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Se non fosse per te
Bugie
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Mi viene da vomitare al sol pensiero di Giulio a letto con la compagna. Voglio darle questo appellativo perché altri più giusti non mi sovvengono. Mi viene fuori anche l'anima immaginandoli a letto insieme, mentre godono eccitati tra spinte audaci ed amplessi che li svuotano di passione ed erotismo.
Quando una donna fantastica sulla doppia vita del proprio uomo, non fa che volgere lo sguardo in quella direzione. Il sesso è l'apice dell'unione tra due individui, qualunque sia il loro effettivo rapporto. Si fa sesso per piacere, per sentimento, per noia, per esigenza. Ed ora mi chiedo perché Giulio, per cosa Giulio, mi ha cercata intimamente. Certo, le prime volte era tutta un'esplosione di sensazioni, ma adesso...
Mi sento una stupida, io sono una stupida. Provo un malessere tale da non esser in grado di formulare un discorso serio e coerente. Perdonatemi, se potete, vi parlo sull'onda di sentimenti contrastanti.
Si, martedi 26 Luglio, precisamente in mattinata, Giulio è ricomparso con tanto di spiegazione a portata di mano. "Il lavoro mi sottrae tempo, Gioia, può capitare che io non mi faccia vivo per ore". E certo, bello mio, tanto io sono solo Gioia Autieri, la stupida ragazza di Minori dai tre, quattro giorni a settimana.
Mi ci sono seduta sul letto, intenzionata ad ascoltare la sua verità. E non crediate che non gli abbia prestato tutta l'attenzione che meritava. È vero, si, che ho scoperto quel documento, ma un opuscolo non ha la stessa importanza, valenza e credibilità di un uomo con cui pranzi, ceni, condividi pensieri. E tra un asciugamano piegato, un bermuda calzato, Giulio mi ha narrato la sua fatidica giornata a Salerno.
"Un macello, Gioia, un casino esagerato. Forse sono io che sto troppo attento, che sono troppo preciso, fatto sta che mancava parte della documentazione per la causa in tribunale. Che poi era una causa di merda, che non vedevo l'ora di togliermela davanti. Mi stavano pigliando i nervi in aula e cazzo ho perso pure e mo' mi rode di brutto".
Lo seguivo con un nodo allo stomaco. Un senso di acidità assurdo, sintomo del nervosismo e della gastrite che sto curando a suon di pillole. Lo osservavo mentre si vestiva, si impomatava, mentre indossava le scarpe e stringevo forte un lembo del lenzuolo, unico modo silenzioso per sfogare quel senso pungente di irritazione. No, non mi sono tradita. Questo non gliel'ho concesso. Non mi sono svelata con manifestazioni incontrollate. Me ne sono stata zitta e sorridente. Ho calcato la mano con quesiti più o meno precisi, non volevo dargli la percezione dell'interrogatorio. Lara non è uscita fuori, non l'ha minimamente menzionata. Il nome del suo cliente si, l'idiota quante volte ha pronunciato quel cognome, il signor Piccolo. Mi ha mentito, mi ha delusa, mi ha presa in giro. Perché in fondo questo è ciò che ci si aspetta da un uomo di trentacinque anni, bugie , una dopo l'altra. E chissà quante me ne ha fatte, quante ne ha dette. Quante a suo giudizio io me ne sono meritate. Ecco, questo è ciò che vorrei chiedergli: ma io da te cosa mi merito? Perché hai creato tutto questo disastro? E mi sento doppiamente stupida per essermi infatuata e per non aver capito che probabilmente sono solo un capriccio. Tutto torna, il suo modo leggero di vedere le cose, di rimandare a domani ciò che poteva esser fatto oggi, quel suo vivere spensierato. Oppure sono io che tra un padre inesistente, una madre morta, un passato tormentato, il lavoro in libreria, le bollette ed l'affitto conduco un'esistenza troppo matura, troppo per una venticinquenne? Troppo per una venticinquenne che può interessare a Giulio?
Non gli ho urlato contro, non gli ho implorato di esser sincero. Non sono scoppiata in pianti isterici. Nulla di tutto questo. Gli ho abbottonato la camicia, puntando i miei occhi nei suoi. Sguardo dritto e fiero, sicuro. Io so, lui no. Mi occorrono altre informazioni, magari evidenti e palesi. Non voglio dargli l'opportunità di controbattere considerando le mie solo vaghe congetture. Col cazzo che gli faccio sputare fuori da quella bocca l'idea delle coincidenze. Non coincide proprio un bel niente, ma ho bisogno di prove materiali e per il momento navigo in acque alte.
"Signorina Autieri, lei come sta messa?"
Sobbalzo con un movimento brusco. Sussulto quasi cadendo dalla sedia. Mi ricompongo, giusto il tempo utile per accorgermi di una schiera di pupille fisse su di me. Incespico, scruto a destra e sinistra. La bocca secca, poca salivazione.
"Gioia stai bene?"- Michele afferra la mia mano, in stato di apprensione.
Annuisco, mentre la sofferenza lievita nel mio addome e tenta di venir fuori sotto forma di lacrime.
Espello un colpo d'aria-"scusate, un leggero mal di testa mi infastidisce da stamane".
Aula consiliare, municipio di Minori. Una piccola stanza in tinta beige con sedie in legno scuro e grande tavolo ovale. Tre finestre spalancate, una in direzione della porta così da far tiraggio. Una lieve corrente scuote i fogli che ho tra le mani. Domenica avrà luogo la Festa d'Estate, il famoso evento del quale il bar Miluna si occuperà del buffet. Siamo tutti riuniti, noi rappresentanti delle attività commerciali del posto, per definire gli ultimi particolari di un progetto ben organizzato.
Prendo parola-"in quanto esponente della libreria "Odore di libri" confermo che i cartelloni pubblicitari sono stati affissi in tutta la provincia di Salerno. Il volantinaggio locale terminerà lunedì prossimo, nel caso in cui dovessimo replicare. Aggiungo inoltre che è stata organizzata la lotteria del libro con premi originali ".
Ognuno di noi avrà uno stand espositivo per presentare i propri prodotti. Già mi ci vedo ben vestita con tutti i miei libri in bella mostra e con sconti allettanti.
" Bene, mi sembra tutto in ordine"- interviene il sindaco-"io direi di salutarci. Vi ringrazio tutti per la disponibilità, ma soprattutto per l'ampia collaborazione".
Scambio di formalità, come avviene di consuetudine in circostanze del genere. Ci si elogia gli uni con gli altri face to face e ci si manda a quel paese alle spalle. Perché conservare il proprio pensiero è sacro, ma quell'idiota di turno può sempre ritornare utile.
Guadagnamo l'uscita rumorosamente, con tanto di gesto galante da parte degli uomini che fanno precedere noi donne.
Sulle scale in marmo chiaro mi raggiunge Michele di corsa, facendosi spazio tra le persone.
"Gioia?"
Mi volto-" Michele ".
Mi afferra sottobraccio-" ora ci prendiamo una granita insieme e non voglio sentire scuse".
Non oso oppormi. Gli dedico unicamente un'espressione apatica. Non so fare di meglio. Mi stringe un braccio attorno alla schiena e una volta fuori imbocchiamo la strada per il Miluna, sotto il caldo sole di Minori che tutto sa e ogni cosa vede.
***
Oggi ho ricordato un altro particolare della mia adolescenza. Quando me ne stavo per ore in spiaggia al tramonto per ascoltare il mare. Non è cambiato poi molto, come allora gli confesso le mie pene d'amore e l'inquietudine del mio cuore.
Il mare non mi ha mai dato consiglio. È un buon amico per metà. A udire le disgrazie altrui siamo buoni tutti, a consigliare non sempre. Il punto è che per quanto una persona ti dia attenzione, lui poverino non ne sa niente dei guai tuoi. È semplice immaginare, fantasticare. I guai li hai tu e tu solo puoi sbrogliare la matassa, nel bene o nel male.
L'ombra della roccia mi protegge dal clima rovente. Un sorso di granita al limone oramai sciolta ma pur sempre fredda.
Michele tenta di eliminare i granelli di sabbia dalle mani, dopo aver piegato parte del pantalone. Sbottona la camicia. Quando si entra in Comune, bisogna essere tirati a lucido. Tanta formalità, in un paese dove tutti sono parenti degli altri, è pressoché inspiegabile.
"Quante stronzate per una festa"- non ne può più Michele ed è comprensibile. Grazie alla candidatura a sorpresa di Vittorio si è ritrovato il laboratorio colmo di generi alimentari salati e casa con Monia e i suoi dolci. Ma in compenso ha gustato un lato inedito del fratello, la bontà. Dopo qualche giorno ha intuito il perché del suo gesto, ringraziandolo con una pacca sulla spalla e una promessa: " a costo di diventare pezzente, ci vai pure tu in Svizzera a studiare con Monia ".
" Solo una volta ti ho trovata in queste condizioni ".
Inarco il sopracciglio-" e quando? ".
" Quando me la facevo con quella più grande di me. Ti feci arrabbiare"- punta il dito vicino la tempia.
"Si, ma non stavamo insieme, Michè"- tiro corto.
" Eh perché mo' per essere gelosi bisogna stare insieme?"- ribadisce, senza fare una piega-" allora, veniamo al sodo: tu manco morta mi dirai quello che ti ha fatto, perché lo sai che non ci ragiono con lui. Mi devi dire solo una cosa su Giulio".
"Avanti, sentiamo"- concedendogli il permesso di chiedere.
" Ti ha messo le mani addosso?".
Mi sposto di un centimetro, guardandolo sbigottita-" e tu credi che io mi sarei tenuta una cosa del genere? Michè, ma si scem? Lo avrei ammazzato anche se avesse fatto solo il gesto ".
" Ma quando se ne va a fanculo?".
"Michele ma possiamo cambiare discorso? Sto bene, stai tranquillo"- alzo gli occhi al cielo, sbuffando. Quando mio cugino vuole, sa essere un uomo rozzo e scurrile. Si, è l'emblema dell'uomo che non deve chiedere mai. Quello che, vuoi o non vuoi, è uomo di sostanza e ciò che è suo va protetto fino alla fine. Il classico meridionale, che parla d'amore, ma che sbotta di brutto quando qualcuno invade il suo territorio. L'uomo che tutte desiderano. Di pugno, bello, intraprendente, selvaggio.
Perplessa, lo scovo a svestirsi. Prima la camicia poi il pantalone. Resta unicamente in boxer. La pelle liscia e scura. Il ventre leggermente scolpito. Le spalle grosse.
" E mo' che ti viene?"- gli domando non riuscendo a decifrare i suoi infiniti modi di fare.
"Hai le tasche vuote?"
"Non ho tasche nel vestito!".
E neppure il tempo di terminare la frase che mi ritrovo tra le sue braccia possenti. Mi agito abbastanza sino a scoppiare in una fragorosa risata. Chiudo gli occhi, strizzo il naso con le dita. Un breve vuoto nello stomaco che segna la caduta in acqua.
Quando litigavamo, sancivamo la tregua con un tuffo a mare. Come se potesse liberarci dalle negatività, purificandoci e rinascendo più uniti e forti che mai.
Saliamo a galla fradici. L'abito bianco appiccato al mio corpo. Ridiamo entrambi, come un tempo, quando non avevamo pensieri. Michele porta indietro i capelli.
Ci veniamo incontro, stringendoci forte l'uno con l'altro. Schizzi d'acqua ovunque nel muovere le gambe. Ho quasi l'impressione che il peso del fallimento sia sparito.
" Ci voleva Michè "
"Ci voleva sì, Gioia mia"
Mano nella mano con il mare sino ai fianchi, lasciamo che il disco solare ci asciughi dopo l'immersione. Così, da soli, in silenzio, con fatti e persone lontane anni luce. Come una vita fa. La nostra vita.
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Fine trentatreesimo capitolo.
A presto,
spero vi sia piaciuto!
Vi chiedo gentilmente di votare il mio racconto nel concorso indetto da LaylasDreams
Grazie mille!
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