Capitolo 51

Da qualche parte vicino Auschwitz

Il generale, grazie alle misere testimonianze delle prigioniere, non ha ottenuto chissà quali sconvolgenti notizie, ma qualcosa è pur sempre meglio di niente.
Il giorno precedente ha deciso di chiamare Veronika, dato che si sentiva meglio, e invitarla a cenare con lui per avere compagnia. Inutile dire che si è poi fermata a dormire a casa di Mark.
-Mark- lo richiama Veronika, provando a svegliarlo.
Lui emette un gemito. Veronika ride.
-Mi spiace doverti svegliare, ma sono le dieci-
Mark la cinge in vita.
-Per colazione voglio dello strudel- dice lei.
-Lo immaginavo, motivo per cui in cucina troverai tutto lo strudel che vuoi- risponde lui, con gli occhi ancora chiusi e la testa poggiata sul seno di lei.
-Davvero?-
-Si-
Veronika lo stringe più forte a sé ed emette un gridolino di gioia. Mark ride.
-Sai cosa pensavo giorni fa?- gli domanda Veronika.
-Dimmi- risponde lui, aprendo gli occhi e mettendosi a sedere.
-Tuo figlio è scappato nello stesso lasso di tempo della ragazza ebrea. O almeno, come dici tu, si suppone e si spera che sia scappata-
-Dove vuoi arrivare?-
-E se fossero scappati insieme? Forse, per ironia della sorte, si sono incontrati al momento giusto nel posto giusto...-
Mark scrolla la testa incredulo.
-Non dire sciocchezze. Perché mai Bruce sarebbe dovuto scappare con quella là?-
-Da quel che so è un ragazzo abbastanza frustrato, qui-
-Non è un ragazzo frustrato! È solo...confuso- la interrompe Mark, non volendo accettare che il termine con cui Veronika ha definito suo figlio fosse consono al suo stato d'animo.
-Da come mi hai raccontato sembra avere le idee chiare riguardo il suo futuro...-
-Dove vuoi arrivare?- chiede nuovamente lui, spazientito.
-Essendo, come dici tu, "confuso", avrà deciso di scappare. Forse, come ti ho già detto, avrà incontrato la povera ebrea desiderosa di libertà, e chissà se insieme non hanno voluto coronare questo sogno di evadere dalla realtà. O forse potrebbe essere stata una fuga d'amore...-
-Non blaterare stronzate, Veronika!- urla il generale, infastidito dall'ultima insinuazione della donna.
-Mantieni la calma, per favore! Non escludere nessuna possibilità...in fondo non sai nemmeno tu a cosa credere e a cosa no-
-Non scapperebbe mai con un'ebrea. Mio figlio non potrebbe mai farmi una cosa del genere...- afferma Hoffman, più a sé stesso che a Veronika.
-Anche mia madre credeva che avrei conservato la mia innocenza fino al matrimonio, ma come vedi le aspettative, o nel tuo caso convinzioni, che si hanno verso i figli superano di gran lunga quelle che si dovrebbero, o potrebbero, avere. Nessuno di noi conosce bene qualcun altro all'infuori di sé stesso, e non puoi convincerti che tuo figlio non farebbe questa pazzia solo perché tu non lo faresti- afferma duramente lei, prendendo i suoi vestiti e chiudendosi in bagno.
Mark rimane nella stessa posizione in cui Veronika l'ha lasciato, e per un istante si sofferma a meditare sulle parole di lei. Che abbia ragione?, si domanda.

Mentre aspetta che Veronika finisca di vestirsi, Mark scende in salotto e la attende sistemando dei libri che il giorno prima aveva lasciato sparsi per casa dopo averli riaperti.
In quel momento entra nella stanza Müller, senza alcun preavviso.
Mark sobbalza all'udire il suono della sua voce.
-Mi perdoni, generale. Ma ieri avevo dimenticato di restituirle queste cartelle, quindi gliele dò ora- afferma lui, porgendogli i documenti.
-Grazie. Come sta?- risponde lui, sperando in cuor suo che Veronika scenda vestita.
-Si sopravvive. Ultimamente non faccio altro che lavorare; per voglia, non perché debba necessariamente svolgere qualche mansione- risponde Müller. Il lavoro lo aiuta a distrarsi; preferisce non pensare lavorando piuttosto che passare pomeriggi a disperarsi per colpa del destino.
-Non è una brutta cosa...-
-No, infatti-
Ci sono alcuni istanti di silenzio.
-Non riesco più a trovare il mio reggicalze: lo hai visto per caso?- esordisce Veronika entrando in salotto, incosciente della presenza di Müller.
Si ferma nel bel mezzo della stanza non appena i due uomini si voltano.
Non appena Müller si volta e osserva Veronika il suo sguardo cade a terra, quasi in un movimento automatico. Si volta nuovamente avanti mentre Mark è sopraffatto dall'imbarazzo.
Veronika sosta al centro della stanza con la sua gonna e la camicia che pochi attimi prima era completamente aperta.
-Torno in camera- afferma lei, uscendo in tutta fretta.
Successivi alla sua uscita ci sono alcuni inevitabili secondi di imbarazzato silenzio.
-Beh...mi sembra chiaro di averla interrotta. Io...vado a lavoro. Ci vediamo questo pomeriggio, generale- dice Müller.
-A dopo- risponde Mark, mentre Müller abbandona la casa.

-Perdonami Mark, ma non avevo la minima idea che ci potesse essere qualcuno in casa!- dice Veronika, mentre lei e Mark fanno colazione.
-È stata un'esperienza anche questa- risponde lui, ridendo.
-Voglio farmi perdonare in qualche modo...- continua lei.
-Sta tranquilla, Veronika. Non è successo nulla-
-Mi dispiace averti fatto vergognare tanto...-
-Perché mi sarei dovuto vergognare? L'imbarazzo c'è stato, ma non credere che potrei mai vergognarmi di te-
Veronika sorride imbarazzata. Non ha dimenticato la sera in cui gli ha apertamente dichiarato amore e devozione e lui l'ha respinta, seppur con modi gentili. Sentirsi ora dire questa cosa la confonde e non poco. La spinge a ripensare a ciò che potrebbe avere se solo Mark fosse più deciso. Sa di essere poco più di una piacevole distrazione, ma vorrebbe contare di più. Molte volta ha fantasticato su come sarebbe la loro vita se fossero sposati. Tante volte rimpiange ancora quell'ipotetico futuro in cui si vede felice, ma ha imparato che è meglio far finta di nulla e sperare che un giorno quest'infatuazione passi piuttosto che star male inutilmente.
-D'accordo- risponde in un sussurro -Sai che ore sono?-
-Manca poco alle undici, perché?-
-Curiosità- risponde lei, alzando le spalle.
-Oggi devi lavorare?- gli domanda dopo.
-Si, nel pomeriggio. Immagino anche tu-
-Già, e non ne posso più. Ogni giorno devo sfoggiare "il mio sorriso migliore" a persone che non mo degnano neanche di uno sguardo. È...frustrante- afferma ridendo.
Mark sorride osservandola portarsi le mani ai capelli in un gesto comico.
Si alza e dà un sonoro bacio sulla guancia a Veronika, circondandola con le sue braccia.
-Dobbiamo vederci più spesso, tu ed io- le sussurra affettuosamente, per poi stringerla come i bambini stringono il loro orsacchiotto.

Se inizialmente l'incidente avvenuto in mattinata ha imbarazzato i due uomini, ora Müller e Hoffmann ne ridono come di un lontano ricordo.
-Cosa le hanno detto le prigioniere in merito a quella ragazza?- domanda Müller, mentre lui e il generale camminano per il campo.
-Non molto in realtà: era riservata, non parlava molto di sé, sostava sempre in un angolo della baracca con lo sguardo perso. Nulla di più-
-In pratica nulla-
-Già-
-Posso farle una domanda?-
-Mi dica pure-
-Lei e Veronika avete una relazione? Non la immagino in una relazione amorosa...- domanda ridendo Müller.
Per la prima volta Mark non sapeva cosa rispondere.
Cos'era quello che avevano lui e Veronika? Una relazione?
-Non...non lo so- blatera.
Müller assume un'espressione confusa.
-Non...non saprei spiegare. Non ci avevo mai pensato, in realtà-
-Capisco- risponde Müller.
-Come va con sua moglie?- domanda poi Hoffmann.
Müller si incupisce credendo di non darlo a vedere.
-Bene. Si insomma...si va avanti-
-Non mi prenda in giro: glielo si legge in faccia che sta male...-
Müller scrolla le spalle.
-Problemi di coppia?- domanda Hoffmann.
-Si e no-
-Più si o più no?-
-Più si che no-
-Posso chiedere perché?-
Müller sospira.
-Non...non deve dirlo a nessuno. Mi sto fidando-
-D'accordo- risponde Hoffmann, non capendo.
-Io e Ines non riusciamo ad avere un figlio-
-Ines?-
-Mia moglie...-
-Ah...- si limita a commentare Mark, a corto di parole.
-Non...non so cosa si dice in questi casi...- biascica.
Müller scrolla le spalle.
-Non si dice niente, suppongo-
-Posso fare qualcosa?-
-Non credo-
Ci sono alcuni istanti di silenzio.
-Mi dispiace...da che dipende, se hai voglia di dirmelo?- domanda Hoffmann.
-Non si sa. Non abbiamo problemi fisici né io né Ines. Semplicemente non è destino...- risponde Müller, ed entrambi non badano al fatto di essere passati al darsi del tu. Parlare di cose tanto private ha forse avvicinato questi due uomini che non hanno apparentemente nulla in comune.
-Possiamo cambiare argomento?- domanda Müller.
-Certo...come...come sta Edith?- domanda Hoffmann, con voce tremante.
-Vuoi vederla?- gli domanda Müller, sorridendo.
-Si- risponde senza pensare Mark, prima che possa pentirsene.
-Ma muoviamoci: non voglio cambiare idea-
-D'accordo- risponde, ed entrambi affrettano il passo verso il settore femminile.
Mentre cammina Mark sente montare dentro di sé una forte adrenalina. Sa che, per il suo bene, non dovrebbe neanche lontamente pensare di vedere Edith, ma il desiderio di poterla sfiorare con gli occhi dopo tanti anni basta per far passare in secondo piano tutti gli altri dubbi.
Ed ecco che, quando Müller gliela indica e Mark posa lo sguardo su di lei, il suo cuore smette di battere, e nello stomaco si fa strada un dolore simile a un pugno.
Eccola lì, nelle sue umili e sporche vesti, mentre lavora nel degrado più totale, senza più luce negli occhi, senza più speranze nel cuore. Gli anni non le hanno portato via la bellezza di un tempo, ma ne hanno accentuato l'evidenza. Sono ancora lì i suoi zigomi alti, i suoi occhi vivaci, le sue labbra carnose, che quando sorrideva formavano un sorriso bello come quello di un bambino. Lei è ancora lì, nascosta tra lo sporco e la cattiveria del mondo.
Vederla fa passare davanti agli occhi di Mark milioni di ricordi. Tanti momenti felici e tristi hanno vissuto insieme. Tante risate, tanti abbracci nascosti, tante prese per mano e tante passeggiate. E di quei ricordi rimangono solo lontane reminiscenze.
Sente crollare il mondo addosso. Tanto dolore che pensava di aver superato torna a farsi strada nel suo corpo.
Non si rende neanche conto delle lacrime che cominciano a scendere dal suo viso. Non se ne cura neanche: non gli importa che Müller lo veda piangere. Vuole solo godersi la vista di Edith; della bella e impossibile donna che lo ha fatto straziare e soffrire come pochi, ma che lo ha reso anche tanto felice e innamorato.
-Generale...- sussurra Müller.
-Che vuoi, Müller?- domanda bruscamente lui, senza staccare gli occhi da Edith, e continuando a far scendere le lacrime.
-Vuoi che ti lasci solo?-
-No!- risponde lui, fermandolo con il braccio, e ricomponendosi dignitosamente all'istante, -Te ne prego- aggiunge.
Müller accenna un sorriso, gli dà una pacca sulla spalla e domanda: -Come...come ti senti?-
-Male. Disgustosamente male. Ma anche felice. Tanto felice- risponde lui, asciugandosi le lacrime e provando a ricomporsi.
-Che...che effetto fa?- biascica.
-E'...è doloroso...e frustrante, e sai perché? Perché avrei potuto darle tutto, anche il mondo intero, ma ha preferito qualcun altro a me. Potevamo avere tutto. L'avrei resa felice. Saremmo stati felici...- afferma, guardando a terra.
-Ti abbraccerei se non fossimo qui- afferma Müller.
Ridono appena. Mark torna ad osservare Edith.
-Sai a chi è moglie?- domanda a Müller.
-No-
-A Mizrachi-
Müller sgrana gli occhi incredulo.
-Cosa?!-
-Già-
-Quel Mizrachi? L'uomo che controllo ogni giorno è Miz-
-Si Müller, è lui. Non fare tante cerimonie- dice Hoffmann, infastidito nel nominare quell'uomo.
-Ma...il miliardario? Il multimiliardario? Davvero lui? Tutti quei ragazzi...sono tutti figli suoi?!-
-Si, Müller, si! Sono tutti figli suoi e di Edith!- risponde adirato Mark.
-Scusa-
-No...sono io. Sono tutti figli suoi. Compresa la ragazzina scappata. Pensa che la conobbi anni fa. Non brillava per bellezza, ma sono sicuro che si sia distinta per intelligenza. Sembrava sveglia. Chissà com'è ora...- afferma Hoffmann, e in quel momento gli tornano in mente le supposizioni di Veronika che scaccia dalla testa, per paura di convincersi che possano essere reali.
-Perché non vai a parlarle? Non qui, non ora, non in questo stato, ma in futuro...- propone Müller, con il terrore di aver già fatto una domanda simile in passato.
-Preferirebbe morire piuttosto che vedermi con questa divisa. Io preferirei morire piuttosto che farmi vedere con questa divisa da lei. Mi odierebbe. Non vorrebbe nemmeno sentirmi parlare, e io mi vergogno troppo per guardarla anche solo negli occhi-
-Capisco-
Passa molto tempo prima che Mark si decida ad andare via, a tornare a casa e a dimenticare di aver rivisto Edith, ma alla fine rimanere lì, contemplando da lontano qualcosa che non sarà mai suo non conclude nulla, e con questo peso nel cuore torna a casa.

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