Capitolo 29

Quanto vorrei non aver parlato. Ora non mi troverei nella situazione di costante imbarazzo con Bruce.
Abbiamo camminato tutto il tempo da quando abbiamo litigato.
Col passare delle ore ho riflettuto sul gesto di Bruce, e mi sono resa conto che nel suo tentativo di aiutarmi non c'era malizia.
Tuttavia, non riesco a perdonare quella mancanza di rispetto nei miei confronti.
Di uomini maleducati ne ho conosciuti, ma lui è davvero un caso a parte...
È dannatamente presuntuoso e orgoglioso per chiedermi scusa.
Non mi è mai piaciuto il suo modo di parlare, l'ho sempre trovato piuttosto volgare, ma quella frase poteva risparmiarsela.
Non ha neanche la metà dell'educazione che hanno gli altri ragazzi.
A volte sembra essere l'uomo ideale, un altro momento sembra essere il meno raccomandabile.
Non sarò io a fare il primo passo, deve essere lui.
Deve chiedermi scusa per la mancanza di rispetto che ha avuto nei miei confronti.
Parlare di rispetto tra noi due è un po' come parlare del fuoco e della benzina messi insieme.
Si poggia ad un albero.
Evidentemente è stanco, e lo sono anche io.
-Che ore sono?- gli chiedo, provando ad essere il più fredda possibile.
Mi guarda per qualche istante, poi mi ignora girandosi nuovamente.
Sbuffo.
-È maleducazione non rispondere a una domanda. Ma sopratutto è maleducazione non rispondere ad una signora; sappilo- dico.
Si volta nuovamente, mi guarda e si gira di nuovo.
-Per favore- aggiungo.
Si volta per la terza volta.
Mi guarda, e anche se vorrei evitare il suo sguardo continuo a guardarlo anche io.
Crede che cederò e abbasserò lo sguardo...
È lui a distogliere lo sguardo per primo.
-Sono le sei- dice a testa bassa.
-Possiamo camminare un altro po'- propongo.
-Sono stanco...E ho fame- biascica.
-Allora troviamo qualcosa da mangiare-
-Cosa pensi di trovare qui?- domanda irritato.
-Non possiamo saperlo se non ci guardiamo intorno-
Si guarda intorno a mo' di presa in giro.
-Io non vedo niente!- dice in modo teatrale.
-Potresti anche essere più rispettoso, sai?- dico, avvicinandomi a lui.
-E tu potresti anche essere meno stressante, sai?- dice, facendo un passo in avanti.
Stiamo per litigare nuovamente, e non ne ho proprio voglia.
-Noi...Noi dobbiamo smetterla di litigare- dico.
-Sei sempre tu che cominci-
-Non è vero, e lo sai-
-Ma se ti arrabbi per un nonnulla!-
-Tu mi hai mancato di rispetto, non mi sono arrabbiata per niente!-
-Io non ti chiederò scusa, sappilo- dice aspramente.
-Non ce n'è bisogno: so bene che non sei abbastanza uomo da chiedermi scusa guardandomi negli occhi- dico.
Istigarlo in questo modo lo farà cedere, ne sono sicura.
La sua espressione si fa più seria.
-Non c'entra niente l'essere uomini; io non voglio farlo perché mi rifiuto-
-Hai ragione: qui non c'entra l'essere uomini, c'entra l'essere rimasti all'età di sei anni!- gli urlo in faccia.
-Parli tu, che sei solo una ragazzina viziata ed egocentrica!-
-Di sicuro sono più matura di te! Dal comportamento che hai adottato puoi essere definito solo come un ragazzino presuntuoso!-
Si guarda intorno in modo teatrale.
-Tu...mi hai stancato- dice.
Stiamo litigando e se ne esce con "mi hai stancato"? Sul serio?
-Sei una ragazzina presuntuosa, noiosa, frustrata, egocentrica, orgogliosa, viziata e io non ti sopporto più!- urla a pochi centimetri dal mio viso.
Comincio a piangere.
Lui ormai deve esserci abituato, a questo teatrino.
Ogni volta sembra andare per il verso giusto, mi illudo che in fondo non siamo poi tanto diversi, e poi si comporta così, e io ci sto di nuovo male.
-Mi dai della frustrata e a rendermi così sei stato tu, tu e i tuoi amichetti tedeschi! Sappilo- dico.
Sbuffa.
-Tiri sempre fuori questa storia. Ti piace proprio fare la vittima- dice.
-Io non mi diverto a dover scappare da gente come te!-
-Nessuno ti costringe a farlo: se volessi tornare al campo farei sì che la tua permanenza sulla terra durasse qualche giorno più del previsto per voi ebrei. Sempre che tu sia disposta a concederti a "tutti i miei amichetti tedeschi", dato che la vita di un'ebrea si allunga solo a forza di fare la puttana. Ma tanto è inutile che te lo dica: sai meglio di me come aprire le gambe al primo che passa, no?- dice in tono calmo, con un ghigno in volto.
-Tu...Sei orribile- dico.
Pronunciata quella frase, mi allontano da lui, senza riuscire a vedere la sua espressione.
Le parole quasi non vogliono uscire.
Ora mi rendo conto che tutti gli sforzi che ho fatto non sono serviti a nulla.
Non ho neanche la forza di arrabbiarmi, sono solo disgustata dalla persona che ho davanti.
Vorrei solo sprofondare sotto terra e dimenticare ciò che è appena successo, ciò che mi ha appena detto.
Non mi importa neanche più il fatto che mi abbia offeso senza motivo, ma ha offeso il mio orgoglio di donna, e questo non glielo perdonerò mai.
Non mi aspetto che mi segui, non mi aspetto neanche più delle scuse: ormai non mi aspetto più niente.
Forse non sarei dovuta scappare, considerando che finora ho sofferto più fuori che dentro il campo.

Bruce si è rivelata una grande delusione: non ho mai pensato che ci saremmo tenuti a braccetto un giorno, ma riponevo le mie speranze nell'illusione che saremmo riusciti ad andare d'accordo.
Non dovevamo per forza esserci simpatici, ma avremmo potuto collaborare dato che ad unirci era un interesse condiviso.
Da quando la guerra è scoppiata, non ho mai voluto aprire gli occhi, non mi sono mai voluta arrendere al fatto che ormai fosse finita, ma ora mi rendo conto che lo è: è finita davvero, e se morirò non importerà niente a nessuno, dato che coloro a cui sarebbe dovuto dispiacere sono molto probabilmente già morti.
Sto male, molto male: Bruce è stato in grado di farmi soffrire più di quanto ci sarebbero riusciti cento schiaffi.
Vorrei poter tornare indietro e dimenticare tutto, vorrei solo che tutto questo non fosse mai accaduto.
Ora sarei nella mia camera, che un tempo credevo piccola ma che ora mi pare possa contenere il mondo intero; starei leggendo un libro sul mio letto, che consideravo scomodo ma che ora mi pare perfetto.
Rivoglio tutto ciò che avevo.
Rivoglio la mia vita.

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