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Se non fosse per te

Bugie








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Sposto una sedia nel mezzo della stanza, di fronte l'accesso all'interno. Mi ci siedo su ed incrocio le braccia. Le gambe strette, le ginocchia urtano tra loro. Schiena dritta così come il mio sguardo, puntato sulla porta blindata.

Un orologio a pendolo, fastidiosissimo, annuncia il nuovo orario. Le nove in punto, con tanto di musichetta in sottofondo. Non si muove un granello di polvere, se non la bocchetta del climatizzatore posizionato sopra il divano. La luce accesa ad illuminare l'ambiente.

Non ho speso poi chissà quanto tempo qui, è pur sempre una dimora in condivisione con un altro uomo. Sarebbe stato imbarazzante fare l'amore, agitarsi per gli impulsi sotto l'occhio di un medico che, per quanto tu possa esser bravo a fingere, è del mestiere e il sesso lo capisce fin troppo bene.

Poi ad esser onesti, credo che Giulio non abbia mai insistito tanto per portarmi qui. Doveva pur tenere in piedi la sua doppia vita. Per quanto sia infedele e calcolatore, gli doveva pur servire un angolo nel mondo dove essere semplicemente se stesso. Uno stronzo.

Nel pieno del pomeriggio ho messo in moto la mia personale vendetta. Athina ha tentato con tutti i mezzi di dissuadermi, ricorrendo anche a detti popolari come "la vendetta va servita fredda". Vero o meno che sia, ho riflettuto abbastanza da giungere a conclusione che o optavo per una risoluzione tempestiva e velatamente pacifica, oppure gli avrei mostrato il lato violento e selvaggio di me. Questo aspetto l'ha già intravisto durante i nostri amplessi, sono abbastanza focosa. Ebbene, se non mi fossi recata qui, gli avrei mostrato quella stessa impulsività impugnando oggetti di dimensioni diverse. L'avrei preso a calci, l'avrei bastonato come un padrone fa con il proprio sottomesso. L'avrei umiliato con invettive pesanti e squallide, l'avrei ridotto ad essere ciò che è, un verme. Salvo poi non sentirmi pienamente appagata, le punizioni corporali lasciano il tempo che trovano. Dai calci, dai pugni, da qualsiasi forma possibile di mortificazione fisica di può sempre guarire. Ovviamente resta il ricordo di quell'istante, ma non certo il dolore. Questo è ciò che riscuote il mio interesse, il dolore, quella sofferenza spirituale che condiziona il corso della vita. Se quella di Giulio può esser considerata tale e non una sceneggiata di infimo valore.

Si, sono qui, nella sua casa per infliggergli la mia pena. Vi avevo annunciato un suo messaggio stamane, a cui ho dato risposta ore fa, concordando un appuntamento con lui. Lui, così felice di incontrarmi. Gli ho detto che l'avrei aspettato qui, che il mio monolocale è occupato da Vittorio, ospite dopo un litigio con il fratello. Una bugia la mia, efficace per depistarlo. Ci manca solo che non veda il bel regalino che gli ho preparato.

Lara, durante le sue ultime battute, ha affermato che le fotografie potevano tornarmi utili ed aveva ragione. Le ho utilizzate egregiamente. La prima, quella in cui palpeggia il seno della sarda, è affissa al portoncino giù, vicino il citofono. La seconda, con la milanese, è sullo stipite del suo studio a piano terra. Per salire al primo piano bisogna dirigersi verso la scalinata, dove si imbatterà in Manila, la dolce diciottenne di Napoli. E prima di introdursi in casa troverà me, Gioia, nel ritratto sulla porta blindata. Il colpo di grazia l'ho nascosto nella tasca della maglia larga che indosso, perché per l'ecografia ho tutt'altro progetto.

Aprirà la porta e mi troverà così, seduta a fissare la sua faccia paonazza e sconcertata. Sono sicurissima di questa sua reazione. Un uomo che porta avanti una relazione clandestina per mesi in totale sicurezza e convinzione, di te non ha che una bassa opinione. Ti considera ingenua, buona, una che lo difenderà a spada tratta, che crederà ad ogni sua affermazione. Una donna priva di personalità. A dare il cuore altrui, si diventa pazzi, proprio come me stamattina in terrazza. Ho confessato ogni minimo particolare ad Athina, sconvolta quanto me dall'incontro con Lara. Si è morsa le mani quando le ho riferito del bambino che lei aspetta. Siamo rimaste per un tempo indefinito sul letto matrimoniale a guardarci in silenzio, turbate e scosse. Le ho chiesto di non rivelare a nessuno dei miei familiari di quanto accaduto. Gliel'ho fatto giurare. E mentre lo faceva, arrivavano messaggi da Giulio, che mi pregava di vederci. Lui mi implorava mentre io me ne stavo devastata con i capelli bagnati, un lenzuolo a fasciare il mio corpo, sul letto, con le fotografie gettate a terra. Osservavo il telefono lampeggiare e le istantanee delle sue amanti. Li ho avuto l'idea, l'unica intelligente ed utile di questi mesi. Ho incrociato gli occhi di Athina e le ho detto "gliela faccio pagare". Le parole di Titì sono servite unicamente a rinvigorire la mia smania per la giusta punizione.

Mi ci è voluta una doccia per liberarmi dal profumo dolciastro di quella donna, penetrato in ogni punto della mia epidermide. Che pena che mi fa. Come puoi non provare un sentimento tale dinanzi una donna così misera? Una donna che si ritiene felice solo perché esercita il controllo su cose e persone. Lei non lo ama, Lara non nutre alcun affetto per Giulio. La sua è solo una perversione, quel sottile godimento nel rendersi conto che ha in pugno l'esistenza altrui. Perché come lei stessa ha precisato, Giulio è una sua creazione, un morto di fame diventato uno dei più ricchi e quotati avvocati della provincia. La ricchezza apparente, in fondo Giulio cosa possiede? I clienti sono del suocero, i soldi del suocero, la compagna figlia del suocero, la casa a Salerno non di sua proprietà. E le cene di lusso, i weekend a portafoglio aperto unicamente una conseguenza del suo legame con Lara. Senza di lei, ritornerebbe ad essere il figlio del pescivendolo e lui non può permetterselo, sarebbe un affronto. Il padre dovrebbe disconoscerlo per la sua ingratitudine. Quanta miseria in una famiglia chiusa in una gabbia d'oro. Un giorno moriranno, soffriranno, staranno male. Un giorno diventeranno vecchi ed acciaccati, vezzeggiati e coccolati da iene in cerca di fortuna. Perché è questa la fine di chi calpesta la dignità altrui. Non avrà mai pace, mai qualcuno che lo amerà in modo disinteressato. Lo capirà anche Lara, quando raccoglierà i frutti della sua onnipotenza.

Il momento è arrivato. Giulio spalanca la porta d'ingresso con le fotografie tra le mani e un'espressione smarrita e confusa. Gli occhi sgranati e le labbra socchiuse.

Incrocio le braccia, accavallo le gambe e gli sorriso maligna-"entra, caro. La cena è servita".

Asseconda la mia richiesta, tramortito. Chiuso tra quattro mura che gli stanno strette. Sembra quasi che la stanza si stia per rimpicciolirsi sino a schiacciarlo. Non sarebbe male come cosa, a dire il vero. Respira pesantemente, il che mi crea gioia perché ho centrato l'obiettivo. È devastato, stravolto, tutti i suoi piani sono sottosopra, in subbuglio. I suoi poteri da calcolatore nato sono andati in fumo, dissolti sotto il mio magico potere, quello di sbattergli in faccia la sua schifosa vita.

Resta in piedi-"come hai fatto?"- riferendosi alle foto.

"È venuta a trovarmi Lara"- rispondo, sarcastica-"invece di regalarmi un dolce, mi ha portato queste. Ho gradito molto".

"Gioia, non volevo che tu sapessi"- farfuglia.

Mi alzo, troppa è la rabbia per starmene ancora calma-"stai zitto, cane. Delle tue puttane non me ne frega niente"- gli indico i ritratti-"quelli servono solo per farti sentire una merda".

"È il mio passato, non il mio presente"- si adagia al muro, tentando di controllare le parole.

"È qui che ti sbagli, stronzo"- continuo-"se viene la tua compagna e mi dà dell'amante, perché tu sei stronzo e non l'hai lasciata, allora sì che sono pure cazzi miei".

"Con Lara non ho mai avuto un rapporto stabile..."

Annuisco-"be, certo, se ogni volta la cornifichi con una nuova, è ovvio che non sia stabile"- gli punto un dito contro-"mi girano le palle, perchè dovevo essere io a decidere"- mi monta l'isteria-"io! E tu te ne sei uscito pulito con la storia della separazione". Ho un forte affanno-"io"-gli urlo, come a volergli far capire che non sono una donna solo nell'aspetto. Che non sono un ammasso di culo, seno e fianchi. Che ho dei sentimenti, ho dei punti deboli e non ha alcun diritto di usarmi.

"Ci conosciamo da poco, te ne avrei parlato con tranquillità"- spara l'ennesima stupidaggine come se nulla fosse.

Mi porto a pochi centimetri da lui-"tu dovevi dirmi che non era finita con Lara, che a Salerno tornavi da lei. Che sei un fottuto mantenuto e che col cavolo che la lasci"- gli tiro un lembo della giacca-"che c'è Giulio? Il figlio di un pescivendolo non può mettersi queste chicchere, vero?".

"Ti ha detto proprio tutto"

"Mi ha detto ciò che mi serviva per capire che tu sei un bastardo, lei una viscida ed io un ingenua"

Gli do le spalle-" quanto mi fai schifo e quanto mi faccio schifo io, per averti permesso di insinuarti nella mia vita, lo so solo io".

"So che non mi crederai, ma io con le altre non mi sono mai esposto come con te"- compie un passo in avanti.

Mi giro, colpita nel profondo-"ah, Giulio, grazie per avermi degnata delle tue premure"- mi acciglio-"non ti avvicinare, merda, ti prendo a calci".

Alza le mani-"non possiamo parlare civilmente?".

Alzo il sopracciglio-"perché tu sei civile? Tu che dell'infedeltà hai fatto la tua missione di vita, sai il senso della parola civiltà? Stai zitto, ti conviene".

Infilo la mano in tasca ed estraggo l'ecografia. I miei occhi nei suoi, senza proferire parola gliela porto.

La prende, titubante. Dà un'occhiata e diventa verde dalla paura.

"Cos'è?"- la domanda gli si strozza in gola. Annaspa.

Gli faccio segno con il mento-"tuo figlio, sarai padre".

Il terrore si fa largo nel suo sguardo-"cosa?"

"Si, Giulio. Da un paio di mesi. Esattamente non so fornirti la data precisa"-gesticolo-"il ginecologo dice che tra un sette, massimo otto mesi nascerà".

Si schiaffeggia. Le sue unghie quasi lacerano la pelle del viso. Abbassa le palpebre e muove il capo in un movimento che comunica negatività e colpevolezza. Ed io esulto, mentre lo vedo sferrare un pugno nel muro, schockato al sol pensiero che quella incinta sia io e no Lara. Mica c'è scritto sull'ecografia chi è la gestante. Chissà cosa gli passa per la testa. Quante imprecazioni sta lanciando verso se stesso e gli impeti sessuali che non è capace di controllare. Chissà cosa immagina. Forse Lara e seguito allontanarsi per sempre, lasciandolo povero e solo. Una bella mossa falsa la mia, mi complimento. L'allieva supera il maestro, che crepa vittima delle sue stesse armi.

"Come è potuto accadere?"- girovaga per la stanza, in preda alle più disparate supposizioni-" si è rotto il preservativo? Abbiamo sempre usato precauzioni ".

Mi viene da vomitare sentendo i suoi ragionamenti. Neppure davanti ad una creatura indifesa riesce ad essere uomo. Come avrei voluto portare con me un registratore e consegnare l'audio a Lara. Ma so che ne sarebbe uscita a pezzi ascoltando Giulio che, con giri di parole, professa tutto il suo totale disinteresse nei confronti del bambino.

"Può essere. Sai, Giulio, i figli si programmano oppure no. Il tuo è capitato".

"Cazzo, Gioia. Non me la sento"- impreca.

Con una faccia da bronzo esclamo-" lo noto. E quindi, che vuoi fare?".

"Non voglio che tu abortisca"- la sua dichiarazione quasi mi solleva e mi disgusta allo stesso tempo-" non ci penso minimamente"- è un fascio di nervi, i capelli gli si sono rizzati in testa-" mi metto a tua completa disposizione, ma non me la sento".

Inclino il capo-" mi stai dicendo che devo sbrigarmela io? Che devo accudire da sola questo figlio?".

"Si"- prende le mie mani. Le sue sono sudate-" ti sosterrò economicamente, ma non chiedermi altro".

"Neppure il cognome, Giulio? Non vuoi riconoscerlo?"- è un lurido verme. Non posso credere di essermi infatuata di un uomo che antepone al figlio le ingenti ricchezze e lo status quo.

"Il ginecologo ti ha riferito che mancano molti mesi, vero?".

Annuisco.

"Bene"- sta annegando in un mare di preoccupazioni-" allora ci penserò in questo periodo e ti dirò ".

"Va bene"- concludo.

Mi afferra per le spalle-" sono un bastardo, so che lo pensi. Quando mai abbiamo parlato di figli, noi? Dopo tre mesi, poi".

"Hai ragione, Giulio"- rispondo senza emozioni.

Si avvicina alla ventiquattro ore, alla ricerca smisurata di qualcosa. Tira fuori un libretto degli assegni con una penna. Ci siamo, la ciliegina sulla torta: vuole comprarmi.

Si siede davanti al tavolo-"prendi questi, le cure mediche costano troppo oggi. Non voglio che ti manchi qualcosa, a maggior ragione i soldi".

Vado dietro di lui-" grazie, Giulio. Intestalo pure a Lara Splendore ".

Sobbalza dalla sedia e si rigira spaventato-"che c'entra Lara?".

Gli dedico solo ciò che si merita, sdegno, schifo, disgusto-" non sono io quella incinta, ma la tua donna dalla miniera d'oro. L'ecografia è di Lara, non mia e mi sento così sollevata al pensiero di non aspettare un figlio da un coglione come te".

Mi scruta come un babbeo, ciò che poi realmente è. Non si aspettava un piano così ben delineato. Ha sottovalutato le mie qualità, sebbene per me non siano fonte di vanto. Cosa c'è di bello nell'architettare progetti meschini e subdoli?

"Non ci capisco più niente"- si limita a dire.

"Era quello che volevo, Giulio. Ricambiarti con la stessa moneta. Disorientarti, farti mancare la terra sotto i piedi come tu hai fatto con me"- gli rivelo sincera-"Lara stamane mi ha comunicato la lieta notizia, è incinta da Giugno. Ha tenuto a precisare che tu non ne sei a conoscenza e ha affidato a me l'incarico di comunicartelo".

"È assurdo"- ha perso tutta la sua vitalità, tutto lo charme, il fascino e la seduzione che adoperava per esaltare le sue peculiarità fisiche ed intellettuali. È un involucro vuoto, spento, inerme.

Raccolgo la borsa accanto al sofà-"lo so, Giulio. Ma sai cosa? Non tutto il male vien per nuocere. Dalla nostra storia sto imparando ad essere più determinata, più sicura di me stessa. Non permetterò più a nessuno di usarmi. Tu, invece, hai da intraprendere un percorso più lungo, quello per diventare uomo".

Abbasso la maniglia della porta. Gli lancio un'ultima occhiata-"addio Giulio, spero di non vederti mai più"- e lo abbandono con la sua pochezza e il viso spiaccicato dinanzi la cruda realtà.

Chiudo alle mie spalle non solo la porta blindata, ma anche e soprattutto un mondo che non mi appartiene, quello in cui tradire, mentire e falsificare consapevolmente la verità è prassi. Un mondo privo di interiorità, affettività, dove non esiste un'etica.

Mi avvio al centro del paese. Porto il naso all'insù e respiro aria fresca. Quella che ti riempie i polmoni, che ti gonfia lo sterno. Quella che ti avvisa che sei ancora viva e vegeta in un oceano di morte spirituale.











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Fine trentanovesimo capitolo.

Grazie ragazze per avermi sopportata e supportata in questa settimana.
Ho aggiornato più del dovuto, mi scuso se vi ho fatto fumare il cervello.

A proposito di Giulio, credo proprio che non lo vedremo per un po'!

Baci,

Carla.

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