sdraio affianco a Bruce e lo abbraccio. Accarezza appena, con la punta delle dita, il mio braccio.
-Domani arriverà presto- dice, e sospira.
-Già...Sembrava così lontana una cosa di questo genere- rispondo.
-Dobbiamo addormentarci presto- mi dice, passando una mano tra i miei capelli -Domani ci dobbiamo svegliare, presto- e sospira nuovamente.
-Eri tu a consolare me due giorni fa- gli dico, ma lui non risponde.
-Ora è il contrario, a quanto pare- e osserva un punto della stanza, senza nessuna espressione in volto. Mi metto a sedere tra le sue gambe, ma volta la testa all'indietro non appena provo a baciarlo.
-Non ci rivedremo per tanto tempo...Desideri davvero sprecare così la nostra ultima notte insieme?- gli dico, e si volta poggiando la testa sulla testiera del letto. Gli lascio un bacio sul mento e sorride appena.
-È tutto così brutto...- dice, e mi stringe più forte a sé, -È tutto così brutto, e ora che dovrebbe essere bello mi sembra ancora peggio- e posando la testa sulla mia spalla tira un sospiro.
-È sempre stato brutto- afferma -Ma il bello stava nel cercarlo tra tutta quella merda, e ora che dovrebbe esserci è come se fosse una maledizione- dice, e sembra sul punto di piangere, anzi, lo sta già facendo.
-Non puoi dire così ora- gli dico -Potevi dirlo prima, ma non ora che siamo sul punto di essere felici- e sta facendo venire da piangere anche a me.
-È tutto così assurdo...Però non rimpiango niente, te lo giuro- e la sua testa posa nuovamente sulla testiera del letto. Deglutisce sorridendo appena.
-Sai che penso sempre a quando ti ho visto per la prima volta?- mi dice, e tira su col naso.
-Perché?- gli domando, e l'idea mi diverte.
-Perché ti ho odiato per così tanto tempo...Ora darei l'anima per recuperare il tempo sprecato a ignorarti- e due lacrime parallele gli rigano le guance, e lui non fa nulla per nasconderle. Gli prendo il volto tra le mani. Mi piace farlo. Sorride appena e si sporge per darmi un bacio sul naso.
-Io, invece, penso sempre a quando non mi hai parlato per giorni, senza aprire bocca nemmeno per errore, o a quando mangiavo i trifogli- e ridiamo, e mi dà un bacio sulla fronte. Mi abbraccia con più forza rispetto a prima, e sono sincera se ammetto che mi sto trattenendo per non piangere. Si stava comportando allo stesso modo, due sere fa, con me? Certo che si. Mi mancherà la bella sensazione di sentire il suo corpo così vicino al mio come in questo momento.
-Spogliati- dice, e nel mentre lo fa lui, senza che io gli abbia risposto, -Che passeremo tanto tempo soli, e voglio provvedere a me stesso con ricordi simili- afferma.
-Oh, sei disgustoso- gli dico, e ride, dandomi un bacio sulla guancia. Mi osserva alcuni istanti, e il suo sguardo mi segue anche mentre, facendo il giro del letto, arrivo alla mia parte e porto le mani ai bottoni dell'enorme camicia che indosso. Vorrei davvero sbottonarli, ma è il pensiero che non accadrà più per chissà quanto tempo a bloccarmi. Porto una mano alla bocca, l'altra finisce sul fianco, e davvero vorrei trattenermi mentre provo a non piangere. Bruce si sporge oltre il letto e, prendendomi per il polso, mi fa sedere affianco a lui. Non voglio nemmeno rimanere seduta. Mi sdraio, e lui si avvicina dandomi un bacio sulla guancia. Mi stringe.
-Non adesso...Più tardi si, ma ora no- gli dico.
-Se vuoi, quando vuoi- risponde lui, e rimaniamo così a lungo. L'abbiamo fatto, l'amore, ma più tardi, e seminuda osservo le poche stelle osservabili dalla finestra, sotto le coperte.
-Che poi- mi dice Bruce, baciando la guancia che non è rivolta sul cuscino, così come quella parte di collo -Tu ed io non sappiamo nemmeno come contattarci- e lo sento allontanarsi appena dalla spalla che nel mentre, con il suo volto sopra, mi ha scaldato.
-Ora ti scrivo il numero di telefono di casa mia, e anche l'indirizzo: se il telefono si dovesse rompere puoi sempre scrivermi una lettera- e, affianco a me, trascrive questi numeri e queste lettere su un pezzo di carta. Poche volte l'ho visto scrivere e ha davvero una bella calligrafia.
-Hai un altro pezzo di carta?- e ne strappa un altro dal giornale che ha sul comodino.
-Se noti che a lungo andare nessuno risponde alle telefonate o alle lettere, inviane una a quest'altro indirizzo- mi dice, e anche io ne aggiunge uno di riserva.
-È assurdo essere arrivati a questo- afferma, osservando il pezzo di carta che gli ho dato.
-Vero- rispondo, e riprendendo in mano lo straccio di foglio, trascrivo dietro ai numeri di telefono e agli indirizzi di casa "Ich libe dich", o almeno spero che si scriva così: non ho toccato una penna per più di quattro anni, e non scrivo da molto. Non appena lo riprende in mano sorride.
-Si scrive "Ich liebe dich"- afferma, e mi osserva avvicinandomi a sé con il braccio.
-Ho dimenticato la "E"- gli rispondo, e ride per poi darmi un bacio sulla fronte. Scrive la stessa cosa sul pezzo di carta che ha dato a me, con la penna che ha trovato sul mio comodino. Ci siamo addormentati uniti, vicinissimi, forse stretti anche troppo forte dato che mi sono risvegliata e la mia mano, unita alla sua, aveva tutte le dita doloranti. Ho conservato gelosamente il biglietto di Bruce: è la cosa più importante che ho. L'ho nascosto nel reggiseno, per essere sicura di non perderlo. Questa mattina si respirava un'aria rassegnata, e in un certo senso è stato un bene, perché non avremmo sopportato, né io né lui, la tensione di un nuovo dolore. Friedrich è stato molto disponibile e incredibilmente solidale, tanto che si è preoccupato di distrarci durante tutta la camminata fino ad ora, tra le altre centinaia di persone mai viste prima. Il cielo è leggermente grigio, ma dalle nuvole si intravede il sole. Sono esattamente cinque ore che camminiamo tutti senza sosta, ma almeno, a differenza dell'ultima volta che ho camminato per tanto tempo, ho la certezza che non morirò di fame.
Abbiamo capito che eravamo arrivati al punto di non ritorno non appena abbiamo visto tutte le persone intorno a noi fermarsi, e salutarsi tra di loro. Io e Bruce ci osserviamo. Sorride degludendo come a consolare sia me che lui. Friedrich è qualche passo indietro, ma non ci interromperebbe mai.
-È arrivato il momento- dice a bassa voce, con voce altalenante.
-Già...- e non appena vede che sto per tornare a piangere mi abbraccia stringendomi con forza.
-A me non piace dire queste cose, lo sai, ma potrei non averne più occasione- dice, e prende il mio volto tra me mani. Sento di morire. Potrei morire esattamente ora. È qualcosa di straziante l'idea che tra un'ora non saremo più insieme; -Io non so se ti amo, forse non lo saprò mai realmente, ma sei l'unica donna di questo mondo per cui io abbia provato molto più di semplice affetto- e trema in queste parole; balbetta anche lui, ma a differenza mia si sta sforzando di non piangere.
-Bruce- provo a dire, ma le lacrime mi costringono a fermarmi, -Ti amo tanto. Anzi, forse non so nemmeno io se ti amo, ma non so come altro dirti che l'idea che tu ed io stiamo per lasciarci mi uccide più di quanto avrebbe potuto fare una pistola, o un soldato, o la fame o qualunque altra cosa- e lo abbraccio, e piango in modo disperato, perché mi mancherà ogni suo difetto e ogni suo pregio. La mia vita, ormai, dipende dalla sua come la sua dipende dalla mia, e la separazione è la cosa che meno ci avrei augurato.
-Ci rivedremo presto. Ti telefonerò- mi dice, e mi dà un lungo bacio. Non basterà questo a farmi stare meglio, ma sarà un bel ricordo.
-Tieni questo, tu- mi dice, e mi passa tra le mani il suo coltellino svizzero. Lo stringo in pugno: sarà la cosa che più si avvicinerà a lui. Saluta Friedrich, lo ringrazia di tutto, lo abbraccia appena, e poi, baciando e stringendo me per l'ultima volta si allontana tra il resto della gente. Piango silenziosamente e placo i miei singhiozzi, perché se mi sentisse starebbe ancora peggio di come l'ho visto andare. Eccolo lì, che si allontana voltandosi un'ultima volta, per poi vederlo scomparire tra altre schiene stanche.
Io e Friedrich percorreremo insieme ancora molta strada, prima che lui imbocchi per l'Italia dove si ricongiungerà alla famiglia. Io, invece dovrò continuare sino all'Austria, e sarò nuovamente sola, come all'inizio di tutto, come a prova del fatto che non si può sfuggire a un irrimediabile destino.
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