7
Se non fosse per te
Bugie
7
Una settimana insolita quella iniziata ieri. Piove a dirotto su Minori, ormai abbandonata dai suoi turisti. Un gruppo di traditori, che prima seducono con occhi ammirati questo piccolo paese gioiello e poi lo abbandonano, non appena sorge un intoppo. Roba da turisti normali, quelli che pretendono spiaggia e mare pulito. Niente di più. Poi ci sono i temerari, i veri eroi, che di Minori si prendono tutto, compreso le gocce fredde che, tutto sommato, rinfrescano l'aria. Questo l'unico vantaggio, una temperatura decente, per nulla fredda o asfissiante. Una temperatura giusta, che solletica la pelle facendomi rabbrividire.
Osservo incantata la strada inumidirsi gradualmente dall'hamburgheria di fronte la libreria. Si annusa puzza di terra bagnata, il che non è il massimo.
C'è chi scappa con un quotidiano sulla testa (come se un pezzo di carta potesse davvero evitare di bagnarsi). Chi passeggia non curante sotto un ombrello colorato. Chi se ne sta in auto chiuso e terrorizzato. Chi, come me, non si importa di nulla e attende il suo pranzo, nonostante sembri notte fonda.
Neppure il tempo di immaginarlo, che entra in scena sua maestà il panino di Angelo, il re degli hamburger. Pane caldo tostato, croccante, dorato al punto giusto. Carne di prima scelta, duecento grammi di bontà a media cottura, per nulla secco ma tanto succulento. Patatine fritte e doppia fetta di provola affumicata. Tolgo lo stecchino di legno, avvolgo il tutto in un ampio tovagliolo di carta e do uno di quei morsi che neanche il conte Dracula appena resuscitato ed assetato di sangue vivo! Ah, ora mi sento appagata. Santo cibo! Dopo una mattina alquanto movimentata, è quel che ci vuole. Se ripenso a quanto accaduto un paio di ore fa, quasi mi strozzo per le risate. Non credevo che Minori fosse popolata da persone così stravaganti come la signora di oggi. Ben stretta nel suo abitino verde elettrico e di qualche taglia in meno rispetto al dovuto, mi si è avvicinata con fare misterioso, guardandosi attorno come a non voler dare nell'occhio. Ora capirete bene che una cinquantenne con tintura biondo platino ed abito fluorescente attira l'attenzione in men che non si dica.
A voce bassa mi domanda- "signorina, ma lei ha quella trilogia un po' sexy?"- e chiude il punto di domanda con un occhiolino.
Io, legittimamente sbigottita e perplessa, le rispondo- "l'unica trilogia un po' sexy di cui disponiamo è Cinquanta Sfumature, signora".
Non l'avessi mai detto, santo cielo. La donna va in iperventilazione, le guance rosso fuoco. I capelli si elettrizzano e un sorriso colmo di contentezza prende scena sul suo volto.
"Oh sì, signorina"- non smette di battere le mani- "me la dia, la prego"- afferra il portafoglio e si dà una calmata, ritornando sensuale e fascinosa- "so che il protagonista è un selvaggio".
Ingoio quella che doveva essere una fragorosa risata, precipitandomi alla cassa- "sono certa che le piacerà, signora. Arrivederci".
Scene e momenti da non crederci, che Athina definisce "lo svezzamento del bibliotecario": se non ti lasci andare in queste occasioni, sei invincibile!
Continuo il mio pasto, così come la pioggia incessante e fitta. Un grigiore degno dei primi di Dicembre. Che diamine, mi viene da pensare, mi sono appena trasferita da due settimane e vuoi vedere che sarò costretta a subire questo tempaccio? E poveri bikini stesi sul balcone, saranno fradici.
Mi trovo benissimo nel mio nuovo alloggio. Nel mio monolocale piccolo ma pieno di comfort. I primi giorni sono stati pesanti, più che altro per il discorso pulizia. Non è semplice lucidare una casa, se si è da soli. E soprattutto se si è da soli senza uno straccio di euro in tasca per pagare un aiuto. Quindi mi sono guardata attorno e ho iniziato la mia opera di auto convincimento, respirando ed ispirando "Gioia, è il tuo momento. Rilassati, puoi farcela". Ed ora tutto profuma di lavanda.
Ma Michele non l'ha presa come speravo. Non ci vediamo e sentiamo da allora, da quando mi aiutò con il trasloco: con in mano quel poco che avevo portato da Napoli, mi accompagnò, abbassò gli scatoloni sull'uscio della porta e semplicemente andò via. Senza proferire parola. Pagherei oro per sapere cosa gli è frullato per la testa e cosa pensa tuttora. Se solo comprendesse. Gli vorrei aprire il mio cuore, parlagli. Rivelargli che non l'ho fatto per ferirlo, che il suo dispiacere è tanto quanto il mio. Che non è stato un gesto cattivo, ma ciò che avrei fatto a prescindere dal passato e dal presente. Forse...
In lontananza, noto la cameriera dell'hamburgheria parlottare con un uomo. Si scusa per il disagio causato, non ci sono più tavoli disponibili. Frattanto che do una spruzzata di maionese nella mia pietanza, mi accorgo che il cliente in questione è il marcantonio dell'altra volta. Quello conosciuto durante l'appuntamento al monolocale. Il mio monolocale.
Anche lui si rende conto della mia presenza e mi saluta con il gesto della mano. Poi si avvicina con sorriso stampato sulle labbra.
"Salve Gioia, come vede Minori non è una metropoli!".
Lo ricordavo esattamente com'è: bello, gentile, forse un tantino ruffiano. Con quei occhi tentatori e le sue labbra carnose.
"Già, ha perfettamente ragione!"- gli rispondo, un po' maledicendolo visto il mio bisogno di alimentarmi. Non mangio da ieri sera. Stamattina solo una tazzina di caffè, per giunta freddo.
"Bene"- fa spallucce, sollevando la camicia blu notte sul pantalone chiaro- "la saluto anche questa volta"- sembra quasi dispiaciuto- "purtroppo non c'è un tavolo libero". Dà un'occhiata all'orologio- "ed è mezzogiorno in punto, quindi temo non si libererà presto". Un accenno di testa- "arrivederci Gioia".
Fa per andarsene, quando decido di cambiare le carte in tavola. Pulisco le labbra con un lembo del tovagliolo e richiamo l'attenzione dell'avvocato- "se vuole, può pranzare qui con me".
La voce della mia coscienza, quella sbucata fuori dopo la morte di mia madre, non chiude bocca e senza freni inibitori comincia: brava, mossa intelligente. Smorfiosa, si può sedere, vero? Te lo vuoi portare a letto, dì la verità! Quelle mani grandi, quel corpo tonico, quello sguardo sensuale...
Deglutisco, tentando di prendere il sopravvento sulla vocina insidiosa.
Giulio si volta di scatto, sorpreso- "se non la disturbo, mi farebbe molto piacere".
E figurati se rifiutava il marpione: si accomoda di fronte e mi ringrazia. È la prima volta, da quando sono qui a Minori, che mi trovo a tavola con un uomo. Fatta eccezione per Michele, s'intende. Già, Michele. Probabilmente è impegnato con il bar. Se non oggi, domani dovrò risolvere quest'altra faccenda.
Giulio prenota la mia stessa pietanza, che, stranamente, arriva in un batter d'occhio. Fa un bell'effetto il marcantonio sulle donne, soprattutto sulla cameriera. Ed ora che ci penso, temo possa pensare lo stesso di me. Che anche io ci sia cascata nella trappola di occhi penetranti e sedere tondo? E quei muscoli...
"Allora Gioia, come va nella casa nuova?"- mi domanda, tra un boccone ed un altro.
"Magnificamente, salvo qualche zanzara ed insetto vario sulla terrazza"- gli dico, intavolando una delle discussioni più informali e rilassanti degli ultimi giorni.
"Qualche candela alla citronella può far al suo caso"- le parole escono delicatamente dalla sua bocca. Scandite perfettamente, una dopo l'altra.
Sbuffo- "sì, ma mi dia del tu, la prego".
"Perfetto. E ti prego anche io Gioia..."- abbozza un sorriso.
"Allora siamo d'accordo"- esclamo, quasi alla fine del mio panino- "e tu, piuttosto, hai trovato qualcosa?"- che cavolo può mai trovare in un paesino tra le montagne e bagnato dal mare, Gioia? Ecco, questa è la tua domanda del cavolo del giorno- "una casa, uno studio intendo"- preciso balbettando.
Percepisce il mio lieve imbarazzo- "sì, sono stato fortunato. Divido una palazzina a due piani con un medico: al primo ci sono i due studi, il mio e il suo e al piano superiore la casa."- manda giù un sorso di birra ghiacciata- "Che poi ci vediamo davvero raramente: lui qui è in pianta stabile, io massimo tre giorni a settimana".
Annuisco- "bene, mi fa piacere"- ordiniamo due porzioni di tiramisù- "la settimana scorsa mi hai accennato al tuo lavoro"- gli preciso- "eppure non mi sembra di averti mai visto qui. Almeno non quando c'ero io".
Alza l'indice destro- "e di questo me ne dispiaccio molto, Gioia."- è un ruffiano d'altri tempi- "In realtà, io ci sono nato qui, ma con la mia famiglia mi sono trasferito a Salerno, durante gli anni della scuola superiore. Poi l'università..."- agita la mano come per farmi comprendere che gli eventi della vita hanno un po' deciso per lui riguardo il luogo in cui risiedere- "Sono tornato a Minori solo per lavoro: vecchi amici di mio padre mi hanno chiesto di seguire le loro cause legali ed ora faccio la spola tra la Costiera e lo studio a Salerno."- mangia un po' di dolce- "Ma non mi posso lamentare di come sta andando il lavoro: trentatre anni, una carriera avviata. Chi meglio di me!".
"Ci vorrebbe una moglie!"- esordisco, ricordando una perla di saggezza di una vecchia zia di mia madre: ragazze, trovate un uomo bello, più grande di voi con una carriera solida. Trovatelo e sposatelo! Per la serie "come sistemarsi per un'intera vita"!
"Moglie no, compagna sì. Da otto anni ormai ed avvocato come me"- replica senza fare una piega.
Una doccia fredda. Non ho altre espressioni con le quali indicare il mio attuale stato. Mi sento come quelle donne che, di punto in bianco, scoprono del tradimento del marito. Un tradimento venuto alla luce non per sbaglio, ma perché lui ha voluto liberarsi la coscienza. Una coscienza, la sua, ora vuota e leggera. Un cuore, quello di lei, compresso da un macigno. So che il paragone è azzardato. So che non c'è alcun motivo per sentirsi così, eppure lo guardo fisso negli occhi con fare serio, così serio, da metterlo a disagio. Piombiamo in una situazione surreale, dove ognuno di noi due cerca di capire quale debba essere la prossima mossa. Faccio per un istante i conti con me stessa: un solo incontro e sono andata in tilt. Possibile mai che quest'uomo mi abbia affascinata più di quanto pensassi? E possibile mai che solo ora me ne rendo conto, ora che so chi è e cos'è veramente?
La cameriera salva entrambi, portando il conto del pranzo. Giulio non le dà il tempo di poggiarlo sul tavolo che risponde con la carta di credito. Sono abituata a fare da me da un po' di tempo a questa parte, il suo gesto galante lo avverto come inappropriato. Passo una mano sulla fronte, sconvolta: che diavolo mi succede? Sono letteralmente fuori, smaniosa, intollerante. Un sovraccarico di energie mi tormenta. Non riesco a tenere fermo un solo muscolo del mio corpo.
Giulio avverte la mia inquietudine- "il minimo che io possa fare per te, dopo la tua gentilezza"- fa riferimento al conto pagato.
Mette nel portafoglio la carta di credito ed usciamo velocemente, per la felicità di chi attende da più di mezzora fuori al locale. Ha smesso di piovere. Certo il cielo è coperto da nuvole ampie e cariche di pioggia, ma per ora si avverte unicamente un leggero venticello. Tengo l'ombrello bagnato e chiuso tra le mani. Ci incamminiamo assieme per qualche secondo, poi Giulio si ferma di scatto.
"Vorrei accompagnarti a casa, se non ti dispiace"- chiede con occhi sinceri e voce posata.
Gli indico la libreria sul marciapiede opposto- "io in realtà dovrei lavorare".
Annuisce, rassicurato dal fatto che probabilmente non gli avrei detto di no- "sì, certo"- spettina i capelli, grattandosi con una mano- "buon lavoro, allora".
Gli sorrido- "grazie, buon lavoro anche a te".
È così che deve terminare questo momento, per niente previsto. È iniziato tutto con un semplice gesto di gentilezza ed è terminato con l'imbarazzo comune. Forse più il mio che il suo. Non riesco a capacitarmi. Attraverso la strada sulle strisce pedonali. Frugo nella borsa in cerca delle chiavi della libreria. Poi qualcuno afferra il mio braccio, facendomi roteare su me stessa senza volerlo. D'istinto mi aggrappo alle sue spalle. I nostri occhi si incrociano e i nostri visi sono più vicini che mai.
"È la prima volta in vita mia che penso "peccato, ho una compagna".
Il petto di Giulio si gonfia e sgonfia a ritmo impercettibile. Il suo, come il mio, è un affanno non dovuto ad una corsa, ad uno sforzo fisico, bensì al cuore che pulsa irrefrenabilmente. Nessuno dei due perde lo sguardo dell'altro. Entrambi fermi, con una staticità che non appartiene all'ambiente in cui ci troviamo, ma solo a noi. Le sue dita scorrono lentamente sulla mia pelle, senza perdere i miei occhi. L'attrazione ci rende schiavi e ci spinge verso un limite che non dobbiamo superare.
"Forse meglio che vai"- respiro appena.
Mi dà ragione, sebbene la tristezza offuschi i suoi occhi. Appare come rassegnato, sconfitto- "forse sì".
Allenta la presa, sino a lasciarmi completamente. Ricadono nuovamente le gocce di pioggia e lui inizia a camminare a passo svelto, tentando di non bagnarsi troppo. Perdo di lui ogni traccia non appena svolta in una stradina.
Mi riprendo dallo shock di quelle parole. Parole che, nonostante la mia volontà presente e futura, resteranno vive nella mia mente per molto.
"Peccato, ho una compagna"- lo ripeto così, a voce alta, appena entrata nel negozio.
Cado a peso morto sul divano con gambe divaricate, borsetta penzolante e luce chiusa. La libreria è illuminata da quei miseri raggi solari, che ogni tanto escono fuori tra una nuvola ed un'altra. La spia rossa della segreteria lampeggia. Premo il pulsante e chiudo gli occhi.
"Speravo di trovarti"- riconosco subito chi parla- "... magari per mangiare qualcosa insieme..."- rumori di stoviglie e vociare di persone- "... passo stasera da te, sempre se chiudo ad un orario decente. Ciao".
Respiro ed inspiro, come per calmare questo turbinio di emozioni. Rispondo al messaggio vocale tra me e me: va bene Michele, ti aspetterò!
--------------
Fine settimo capitolo.
Grazie di vero cuore!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top