Capitolo 37

Da qualche parte vicino Auschwitz

-Voglio sapere dove cazzo è mio figlio!- continua a urlare il più importante tra gli ufficiali delle SS in zona.
-Stia calmo, signore. Sono sicuro che tornerà presto. D'altronde, non è la prima volta che suo figlio fa una cosa del genere. Torna sempre, o sbaglio?- prova a tranquillizzarlo il maggiordomo affianco a lui.
-Non me ne frega un cazzo!- urla l'ufficiale, scaraventando al muro un bicchiere di vetro contenente del whisky.
Il maggiordomo cerca di nascondere l'urto provocato in lui dal gesto dell'ufficiale, sapendo che dopo dovrà pulire.
-Bruce è un ragazzino stupido e irresponsabile! Io alla sua età ero già sposato! Non mi mettevo a fare questi giochetti del cazzo solo per avere qualche attenzione! Come se ne avesse poche, d'altronde!- continua a sbraitare l'ufficiale, dando un calcio a una poltrona del maestoso salotto.
-Suvvia signore, il signorino Bruce è particolarmente attaccato a un comportamento puerile in alcuni casi, ma molte volte ha saputo dimostrare intelligenza e svegliezza per la sua giovane età- prova il maggiordomo.
-Molto sveglio, Edgard. Così tanto che appena ha deciso di giocare a nascondino ho dovuto cambiare tutti gli orari di guardia del campo! E tutto inutilmente, finché non torna: allora dovrò nuovamente cambiare gli orari! Quel ragazzo è davvero incosciente, irresponsabile e nullafacente! Non ha un briciolo di responsabilità e io non so più che fare!- ammette amaramente l'ufficiale, guardando a terra.
-Signore, sono convinto che il ragazzo tornerà con una spiegazione-
-Ma quale spiegazione? Fa così da quando ha quindici o sedici anni, e non mi sembra maturato molto nel corso di questi anni. Neanche l'indossare una divisa riesce a farlo responsabilizzare!-
-Magari per lui non ha lo stesso significato che ha per lei- osserva il maggiordomo Edgard.
L'ufficiale lo osserva con aria interrogativa.
-Cosa intendi?- domanda curioso.
-Guardi me per esempio: io indosso una divisa, che per me rappresenta rispetto e adeguatezza verso il luogo dove lavoro, ma magari per altri rappresenta  una camicia di forza che sono costretti ad indossare per arrivare a fine mese. Non so se mi spiego- dice il maggiordomo.
L'ufficiale riflette alcuni istanti sulle parole del maggiordomo.
-Bruce non ha mai voluto entrare a far parte del corpo militare germanico; l'ho costretto io- ammette pieno di vergogna l'ufficiale.
-Lo so- afferma il maggiordomo Edgard.
-Lo sai?- domanda l'ufficiale stupito.
-Suo figlio e venuto più volte a lamentare le sue frustrazione a me-
-E cosa ti ha detto? Perché io non ne sapevo niente?- domanda l'ufficiale alterato.
-Diceva che avrebbe tanto voluto iscriversi alla facoltà di giurisprudenza e diventare avvocato. Soffriva molto la sua disapprovazione riguardo ciò, ma soffriva ancor di più il dover picchiare o uccidere persone di cui non gli importava nulla. Soffriva il suo disinteresse verso le sue opinioni e i suoi desideri- dice il maggiordomo Edgard con una nota di rimprovero.
L'ufficiale, reso preda dei sensi di colpa dopo quanto detto dal maggiordomo, si siede sul maestoso divano affianco a un tavolino, dove sopra v'e un telefono.
-Il nostro rapporto è peggiorato da quando è un' SS. Prima litigavamo, ma ora va sempre peggio. Ho paura che con il passare del tempo questa cosa ci porterà a una rottura totale, e Dio solo sa se ho voglia di perdere il mio unico figlio- dice l'ufficiale.
-Lei non lo sta perdendo. Suo figlio le vuole bene, molto bene; più di quanto immagina. È semplicemente addolorato, e l'unico modo per farglielo capire e quello di venirgli contro nella speranza che, magari un giorno, capirà e avrà il suo appoggio-
L'ufficiale sospira.
-Me lo auguro- dice.
-Posso sapere com'è andata...questa volta?- osa chiedere il maggiordomo Edgard.
-Beh...quella mattina è entrato nel mio studio dicendo che all'Università di Oxford erano disponibili degli ultimi posti per gli interessati alla facoltà di giurisprudenza. L'ho mandato via senza troppe cerimonie dicendogli di tornare quando avrebbe avuto qualcosa di importante da comunicarmi. Da lì è cominciato il nostro litigio, e se ripenso all'entusiasmo con cui mi stava parlando, ad oggi, forse, lo ascolterei- racconta l'uomo, guardando il volantino che il figlio ha lasciato sul tavolino del salotto, poco prima di andarsene.
-Oxford...punta in alto- osserva il maggiordomo Edgard.
-Già, anche troppo. Il problema non sarebbe finanziare i suoi studi, bensì il fatto che dove vuole andare lui ci sono solo inglesi: sarebbe un suicidio andare a studiare in Inghilterra, di questi tempi-
-Probabilmente non ci avrà pensato-
-Ma a cosa pensa lui? A niente, ecco a cosa. Gli basta uscire e divertirsi- afferma sicuro l'ufficiale.
-Credo che lei e Bruce abbiate una concezione un po' diversa di divertimento- dice il maggiordomo Edgard.
All'ufficiale scappa una piccola risata, seguita da un grande momento di sconforto.
-Rivoglio qui Bruce. A quanto pare non è bastato dare un ordine a quattro idioti per farlo tornare qui- dice l'ufficiale.
In quel momento arriva una telefonata.
-Pronto?- risponde l'ufficiale.
-Generale, sono Müller. Da vari giorni abbiamo riscontrato un'incongruenza con il numero delle prigioniere presenti nel settore femminile-
-Senti Müller, non ho idea di cosa tu stia parlando, e al momento neanche mi interessa. Risolvi da solo la questione, sono sicuro che farai un ottimo lavoro-
-Ma generale, io-
-Buona serata, Müller- dice l'ufficiale, per poi riattaccare.
Al momento il settore femminile era l'ultimo dei suoi problemi.
Sospira.
-Ho bisogno di distrarmi- afferma poi, facendo un numero di telefono.
-Veronika, si...perché non vieni a farmi visita questa sera? Perché non chiami anche Adalie? D'accordo, a stasera...- dice, per poi riattaccare.
-Crede davvero che andare a donne le farà dimenticare i suoi problemi?- gli domanda il maggiordomo Edgard con tono di rimprovero.
-No, ma mi aiuterà a scordarli per un po'- afferma lui, alzandosi.
-Ah e comunque mi hanno promosso: ora sono un generale. Il generale Mark Hoffmann- afferma il generale, mascherando il dolore con la fierezza.
-Le mie più sentite congratulazioni- dice il maggiordomo Edgard.
-Vorrei poterlo dire a Bruce- afferma il generale Hoffmann, con aria triste.
-Avrà modo di farlo, signore. Ne sono sicuro- lo rassicura il maggiordomo Edgard.
-Lo spero con tutto il cuore- dice il generale, per poi ritirarsi nelle sue stanze in attesa delle due giovani.

-Quindi tuo figlio si diverte a scappare per settimane e tu sei qui a divertirti?- domanda Adalie.
-Più o meno. Ma non credere che non che non lo stia cercando solo perché mi diverto qualche ora- dice il generale, toccando i capelli di Veronika.
-È ora che io vada- annuncia Adalie, sciogliendosi dalle braccia del generale e raccogliendo i suoi vestiti da terra.
-Cosa devi fare?- le domanda il generale.
-Domani sera mi vedrò con un uomo, e non voglio avere delle borse sotto gli occhi o un sonno atroce-
-Un uomo? Dovrai dimenticare il mio numero allora- dice il generale, scherzando.
-Lui mi piace davvero; e si, dimenticherò il tuo numero- risponde seria Adalie.
-D'accordo, ma facci sapere come va a finire- dice Veronika.
Finita di sistemarsi, Adalie annuncia: -A forse mai più Mark. Ciao Veronika- per poi uscire dalla stanza.
-Tu rimani comunque la mia preferita- sussurra Mark all'orecchio di Veronika, mordicchiandolo.
-E sarà meglio per te che rimanga così- intima lei, puntandogli il dito contro.
-Non ne ho dubbi, a meno che tu abbia una sorella seducente-
-Mark!-
-Scherzavo, lo sai- dice Mark, ridendo.
-Comunque, tornando al discorso di tuo figlio, credo che dovresti occuparti di questa faccenda più seriamente- afferma Veronika.
Mark si mette a sedere indispettito.
-Ma come ti permetti? Cosa vorresti dire?-
-Voglio solo dire che...non so, dovresti fare qualcosa in più-
-Ad esempio? Credi che non abbia fatto niente?-
-So che essere un genitore può essere difficile, ma-
-Tu non hai figli. Non sai cosa voglia dire crescere un figlio da solo, e vederlo allontanarsi ogni giorno di più da te. Non puoi capire- la interrompe Mark.
-Vedo quel bambino da quando ha quattro anni. L'ho praticamente visto crescere-
-Non vuol dire nulla, non gli hai mai neanche parlato-
-Si invece- afferma Veronika soddisfatta.
-Quando e perché? Ma soprattutto cosa gli hai detto?- domanda con sgomento Mark.
-Aveva circa sette anni. Tu eri uscito e avevi lasciato Bruce, così mi pare si chiami, con Edgard. Mi avevi detto di rivestirmi e andarmene quando volevo. Mentre finivo di vestirmi lui è entrato nella stanza, guardandomi curioso. Com'era bello! Un vero amore! Non ci piove sul fatto che la bellezza l'ha ereditata da te. Ma ad ogni modo, è entrato chiedendomi chi fossi e-
-Cosa hai risposto?- la interrompe Mark.
-Le ho detto che ero una tua amica-
-E lui?-
-Mi ha detto che ero molto bella- disse Veronika, sorridendo a Mark.
Mark alza un sopracciglio.
-Sul serio?-  domanda sorpreso.
-Osi forse insinuare il contrario?- domanda lei, divertita.
-No, no- risponde lui, ridendo.
-L'ultima volta che l'ho visto mi sembra fosse stato qualche mese fa. Crescendo, è diventato davvero un bel ragazzo. Mi stupisco che non abbia ancora trovato moglie-
-Anche tu sei molto bella ma non hai ancora trovato marito-
-Io non voglio un marito, per ora. E comunque non credo che un uomo mi sposerebbe sapendo che entro nel letto del primo che passa-
-Stai forse dicendo che io sono uno dei tanti?- domanda Mark, ridendo.
-Il più importante. Sei quello che conosco da più tempo- afferma lei.
Cala il silenzio per qualche istante.
-Mi manca terribilmente Bruce. Litighiamo quasi ogni giorno, ma è pur sempre il mio unico figlio, e darei l'anima per sapere dov'è in questo momento- afferma Mark, tristemente.
Veronika si stringe forte a lui.
-Magari il conforto di una puttana non ti sarà di grande aiuto, ma se hai bisogno di qualcosa io ci sono- dice lei, con la testa sulla sua spalla.
Mark la guarda.
-Tu non sei una puttana- afferma lui, guardandola.
-Si invece-
-Non per me- afferma lui.
Veronika gli sorride, e per un momento Mark dimentica di stare male.
A rovinare tutto è il telefono che squilla, svegliando entrambi dalla surreale situazione che stavano vivendo.
Mark sbuffa.
-Pronto?- risponde.
-Generale, perdoni l'orario, ma non la chiamerei a quest'ora se non fosse importante-
-Müller, non voglio essere scortese, ma non sono molto nella condizione di parlare. Dimmi velocemente cosa vuoi- fa lui, sbrigativamente.
-Come le ho già detto questo pomeriggio, nel settore femminile c'è un' incongruenza di numero. Ho provato più volte a risolvere la cosa da solo, ma non credo di riuscire a capire l'errore-
-Come hai detto, è un errore. Quindi, forse, l'avete uccisa e avete scordato di registrare il suo numero-
-Possibile, ma-
-Problema risolto Müller. A domani- dice velocemente lui, riattaccando.
-Non ne posso più di lavorare. Ho bisogno di una pausa- afferma.
-Si vede- dice lei, ridendo.
-Non è vero-
-Si invece-
Mark sospira divertito.
-Rimani a dormire qui stanotte, vero?- domanda.
-Mi sembrava più che ovvio. E poi devo distrarti, a maggior ragione devo restare qui-
Mark sospira.
-Bruce è un pensiero fisso. Pensavo sarebbe bastata una serata con te e Adalie per non pensarci, ma non è stato così. Mi manca terribilmente. Se penso che mi ritrovo in questa situazione perché mi sono rifiutato di ascoltarlo mi sento un mostro-
Veronika gli dà un bacio sulla guancia.
-Ti voglio bene, Veronika- dice lui.
-Oh, anche io- dice lei.
-Sei...preziosa. Non credo di averlo mai detto a nessuna se non ha- si blocca improvvisamente.
-Chi?- domanda lei.
-Nessuno- fa lui, sbrigativo.
-Sai che puoi dirmelo. E sai anche che insisterò per saperlo-
Mark sospira.
-Prima della madre di Bruce c'è stata un'altra donna, beh, ragazza. Era...semplicemente un sogno- dice, sul punto di piangere.
-Cosa...cosa le è successo?- chiede Veronika, a bassa voce.
-È, o era, ebrea-
-Ah- fa lei, a corto di parole.
-Ci siamo conosciuti quando avevamo avevamo quindici anni. Dal secondo giorno, io ero già pazzo di lei; sarebbe bastato un poco di tempo in più e l'avrei conquistata, se non fosse stato per l'improvviso arrivo del suo attuale, o deceduto, marito. È colpa sua se non riesco ad odiare gli ebrei come dovrei, capisci?-
-Capisco. Ma se eri pazzo di questa donna perché ti sei sposato con un'altra e ci hai fatto un figlio?-
-La madre di Bruce è stata un "ripiego". Non dico di non averle voluto bene: per lei ho provato sincero affetto, ma non sono mai riuscito ad amarla. L'ho sposata perché i miei genitori continuavano a farmi pressione-
-Non lo sapevo...mi dispiace-
-Nessuno lo sa. Però...ora ho sonno; meglio dormire- dice lui.
-D'accordo. Buona notte Mark- dice Veronika, dandogli un bacio sulla guancia -Vedrai che si risolverà tutto- aggiunge, per poi addormentarsi cullata dalle braccia del generale.
-Me lo auguro- sussurra lui, prima di addormentarsi avvinghiato a Veronika.

Nella notte il generale non ha chiuso occhio; ha pianto come non aveva mai fatto, poiché nella sua testa e nel suo cuore c'era il ricordo di Bruce che alimenta i suoi sensi di colpa e lo fa sentire vuoto.
Anche se prova a non pensarci o a negarlo a se stesso, Bruce gli manca più di ogni altra cosa al mondo.
La mattina seguente, si alza dal letto solo nella speranza di rivedere suo figlio in salotto a fare colazione; ma ovviamente non è così.
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Hello!
Questo era un capitolo un po' "alternativo".
Ditemi cosa ne pensate e fatemi sapere se ne volete altri così.
A me personalmente piace, ma fatemi sapere:)

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