Capitolo 60
Da qualche parte vicino Auschwitz
La sera in cui Bruce lo ha chiamato Mark ha fatto ciò che gli aveva chiesto: ha rinunciato a dormire con qualche puttana, è andato in camera da letto, ha spento le luci, si è coricato e ha guardato il soffitto domandandosi dove e perché avesse fallito come padre.
Ha pianto, quella notte, forse più del figlio. Ma a differenza sua non ha chiuso occhio: non aveva nessuno che lo stesse consolando o amando, o che vi si stava dedicando con tanto amore come Zelda con Bruce.
Le lacrime non si fermarono quella sera, e mentre sprofondava nel baratro della disperazione era cosciente di meritarlo. Avesse avuto Bruce di fronte a sé, quella sera, lo avrebbe abbracciato con l'affetto che non gli era riuscito a dimostrare negli ultimi anni.
"Io mi sento solo, completamente solo!", gli ha urlato Bruce dall'altro capo del telefono. Le parole dette erano state poche, ma dette piano, con convinzione e cinismo impressionante.
Bruce ha ottenuto il sul obiettivo: ha fatto stare male suo padre, tanto davvero, così tanto che per due giorni si è rifiutato di uscire dalla sua camera, per paura che l'esterno potesse distrarlo dal suo dolore. Nemmeno Veronika è riuscita a consolarlo, eppure è stata con lui molto tempo i primi giorni di dolore. La verità è che voleva soltanto rimanere solo con sé stesso e il ricordo di un figlio che ha sempre amato, ma che si credeva nulla per lui.
Passò una settimana esatta prima che Bruce richiamò suo padre, e durante quella settimana avevano maturato entrambi di aver sbagliato in qualcosa nel loro rapporto.
Mark ha sentito il mondo sprofondare intorno a lui non appena ha concluso la chiamata con suo figlio: non riusciva a credere alle sue orecchie. Era convinto di essere stato un buon padre, nel bene e nel male. Era cosciente di non essere stato perfetto, ma si era ritrovato molto giovane con un figlio da crescere senza madre, e la consolazione che trovò ai tempi e che ora è un passatempo furono le donne. Se questa mattina ha deciso di compiere qualcosa entro la fine della giornata è semplicemente perché ha capito che continuare a crogiolarsi nel proprio dolore non porterà a nulla.
-Buongiorno. Ha bisogno di qualcosa? La colazione è servita- dice Edgard, che è in salotto insieme all'anziana domestica che sta spolverando la libreria.
-Mi fa male la testa. Ho soltanto bisogno di distrarmi, e non ho fame-
Edgard è al corrente del perché Mark sia in quelle condizioni.
Quando ha scoperto che Bruce aveva chiamato era contento per lui, ma dalla sua espressione devastata ha poi intuito che, in realtà, non era stata una telefonata tranquilla e/o piacevole.
Mark si dirige, lentamente, verso il piano superiore. Crede che un bagno possa aiutarlo a riprendersi dal suo pessimo umore.
Sono passati esattamente tre giorni da quella telefonata rivelatoria, e ha deciso di non piangere più pensando a cosa avrebbe potuto fare, perché ormai il passato è lontano, e se ha sbagliato deve solo accettarlo e pagarne le conseguenze.
Neanche l'acqua calda lo aiuta a non pensare, e si ritrova a versare poche, amare lacrime con la testa all'indietro.
Affianco alla vasca tiene un telefono, e decide di utilizzarlo per distrarsi un po'.
-Ciao Veronika- esordisce Mark.
-Mark! Come va?- domanda lei, apprensivamente.
-Sto facendo il bagno, ma...non so, mi sentivo solo-
-Ti senti meglio?-
-Mi fanno male gli occhi, mi gira la testa e sto morendo di fame; inoltre non è più così sicuro che vinceremo la guerra, e quindi il lavoro e gli impegni aumentano e non ho idea di come gestire la situazione-
-Prenditi qualche giorno di ferie. Non lo hai mai fatto, ma ne hai bisogno, ora più che mai-
-Non lo so...forse il lavoro può essere una distrazione-
-Allora lavora da casa. Sei troppo stanco per andare a lavoro, ma hai anche voglia di lavorare, dunque non vedo molte alternative oltre questa-
-Già, forse hai ragione-
-Ovviamente ho ragione. Ah, e vengo a pranzo da te, quindi ora devo lasciarti per vestirmi-
-D'accordo. A dopo-
-Ciao!- risponde allegramente lei, riattaccando.
-Mi piaci tanto, Veronika- sussurra tra sé e sé Mark, sorridendo appena.
Veronika ha portato una ventata d'aria fresca in casa di Mark, che fino a quel momento ha vissuto in un silenzio di tomba, tra singhiozzi e nostalgie.
-Mi sei mancato, sai? Le giornate corrono troppo velocemente quando non ci sei!- esclama Veronika, gettandosi al collo di Mark.
È ben consapevole della situazione attuale: è stata una delle prime persone a sapere che Bruce gli aveva telefonato, e una delle prime a consolarlo.
-Mi sei mancata anche tu- dice, e la abbraccia.
-Hai un aspetto devastato- osserva lei.
Mark non risponde.
-Sei riuscito a dormire questa notte? Hai delle occhiate orribili- dice lei, spostandolo appena per riuscire a vedere la sua faccia. Prende il suo volto tra le mani.
-Però sei bello comunque- gli dice, sorridendogli affettuosamente.
Mark ricambia il sorriso.
-È bello averti qui- afferma lui, dandole un delicato bacio sulla guancia.
-Non hai risposto alla mia domanda- dice lei.
Mark sospira ridendo.
-Non ho dormito molto. Sono tre giorni che non dormo, in realtà-
-Si vede, e non poco. Facciamo una passeggiata, anche qui in giardino va bene: tra qualche giorno è prevista neve, e allora non potremo uscire molto spesso con la paura che le scarpe si bagnino di acqua!-
-Non ho molta voglia di camminare, e fuori fa freddo; qui invece c'è il camino, e il calore, e...altro-
-Dunque come intendi passare la giornata?-
-Non so...Odiami quanto vuoi, ma non ho voglia di fare quasi nulla-
-Possiamo fare una partita a scacchi, oppure potremmo dedicarci ad altro...- propone Veronika, giocando con il colletto del maglione di Mark.
-Non riuscirei a dedicarti la giusta attenzione- afferma lui.
-Immaginavo una risposta negativa, ma tentare non costa nulla, e a me piace farti domande scomode nei momenti meno opportuni-
Mark ride.
-Sai, qualche giorno fa mi hanno invitato a un ricevimento importante, e mi hanno detto che, se ne ho voglia, posso invitare qualcuno...- dice Mark, cingendola in vita.
-E...- dice lei, ansiosamente.
-Vuoi venirci con me? È una sorta di gala; sono convinto che ti piacerebbe, e forse mi convincerai ad andarci-
-Oh, cielo! Certo che si! Quando?-
-Tra tre settimane. Manca ancora molto, a quanto pare-
-Oh, Mark, sarà splendido! Non sono mai stata a una festa del genere! Sarà fantastico! È da quando sono bambina che sogno una cosa del genere!- dice, stringendolo forte.
Per alcuni istanti Mark dimentica il suo dolore, e prova a godere almeno un po' di questo momento che gli sta regalando sollievo, seppur minimo.
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