Capitolo 40
Non ricordo se l'ho scritto in altri capitoli, quindi lo specifico ora: tempo fa cambiai i provvisori nomi di alcuni personaggi. La madre di Zelda, ad esempio, anziché chiamarsi Claire si chiama Edith, ora. Così come per Logan, che cambiai in Franz, o Trevor, che cambiai in Emil.*
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Da qualche parte vicino Auschwitz
Nei giorni che hanno seguito la notte con Veronika, il generale vive con un pensiero fisso in testa.
Non riesce né a lavorare né a pensare, poiché sia Bruce che i ricordi della donna che ha amato e che ama tutt'ora sono un pensiero irremovibile.
L'idea che suo figlio possa essere già morto, come la donna a cui non fa altro che pensare, fa si che non riesca nemmeno a parlare.
-Desidera qualcosa, signore?- domanda il maggiordomo Edgard, con molta cautela: sa come l'uomo per cui lavora possa essere irascibile.
Il generale, intento a provare a lavorare, scatta improvvisamente sulla sedia.
-Cosa?- domanda confuso.
-Desidera qualcosa?-
-Si, anzi no, no. Grazie comunque Edgard- risponde sbrigativamente.
-È sicuro di non volere neanche un tè? Sembra molto nervoso...-
-Oh Edgard non ne posso più di lavorare! Com questo non intendo dire che mi pesa ciò che faccio, ma non vorrei altre "distrazioni" oltre Bruce ed Ed- si interrompe.
Fa ancora male pronunciare il suo nome.
-Cosa diceva?-
-Niente. Non voglio pensare ad altro che a Bruce e il lavoro mi distrae- dice, abbassando la testa.
-La conosco da abbastanza anni per capire e sta mentendo o meno. Lei e suo figlio siete sempre stati un libro aperto per me- afferma il maggiordomo Edgard, con orgoglio.
Il generale sospira.
-Non ho voglia di parlarne. Non offenderti, ti prego. Ma è una cosa talmente intima che non mi sento di parlarne a più di una persona. L'unica persona a cui ho osato parlarne è stata Veronika l'altra sera, ma è stato puramente casuale: è stato un momento di debolezza. Ti assicuro che saresti stata la prima persona a cui ne avrei parlato. Non ti sto dicendo che non te ne parlerò, lo farò, ma non ora. Non odiarmi, ti prego- dice il generale, pieno di vergogna.
Il maggiordomo Edgard gli rivolge un sorriso apprensivo.
-Non si faccia questi problemi, signore. La conosco abbastanza da essere convinto che me ne parlerà quando sarà pronto- dice il maggiordomo, per poi uscire.
Il generale rimane solo nella sua agonia. Mai avrebbe pensato che avere un figlio fosse tanto difficile.
Squilla il telefono.
-Pronto?-
-Mark!- urla una voce femminile.
-Veronika, cosa vuoi? Sto lavorando...- domanda il generale irritato.
-Qualcuno qui si è alzato con il piede sbagliato. Ma ad ogni modo, volevo sapere come stai e se ci sono novità su tuo figlio...-
-Non ci sono novità. Per quanto riguarda me, la mia sanità mentale è sul punto di crollare-
-Ti va se vengo a farti visita questo pomeriggio?-
-Veronika, non prenderlo come un rifiuto, ma se vuoi venire per fare ciò che immagino non sono dell'umore-
-Stia tranquillo generale, non la disturberò più con le mie proposte- afferma Veronika offesa.
-Veronika, ti prego. Non ti ci mettere anche tu: sto già abbastanza male così-
-Quindi stare con me ti farebbe stare peggio? Scusami tanto Mark se avevo voglia di sentirti e mi sono preoccupata per te, prometto che la prossima volta che ti telefonerò sarà al solo ed unico scopo di programmare una scopata!- urla lei, per poi riattaccargli il telefono in faccia.
Il generale si passa le mani fra i capelli, scrollando la testa.
Tra le sue preoccupazioni, ora si aggiunge anche Veronika.
La dolce Veronika, come l'ha soprannominata lui nella sua testa.
Tra le numerosi amanti che ha, Veronika occupa un posto speciale nel suo cuore. Una sorta di dolce tenerezza lo lega a quella ragazza tanto bella quanto spregiudicata. A prima vista la definirebbe una donnaccia qualunque; ma lui la conosce, e nonstante vanti anche lei numerosi amanti, mantiene quella svegliezza necessaria a sopravvivere a una vita così passiva.
Decidendo che si occuperà dopo di Veronika, il generale decide di porre fine al supplizio emotivo che sta vivendo, azzardandosi a fare una mossa estremamente egoista e scorretta.
Chiama il sottufficiale Müller, nonché amico.
-Buongiorno Müller, ho bisogno di un favore- esordisce il generale.
-Buongiorno generale, mi dica-
-Ho necessariamente bisogno che mi venga portato da lei stesso, in assoluta discrezione, la lista con i nomi delle prigioniere della baracca numero sette. Ho anche bisogno che mi porti la lista con i nomi dei prigionieri della baracca dodici. E per nomi intendo dire nomi, non numeri. Ci siamo capiti?-
-Generale, se mi posso permettere, a co-
-No Müller, mi perdoni: non può permettersi-
Müller sospira.
-D'accordo. Non so come ma riuscirò ad avere quelle liste. Entro quando vuole che gliele porti?-
-Entro le quattro andrà benissimo. Grazie mille, Müller: le devo un favore-
-Si figuri, generale-
Detto questo, il generale attacca con estrema soddisfazione.
Ha fatto riferimento alla stupefacente memoria visiva di cui è dotato per ricordare i volti dei nomi che vuole ritrovare in quelle liste. Non ricorda bene, ma è convinto che chi cerca sia ancora vivo e sia passato casualmente sotto il suo attento sguardo, entrando nelle baracche di cui ricorda i numeri.
-Come da accordo, ecco qui ciò che mi aveva chiesto- dice Müller, fiero di sé.
Scaraventa sulla scrivania del generale una cartellina grigia.
Il generale vi dà una veloce occhiata, per poi fare un mezzo sorriso compiaciuto.
-Sei sicuro che siano le baracche sette e dodici?- domanda Hoffmann, allarmato.
-Più che convinto. La prima lista è quella del settore femminile, baracca sette. La seconda, quello maschile, baracca dodici-
-Le devo un enorme favore-
-Suvvia generale, è stato un bel passatempo impazzire cercando quei due fogli di carta- afferma Müller, scherzando.
Finiti i convenevoli, Müller se ne va, ma non prima di aver giurato che non avrebbe aperto bocca in merito alla questione.
Subito il generale passa in rassegna i nomi sulla lista maschile, soffermando su ciascuno una puntigliosa attenzione.
John Mizrachi.
A quel nome gli occhi del generale sono increduli. Osserva il numero a cui corrisponde il nome, 45643.
Prende una penna e sottolinea il suddetto. In un istante, il dimenticato dolore alla spalla ricompare, nell'esatto punto in cui fu segnata la sua scomparsa nella vita della donna che ama.
Un senso di rabbia repressa, ma anche un'infinita gratitudine, impediscono al generale di ordinare l'uccisione dell'uomo, suo unico rivale.
Müller ha fatto qualcosa di estremamente intelligente: accanto a ogni nome, ha scritto se la persona è viva o meno.
John è vivo.
Da una parte il generale è felice di ciò, dall'altra no.
Preso d'emozione, Mark passa in rassegna la lista dei nomi femminili.
Edith Mizrachi.
A quel nome, una miriade di ricordi si susseguono precipitosamente nella mente dell'uomo, mentre l'adrenalina che sale è incontenibile.
Ride, ride al soffitto come se questi potesse rispondere. Si alza dalla sedia e comincia a fare giri intorno alla scrivania, nella speranza che sedutosi di nuovo rivedrà quel nome con affianco scritto "viva".
Calmatosi, il generale si siede nuovamente sulla sua sedia e osserva quel nome sorridendo con gli occhi pieni di gioia.
-Oh, Edith...ti ho ritrovata- sussurra ridendo.
La giornata, cominciata nel peggiore dei modi, si stava rivelando utile a qualcosa.
Quel pomeriggio ha fatto convocare nel suo ufficio varie ragazze ebree della baracca sette, che essendo prossima alla morte, potevano rispondere alle sue domande su Edith senza andare a riferirlo a quest'ultima.
Quel pomeriggio, il generale ha scoperto che Edith e John hanno avuto sette figli, di cui solo due femmine.
Quel pomeriggio ha fatto tornare Müller con la richiesta di trovare tutti i documenti che riusciva a racimolare sui sette fratelli.
Quel pomeriggio, Müller, non si sa come, torna dopo due ore dalla richiesta del generale, con i documenti che egli voleva.
Sfogliando l'ultimo foglio, legge il nome Zelda.
Subito gli torna in mente la bambina conosciuta anni prima, durante l'inaugurazione di una gelateria. Ricorda cosa gli disse: "Lei è tedesco?", "Tutti i tedeschi che ho conosciuto sono biondi e occhi azzurri", "Mia madre mi ha parlato di lei"...
Gli si stringe il cuore nel pensare che quella ragazza potrebbe essere morta: affianco al suo nome c'è un punto interrogativo.
In pochi istanti il generale si rende conto di ciò che sta contribuendo a fare, delle morti che sta aiutando a causare, delle persone che sta facendo soffrire, perché così come lui si sta disperando per sapere cosa sia successo a questa ragazza, molte persone si stanno disperando per lo stesso motivo.
Gli torna in mente ciò che Müller gli disse qualche giorno prima: "C'è un'incongruenza di numero nel settore femminile".
Hoffmann spera con tutto il cuore di essersi sbagliato quando ha liquidato la cosa ipotizzando che avessero ucciso la ragazza. Ora spera con tutto il cuore che sia invece scappata.
Tutte queste notizie lo stesso giorno...Non è sicuro di poter resistere senza parlarne con qualcuno.
-Veronika?- esordisce il generale, telefonando a quest'ultima.
-Mark, cosa vuoi?- risponde lei, evidentemente arrabbiata.
-Volevo scusarmi per questa mattina. Sono stato scortese, e l'essere stressato non giustifica il modo in cui ti ho trattata. Voglio vederti, ho voglia di stare con te e parlare un po'...se a te va bene- dice lui, realmente pentito.
-Per "parlare" intendi parlare op-
-Intendo parlare, sta tranquilla. Se non ne hai voglia lo capisco: sono stato un verme- dice.
C'è qualche istante di silenzio.
-Solo se mi offri dello strudel- fa lei, divertita.
-Tutto quello che vuoi- dice lui, con tono adulatorio.
-Allora va bene. Ma dovrai farti perdonare con molto più di semplice strudel-
-Sai che sono un gentiluomo-
-Questo lo vedremo. A stasera, Mark- dice, attaccando.
Il generale si sforza di ricordare il momento in cui l'ha invitata a cena, ma conoscendo Veronika, non serve porsi questa domanda.
Durante la telefonata, è stato difficile nascondere l'eccitazione causata dalla notizia di Edith, John e famiglia.
Prima che arrivi Veronika, il generale ha ancora un'ora...che impiegherà in modo molto produttivo.
-Mi dica generale, sta battendo il record: più di due visite in un solo giorno!- afferma Müller ridendo dall'altro capo della scrivania.
L'espressione del generale, tuttavia, trasuda vergogna.
-Posso permettermi di chiederle come sta? La vedo...assente- dice Müller.
Il generale scrolla la testa.
-Müller, io e lei ci conosciamo da tanto tempo ormai. Ricorda quando due anni fa la salvai da quell'inglese che voleva ucciderla in battaglia? Diceste che avrebbe ricambiato il favore...ed è ora di farlo-
Müller cerca nella memoria quel momento.
-Come vuole che che ricambi?- domanda.
-Mi permetto di chiederlo a lei perché so che terrà la bocca chiusa. È una faccenda molto delicata, è quindi sottinteso che pretendo la massima discrezione-
Müller fa un'espressione indecifrabile.
-Di cosa si tratta?- domanda curioso.
-Deve prima promettermi che farà questo per me- dice impassibile il generale.
-Se sapessi di cosa si tratta volentieri- fa lui.
-Ecco...c'è un motivo ben preciso se le ho chiesto tutti i documenti che è magicamente riuscito a consegnarmi questo pomeriggio...-
-Lo so- lo interrompe Müller.
-Cosa sai?- domanda Hoffmann impanicato.
-Non so di cosa si tratti, ma vedendo che si tratta di un'intera famiglia credo ci sia dietro qualcosa di grosso-
Il generale si tranquillizza.
-Esattamente- afferma -e ciò che sto per chiederle di fare va contro il nostro codice e la nostra moralità-
-Cosa le serve?- domanda Müller, educatamente.
-Ho bisogno che protegga tutte le persone sottolineate- dice il generale serio, allungando i documenti verso Müller.
Egli li scruta velocemente, per poi guardare il generale.
-È uno scherzo?- domanda con un mezzo sorriso.
-Sono serio. Non perderei tempo a fare scherzi del genere- fa lui, impassibile.
-Ah- commenta Müller, stando in silenzio alcuni istanti.
-Cosa intende esattamente per "proteggere"?- domanda dopo.
-Intendo dire che devi far sì che nessuna di queste persone muoia per nessun motivo-
-Non posso farlo- afferma.
-Ma tu devi farlo-
Müller sospira.
-La supplico- dice il generale, senza ormai speranze.
Ci sono alcuni istanti di silenzio.
-Quante volte ha supplicato qualcuno?- domanda Müller curioso.
-Ho supplicato una sola volta in vita mia, una sola donna-
-Chi?-
-Quella sottolineata in rosso- risponde.
Aveva sottolineato tutti con una penna nera, ma lei con una penna rossa.
Müller lo guarda cercando di capire cosa fare, ma avendo capito che, se davvero un uomo tanto orgoglioso è arrivato a supplicare una donna, allora ne vale la pena davvero.
-Perché dovrei farlo? Mi dia solo una buona ragione- dice.
Il generale sospira.
-Non le dirò cosa mi spinge a farle questa richiesta, ma le dirò che se mi aiuterai, gliene sarò grato per tutta la vita...per quel che vale-
Müller sospira.
-Ma ha pensato a quello che rischieremmo entrambi?- domanda.
-Mi assumerò tutte le responsabilità- afferma il generale convinto.
-Io so che me ne pentirò- dice Müller.
A quella affermazione, sul volto del generale compare un enorme sorriso. Sorriso che non vedeva da tempo.
-Io...non so come ringraziarla!- urla il generale.
Müller ride imbarazzato.
Sul volto del generale però, torna un'ombra cupa.
-Müller- lo chiama.
-Mi dica-
-Ho bisogno di un'altra cosa- afferma il generale vergognandosi.
Müller sospira.
-La ascolto-
-Tra i figli di questi coniugi- pronuncia "coniugi" con amarezza - uno rimane un mistero. Si tratta di una ragazza...l'ho conosciuta quando aveva dieci anni circa. Ora è una giovane donna probabilmente, ma essendoci qui un punto interrogativo mi viene da pensare che-
-È quella l'incongruenza di cui le parlavo giorni fa. Il numero di quella ragazza non corrisponde al numero delle prigioniere vive, ma neanche di quelle morte. Ha supposto che probabilmente è già stata uccisa, ma non è registrato da nessuna parte- afferma Müller, con molta professionalità.
Il generale riflette alcuni istanti.
-E se fosse scappata?- domanda.
Müller fa un'espressione perplessa.
-Lo trovo molto improbabile, ma mettiamo caso che sia così, dove credi che sia andata senza cibo e senza acqua, per giunta già malnutrita e ai limiti della sopravvivenza?-
Il generale tace per alcuni secondi.
-Müller, tu sai a che baracca era assegnata?-
-Chi? Questa "Zelda"?- domanda lui.
-Lei-
-Si, baracca numero nove. Perché?-
-Così, curiosità- risponde il generale, ma nella sua testa sa già quale sarà la sua prossima mossa.
-Se non c'è altro, io andrei. Sono molto stanco, e il mio lavoro è finito per oggi. Domani vedrò di identificare questi tali a cui devo fare da angelo custode, ma nel frattempo vedrò di informarmi, non so come, su questa ragazza-
-Non ce ne sarà bisogno, Müller: so già cosa fare-
-Cosa?-
-Lo vedrà...-
-Come vuole, buona serata generale. Posso darle un consiglio?-
-Dica-
-Dovrebbe prendersi una pausa dal lavoro: la vedo molto stressato-
-Lo sono-
-Mi dispiace. Suo figlio? Novità?-
-Vedo che le notizie corrono...-
-Non immagina quanto-
-Ad ogni modo, non ne ho idea. Sto male, mi manca...terribilmente-
-Sono sicuro che andrà tutto bene, generale. Buona serata-
-Grazie di tutto, Müller. Me ne ricorderò- dice il generale, prima che Müller gli faccia un cenno del capo e chiuda la porta dell'ufficio, uscendone con i documenti in mano.
-Ma è fantastico!- commenta Veronika, mangiando un boccone di strudel.
-Si...credo di si- afferma il generale, seduto affianco a lei.
-Hai appena ritrovato l'amore della tua vita e non sei neanche curioso di vederla? Fossi in te mi precipiterei davanti alla sua baracca e la aspetterei uscire!-
-Non è così semplice come credi...- dice lui, ingoiando l'ultimo boccone di strudel e bevendo del vino.
-Perché? Sono anni che non vi vedete! Anche se è sposata, non le costerà nulla parlare un po' con te. Magari le farà anche piacere- dice lei, sempre più entusiasta.
-Mi sputerebbe in faccia vedendo cosa sono diventato- dice lui, a testa bassa.
-In che senso?-
-Un nazista, Veronika! Uno schifoso bastardo che tortura anime innocenti, ecco cosa sono!- risponde, alzando il tono della voce.
Veronika non controbatte, sapendo che ciò che l'uomo sta dicendo è vero.
Mette una mano su quella di Mark, stringendola.
-Non hai idea di quanto vorrei rivederla...ma una delle ultime volte in cui ci siamo visti non finì bene-
-Posso chiederti come mai?-
Mark la osserva. Sospira.
-Una settimana prima il nostro ultimo incontro, Edith, si chiama così, litigò con il suo, ai tempi, fidanzato. Da come raccontava, sembrava un litigio definitivo, ne era convinta lei stessa. Venne a casa mia, si fece consolare...non so come, ci ritrovammo a baciarci sul mio letto. A differenza di altri, non ero scandalizzato dal fatto che avesse perduto l'innocenza prima del matrimonio. Certo, non è un qualcosa che fa onore, dovrebbe invece provocare vergogna verso se stessi, ma ciò non la rendeva meno seria o intelligente delle altre ragazze illibate e nubili. Quella sera ci abbandonammo ai nostri sentimenti, ai nostri desideri. Ero più che cosciente del fatto che Edith amasse il suo fidanzato, ma sapevo anche che amava me. Ne ebbi la conferma quella sera. Facemmo l'amore tutta la notte, i nostri corpi si cercavano tra quelle lenzuola, come se l'uno necessitasse del contatto dell' altra, come se essere uniti fosse la nostra unica salvezza...e forse lo era. Quella notte sarebbe dovuta durare di più...-
-Non credevo ci fosse tanto dietro questa donna...-
-Più di quanto immagini-
-Finora però non vedo dove sia il litigio...tra di voi, intendo-
-La mattina dopo si era già pentita. Ricordo cosa mi disse: "Sono estremamente desolata, Mark. Io...devo andare via, devo tornare da John. Io amo lui, lo sai...perché ci hai indotti a questo? Sai bene cosa provo per te, ma anche cosa provo per lui. Ieri ero fragile e confusa, non avremmo dovuto. Sappi solo che non mi pento di ciò che è successo questa notte...non lo dimenticherò: è stato terribilmente sbagliato ma anche terribilmente bello"-
C'è silenzio per alcuni istanti.
-Immagino ci sarai rimasto malissimo...- dice Veronika.
-Solo un po': mi aspettavo una reazione del genere. Me ne feci una ragione: lei non mi voleva e io la volevo terribilmente-
-Ma perché non ti voleva? Dico io, guardati: qualsiasi donna farebbe la fila per averti-
-John, suo marito, l'ha conquistata perché nonstante all'apparenza sembrasse ingenuo e benevolo nei confronti di tutti, era molto più furbo e sveglio di altri...ma non più di me. Mi accorsi subito che voleva portarla all'altare: era bella, intelligente, chi non l'avrebbe voluta? L'amava davvero però, questo voglio riconoscerglielo. Io, a differenza sua, prima di proporle il matrimonio volevo farla innamorare di me, farle prendere coscienza di amarmi e poi farmi sposare. Edith si accorse di amarmi, ma quando era ormai promessa sposa a John...quindi troppo tardi-
Veronika si siede sulle gambe di Mark, il quale la cinge in vita sprofondando nel suo collo, mentre gli passa una mano sulla schiena.
-Ti prometto che un giorno ti racconterò come è andata per filo e per segno, ma ora non ne posso più di ripensare a queste cose-
-Va bene, Mark. Ora pensiamo ad altro e...non so, occupiamo il tempo in modo produttivo- gli sussurra all'orecchio.
-Dio Veronika, se non ci fossi tu...- afferma Mark, dandole un'affettuoso bacio sulla guancia.
Veronika si stringe più forte all'uomo.
-Lo so, saresti perso...d'altronde non tutti hanno la fortuna di avere un'amante come me- dice lei, ironicamente.
-Sono serio. Sei importante per me, forse non te l'ho mai detto ma lo penso con tutto il cuore- afferma Mark, guardandola.
-Cos'hai stasera? È la tua nuova tecnica di seduzione?- domanda lei, divertita.
-No, è una spassionata confessione che ti sto facendo ora- dice serio lui, guardandola intensamente.
Veronika ride.
-Sai, tra tutti gli uomini che conosco, tu sei quello che mi tratta meglio...grazie: è bello sentirsi...non so, importanti per qualcuno. Non credo di esserlo mai stata...per nessuno- risponde lei, a testa china, con gli occhi lucidi.
Mark le accarezza i capelli.
-Sai, giorni fa passavo in centro e sono finito davanti a una gioielleria...mi sarebbe sembrato un peccato non entrare...- dice Mark, estraendo dalla tasca un piccolo contenitore di velluto che porge a Veronika.
Quest'ultima lo prende il mano, continuando a spostare lo sguardo dall'uomo all'oggetto, sempre più incredula.
-Beh? Non lo apri?- domanda lui, con un insolito sorriso sul volto.
-È...per me?- biascica in un sussurro, prendendo la scatolina con entrambe le mani.
Mark le fa cenno di si.
La apre. Al suo interno v'è un anello d'argento con sopra incastonato uno smeraldo, circondato da vari, piccoli, diamanti. Il fatto che lo smeraldo sia enorme, non fa si tuttavia che indossando l'anello si scenda nel pacchiano o nella volgarità, poiché l'anello stesso trasuda eleganza, e Mark non è uno sciocco: sa da chi farsi consigliare per cose del genere.
-Ma...davvero?!- domanda lei, sul punto di piangere.
-È tuo ora. Ti piace? Sono stato dentro quella gioielleria per due ore prima di trovare quello adatto a te secondo me-
I gridolini che seguono l'esaltazione di Veronika non sono umanamente descrivibili; ma in fondo, quale emozione lo è?
La sera si conclude senza ciò che sono abituati fare; fanno una partita a scacchi e davanti al fuoco parlano di tante cose diverse. Veronika gioca più volte con l'anello che Mark le ha messo al dito su sua richiesta, e Mark stesso è felice della reazione che ha avuto Veronika al momento della "consegna".
Senza rendersene conto, ha già da qualche giorno iniziato a provare più di semplice affetto per quella bellissima donna dal sorriso abbagliante...
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