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Nel collage, da sinistra:

Gioia, Michele, Lucia.


Le rivedo qui, di fronte, come in un fermo immagine. Più giovani, con qualche chilo in meno, i capelli freschi di tinta. I colpi di sole che luccicano. Il rossetto rosso appiccicato sulla tazzina del caffè, le dita affusolate che la reggono. Le loro chiome sofficemente poste l'una all'altra. Gli occhi bassi e fare interrogativo.

La mamma e la zia Sonia non sono mai state donne dai grandi vizi. Si concedevano al massimo una piega dal parrucchiere di tanto in tanto. Erano molto abili, come ogni casalinga che si rispetti, a far quadrare i conti a fine mese. Ciò comportava una serie di privazioni, che in fondo loro non giudicavano tali. La tintura, ad esempio, aveva un costo complessivo di poche lire e poi euro più l'aggiunta di acqua e corrente. La zia la stendeva sui capelli bianchi della mamma e viceversa, quarantacinque minuti di attesa ed entrambe con il capo sotto la fontana, chi della doccia in bagno, chi del lavatoio fuori il balcone. Acqua carica, densa di colorante scuro, maleodorante al punto da indurti un forte mal di testa, ma tremendamente familiare. Ed infine la piega, bigodini a gogò e quintali di lacca spray.

Ecco, forse la pratica del caffè era davvero il loro unico vizio, nonostante papà non ne capisse il senso, chiedendosi come fosse possibile che due donne così spigliate si lasciassero andare ad un affare così arretrato.

Le due leggevano nel caffè. Si svegliavano una mattina, si alzavano, portavano a termine le faccende personali e si recavano in cucina. Accadeva tutto in un secondo, una sbattuta di ciglia ed eccole che capivano fosse giunto il momento.

Preparavano il caffè, si accomodavano, bagnavano le labbra giusto il tempo di lasciare il segno del rossetto e guardavano sul fondo della tazza, sperando in chissà quale rivelazione. E send stavano lì per ore, con papà alle spalle che invitava me e Michele a non prenderle come esempio. Non per questo, almeno.

Casa di Athina profuma di detergente per i pavimenti. Le finestre areano la cucina. Costas dorme beato sul divano, avvolto dal pannolino e un asciugamano di lino per contenere il sudore. Ho il capo chino, per anni ho tenuto fede al suggerimento di mio padre, ma oggi ho optato per un cambio piani.

Oscillo la tazzina, non mi sembra riveli chissà cosa. Ho seguito la procedura minuziosamente, ma c'è qualcosa che non funziona. Mi sono svegliata, lavata, ho indossato il rossetto, aggiustato bene i capelli (niente tinta fin quando non diverranno bianchi), lasciato una vistosa traccia di trucco, ma nulla.

Allora due sono le cose: o io sono una sfigata patentata, oppure la mamma e la zia non ci hanno mai visto un bel cavolo di niente nel caffè, ma impassibili hanno continuato giusto per perder tempo.

Dì a me, sono in carne ed ossa- ci ripensa- più carne che ossa e posso risponderti.

Athina ha i capelli stretti in infinite mollette e la divisa da casalinga disperata. In piena stagione, le risulta difficile conciliare il suo ruolo di madre, moglie e lavoratrice. Il padre tenta di venirle incontro, ma l'età avanza e il peso degli anni si fa sentire, tanto è vero che ha chiesto alla figlia di occuparsi, oltre che della libreria, della piccola casa editrice di proprietà, gettando Athina nel panico più profondo.

Prima ero con Michele ....

Inscena uno svenimento sul tavolo, con tanto di occhi catatonici e bava alla bocca, con tremolio corporeo. Un'attrice di prima classe, insomma.

I pipponi di Michele... Santa pazienza!

Le do uno schiaffetto sulla mano

Ha detto che deve abituarsi a non abituarsi

Si scrolla il grembiule, esasperata

Gioia, Michele sta pigliato dai Turchi*, come del resto mio marito, io e pure tu. L'inaugurazione del lido non ci voleva, non ci voleva proprio.

Mi ritraggo

E mo' che c'entra il lido?

Sospira- tutto troppo avventato, di fretta. Tu sei andata via e lui si è lanciato a capofitto nel lavoro. Prima ha spedito i fratelli in Svizzera per la scuola, poi ha affidato completamente la gestione del bar a mio marito e successivamente ha iniziato la ristrutturazione dello stabilimento. Morale della favola: qui, a casa mia, non si dorme più, siamo esauriti. Antonio esce al mattino presto e torna tardi, io ho il bambino piccolo e sono costretta a chiudere la libreria. Ho cercato una commessa, lo so, lo ammetto, non pago moltissimo, ma d'inverno qui è dura, non vendo come in estate e nessuno sembra accettare questa condizione, cioè di due stipendi diversi ad anno. Allora devo chiudere, lavoro massimo fino alle cinque e perdo i clienti. Michele ha assunto un ragazzino per il lido, ma giustamente ha da imparare... E non ha ancora aperto il ristorante"

Sento sulle spalle il carico delle loro vite- e in tutto questo, sono arrivata io.

Esatto- mi stringe la mano- e credimi, ne sono più che felice, ma sai che effetto hai su di lui. Per Michele rappresenti l'instabilità, l'apice della felicità e il baratro...

Sono appena arrivata, Titì. Ci siamo a malapena parlati - affermo

Lo so, Gioia, lo so

E allora?- faccio spallucce, non capendo il senso di tutto.

Michele si è ricreato parte della vita di prima, della sua vita tranquilla prima che un anno fa tornassi tu. Si è ricreato la vita che può dargli la serenità dinanzi ai tanti impegni lavorativi assunti.

La sua vita prima che tornassi io. Flash back di un passato che non è quasi tale. Lui, la moto, la mamma morta, casa sua, casa mia, le risate, gli scontri, i nostri amici, Giulio, Vittorio, Monia, la morte di Giorgio Ruocco, la festa sul lungomare. Poi un sussulto. La sua vita prima di me, la sua vita tranquilla con tranquilli punti di riferimento.

Come si chiama?- chiedo ad un tratto alla mia amica.

Lucia, si frequentano da poco, ma lei mi sembra molto presa.

E lui?- incalzo.

Lui- ci pensa su- lui si calma quando c'è lei- Athina sembra quasi triste per me- è giovane, ha vent'anni, è bella, non ha i nostri vissuti e non ha i nostri impegni. È leggera, è fresca. Lei non...

Completo io la frase- non è me, ho capito.

Non ho detto questo e tu lo sai. È diversa da te come lo sono tutte le persone al mondo- tira corto- lei non è te e tu non sei lei. Non posso neppure immaginare che sussulto al cuore abbia avuto Michele al tuo rientro. Tu e Lucia siete due donne estremamente diverse.

Ci guardiamo negli occhi. Rielaboro le ultime parole, tentando di capire che effetto realmente facciano sulla mia persona. Ma mi conosco abbastanza per confessare a me stessa che ne comprenderò il valore solo dinanzi ai fatti. Dinanzi a lui mano nella mano con lei. Ora colgo il senso del suo devo abituarmi a non abituarmi. Al non abituarsi a me, a proseguire, rivolgendo le proprie attenzioni ad altri. Ad investire sugli altri, a concedere una possibilità a chi vuole esserci. Un po' come ho fatto io, del resto, a Milano.

Tutto ok?- chiede Athina.

Annuisco- tutto ok- le sorrido.

Cambio discorso e allento la tensione- posso fare qualcosa per te?

Sì, assolutamente, Gioia.

Dimmi tutto- incalzo.

Mi porge le chiavi della libreria- ti prego, occupatene tu. Con te mi sento al sicuro- mi stringe le mani- puoi fare questo per me?

Sorrido- posso fare tutto per te.

Forse è questa la verità che tanto cercavo nel mio caffè. L'amicizia, quella vera, è un sole sempre splendente e non una stella che nasce per morire.


Fine capitolo

* L'espressione "pigliate d"e turche" indicava quei marinai di Torre del Greco (Na) rapiti e tenuti prigionieri, vittime dei corsari barbareschi, pirati di nazionalità turca, che, nel 1558, con una flotta di 120 galee, con a capo il pascià Mustafà, devastarono i paesi del golfo di Napoli, da Punta Campanella fino a Torre del Greco, catturando più di dodicimila abitanti.
Di qui l'espressione "me veco pigliate d"e turche", che è entrata a far parte dei detti popolari torresi ancora oggi in uso per indicare un momento di difficoltà estrema.

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