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Se non fosse per te
Bugie
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Stendo le braccia sulla poltroncina in vimini e rivolgo il volto verso l'alto, più o meno in corrispondenza del sole. Un clima infernale, che supera i quaranta gradi e neppure la velata presenza del vento. Poco importa dove tu sia, oggi devi crepare, così ha deliberato il meteo. Ma nonostante ciò, me ne sto alle prese con una tintarella mordi e fuggi.
Ho sempre adorato Amalfi, è una di quelle città che non puoi non visitare almeno una volta in vita. Basta anche solo un giorno, non per forza un'intera vacanza. Ventiquattro ore intense possono essere più che sufficienti per ammirarne il mare limpido, gli scogli, i negozi, i turisti, ma soprattutto l'imponente cattedrale di San Andrea, che prende il nome proprio dal santo a cui è dedicata. Per incamminarsi e perdersi nella navata centrale, è indispensabile salire su per l'immensa e larga scalinata, che da accesso all'edificio e alla sua porta in bronzo. All'interno vi sono conservati con cura i resti del santo e le influenze artistiche neogotiche, visibili anche sul campanile con richiami arabeggianti e componenti in verde e giallo. Un monumento che celebra la grandiosa mano dell'uomo, oltre che il primo apostolo di Gesù.
Ai piedi della cattedrale, una piazza gremita da turisti con macchine fotografiche al seguito e locali dalle minuscole dimensioni, ma dai guadagni esorbitanti. Mi ricompongo e do un'occhiata allo scontrino, che segna, al costo totale di quindici euro, due limonate fredde, un piattino con olive verdi e nere più l'aggiunta del servizio coperto. Una vera rapina, considerato che qui i limoni vanno via come il pane.
"Se ci fosse mia nonna, mi prenderebbe con il battipanni".
Ridacchio-"perché?".
Assume una strana smorfia facciale imitando, credo, una vecchina senza denti e con il volto incorniciato dalle rughe-"Giulio, quindici euro per un po' d'acqua fresca con il limone?".
Scoppiamo in una fragorosa risata, che infastidisce un turista tedesco alle prese con la lettura di alcune guide della città.
Giulio manda giù un sorso e come dargli torto con questa calura. La cosa che più mi stupisce di lui è la compostezza, sembra tutto d'un pezzo. Io mi agito e sventolo un ventaglio, cercando refrigerio, sebbene mi trovi all'ombra. Lui, al contrario, ha le gambe accavallate, gli occhiali da sole e una polo bianca su un bermuda sagomato celeste, con tanto di scarpe chiuse. Capello disciplinato e neanche una goccia di sudore.
Guardo il mio outfit, caratterizzato da vestitino al ginocchio blu oltreoceano, corto sino al ginocchio, con cinturina e fiocco come dettaglio e sandali comodi ai piedi. Make Up decisamente andato a farsi benedire per il caldo e pelle appiccicosa. Bene, Gioia, siamo alle solite. Hai più fortuna che cervello. Tu al bar, che trasudi come un animale, con l'adone impeccabile! E che cavolo, ho acqua fin dentro le mutande e Giulio non si scompone. Che figura, magari ho pure il viso lucido.
"Allora, tesoro, sei soddisfatta del regalo?"- domanda curioso Giulio.
Mi desto dai miei pensieri-"si, credo di sì. Grazie per avermi consigliato il gioielliere. Sono sicura che il bracciale piacerà ad Athina e spero in un futuro a Costas".
Tipica usanza napoletana. Il dono per il battesimo. Non un dono qualunque, ma quello della madrina del bambino, che necessariamente deve essere insuperabile. Si narra di debiti, di mutui, di pegni al compro oro pur di regalare il meglio al nascituro, al quale viene eliminato il peccato originale in chiesa. Si parla di famiglie rovinate, vite distrutte, pianti disperati e visi corrucciati per presenti non affini alla fama dei genitori del bambino. E la madrina o il padrino o entrambi, come nel caso di Costantino Russo, impazziscono letteralmente. Perdono il seno, vengono sottoposti a TSO obbligatorio tanto lo sforzo psicologico. Tutto ha inizio con un sorriso, quello del malcapitato che decide di buon grado di accettare la sfida: seguire, finché morte non lo liberi, il figlio altrui. È una missione, certo, proprio come quella del regalo. "Cosa gli compro?" è il fulcro della disperazione. Catenine d'oro, bracciali, orologi, catene con effige del santo protettore, spille, anelli, "cosa scegliere?". E nell'incertezza totale, si acquista tutto, facendo apparire il battezzato la moderna Madonna di Pompei.
"Ma sono convinto che apprezzerà di più la cassapanca che le hai restaurato con i pupazzi"- aggiunge Giulio.
Eh no! E che cavolo! Vuoi vedere che dopo una spesa consistente in oro, Athina se ne esce con gli apprezzamenti per un affare di legno, pagato venti euro dall'antiquario-bazar sotto casa? Vuoi vedere che Winnie the Pooh tira più di quel bracciale che ho ancora i buchi nei palmi delle mani?
"Però stai tranquilla, amore, che con il bracciale farai un figurone. Te lo garantisco"- Giulio ricorre ai ripari, probabilmente allarmato dalle mie espressioni.
Ok che ci frequentiamo da pochi mesi, ok che dobbiamo ancora conoscerci tanto e ok pure che il mio e il suo lavoro, compreso di giorni a Salerno, dimezzano i nostri momenti liberi, ma ti prego, Giulio, taci quando si tratta del mio regalo da madrina a Costas, altrimenti potrei sferrarti un morso letale alla gola.
L'avvocato osserva l'orologio al polso-"dai andiamo, così facciamo una doccia e andiamo a cena dai tuoi amici".
Ecco, già che ci sono in confidenze, Athina ha pensato di invitarci stasera a casa sua. Una cenetta a quattro sul terrazzo di casa sua. Coglierò l'occasione per introdurre definitivamente Giulio nel gruppo dei miei amici. In un paese così piccolo come Minori, la privacy è un utopia e tenere Giulio a distanza è impossibile quanto stupido. Ormai pure i sassi sanno che ci vediamo.
Ci alziamo-"si, ho proprio bisogno di una doccia".
Mi stringe a sè e sussurra al mio orecchio-"la facciamo insieme?".
Gli sorrido, piena di malizia e approvazione. Come non adorare un uomo così?
***
Quando ho accettato l'invito, esattamente ieri sul tardi, avevo esplicitamente chiesto ad Athina una cena light, qualcosa a base di pesce magari, che cotto nella maniera giusta non appesantisce, ma ti sazia. Con Athina puoi aspettarti di tutto, compreso che non ascolti i tuoi suggerimenti. Talvolta come non compatirla, ma ogni cosa ha un prezzo, compreso la mia vita.
Spaghetti con le vongole, calamari fritti, gamberoni alla brace, insalate di ogni tipo e Giulio, sazio sino allo stremo, che si domanda perché mai nella mia famiglia si mangia così tanto. Ci scrutiamo esausti, non è stata una cena, ma un massacro. Una gara a chi trangugiava di più.
Devo esser onesta, questo incontro a quattro è stata una bella idea. Giulio si è integrato così tanto nei discorsi che è apparso a tutti noi più un amico di vecchia data che un uomo entrato nel gruppo da pochissimo tempo. Si è parlato di argomenti diversi, a partire dal bambino sino al calcio, tematica cara ai nostri uomini.
Una piacevole serata, che quasi mi rimprovero la cocciutaggine con cui ho insistito a non presentare subito il mio accompagnatore. Ma di problemi, e voi mi siete testimoni, ce ne sono stati in principio, dunque non potevano che calzare a pennello i piedi di piombo.
"Non ci posso credere, ma allora sei tu l'avvocato di quel pazzo!"-esordisce un incredulo Antonio con un bicchiere di vino bianco tra le mani.
Giulio annuisce con vigore-"purtroppo si".
Mi acciglio-"quale pazzo?".
Titì mi segue, non volendo farsi fattacci suoi-"si, infatti, quale pazzo?".
"Tì, quello a via Piemonte"- Antonio solleva il braccio, indicando la montagna e le coltivazioni di limoni-"quello che prende tutti col bastone".
Athina resta a bocca spalanca-"come diavolo fai anche solo a comunicare con quel pazzo?"- poi si volta verso il marito-"Antò, ti ricordi quando disse che anche il nostro terreno era abusivo?".
Prende la parola Giulio-"se è per questo, dice che tutti sono abusivi tranne lui, con la differenza che solo i confini delle sue terre sono diversi da quelli riportati sulla carta".
"Da non crederci. E oggi ha rubato pure tre galline al suo vicino"-continua Antonio.
"Cambiamo discorso"-supplica il mio compagno-"ogni giorno è una lotta con quello".
Passo una mano dietro la schiena di Giulio, quasi per rinfrancarlo ed incoraggiarlo. I nostri sguardi si incrociano e il verde dei suoi occhi si fonde con il castano dei miei. Ci sono mille sensazioni in me, percezioni indeterminate, esperienze di una tale forza e intensità che non sono capace di elaborare. È un turbinio di conoscenze, che si verificano in tempi brevissimi. Giulio mi fa sentire così leggera, priva di ogni peso, di ogni paura o preoccupazione. Giulio è l'istante da godere e ci pensiamo domani ai problemi. È il che ci importa del mondo intero, soffermiamoci su noi stessi. Ed è un amante eccezionale, uno di quelli che non si preclude nulla quando fa l'amore e che con baci fugaci, ti fa abbandonare ogni pudore.
Ma è anche un continuo mistero. Quel continuo chiedersi cosa ti riserverà domani, cosa domani ha in serbo per te.
Tutto d'un tratto sentiamo uno strano suono, simile a quello di un campanello e una voce squillante parlare a voce sostenuta. Ci guardiamo all'unisono, perché quella voce non può essere che di Vittorio.
"Donne, è arrivato l'arrotino, affila cartelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto. Ripariamo cucine a gas".
Ed eccolo qui, in tutta la sua magnificenza, con quei ricci ribelli, la faccia da schiaffi e l'immancabile divisa da chef, che toglie solo per andare a dormire. Ha un intero armadio solo di casacche e pantaloni bianchi con la scritta "chef Vittorio Scala". Non esiste altro nella sua vita, oltre la passione nel disturbare le persone.
Ridiamo tutti dopo l'ennesima entrata scenica. Non lo ammetterà mai, ma è un vanitoso, oltre che un pagliaccio nato. Uno di quelli positivi però, perché infonde sempre tanta allegria, anche nei momenti più negativi.
Si rivolge ad Athina, batte un piede a terra e le strizza l'occhio-"donna, dove è tuo marito?".
"Che c'è? Lo vuoi affilare?"-incalza la mia amica.
"Dopo"-le risponde.
Antonio esce fuori, dopo aver dato una controllata al piccolo-"se svegli mio figlio, ti scateno mia moglie contro".
Vittorio alza le mani-"no, no, ti supplico"- gli porge uno di quei classici campanelli che si trovano nelle cucine e nelle reception degli alberghi-"domani portalo al bar, io non vengo a lavorare".
"E perché non vieni?"- incalza Antonio. Se c'è una qualità che lo contraddistingue, è la diligenza. Come mai Vittorio prende un giorno libero?
"Meglio così"- Vittorio lo liquida.
"Confessa il peccato"- gli dico. Si, ne sono certa, nasconde qualcosa.
Mi fissa e sputa fuori la verità-" ho candidato il Miluna per l'organizzazione della festa d'estate ad Agosto e il Comune mi ha dato l'ok ".
Antonio non crede alle sue orecchie-" davvero l'hai fatto ?".
"Si"
"Tuo fratello ti ammazzerà"- pronuncia, ridendo sotto i baffi.
La festa d'estate è una ricorrenza molto famosa in paese. Non ha nulla a che vedere con le celebrazioni religiose, semplicemente il Sindaco offre ai suoi concittadini una serata festosa a base di cibo, vino e musica. Nata come intrattenimento locale, è divenuta nel tempo una data fissa per tutte le frazioni della Costiera Amalfitana che d'estate vivono e d'inverno vanno in letargo proprio come gli animali del bosco.
Ricordo quando mio padre mi ci portava con la mamma e compravamo lo zucchero filato e il palloncino a forma di cuore. Era tutto così bello una volta.
"Conviene che resti qui a dormire, stasera. Michele sarà fuori di se"- Antonio conosce bene l'importanza di questa giornata e soprattutto l'organizzazione impiegata.
Si parla di grandi cifre, di un grande sforzo nel controllare che ogni cosa vada nel verso giusto. Inoltre non è nuova la decisione da parte del Sindaco di replicare la serata e in quel caso la gestione resta nelle mani di chi vince il bando. Vittorio ha sottovalutato l'impegno preso. Sotto questo punto di vista, non mi sento di giudicare una possibile reticenza di Michele.
Chissà che ne penserà!
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Fine ventisettesimo capitolo
Grazie e a presto!
Vi chiedo di votare il mio racconto al concorso indetto da LaylasDreams e di seguirmi su Facebook, cercando la pagina " Se non fosse per te".
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