Capitolo 83
Bruce's p.o.v.
Tre settimane dopo, Febbraio.
Mi chiedo di mio padre ogni giorno da tre settimane. Edgard ha risposto al telefono di casa ogni qualvolta io abbia telefonato, e anche ora, se chiamassi, lui risponderebbe. Mi ha assicurato che sta bene, mio padre, e che già da tempo aveva previsto un piano di fuga nel caso le cose si fossero messe male. Ha detto che non è scappato da solo: con lui un altro soldato che frequentava spesso casa e altri due uomini. Ha anche accennato a un fatto riguardante degli ebrei, ma non mi sono informato molto. Veronika è invece rimasta a casa, ovviamente, dato che ora è anche sua. Da quanto mi ha detto mio padre le ha promesso di tornare "senza rotture di coglioni politiche" per la nascita di loro figlio. Io mi auguro davvero che sia così, anche perché non resisterò ancora a lungo in quest'agonia logorante. Zelda è invece entusiasta, motivo per cui non le sto parlando molto spesso ultimamente: non voglio smontare la sua gioia. Eccola lì, sul divano, che ricama un fazzoletto nell'esatto punto dove la radio ha segnale. Ricama sempre. Friedrich è uscito poco fa per comprare delle sigarette, ma fino ad ora né io né Zelda abbiamo parlato. Non dipende da nulla in particolare: semplicemente ci siamo occupati in maniera diversa. Una cosa per cui provo un incredibile bisogno di conferma riguarda l'allontanamento fisico che abbiamo avuto. Non so da cosa dipenda nemmeno questo: io mi sento troppo inquieto anche solo per parlarle, e lei credo che sia troppo distratta da questa nuova speranza che nutre dentro di sé per pensare ad altro. Sta ricamando una margherita. Non si è nemmeno accorta che sono qui, davanti a lei, mentre prova a riprodurre dei petali.
-Ehi- le dico, e le alzo la testa con l'indice. Mi sorride. Non ho idea del perché l'abbia interrotta. Forse voglio soltanto abbracciarla. Si, credo che senza rendermene conto mi manchi abbracciarla. Mi chino e lei mi stringe a sua volta. A un buon profumo: in realtà lo ha sempre, ma sono un po' di giorni che non siamo vicini se non a letto, e di conseguenza non ricordavo nemmeno il suo odore. La bacio e provo a sbottonarle il vestito che indossa, ma si allontana sorridendo.
-Friedrich potrebbe tornare da un momento all'altro- mi dice, mentre continuo a baciarla lungo il collo.
-Non fa niente- e portando le braccia sotto la gonna provo a sfilarle le mutande.
-Bruce...Quando torneremo alla normalità non potrai comportarti così- afferma ridendo.
-Pazienza- rispondo, e mi sorride. Porta le braccia intorno al mio collo, e si sdraia spingendomi verso di lei, senza però guardarmi.
-Non avevi detto che-
-So cosa ho detto- afferma, sovrastando la mia voce ridendo, -Però se ti sbrighi- e non le lascio nemmeno terminare la frase.
Friedrich è tornato e afferma di avere una grande notizia. Pochi istanti fa, nell'esatto momento in cui Zelda ha terminato di abbottonarsi il vestito, mente la osservavo con la testa sulla sua spalla e il braccio sull'altra. È stato abbastanza spiazzante. "È importante, e vi riguarda più di quanto pensiate" ha esordito.
-In paese, beh, non è un paese ma fingete che lo sia, hanno intenzione di tornare a casa- dice, ma non ho ben chiaro cosa significhi.
-In che senso?- domanda Zelda.
-Nel senso che molte persone di questi dintorni, compreso me, si ritrova qui per essersi nascosta dalla guerra, e ora che la situazione è più calma hanno intenzione di tornare nella loro patria. Voi avete intenzione di venire, vero?- dice, emozionato.
-Quando?- gli domando.
-Tra due giorni- afferma, e in effetti sono volati, perché mai avrei pensato di ritrovarmi a riempire una vecchia valigia di qualche camicia e pantalone, ora come ora. Appena deciso, io e Zelda abbiamo improvvisamente recuperato ogni contatto, e la sera dopo questa bella e brutta notizia ci siamo ritrovati svegli alle due di notte, a consolarci a vicenda osservando la finestra che rifletteva la luce della luna. Eravamo seduti, nemmeno sdraiati, perché nessuno dei due aveva sonno.
-Ma ci pensi che potremmo non rivederci mai più?- ha detto, con le lacrime agli occhi e un autocontrollo che non fa parte di lei.
-Non accadrà. Te lo giuro, Zelda: non succederà mai. A costo di qualunque cosa- le ho risposto, e l'ho stretta più forte, perché la sua schiena era posata sul mio petto.
-Friedrich mi ha detto che molte persone devono andare a est, come te...E io a ovest- ha detto, e aveva portato sul punto di piangere anche me.
-Questo non impedirà nulla. Il tempo che le cose si sistemino e tutto tornerà alla normalità: ci rivedremo, io ti chiederò di sposarmi, tu accetterai, e allora non dovremo più preoccuparci di nulla- le ho detto.
-No, perché ammesso che la mia famiglia sia ancora viva mio padre non mi permetterà mai di sposarti. "Voglio sposare il figlio di un generale nazista" e già immagino lo sdegno che si proverà verso di me- ha detto piangendo silenziosamente. Avrei voluto dirle che per me sarebbe stato difficile allo stesso modo, ma ho preferito evitare.
-Allora ci sposeremo prima che tu ti ricongiunga con la tua famiglia, oppure escluderai questo dettaglio e tutti vivranno nella convinzione che io sia una brava persona- le ho risposto, con le labbra sulla sua guancia rigata dalle lacrime.
-Tu sei una brava persona- ha detto, e mi ha stretto le mani che le tenevo in vita.
-No, non con tutti- e le ho accarezzato la testa che aveva posato sulla mia spalla.
-È tutto così surreale: ora che è arrivata l'occasione ho paura che ci sia un messaggio del cielo per sbatterci davanti agli occhi la realtà- e mi ha osservato. Ho accarezzato la sua guancia.
-Saremo felici, tanto felici. Te lo prometto- le ho risposto, e abbiamo prolungato un bacio molto a lungo. Non so se avrei dovuto dirle altro o usare termini diversi, fatto sta che mi sembravano le cose giuste da dire in quel momento. La verità è che non mi sento pessimista come lei, o forse, a differenza sua, cerco un briciolo di speranza in tutta questa incertezza...No, non credo: mi sento speranzoso.
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