Capitolo 27
-Che fine ha fatto l'uccello che avevi ucciso? Ho fame...- domando a Bruce, che sta giocando con il suo coltellino.
Sembra assorto in qualche suo pensiero.
È tardo pomeriggio: io e Bruce abbiamo camminato davvero tanto, e ora siamo seduti poggiati ad un albero.
-Cosa?- chiede svegliandosi.
-Quell'uccello che avevi ucciso...Ho fame: dov'è? -
Sembra riflettere alcuni istanti sulla mia domanda.
Si porta una mano alla fronte, in segno di rimprovero verso se stesso.
-L'ho lasciato lì...Insieme al bastone che avevo affilato-
-Il mio bastone! Ormai mi ci ero affezionata! Era il mio bastone! Come hai potuto dimenticarlo?! Ti odio!- urlo.
Sento le lacrime fare pressione per uscire.
Non voglio neanche trattenermi: ormai sà che una piagnucolona cronica.
Mi rendo conto che piangere per un pezzo di legno è ridicolo, però era il mio pezzo di legno, quello con cui ho picchiato per la volta Bruce.
Era un po ' il mio trofeo, e ora l'ho perso.
-Non l'ho fatto apposta. E comunque era solo un pezzo di legno...- minimizza.
-Si ma era il mio pezzo di legno!- urlo.
Mi sento una ragazzina viziata, ma in fondo non posso negare di esserlo...stata.
Però una viziata simpatica: non una smorfiosa o chissà cosa.
-Ti chiedo scusa! Ma ora devi metterci una pietra sopra!-
-Smetti di parlare!- gli urlo.
-Che?- sembra confuso.
-Non voglio ascoltarti! Sta'zitto!-
-No che non-
-Zitto!- lo interrompo.
Mi guarda storto e sbuffa.
-Zittito da una ragazza...- borbotta risentito.
-Mi vuoi rispondere?- chiedo a Bruce, dopo avergli chiesto l'ora per l'ennesima volta.
-Perché? Io devo stare zitto, no?- dice guardando avanti, con le braccia incrociate.
-Ma stai parlando in questo momento!- gli faccio notare.
Sbuffa.
-Non sbuffare!- gli ordino.
Mi guarda con aria di sfida, e sbuffa nuovamente.
Respiro profondamente.
-Per favore, puoi dirmi che ore sono?- chiedo con finta cortesia.
-Le sette e un quarto- risponde.
-Perché mi hai risposto solo ora?!-
Bruce mi farà esaurire, ne sono convinta.
-Io bado alla forma con cui viene comunicato un messaggio- dice ridacchiando.
Non so cosa rispondere: sento solo montare la rabbia dentro di me. Per metà pomeriggio non parla e ora mi dice che è perché non gli ho parlato in modo educato.
Non riesco a trattenermi: -Sei orribile!- gli urlo.
All'udire la mia esclamazione ride. Ride tanto.
-Non ridere!- gli ordino dandogli una pacca sulla spalla.
Il mio gesto sembra aumentare il suo divertimento.
-Mi stai prendendo in giro?- chiedo calma.
Si tranquillizza per rispondere.
-No- dice, respirando profondamente e trattenendo a sento le risate.
-A me pare di si-
-Fa' come vuoi- afferma guardando avanti a sé.
Trovo inutile anche solo provare a commentare la sua ultima frase.
-Perché ridi?- gli domando.
-Perché mi fa ridere il modo in cui mi insulti-
Rimango un attimo confusa.
-Ehm...Cosa?- chiedo.
-Lasciami stare: mi fa ridere e basta-
Non ho voglia di continuare questa conversazione: sono stanca e ho fame.
Ho i crampi allo stomaco, ho fame in maniera assurda.
Per distrarmi bevo dell'acqua dal ruscello.
È un bene aver continuato a camminare seguendo il lineare corso del ruscello.
Mi bagno la faccia.
Quanto vorrei potermi fare un bagno con del sapone...
È proprio vero che capisci il valore delle cose quando non le hai più, lo sto provando sulla mia pelle, e mi sto pentendo sempre di più di quando mi lamentavo della grandezza della mia stanza.
Ora è tutto ciò che vorrei, la mia stanza.
-In qualche modo dovremo mangiare- mi urla rimanendo seduto.
-Perché lo dici a me? Sei tu quello che ha perso il mio bastone e la nostra unica risorsa di cibo! È colpa tua- gli rispondo, muovendo l'acqua nel mentre.
-Chiariamo che io ho accidentalmente dimenticato ciò di cui stai parlando- chiarisce.
-Si, certo- rispondo con un velo di divertimento.
-Non mi credi?- domanda divertito.
-Perché dovrei?-
-Perché sono un uomo perfetto- afferma.
Rido alla sua affermazione.
-Tu...perfetto?- domando tra le risate.
-Ovvio. Dubiti forse del contrario?-
-Direi di si. E anche molto-
-Se lo dici un'altra volta vengo lì e ti butto in acqua. Credimi-
-Tanto non lo fai- rispondo sicura.
-È una sfida?- domanda divertito.
-Forse-
-Bene: sfida accettata- dice, per poi alzarsi e venire verso di me.
Poco prima di raggiungermi gli dico: "Non lo farai!", e lui, in tutta risposta: "Adesso vedrai"
Non appena si siede affianco a me mi prende le spalle e prova a spostarmi verso l'acqua.
Oppongo resistenza.
-Vedi che non ci riesci!- gli dico, sorridendogli beffardamente.
-Ora vedrai!- risponde divertito.
Perdo l'equilibrio e per poco non gliela dò vinta, quando mi aggrappo alla sua camicia per non cadere.
-Stavi per cadere!- afferma soddisfatto mente continua a fare pressione.
Alla fine vince lui: nonostante i miei sforzi non sono riuscita a resistere alla sua forza, e sono quindi caduta in acqua.
Una soddisfazione però l'ho avuta: mentre cadevo in acqua mi sono retta alla sua camicia, motivo per cui è caduto anche lui insieme a me.
-Alla fine ho vinto! Hai visto?- esulta schizzandomi.
-Solo perché ho voluto farti vincere!-
-Come no-
Lo schizzo.
-Adesso ti prendo!- urla, e comincia a correre in acqua per raggiungermi.
Lo schizzo, sperando di rallentarlo.
Tentativo fallito: riesce a prendermi e a buttarmi in acqua...di nuovo.
-Non è giusto però: tu sei più forte di me!-
-A qualcuno qui non piace perdere...- dice divertito.
Lo schizzo.
-Io so perdere, a differenza tua- dico.
-In che senso?-
-Nel senso che hai vinto perché non volevi perdere questa scommessa-
Ridacchia.
-Perché? Tu non avresti voluto vincere?-
-Certo che si, ma ho fatto vincere te per il semplice motivo che non volevo farti perdere-
-E perché non volevi farmi perdere?- dice in tono malizioso, alzando il sopracciglio.
-Perché sei un ragazzo orgoglioso, questo l'ho capito-
-Anche tu sei piuttosto orgogliosa-
-Non abbastanza da averti negato di vincere-
-Questo è vero. Però ora, dato che hai perso, meriti una penitenza- dice ancor più maliziosamente.
Sono sicura che sta già pianificando le peggiori torture pur di umiliarmi.
-Non puoi punirmi perché non sono forte come te!-
-Forse potresti...- riflette tra se e se, senza evidentemente avermi ascoltato.
-Smetti di pensare!- gli urlo.
Mi ignora.
Dopo pochi istanti mi guarda soddisfatto.
-Terrò l'opportunità di scegliere una penitenza per quando mi servirà-
-Cosa?-
-Quando vorrò farti fare qualcosa che non vuoi fare sfrutterò questa occasione. E tu dovrai fare qualunque cosa io ti dica di fare-
-Non farò qualunque cosa- affermo decisa.
-Questo lo vedremo- dice ghignando.
-Già, lo vedremo- dico in tono duro.
Ridacchia.
È dannatamente bello, e dalla camicia bagnata traspare il suo fisico muscoloso e perfetto.
È dannatamente quasi perfetto.
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