Capitolo 76

Bruce' s p.o.v.

Sono esattamente due giorni che Zelda non mi parla, e davvero non sopporto questa sua ostinazione a voler sapere qualcosa che, saputo, vorrebbe soltanto dimenticare. Quando non ottiene ciò che vuole non mi parla per giorni, oppure assume un atteggiamento distaccato e maledettamente bastardo, come se facendo così possa ottenere qualcosa...Ieri sera avevo voglia di abbracciarla, perché non sono arrabbiato con lei e pensavo che dopo un giorno passato senza parlarmi fosse andata avanti anche lei, invece mi ha scansato senza nemmeno guardarmi, e alla domanda "Ma cos'hai?" non ha risposto, ma mi ha guardato come a dire "Mi prendi in giro?". Oppure, l'altra sera ancora, ho allungato la mano verso di lei come a sfilarle le mutande; eravamo a letto, e non pensavo che se la fosse presa tanto. Ha allontanato la mano e non si è fatta più toccare fino ad oggi.
Voglio innervosirla? Certo che voglio, perché desidero che mi noti, anche per odiarmi. È sul divano, e sta sfogliando uno di quei vecchi giornali che si diverte a scarabocchiare. Mi siedo affianco a lei, e volta la testa dall'altro lato.
Simpatica.
Le dò un bacio sulla guancia, e la vedo alterarsi.
-Che fai?-
-Non lo vedi?- risponde lei, seccata.
-Credo che tu ti sia alzata con il piede sbagliato- le dico, e so di provocarla facendo così, ma mi diverte in un certo senso. Mi guarda alcuni istanti, per poi abbassare nuovamente la testa. La bacio, e non si muove di un millimetro.
-E non essere così fredda!- le dico, e continuo a baciarla. Rimane immobile, e non appena mi allontano riabbassa la testa verso il giornale. Poso la testa sulle sue gambe, sfilandole il giornale dalle mani.
-Friedrich?- le domando.
-È fuori. Perché non vai da lui?- fa lei, e prova a riprendersi il giornale. Sospiro.
-Zelda, non fare la stronza: sappiamo entrambi perché ti stai comportando così- le dico. Sbuffa.
-Io non ti capisco- afferma.
-Nemmeno io capisco te: tu non vuoi saperlo, credimi. Ora smetti di fare la bambina capricciosa- le dico, e torno a sedere.
-Io non ti sopporto- afferma.
-Non la pensavi allo stesso modo fino a due sere fa- le dico, e mi dà uno schiaffo.
-Non ti permettere!- mi dice, e fa per alzarsi, ma la trattengo per il braccio e la faccio tornare a sedere. Incrocia le braccia.
-Cosa vuoi?- domanda.
-Che tu la smetta. Sono due giorni che non ti si può parlare-
Non risponde.
-Cos'è? Cos'ho fatto di così sbagliato? Sto evitando di farti soffrire più di quanto tu abbia già sofferto? È questo il problema? Non ti dirò ciò che vuoi sapere, fattene una ragione-
-Come vuoi, ma ora lasciami- dice, e si allontana. Dopo qualche istante entra Friedrich.
-Zelda?- domanda.
-In camera, credo- rispondo.
-Come mai? Era qui, prima-
-È un po' suscettibile...-
-Avete litigato?-
-Lei ha litigato con me: io non sono arrabbiato con lei-
-Come mai?-
-È dannatamente testarda...e stronza-
-Non dire così-
-Ma è la verità, e non capisco perché non se ne renda conto-
-Non credo che se ne renderà mai conto se utilizzi questo tipo di approccio- afferma, e ridiamo.
-Ma che fai con questo freddo fuori?- gli domando.
-Fumavo. Tu non fumi, vero?-
-Prima si, poi ho smesso. Hai una sigaretta?- gli domando. Non ho intenzione di tornare a fumare, però sono si e no due anni che non tocco una sigaretta senza un valido motivo, e riprovare non costa nulla.
-Si, tieni- dice, e la estrae dal pacchetto accendendola. Me la porge e la osservo alcuni istanti.
-Fa strano tenerla in mano dopo tanto tempo- affermo sorridendo, e faccio un tiro. Apre la finestra.
-Non sia mai che cominci a puzzare di fumo, qui dentro- dice, e accendendo una sigaretta si siede accanto a me.
-Com'è tua sorella?- gli domando, non sapendo di cos'altro parlare.
-Beh...è bella, e molto dolce, anche se a volte è insopportabile-
-Quanti anni ha?-
-Sedici-
-Quasi come Zelda: lei ha diciassette anni-
-Davvero?- domanda sorpreso. Faccio cenno di sì con la testa.
-Non l'avrei mai detto: pensavo fosse più grande-
-E invece- gli dico, e ridiamo.
-Ora mi sorge spontaneo chiederti quanti anni hai tu- afferma.
-Indovina- gli dico. Mi osserva alcuni istanti.
-Venticinque?- domanda.
-No-
-Più di venticinque anni non ti dò, quindi, forse, ne hai ventidue?-
-No- rispondo divertito.
-Venti?- prova.
-Si-
-Davvero? Non l'avrei mai detto...- afferma. Annuisco.
-Anch'io ho vent'anni- afferma.
-Non l'avrei mai detto- gli dico, e ridiamo.
-Chissà se a Zelda piacerebbe fumare- gli dico, osservando la sigaretta.
-Non riesci a fare un discorso senza nominarla- afferma ridendo.
-È che...non so: è come qualcosa di fisso nei miei pensieri. Lei cosa dice di me?- gli domando.
-Nulla in particolare: a volte non riesce a capirti-
-In che senso?-
-Chiedilo a lei- dice, alzandosi con la sigaretta finita -Io vado a dormire- afferma.
Ora che sono solo potrei telefonare a mio padre...forse è doveroso farlo. Chissà se si è sposato.
-Pronto?- risponde una voce femminile. Si è sposato...
-Veronika? Sono Bruce...-
-Oh, ciao Bruce. Vuoi che ti passi tuo padre?- risponde lei, e capisco di non essermi sbagliato.
-Si, grazie-
-Bruce, ciao- esordisce lui.
-Congratulazioni- gli dico. Lo sento sorridere.
-Te lo ha detto Veronika?-
-No, ma si intuisce facilmente. Quando vi siete sposati?-
-Due giorni fa...è stata una cosa veloce-
-Bello. Veronika vive a casa ora, vero?-
-Si...ti disturba?-
-No, no davvero. Buon per voi-
-Grazie, tu come stai?-
-Bene...piuttosto, come stai tu? Non sembra che le cose si stiano mettendo bene...per la guerra e tutto il resto, intendo-
Sospira.
-È così, e non so davvero come gestirmi o gestire la situazione-
-Lo immaginavo. Fossi in te cambierei identità e non mi farei più sentire per qualche anno, perché di questo passo non credo ti rimarranno molte alternative- gli dico.
-Confido ancora in una vittoria improbabile-
-L'importante è crederci- gli dico.

Abbiamo parlato a lungo, io e mio padre, e posso affermare che non l'ho mai sentito più stressato di così. Non voglio nemmeno immaginare cosa stiano affrontando tutti al campo, ma di sicuro non è nulla di piacevole. Non voglio pensare a problemi che non mi riguardano più, ma allo stesso tempo mi piace rimanere informato. Al momento il mio unico problema è far capire a Zelda che non le sto negando la consapevolezza di qualcosa per qualche capriccio, ma per salvaguardare il suo dolore: piange quasi tutti i giorni pensando alla famiglia, se devo farle pensare che potrebbero essere stati tutti bruciati preferisco il suo odio al suo dolore. È a letto...nella mia parte del letto, perché si: abbiamo stabilito che il lato destro è il mio e il sinistro è il suo, e lei ora si trova nel destro. La cosa mi fa sorridere.
-Sei nella mia parte di letto- dico a bassa voce, sedendomi affianco a lei. Si allontana e torna nella sua parte di letto...stronza. Però mi fa ridere il suo atteggiamento, anche se è bastardissimo. Sospiro. Mi alzo per prendere la maglietta e i pantaloni che indosso per dormire e che puntualmente abbandono sul divano o in qualche angolo remoto del letto.
-Come mai sei ancora sveglia? A quest'ora dormi solitamente...- le domando, ma non risponde. Non dice nulla nemmeno mentre mi sdraio affianco a lei.
-Puzzi di fumo- dice soltanto, guardando avanti a sé dopo averle lasciato un bacio sulla guancia.
-Si, sai com'è: Friedrich mi ha offerto una sigaretta...- le dico, e la cingo in vita. Non riesco a vedere la sua reazione: è sdraiata su un fianco.
-Non dici niente?- le domando.
-In merito a cosa?-
-Non lo so...qualunque cosa- dico, e non risponde. Provo a stringere la mano che tiene sul cuscino, ma allontana la mia, e allora le tengo fermo il polso.
-Mi stai facendo male- afferma.
-Non ti sto facendo niente- rispondo, e si lascia finalmente stringere la mano, anche se da parte sua non c'è nessuna stretta.
-Non fare l'arrabbiata- le dico, sfiorando con l'indice le sue labbra. Sento improvvisamente un dolore lancinante al dito: me l'ha morso.
-Ma perché?- le domando, ma non risponde.
-E stringimi la mano: che ti costa?- la supplico, con la testa sulla sua spalla. Inaspettatamente mi ascolta, e incrocia le nostre dita. Provo a baciarla, ma lei non si muove di un millimetro.
-Ti amo tanto- le dico, sporgendomi oltre il suo corpo per vederla. Mi osserva alcuni istanti, poi torna a guardare avanti a sé.
-Io no- risponde.
-Bugiarda- le dico, e le dò un bacio, e ho visto che ha appena provato a nascondere un sorriso. Si volta con tutto il corpo verso di me, e mi osserva senza dire nulla. Le accarezzo la guancia, ma continua a mantenere il silenzio.
-Voglio soltanto che tu capisca che quello che sto facendo lo sto facendo per te, e che preferisco il tuo odio al tuo dolore- le dico. Non si muove di un millimetro. Non cambia nemmeno espressione. La incito a guardarmi, e non appena lo fa mi squadra. Le sorrido, anche perché non so cos'altro fare avendola di questo umore. O meglio: non so come altro comportarmi. Le accarezzo la guancia.
-Posso baciarti senza il rischio di essere morso?- le domando, ma non risponde. Quanto orgoglio bastardo ha in corpo...
-Io ci provo- le dico, e la bacio. Ricambia, e senza volerlo sorrido, e lei mi stringe con entrambe le braccia. Ha le labbra più umide del solito: le avrà bagnate con la lingua come la vedo fare sempre, e nonstante io continui a dirle che facendo così queste si seccano e si rovinano lei continua. Non appena provo ad allontanarmi mi avvicina nuovamente. Poso la testa nell'incavo del suo collo, e lei comincia ad accarezzarla.
-È così bello quando non ti comporti da stronza...- le dico, abbracciandola sotto di me.
-Che bastardo- risponde lei, e ridiamo. Provo a sbottonare i bottoni della camicia che indossa per dormire, ma mi ferma.
-Perché?- le domando.
-Mi hai fatto arrabbiare: ora aspetti per almeno una settimana- dice, e torna a girarsi su un fianco, ridendo.
-Ma...come una settimana?- le domando, e devo apparire disperato, perché mi sporgo oltre il suo corpo per vedere il suo volto, e lei mi ride in faccia.
-Una settimana- risponde, e mi accarezza.
-Ma...- provo a dire, ma sospiro.
-Sopravvivrai- mi dice, con tono che più bastardo non si può.
-Ma io ti voglio ora- le dico, e comincio a sbottonarle la camicia, mentre lei mi supplica di smettere ridendo.
-Disgustosa ipocrita: tu vuoi più di me che io ti sfili le mutande- le dico, e lei ride.
-Bruce- mi richiama, ormai seminuda, perché sotto la camicia sbottonata non indossa nulla, e le ho calato appena le mutande, pochi istanti fa.
-Dimmi- le dico, facendomi spazio tra le sue gambe.
-Ti amo- afferma sorridendo, e mi stringe la mano che tenevo sul suo ginocchio. Le dò un bacio sulla guancia.
-Anch'io- le dico, e credo che il resto sia facilmente immaginabile.

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