Capitolo 45
Auschwitz
La postura fiera e lo sguardo che non lascia trapelare alcuna emozione non possono tradire lo stato d'animo del generale, che nonstante tutto cammina a testa alta guardando dritto avanti a sé.
Non è tuttavia difficile capire che per egli non è una delle sue giornate migliori: è evidente il malessere in cui sta vivendo, e le borse sotto agli occhi per il poco sonno sono solo una prova delle tante notti insonni, passate a pensare a Bruce, a Edith e a quella bambina conosciuta anni prima.
-Generale!- urla Müller, avvicinandosi al generale.
Il generale sembra risvegliarsi dai suoi pensieri.
-Müller, cosa ci fa qui?- domanda il generale, confuso.
Müller gli lancia un'occhiata complice.
-Ah, certo. Scusi la domanda- dice il generale, imbarazzato.
-Non fa niente- risponde lui.
Si avverte uno sparo provenire da qualche metro di distanza.
I due uomini, abituati a questo genere di rumore, si voltano con tranquillità.
Il generale smette di camminare, e Müller lo osserva con aria interrogativa.
Un'SS ha appena sparato a un prigioniero, e con altri uomini deride il cadavere.
Il generale è tentato di intervenire: se fino a una settimana prima avrebbe riso anche lui, ora il suo unico desiderio è che quegli uomini smettano di ridere e tornino alle proprie mansioni...che in fin dei conti è quella.
-Generale!- lo richiama Müller.
Il generale si volta e osserva Müller.
-Sto...bene- biascica.
I due riprendono a camminare.
Hoffmann si sente profondamente in colpa verso quell'uomo...ora cadavere. Non si riconosce più, e preferisce attribuire questa colpa alla memoria di Edith piuttosto che alla sua umanità.
-Senta Müller, come va con tu-sai-chi?- domanda a bassa voce il generale.
-Oh, a gonfie vele. Per il momento riesco a gestire il mio tempo in modo tale da poter sorvegliare tutti- risponde lui.
Il generale sospira.
-Come...come sta Edith?-
-Sta bene. Le dirò che, tralasciando il fatto che è ebrea, che ha il volto coperto di sporco, che è sottopeso, è davvero una donna di piacevole aspetto. Oserei dire affascinante- afferma Müller.
Il generale sospira malinconico.
-Lo so, non serve che lei me lo dica. La ricordo bene, Edith- afferma, con voce rotta.
Müller osserva il generale.
-Come...come vi siete conosciuti? Si insomma, è evidente che hai un particolare interesse per questa donna...- domanda cauto.
-È una lunga storia, Müller. Ti posso solo dire che è una donna meravigliosa, che vive nella mia memoria da anni-
-Mi accontenterò di questa misera spiegazione. Passando ad altro, cosa ci fa qui? Non la si vede spesso da queste parti...-
-Vedi, ho bisogno di informazioni che posso ottenere solo presentandomi di persona-
-Di cosa si tratta? Sa bene che avrebbe potuto chiedere a me per quanto riguarda informazioni eccetera...-
-Lo so bene, e te ne sono grato. Ma voglio imporre la mia presenza, e credo di incutere un certo timore alle prigioniere a cui voglio fare due domande-
-Non credo di aver ben capito: oggi è qui perché vuole, attraverso il timore che sa di incutere, ottenere delle informazioni in merito a qualcosa?-
-Esattamente-
-Posso sapere cosa vuole chiedere alle prigioniere?-
-Informazioni in merito alla prigioniera 23456. Chiederò nella sua baracca, la nove-
-Intende "Zelda"?-
-Memoria eccellente, Müller-
-Ma è pazzo?! Se la dovessero scoprire, o peggio ancora sentire, come penserebbe di giustificarsi?-
-Oh, basterà dire che sono entrato per divertirmi un po' a spaventare le prigioniere-
-La prenderebbero per sadico-
-Lo siamo tutti finché indossiamo questa divisa-
-Non posso negarlo. Ma è sicuro che non la vedranno?-
-Certo che no: sarai bravissimo a stare di guardia davanti alla porta-
-E se non mi avesse incontrato? Chi pensa che avrebbe fatto da guardia-
-Nella mia vita ho vissuto cose ben peggiori dell'essere sorpreso a fare paura a qualcuno-
-Ma lei ha detto che vuole delle informazioni!-
-Esattamente-
-Lei mi confonde e non poco-
-Stia tranquillo Müller: l'unica cosa che dovrà fare sarà quella di stare davanti la porta e avvisarmi, se ci sarà, di un imminente arrivo-
Müller sospira ansioso.
-Senta, prima di fare quest'ennesima follia, posso fare una telefonata?- domanda Müller, pensieroso.
-Si sbrighi-
-Ci metterò un minuto- dice, allontanandosi verso un ufficio munito di telefono.
Hoffmann nel frattempo si guarda intorno, riflettendo se sta facendo la cosa giusta o meno.
Si guarda intorno e riflette su ciò di cui fa parte, e per la prima volta in anni di carriera non ne è fiero.
Chissà cosa sta facendo Edith in questo momento, si domanda.
I suoi pensieri vengono risvegliati da Müller.
-Müller, non mi ero accorto che fosse tornato-
-L'ho notato- dice, ridendo.
-Sta bene?-
-Perché?- domanda, preoccupato.
-La vedo meno sorridente di prima-
-Si sta sbagliando, sto benissimo- risponde Müller, con tono forzato.
Il generale decide di non insistere.
-Si sbrighi, la supplico!- bisbiglia Müller, sull'uscio della porta.
-Ci vorrà poco- afferma sicuro il generale.
Entrato nella baracca cala il silenzio.
Il generale sbatte la porta alle sue spalle, facendo sobbalzare le prigioniere che lo guardano incredule.
Si guarda intorno e osserva il terrore negli occhi di quelle donne ghignando. In pochi istanti i sensi di colpa di prima svaniscono, e ricorda a sé stesso quanto lo diverta vedere reazioni simili.
Un silenzio tombale accompagna i passi del generale, che comincia a camminare per la stanza con fare lento e intimidatorio.
-Sarò diretto: voglio informazioni in merito alla prigioniera 23456- afferma.
Le sue parole sono accompagnate da bisbigli spaventati.
-Se non otterrò almeno una risposta, potete considerarvi tutte morte- afferma serio.
Lo sguardo delle prigioniere si tramuta in terrore.
-Sarò clemente, e vi offro fino a domani per rispondermi. Ma quando domani verrò pretenderò delle informazioni, e voi dovrete darmele. Altrimenti, non credo ci sia bisogno di dirlo, sapete quali saranno le conseguenze- dice il generale, per poi uscire sbattendo nuovamente la porta.
-Cos'ha chiesto? Che hanno detto?- domanda Müller, mentre si allontanano.
-Le ho viste confuse. Ho detto che se entro domani non riusciranno a darmi delle informazioni in merito alla prigioniera 23456 sanno cosa le aspetta. Sa, quelle minacce che ti vengono sul momento; le ho viste terrorizzate!- afferma ridendo il generale.
-Come biasimarle? Ma ad ogni modo, ora devo andare: sa, il lavoro mi chiama. Passerò davanti alla baracca di Edith, vuole vederla?-
-Lei o la baracca?- domanda il generale, ridacchiando.
-Lei-
-No. Non mi sento pronto a vederla. Nonstante siano passati più di quindici anni non credo che riuscirei a guardarla senza volerla baciare per più di due secondi- afferma malinconico.
Senza rendersene conto, il generale ha involontariamente confessato a Müller chi rappresenta per lui quella donna.
Müller, capendo che al generale non piace parlarne, lo saluta.
-Grazie di tutto- dice il generale.
-Sa com'è: cosa non si fa per il brivido del proibito!- dice ridendo Müller, allontanandosi.
Il generale ridacchia tra sé e sé.
-Oh, scusami Elise; oggi ho lavorato tanto e sono stanchissimo. Non sarei in grado di farti divertire. Vediamoci un'altra volta-
-Uff, d'accordo Mark. Troverò qualcun altro. Ci vediamo, buona serata- risponde Elise, attaccando.
Negli ultimi due giorni il generale ha ricevuto numerose chiamate dalle sue amanti, ma mai nessuna dall'unica di cui gli importi davvero.
Veronika...il suo nome gli risuona in testa da vari giorni.
Decide di chiamarla, gli manca un po'.
-Pronto?- risponde una voce roca.
-Veronika?-
-Mark! Che bello sentirti. Come stai?-
-Si sopravvive. Tu piuttosto? Dalla tua voce sembra evidente il tuo malessere-
-Non sto bene: ho un forte raffreddore e credo di avere la febbre; inoltre mi fa male la gola e ho il naso attappato, quindi non riesco né a parlare né a respirare-
-Mi dispiace...posso fare qualcosa?-
-Fammi compagnia. Mi sento terribilmente sola rinchiusa in queste quattro mura. Parlami di qualcosa: ad esempio, cosa hai fatto oggi?-
-Niente di che: sono stato al campo, e ora sto per cenare. Ora però voglio indovinare cosa hai fatto tu; sono convinto che indovinerò: ti conosco abbastanza bene da riuscirci. Probabilmente sei stata tutto il giorno a letto a tenerti compagnia leggendo qualche libro di Oscar Wilde, giusto?-
-Si, è andata esattamente così- conferma lei, per poi tossire.
-Non sforzare la voce; in fondo, questa è un'occasione per vedere quanto sono bravo a monologare-
Veronika ridacchia.
-Non ho molti argomenti a disposizione, ma troverò qualcosa-
-D'accordo- dice lei, ridendo.
-Ad esempio, ieri Edgard ha ritrovato una foto della madre di Bruce, con Bruce in braccio, di appena un anno. Rivedendola, mi rendo conto che era davvero una donna graziosa. Ho lasciato quella foto nella stanza di Bruce: non ha molti ricordi della madre, magari gli farà piacere averne una foto...se mai la vedrà- afferma tristemente il generale.
-È un bel pensiero. Sono convinta che gli piacerà, quando la vedrà-
-Cosa stai facendo ora?-
-Sono a letto. Sto leggendo un libro...di Oscar Wilde-
-Scommetto ciò che vuoi che stai leggendo "Il ritratto di Dorian Gray"-
-In effetti è così- risponde lei, ridendo.
-Ne ero sicuro: tempo fa dicesti che era il tuo libro preferito-
-Mi stupisco che lo ricordi ancora-
-Oh, ricordo tutto-
Hoffmann sente Veronika fare un sorriso compiaciuto.
-Devo andare ora. Ti chiamo domani-
-D'accordo, ciao Mark. Grazie per la compagnia-
-Di nulla, a domani- risponde il generale attaccando.
Finito di cenare, il generale continua a pensare a Veronika, poiché pensare ad altro lo farebbe stare solo male.
Una donna così bella...come ha fatto a non trovare marito? Continua a chiedersi questo il generale.
E se le facessi visita?, pensa, le farebbe piacere?
Decide di farle una sorpresa.
Lui non ha niente da fare, e lei sta male. Conviene ad entrambi stare insieme.
Bussando alla sua porta, ha paura di aver sbagliato indirizzo: a casa di Veronika è stato una volta o due, e non ricorda molto bene dove abiti.
Quando Veronika apre la porta, si accorge che ricordava bene.
-Veronika...ciao- esordisce lui.
-Mark, che ci fai qui?- domanda lei entusiasta, facendogli cenno di entrare.
-Beh, tu stai male, io stasera non ho niente da fare e ho pensato che potevamo farci compagnia a vicenda-
-È stato un pensiero carino da parte tua- dice lei, abbracciandolo.
-Sei abituato a vedermi in tutt'altro modo: se mi avessi detto che venivi mi sarei data una sistemata- prova a dire, con un filo di voce.
-Ti ho già detto di non sforzare la voce. Comunque non credere che ti renda meno bella o desiderabile apparire trasandata. Ai miei occhi rimani bellissima-
Veronika ride.
-Posso chiederti la cortesia di continuare questa conversazione a letto? Non mi reggo in piedi- dice lei.
-Certo- risponde il generale, prendendola in braccio.
-Ma che fai?!- domanda divertita lei, stringendoglisi al collo.
-Ti porto a letto-
Veronika lo osserva con aria sognante.
-Che c'è?- domanda divertito lui.
-Niente- risponde Veronika, che in cuor suo pensa a quanto sarebbe bello andare a dormire così sempre: con la sicurezza di rivedere quell'uomo la mattina dopo e quella dopo ancora e così sempre, per sempre.
Mark la adagia sul letto, sedendosi affianco a lei.
-Vuoi che ti porti qualcosa?- domanda Mark, accarezzandole la guancia.
Fa cenno di no con la testa.
-Hai freddo?- domanda lui.
Veronika fa nuovamente cenno di no con la testa.
Mark e Veronika, da quando si conoscono, si sono baciati sulle labbra solo cinque volte. Per baci non si intende quel tipo fugace e veloce, a volte persino privo di significato, ma quei baci che ti attraversano l'anima e che non vorresti mai terminare. Cinque volte in vita loro la passione li a spinti a baci tanto vivi.
Si baciano spesso, ma poche volte con il trasporto che un sentimento mai accettato, compreso o ignorato regala.
Si osservano per alcuni istanti; non si fanno il problema di dire qualcosa: non servono parole in quel momento.
Mark si avvicina alle labbra di Veronika, la quale mette le mani sulle sue spalle.
-Mark, sto male: potrei attaccarti il raffreddore, il mal di gola e la febbre, ammesso che ce l'abbia- sussurra Veronika, con le labbra di Mark a un palmo dalle sue.
-Oh, credimi se ti dico che ho sopportato di peggio- risponde lui, dandole un casto bacio.
Da un uomo come Mark Hoffmann non ci si aspetta questo tipo di baci: troppo innocenti per un uomo come lui.
Veronika rimane qualche secondo immobile, prima di circondare il collo dell'uomo con le sue braccia.
Si sente così bene...non le sembra vero essere tanto felice.
Poche volte Veronika è stata veramente felice in vita sua; un'esistenza di sofferenza e rinuncia fa da cornice a un'infelicità che solo Mark sa colmarle. Fu veramente felice quando, a vent'anni, si fidanzò per la prima volta, e quando la relazione terminò stette molto male; un'altra volta fu quando, a ventisette anni, trovò il suo attuale lavoro, dopo una serie di tentativi falliti come sarta; un'altra ancora fu quando si rese conto di amare Mark, e l'ultima volta, beh...la sta vivendo ora.
-Facciamo l'amore, Mark- gli sussurra Veronika ad un orecchio, mentre lui le bacia il collo.
Si accorge di ciò che ha detto troppo tardi: mai stata tanto fine, doveva esserlo proprio ora!
Mark si allontana per guardarla meglio.
-Cosa?- domanda Mark, guardandola.
Il suo tono serio, influenzato da sentimenti che non vuole ammettere a sé stesso, è tradito dalla sua espressione che supplica di sentire ancora ciò che ha chiaramente udito.
-Niente- risponde frettolosamente lei, distogliendo lo sguardo dalla vergogna.
Mark la osserva alcuni istanti.
-Non vergognarti: troverai un uomo degno di fare l'amore con te. È un pensiero bello, una necessità tenera, un desiderio puro...non ha nulla a che vedere con questo mondo- dice Mark.
In quel momento, Veronika capisce di non avere la minima speranza di far innamorare Mark, e che aver aspettato tanto non ha portato a nulla, date le sue ultime parole.
Troverai un uomo degno di fare l'amore con te, ha detto. Ciò significa che esclude se stesso a priori.
-Perché non puoi essere tu?- domanda stupidamente lei, senza pensarci.
Quelle parole, dettate dal dolore crescente, hanno indirettamente confessato a Mark i suoi sentimenti.
Mark si allontana lentamente, e prende le mani di Veronika tra le sue, ormai seduto.
Sospira.
-Perché io non sono più capace di amare. L'ultima volta che ho amato, mi è stato spezzato il cuore con brutale realismo e sincerità, e da allora credo di aver perso ogni capacità di nutrire un sentimento più forte dell'amore filiare che mi lega a Bruce-
-Ma questa volta potrebbe essere diverso- dice Veronika.
Mark scuote la testa incredulo.
-E chi dovrei amare?- domanda lui, guardandola.
Veronika non sa come rispondere: sa bene che la risposta che ha in mente distruggerebbe immediatamente anni di affetto.
Abbassa lo sguardo.
-Non lo so...ha tanta importanza chi?- dice, facendo scendere delle lacrime dagli occhi.
Mark non è mai stato un uomo stupido o poco sveglio, e se ne aveva il sospetto da tempo, ora ha la conferma del fatto che Veronika prova qualcosa per lui.
Vorrebbe tanto risponderle come sogna lei, ma qualcosa impedisce all'uomo di farlo, ed ecco che la negazione di qualcosa che è evidente provi lo porta a far soffrire altri, che in questo caso è la sua dolce e amata Veronika.
Senza dire niente, la cinge in vita e la attira a sé.
Veronika si stringe all'uomo, cominciando a piangere senza sosta.
Mark si sente in colpa: sa che se Veronika sta piangendo è solo colpa sua, della sua incapacità di andare avanti e dal fatto di non voler accettare sentimenti che sa di provare, ma che ha paura di accettare terrorizzato dall'idea di soffrire di nuovo.
Sa che con Veronika sarebbe completamente diverso; ma non ha paura di prendere un impegno serio con lei, ha paura di se stesso: lo terrorizza l'idea di legarsi nuovamente a qualcuno, di vivere nuovamente per questo qualcuno e di arrivare a provare un sentimento tanto profondo.
-Non sei tu Veronika: tu sei perfetta; sono io il problema: sono io che sono un vigliacco e ho paura di fare i conti con qualcosa che non ho mai accettato-
Il pianto diminuisce. Come prova, resta solo la chiazza d'acqua sulla camicia dell'uomo.
Veronika fa respiri profondi. Al suo malessere, ora si aggiunge anche il dolore che solo Mark sa provocarle.
Mark le accarezza i capelli: sa quanto lei ami quel gesto.
-Non ne posso più di stare male: voglio essere felice anche io, me lo merito!- urla sul suo petto.
-Cos'è che ti renderebbe felice?-
-Baciami- sussussa lei.
Mark le sorride.
-Vuoi farmi ammalare- afferma, prima di farla sedere a cavalcioni su di lui.
-Avresti un motivo per riposare. Si nota il tuo nervosismo...-
-Non è vero- minimizza lui.
-Si che lo è. Lo ti si legge in faccia che sei stanco. Da quanto tempo non dormi per più di sei ore di fila?-
Mark sbuffa divertito.
-Io sto bene, e voglio solo far star bene te, perciò ora chiudi quella bocca e fatti baciare, altrimenti non potrò ammalarmi e riposare-
Veronika sorride appena.
-Sei così bella quando ridi- afferma Mark senza pensare.
Veronika abbassa lo sguardo e scrolla la testa.
-Lo stai dicendo solo per farmi smettere di piangere-
-Non è affatto vero. Lo penso sempre- risponde Mark, asciugandole le lacrime.
-Sai che dovrei odiarti in questo momento, vero?- domanda lei, ridendo.
Mark sospira.
-Lo so. Sei la donna più importante della mia vita- risponde.
-Davvero?-
-Si. Ovvio che si...se non ci fossi tu sarei disperato, lo sappiamo entrambi-
Veronika accenna un sorriso. Ha un'espressione devastata.
Mark le dà un bacio sulla guancia.
Veronika, con fare lento e straziante, posa le mani sulla camicia di Mark, sbottonandola.
Non dicono niente, si spogliano a vicenda guardandosi; si baciano con ardore, per poi abbandonarsi ai loro istinti. E in quel momento tutto scompare: i problemi e i dolori sono solo un lontano ricordo.
Senza saperlo, stanno facendo l'amore.
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