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Distolgo lo sguardo. Proietto tutta la mia attenzione sull'antiquario vicino il ristorante. Ha un'ampia esposizione di mobili d'epoca in legno intarsiati e qualche candelabro in ottone. Un quadro raffigurante una donna seminuda. Un cane in vetro colorato. Un mobiletto due ante basso, dallo stile totalmente diverso. Meno ricercato, meno barocco, meno classico. Un mobile in azzurro chiaro, tipico delle case vacanza dall'influenza marinara. 

Mi avvicino, lo esamino. Dev'essere unicamente riverniciato, perfetto per contenere abiti e maglie. Controllo il prezzo, un centinaio di euro. Magari se contratto per qualche minuto, ne vengo fuori con qualcosa in meno.

Esce fuori dalla bottega un uomo sulla sessantina. Non mi riconosce, com'è giusto che sia, diversamente da me, che da lui acquistai il baule per il battesimo di Costas. Gli dico che mi piacerebbe comprare quel mobile, così come mi piacerebbe avere uno sconto. Sorride e risponde che per una bella signorina straniera può fare un'eccezione. Ottanta euro. Accetto ben volentieri, pago e ringrazio. Ed è qui che sorge la domanda lecita.

Vuole che lo carichiamo in macchina oppure ha casa qui? C'è mio figlio che può aiutarla. Da sola è impossibile, signorina.

Mi volto verso la lunga rampa di scale, alla quale si accede solo tramite il cancelletto in ferro. L'adesivo bianco con ancora il mio cognome è discretamente visibile. 

Abito lì- rispondo.

Il signore chiama il figlio come promesso, che carica il mobile e con forza disumana, sale le scale come se fosse una ballerina di danza classica. Con eleganza, grazia e soprattutto leggerezza.

Mi sento sollevata all'idea che lui mi preceda. Si vede dal viso che è un gigante buono. Mi proteggerà da ciò che troverò.

Il terrazzo è completamente spoglio. Una superstite la lavatrice. Uno stenditoio nuovo di zecca e il divano. Non è rimasto più nulla, almeno credo. Darò un'occhiata al ripostiglio. 

Il ragazzone poggia il mobile accanto la porta, lo ringrazio. Gli dico che va bene qui, che penserò successivamente a dove collocarlo. Lo ringrazio ancora e sparisce dietro l'angolo della casa. 

Mi volto, venendo investita dalla brezza del mare. Da quella folata di vento carica di sale e acqua. La gonna si gonfia e le palpebre si abbassano. Era l'unica casa disponibile a buon prezzo, così come lo era stato un anno fa. 

Sono ritornata nel mio vecchio paese, dalla mia famiglia, dai miei amici. Nella casa che affittai dodici mesi prima. A primo acchito, qualcuno potrebbe credere che io voglia risistemare tutto, riprendere esattamente da dove ci eravamo lasciati. Non è così. È cambiato tutto, è cambiato troppo. Sono cambiata io. Eccetto le mie finanze, ecco. 

Mi avvicino all'ingresso, inserisco la chiave nella serratura. Apro leggermente la porta e do una sbirciata. Per un istante la mia mente teme di trovare all'interno Giulio e la sua valigetta, Michele che adirato, le mie urla. Invece tutto è ben diverso. Incuriosita, spalanco l'entrata e mi imbatto in un grazioso monolocale tutto tinteggiato in giallo paglierino. La collocazione del mobilio è differente. La cucina di fronte, il tavolo sulla mia sinistra con televisore al muro. 

La camera personale con letto sotto la finestra e tanti neon qui e lì. Un angolo vuoto per disporre il mio nuovo acquisto. Il bagno minimal, con tante mensole per gli asciugamani.

In cucina campeggia la scritta love, live, laugh. E del passato più alcuna presenza.




***

Vorrei avere le mani grandi e grosse per afferrare il tempo e rallentare lo scorrere del tempo. È domenica sera, esattamente una settimana dopo il mio arrivo. Osservo l'orologio ed incrocio le braccia. Non mi dai neppure l'agio di vivere bene i momenti, mi sfuggi, non mi fai godere pienamente delle mie azioni. Sbotto, adirata.

La libreria Odore di libri è rimasta inalterata, nulla è cambiato, compreso l'angolo erotico pieno zeppo di volumi dello scrittore di un anno fa. Il tipo improponibile che venne a farci visita, per la gioia delle battute di mio cugino Vittorio. Ah Vittorio, se solo pronuncio il suo nome mi prende la malinconia. Ieri proprio l'ho video chiamato. Quando lo vedo, così bello, così dolce, così premuroso con Monia, mi rattristo, perché li vorrei entrambi qui al mio fianco. Mi hanno precisato che ritorneranno, tempo utile di terminare i corsi presso la scuola di Zurigo. Sempre il tempo. Sempre lui, che mi allontana da chi amo.

Non vedo Michele esattamente dalla scorsa settimana. Ora vi chiederete come sia possibile non imbattersi in una persona in uno che più che paese è un villaggio. Se vuoi, puoi. Ed io ho voluto sistemarmi, adeguarmi nuovamente. Ho voluto vivermi i miei momenti, soprattutto con Titì. Vivermi nuovamente il mio lavoro e questo posto, che ha percepito tantissime mie emozioni e mi ha regalato moltissime soddisfazioni.

Come si dice? Tempo al tempo. Ecco, continuerò a far così. 

Approfitto dell'ora tarda, quasi le otto, per sistemare gli scaffali, così da avere già tutto in ordine per la nuova settimana. Abbiamo anche inaugurato la zona giochi, nulla di eclatante, ma utile per un regalo d'emergenza. Se si vuole fare un dono ad un bambino, bisogna recarsi alla città vicina, se non addirittura a Salerno. 

Sento il cigolio della porta. Il sonaglio suona. Qualcuno è entrato. Frettolosamente ripongo tutto e mi accingo, con il migliore dei sorrisi, ad accogliere il nuovo cliente. Mi fermo accanto la cassa.

Ciao- affermo con disinvoltura ed apparente calma.

Ciao Gioia- replica, frettoloso, puntando lo sguardo a destra e sinistra, chiaro segno di chi entra con un preciso intento.

Posso aiutarti? Cosa cerchi?- replico, dinanzi il suo chiaro atteggiamento.

Si sì, sono senza libro contabile e mi serve con urgenza- tira tutto d'un fiato.

Annuisco e mi reco dove ero prima, precisamente dove teniamo la cancelleria. Rovisto qua e là e afferro quanto chiesto, mettendo vicino una penna. Lo conosco abbastanza da sapere che ne perde una al secondo, un po' come l'accendino. A proposito, ma ha ancora il vizio del fumo?

Lo raggiungo, pongo il tutto in un sacchetto di carta colorata ed accetto la banconota da lui offertami. 

Michele sorride sotto i baffi che non ha, accorgendosi della penna infilata nel libro e giungendo alla conclusione che certe cose, vuoi o non vuoi, non cambieranno mai, compreso le abitudini delle persone. Batto lo scontrino.

Fumi ancora?- gli chiedo nel frattempo.

Infila la mano nella tasca del pantalone scuro, estraendo un pacchetto di sigarette. 

Forse più di prima.

Gli rispondo, tirando il labbro verso sinistra, non molto entusiasta.

Stai bene?- domanda- stai bene in quella casa? 

Mi acciglio- si, sto bene. Tutto cambia, casa compresa, anche se l'edificio è lo stesso.

Si avvicina di un passo. Il bancone ci divide. La camicia bianca sbottonata e la pelle scura in bella mostra. La barba curata. Il profumo forte.

E tu come stai?- stammi lontano Michè, stammi lontano. Ti odio e ti amo alla stessa maniera, con la stessa intensità. Stammi lontano, lasciami in pace. Prendi distanze da me.

Sto bene, abbastanza indaffarato...

Gli do il benedetto scontrino. Forse, in questo modo, andrà via. Lo guardo con intensità, con il chiaro atteggiamento di chi vuole sapere tu ora cos'altro vuoi.

Si schiarisce la voce- tra qualche settimana rientrano Vittorio e Monia dalla Svizzera.

Mi parla neppure se fossimo due genitori divorziati alle prese con i figli da gestire, evitando che loro comprendano il nostro distacco. Ma il nocciolo della questione è proprio questo, che Monia e Vittorio non sono figli nostri e che noi siamo lontani. Ci rispettiamo, siamo l'uno a disposizione dell'altro, ma lontani.

Si, lo so- commento refrattaria.

Gli squilla il cellulare. Lo afferra e fissa. Lascia che suoni per qualche secondo e pigia il pulsante rosso per terminare la chiamata. Mi guarda e mi saluta con gentilezza.

Sai dove sono, quando vuoi, se vuoi- specifica- sentiti pure libera di venir da me- compie qualche passo, poi si volta- per qualsiasi cosa, Gioia.

Anche tu- replico, secca.

Esce fuori tranquillamente. Lesta, mi avvicino alla seconda vetrina del locale. Lo vedo chiaramente con il cellulare in mano. Compone un numero, porta il telefono all'orecchio e inizia a parlare.

L'intuizione che diviene certezza: era lei ed è lei dall'altra parte del cavo.






Fine.
Grazie di cuore a tutti

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