36-seconda parte

Se non fosse per te
Bugie

36
Seconda parte



Cammino, cammino veloce. Cammino a passo spedito senza degnare di un solo sguardo ciò che mi circonda. Cammino sul lungomare e al diavolo gli stand ancora chiusi e i rifiuti accantonati negli angoli dei marciapiedi. Cammino lesta, quanto più possibile. Non so neppure io in che condizioni mi trovo, mi basta esser coperta da un abito ed avere le infradito ai piedi. Il resto è un lusso che non mi attira.

Mi imbatto nella gente del posto, nei primi commercianti dediti a svuotare i padiglioni. Li squadro uno ad uno, non c'è chi cerco.

Sono le nove in punto e se tutto procede come rituale, dovrebbe già esser nel suo bel bar a mettere in moto le macchine tra un cappuccino e un latte caldo. Ma siccome il paese si è addormentato tardi ieri, sfido che sia già occupato con le comande.

Come volevasi dimostrare, il Miluna è chiuso al pubblico, nonostante uno spiraglio di luce visibile dal laboratorio. Mi accosto alla porta scorrevole, ma non si apre. Dunque non me lo lascio ripetere un'altra volta, picchio forte sul vetro quasi da frantumarlo in mille pezzi.

Il rumore assordante desta Michele dalle sue faccende. Mi guarda perplesso, oltrepassando il bancone ed azionando il sistema affinché mi possa far accedere all'interno del locale. Si avvicina, ma prontamente lo spingo, creando una certa distanza.

"Dimmi che non l'hai fatto"- gli domando a denti stretti.

"Cosa?"- risponde con un quesito. Non riesce a capire il perché di tanta collera e violenza.

"Dimmi che non mi hai baciata solo per sfida nei confronti di Giulio. Che non è vero che l'hai visto prima che ci scoprisse".

Si irrigidisce, restando di sasso. Colpito ed affondato, se ne sta muto con la coda tra le gambe. Zitto, mi da la conferma che cercavo.

Mi piego su me stessa, dandogli le spalle e facendomi prendere da un pianto disperato. Le mani in viso per soffocare i singhiozzi. Questo, signori e signore, è Michele Autieri, trent'anni da poco compiuti. Questo è l'uomo di cui anni fa mi sono innamorata, l'uomo che ha avuto il ruolo più importante della mia vita. Non c'è stato giorno, momento, non c'è stata una maledettissima ora della mia maledettessima esistenza in cui il suo ricordo non si facesse largo nel mio cuore. Non c'è stata occasione in cui Michele non abbia attanagliato la mia mente. Lui, l'uomo con cui ho messo a confronto le nuove conoscenze, tutti troppo bassi, alti, biondi, mori. Tutto troppo, perché non erano lui. Lui, Michele. Questo Michele.

"Non ti ho baciata per sfida..."- poggia la mano sulla mia spalla.

Lo strattono-"non mi toccare".

Tremo per la collera, per il pianto, per l'amarezza, la tristezza, per quanto mi fa pena. Tremo perché nulla è più salvabile, non a questo prezzo. Non c'è nulla che io possa e voglia fare per una persona del genere.

Gli punto il dito contro-"ma come hai potuto? Come hai potuto usarmi"

"Non ti ho mai usata e tu lo sai"- replica agitato.

"Io non so più niente di te, niente. Immaginavi che Giulio mi avrebbe riferito ogni cosa, ma neppure questo ti ha fermato"- gli urlo, sbraitando. Perdendo ogni freno, accalorandomi tutta per l'ira.

"Si"- adopera il mio stesso registro-"perché non ne potevo fare a meno di baciarti"- si colpisce sulla coscia-"perché se fossimo stati da soli avremmo fatto pure l'amore e non mi importa di quello che fa e dice Giulio...io ti voglio, a qualsiasi costo. Rivoglio la nostra famiglia".

"Tu stai fuori"-arretro-"la nostra famiglia, io e te come ci definivamo da piccoli, non esiste più. Non esiste più niente, Michele. Ma guardaci"-mi indico e lo indico-"non è rimasto più nulla di ciò che eravamo. Mia madre è morta, mio padre è andato via, zio Fabrizio non c'è più, Giorgio Ruocco... Non c'è rimasto più nulla, noi non siamo più i ragazzini di un tempo".

"Si, ma esistiamo e possiamo creare ciò che non abbiamo avuto"- continua mio cugino.

Scuoto il viso-"no, non voglio, non a mie spese. Non a spese di chi ci sta attorno. Ieri Monia, oggi Giulio ed io e domani? Che farai? Chi userai per ottenere quello che vuoi?"- guadagno l'uscita-"no Michele, non così".

"Non ti perderò una seconda volta, Gioia"- è distrutto quanto me.

"Non è mai esista una seconda volta, Michè. Non hai fatto altro che allontanarmi da te. Sei stato capace di distruggere anche il nostro rapporto da cugini"- gli rivelo con onestà.

"Il nostro rapporto da cugini è scomparso quando ci siamo innamorati, Gioia".

"Si, è vero"- annuisco, dandogli ragione-"quando lo eravamo. Non avrei mai dovuto chiederti aiuto mesi fa". Volgo lo sguardo verso il basso-"hai vinto tu... con Giulio probabilmente finirà. Non posso credere che tu abbia usato quel "torniamo insieme" per capriccio".

Mi stringe forte al suo petto, proprio come ieri. Poche ore separano quel momento da questo, ma gli scenari sono diversi. La scoperta di una passione repressa concede spazio alla fredda e gelida delusione.

"Non dirlo mai più che sei un capriccio per me"- poggia la testa sulla mia, respirando il profumo dei miei capelli-"tu non sai quanto ti desidero, quanto ti amo. Quel bacio è stato bello come la nostra prima volta. Credimi".

Me ne sto stretta stretta a lui, aggrappandomi con le mani alle sue spalle. Chiudo gli occhi ed inalo quell'odore di tabacco misto al caffè in chicchi e al dopobarba dalle note fruttate. Un mix di fragranze che impregnano la sua pelle ruvida. N'è trascorso di tempo. Non è più il ragazzino con il corpo liscio e senza peluria.

"Non ti credo più"- gli dico, scansandomi-" mi sforzo, ma non ti credo".

"Dimmi cosa devo fare e lo farò. Sono sincero"- sul suo volto è palese la paura del distacco.

"Hai fatto già troppo. Non mi fido di te, dei tuoi modi, delle tue promesse mancate".

Mentre faccio per andarmene, rivivo i mesi spesi a Minori. Michele che mi accudisce a casa sua, la sua ex compagna, la ricerca del monolocale, Giulio, la nascita di Costas, Vittorio, Athina e Antonio, Monia, la morte di Ruocco. Sono stati mesi intensi, pesanti. Li ho tutti, nel bene e nel male, come un macigno sul cuore. Sono le spine che, pungendomi, mi ricordano di esser viva ma soprattutto stanca, stanca da morire. Stanca da annegare in un mare di dispiaceri. C'è un tempo per tutto, per amare e per insistere. Un tempo per sorridere e lottare. Un tempo per tirare una linea dritta e giungere alla conclusione che così non si può.

"Ho fatto solo dei passi falsi, Gioia"- Michele tenta il tutto per tutto.

La porta si spalanca. Con voce sottile ed arresa-"è finita Michele. Ne ho abbastanza di te. Non sei migliore di mio padre, di tuo padre, di tutti coloro che ci hanno feriti. Anzi, Michele, sei peggio, perché tu hai avuto l'opportunità di imparare dagli errori altrui, ma hai fallito".

" Gioia "- cerca di fermarmi.

" Lasciami in pace, Michele. Lasciami in pace".

Mi giro, oltrepassando l'uscio e facendo in modo che il sensore della porta automatica rilevi il mio passaggio. Il vetro si chiude, mettendo una barriera tra me e Michele. Nulla in confronto al muro spesso che si è eretto. Siamo come un'unica nazione divisa a metà da un lungo e alto blocco di mattoni, indispensabili a separare due popoli che potrebbero convivere tra loro, ma che hanno usi e costumi troppo diversi, credenze fin troppo inculcate nella mente. Solo quando si metteranno da parte stratagemmi, trucchi ed inganni, allora sì che si potrà intraprendere un percorso insieme. Ma sino ad allora procederemo come due treni su binari opposti, che si incrociano senza toccarsi mai.




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Fine trentatreesimo capitolo,
seconda parte.

Carissime tutte,
ormai siamo agli sgoccioli. Mancano pochi capitoli alla fine e probabilmente, salvo cambiamenti improvvisi, questa è l'ultima volta che vedrete Gioia e Michele insieme.
Spero di non avervi deluse!

Baci, a presto!

P.S.: in un capitolo precedente vi ho annunciato un sequel di "Se non fosse per te-bugie", quindi non tutto è finito e non tutto è venuto a galla!

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