7. All'inseguimento!
Canzoni per il capitolo:
• Just one last time ~ David Guetta feat. Taped Rai
• Don't wanna know ~ Maroon 5
Abitualmente ero solito a svegliarmi all'ultimo secondo per poi arrivare a scuola in ritardo, ma quel giorno era diverso. Io e Peter ci eravamo dati appuntamento nel cortile della scuola, alle 7:30, e se fossi stato il vecchio Chris la mia risposta sarebbe stata sicuramente "Fatti una vita e lasciami stare", oppure semplicemente "NO". Ma ora ero un Chris nuovo, uno gentile e responsabile, e perciò l'idea non mi dispiacque molto. Così, per la prima volta in tutta la mia giovane vita, impostai la sveglia prima e mi preparai con calma, senza aver paura di arrivare in ritardo. Quando fui pronto scesi in fretta le scale, diretto verso la porta principale di casa. Con la mano stavo per raggiungere la maniglia, quando d'un tratto una voce mi fermò.
«Chris!»
Mi voltai e vidi mia madre, intenta ad allacciare le scarpe di Clary. Non sapevo cosa volesse da me, e rimasi immobile in attesa di qualche spiegazione.
«Dato che sei in anticipo, potresti accompagnare tua sorella a scuola?» mi chiese, facendo gli occhi dolci.
Il sorriso sparì dalla mia faccia, e si fece largo l'angoscia. Non avevo affatto voglia di accompagnare Clary a scuola, perché il mattino avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere, e con mia sorella non potevo farlo. Dico questo perché quella bambina non faceva altro che parlare senza interruzione...
Subito pensai ad una scusa. «Ma dovevo incontrarmi con...»
«Il diavolo?» mi interruppe Ed, sogghignando.
Sospirai, sapendo che ero obbligato a fare buone azioni.
«Va bene.» Dissi, roteando gli occhi al cielo.
Mia madre sorrise, felice che suo figlio facesse qualche sforzo, e Clary mi corse subito addosso avvolgendomi in un abbraccio improvviso.
«Grazie, fratellone!» esclamò.
Ricambiai distrattamente l'abbraccio, ancora smarrito da quell'attacco a sorpresa. Mentre Clary mi faceva mancare il fiato in corpo, guardai mia madre, che mi mimò un "grazie" con la bocca. Sospirai, e finito l'abbraccio mi voltai ed aprii la porta di casa, con stretta la manina di mia sorella.
«Non tornate tardi!» esclamò mia madre, facendomi capire che dovevo anche portare Clary a casa.
Prima che potessi ribattere, mia madre era già sparita in cucina. Sospirai e chiusi la porta di casa; quella donna era astuta. Io e Clary stavamo camminando sul marciapiede, io a testa bassa e lei che mi raccontava della scuola e delle solite cose che non avevo voglia di ascoltare. Sembrava una macchinetta rotta che non finiva mai di parlare, mi chiedevo se da qualche parte fosse nascosto un pulsante di spegnimento. Controllai l'orologio e capii che dovevo accelerare il passo, se volevo portare Clary a scuola, e arrivare alle 7:30 nel luogo stabilito da Peter. Mia sorella non aveva ancora finito di parlare, e la cosa mi fece sospirare.
«Ed, aiutami tu...» Sussurrai, in cerca di una via di fuga.
«No, questa te la devi sbrigare da solo!» esclamò lui, ridacchiando.
A quanto pare quella situazione lo divertiva. Alzai lo sguardo al cielo e chiusi gli occhi, esausto. Rimanevano pochi minuti, avevamo quasi raggiunto la scuola di Clary, quando d'un tratto sentimmo un urlo. Mia sorella smise finalmente di parlare, ed insieme guardammo verso l'origine delle grida.
Proprio a qualche metro davanti a noi c'era una vecchia signora in preda al panico. «Aiuto! Mi hanno rubato la borsetta!» urlò, agitandosi da tutte le parti.
Più in lontananza, notai un ragazzo che correva, con una borsa color beige stretta tra le mani. Dentro di me sapevo di dover fare qualcosa, ma la stanchezza del mattino mi mise in dubbio l'idea.
«Chris, vai!» ordinò Ed, sorpreso che non facessi nulla.
Sospirai, stanco di dover salvare sempre tutti. Forse aveva ragione, dovevo proprio sbrigarmi. D'istinto presi Clary in braccio, corsi verso la signora derubata e gliela misi accanto.
«Me la tenga un attimo, non dovrebbe mordere!» dissi, prima di andare alla rincorsa di quel ladro.
Era parecchio lontano, avrei dovuto correre davvero veloce per raggiungerlo, ma tuttavia non mi diedi per vinto. Appena il ragazzo si voltò e mi vide, accelerò la corsa. Passammo per una vasta zona di mercatini, appena la gente ci vide si spostò immediatamente, non capendo quello che stava succedendo. Vidi il ragazzo girare a destra, e imbucai in una scorciatoia accanto a me, che mi permise di guadagnare terreno. Il ladro scavalcò una panchina, e così feci anch'io, stupendomi delle mie doti atletiche. Poi attraversò la strada piena di macchine, schivandole tutte come se fosse un X-man. Io ci provai, ma una mi venne addosso e fui costretto a fermarmi molte volte; ma come diavolo facevano nei film? Alla fine della strada scorsi un parco. Non ce la facevo più, il mio corpo mi diceva di lasciare perdere e di fermarmi, ma la mia mente gridava parole d'incoraggiamento e mi invogliava a continuare.
Infine scelsi di ascoltare la mia mente, nonostante i miei muscoli stessero piangendo. «Che qualcuno fermi questa agonia!» mi lamentai, per poi accelerare la corsa e dirigermi verso il parco.
Mi stavo avvicinando sempre di più, ormai ce l'avevo in pugno. All'improvviso, il mio piede urtò qualcosa, persi l'equilibrio e caddi per terra come un sacco di patate. Mi maledissi centinaia di volte, accorgendomi di aver fatto un errore da principianti.
«Stupido bastone...» Bofonchiai, mentre intanto il ladro si allontanava dalla mia vista.
Ormai era finita, dovevo capire che non potevo salvare sempre tutti. Non rimaneva che alzarmi e tornare da Clary e dalla signora derubata, e spiegarle a malincuore che purtroppo non avevo potuto fare nulla per riprendere la borsetta di sua proprietà. Ma all'improvviso, mi accorsi che una speranza c'era ancora: infatti, ad una ventina di metri da me, scorsi un ragazzo con in mano uno skateboard. Che fosse stato destino non lo sapevo, ma dovevo sfruttare quell'opportunità.
«Pensi a quello che penso io?» domandai alla mia coscienza.
Sentii Ed sospirare, sapendo quello che avevo in mente. «Facciamo questa cosa...»
Sorrisi e corsi verso quel ragazzo, che non si accorse di me fino a quando afferrai il suo skateboard e me lo misi ai piedi.
«Te lo ridò subito!» esclamai al tipo che dietro di me si stava lamentando.
Non avrei potuto spiegargli come stavano le cose, gli avrei porto le mie scuse più tardi. Con il piede diedi delle spinte più forti, sfrecciavo come il vento lungo l'asfalto del marciapiede. In lontananza scorsi il ladro, che non si era ancora arreso. Mi piaceva sentirmi un supereroe, in fondo tutta quella situazione cominciava a non sembrare tanto faticosa. Era come se non provassi più stanchezza, ormai ero invincibile.
«Avanti Chris, puoi farcela!» mi incoraggiò la mia coscienza.
Apprezzai il suo gesto e diedi un'altra spinta con il piede. Sembrava di tornare ragazzino, quando con i miei amici delle medie andavo in giro per il quartiere con lo skateboard, e mi stavo anche divertendo. Quando fui abbastanza vicino al ladro, feci un balzo e atterrai sopra di lui. Insieme cademmo per terra, non provai alcun dolore perché il ragazzo aveva attutito la caduta. Mi sedetti sulla sua schiena e gli immobilizzai le braccia, per poi strappargli bruscamente la borsetta dalle mani.
«Dio, lo sai che pesi molto, amico?» mugugnò lui, cercando di liberarsi dalla mia presa.
«E tu lo sai che rubare è un reato e che potresti finire in carcere, amico?» domandai di risposta.
Alle mie parole il ragazzo si spaventò, e rimase in silenzio con la guancia appoggiata all'asfalto sporco del marciapiede. Mettergli un po' di paura era tutto quello che volevo.
«Ora ti porto dalla signora e deciderà se farti causa.»
«No, ti prego!» mi supplicò lui. «Lasciami andare, ti prometto che non ruberò più!»
Non sapevo se credergli o no, ma non mi fidavo ancora pienamente. Insomma, "non ruberò più" è la tipica frase che dice ogni ladro!
«Ora dimmi perché hai rubato, e magari ci posso ripensare.» Dissi, cercando di farlo parlare.
Se voleva la mia fiducia doveva giustificare quello che aveva fatto, e non gliel'avrei fatta passare tanto facilmente.
«La mia famiglia è povera! Mio padre ha abbandonato mia madre quando ero molto piccolo, e lei non riesce più a mantenere me e i miei tre fratelli, per quante ore extra possa fare al bar in cui lavora. Ho provato a trovare un lavoro per guadagnare un po' di soldi, ma non ci sono riuscito. Così, per rimediare alla situazione economica della mia famiglia, io... ecco... ho provato a rubare. Mi vergogno di me stesso, ma era l'unico modo per non ritrovarmi a vivere in strada!»
Rimasi in silenzio. Anche mio padre mi aveva abbandonato, e in fondo potevo capirlo. Stavo riflettendo su cosa fare, ma non potevo stare seduto sopra di lui tutta la mattina.
«Ti prego, non sapevo più cosa fare per aiutare mia madre» disse il ragazzo, vedendomi pensieroso. «Ti supplico.»
In qualche modo era riuscito a farmi provare pena per lui. Non potevo mandarlo in prigione, sarei stato troppo cattivo. In fondo a tutti andava data una seconda possibilità...
Sospirai. «Va bene, ti libero.»
Lui fece un sospiro di sollievo e sorrise. «Grazie, grazie mille.»
Mi alzai e lasciai il ragazzo libero, che cominciò a pulirsi i vestiti dallo sporco del marciapiede.
«Però ricordarti che rubare non è la sol-» non feci in tempo a finire la frase che feci un grugnito e mi contorsi dal dolore; il ragazzo mi aveva appena tirato un calcio nei gioielli di famiglia!
«Credulone!» esclamò ridendo, prima di scappare lontano da me.
Il dolore che provavo non superava il rimorso per essere stato così ingenuo, ma almeno avevo salvato la borsetta. Guardai il ragazzo correre via fino a scomparire dalla mia vista, e mi pentii con tutto il mio cuore di averlo liberato. Quando il dolore era ormai andato via, mi rimisi dritto con il busto e cominciai a riflettere; mi sentivo un tantino offeso, non bisognava ingannare così le persone! Ma dopo tutto, mi uscii un sorriso soddisfatto, che si trasformò in una risata fragorosa.
«Chris...»
«Che c'è?» dissi beffardo, osservando il cellulare che tenevo tra le mani; eh già, mentre il ladro stava scappando ero riuscito a sfilargli il cellulare dalla tasca dei pantaloni, e lui non se n'era nemmeno accorto! L'avevo definita la vendetta perfetta.
«Forse faresti meglio a ridarglielo...» Fece Ed, che si stava subito sentendo in colpa.
«E come? È scappato, quel vigliacco.»
Sorridendo soddisfatto mi misi ad osservare l'oggetto che tenevo tra le mani. Era un bel cellulare, si trattava dell'ultimo modello, e sicuramente doveva essere costato molto.
Sbuffai. «Povero...» quel ragazzo era un bugiardo. «Povero un paio di-»
«La mia borsetta!»
Subito mi voltai verso quella voce. Lontano da me notai la vecchietta che era stata derubata, mano nella mano con Clary, che si stavano avvicinando a me. Vidi mia sorella sorridere, soddisfatta di avere un fratello come me. La guardai, contento di averla resa fiera del suo fratellone. In fondo, fare buone azioni non era poi così male. Il mio sguardo si preoccupò quando più lontano scorsi il proprietario dello skateboard che si stava avvicinando a me con aria minacciosa; sì, avrei dovuto dare spiegazioni anche a lui.
***
Arrivai a scuola con quindici minuti di ritardo dall'appuntamento con Peter; sapevo che sarebbe stato furioso con me. Appena lo vidi accanto agli armadietti della scuola, corsi verso di lui, dispiaciuto per averlo fatto aspettare così tanto.
«Ma dove eri finito?» domandò lui, vedendomi arrivare tutto imbrattato di sudore.
Non feci in tempo a rispondere, che sentii qualcuno applaudire. Da una persona diventarono due, da due a tre, finché tutti gli studenti nei paraggi stavano applaudendo. Mi guardai intorno, e notai che stavano applaudendo proprio a me. Doveva essere perché avevo salvato quella ragazza dal suicidio... Peter sorrise e cominciò ad applaudire anche lui. Ero stupito di quante persone fossero fiere di me. Ero davvero diventato l'eroe della scuola? Tra la folla notai i miei amici; Scott, Lucas, Tyler, e... Miles, accanto a Bethany. Loro erano gli unici a non applaudire, le loro facce sembravano annoiate.
«Qualcuno è geloso...» Commentò Ed.
Ridacchiai del commento della mia coscienza e insieme a Peter entrai nella nostra aula. Ero felice di aver ricevuto tutte quelle attenzioni, mai nessuno mi aveva applaudito. Quando vidi Mr. Gomez seduto sulla sua scrivania, mi tornò in mente dell'interrogazione di storia. Il giorno precedente ero stato così preso dalla PlayStation di Peter che mi ero totalmente dimenticato dell'interrogazione! Quando mi sedetti al mio posto sentii degli strani schiamazzi. Mi guardai intorno e vidi un gruppo di ragazze che mi stavano guardando. Appena le notai, loro ridacchiarono, e una di loro mi fece l'occhiolino.
«A quanto pare hai fatto colpo...» Fece Ed.
Io sorrisi e ritornai a guardare la lavagna. Aver salvato una persona mi rendeva anche eroico e coraggioso da parte di molte ragazze, e quella cosa mi cominciava a piacere. Mr. Gomez sembrava più sereno del solito, e questo era positivo.
«Spero che voi abbiate studiato...» Disse, quando ognuno fu al proprio posto. «Signor Watson, vuole cominciare?» domandò, mettendosi a posto la cravatta.
Io non sapevo cosa dire. Non sapevo una parola, avrei preso un voto bassissimo!
«Ehm...» Dall'espressione del prof, decisi di arrendermi e di dire semplicemente la verità, accentando di prendere l'ennesima insufficienza. «Non ho studiato.» Ammisi, abbassando lo sguardo.
Mi aspettavo il peggio, ma per la prima volta Mr. Gomez mi guardò con compassione.
«Non c'è problema, capisco...» Disse, lasciandomi a bocca aperta. «Interrogherò la signorina Benson, oggi.»
Non c'erano parole per descrivere quanto fosse bello vedere la faccia arrabbiata di Bethany, in quel momento. Questa cosa dell'eroe era fantastica, la vita mi sembrava molto più facile da quando avevo salvato quella ragazza.
«Come? Ma non è giusto!» strillò lei, rossa di rabbia.
«Se preferisce avere un'insufficienza... prego.» Disse il prof.
Peter non poté trattenere le risate. Non lo biasimavo, vedere Bethany in difficoltà era divertente.
«Ti diverte?!» sbottò la brunetta accorgendosi di lui, arrabbiata.
«Sì, in effetti sì.» Rispose Peter, ridacchiando.
A Bethany venne un attacco di rabbia, ed emise un urlo che per poco non ruppe un timpano a tutta la classe. Ci fu un breve silenzio, poi scoppiarono tutti a ridere, compreso io. Quella ragazza stava delirando! Bethany ci guardò con odio, non esitò ad uscire a passo veloce dalla classe, per poi sbattere la porta alle sue spalle.
«Dovrei restare serio, ma... devo ammettere che è stato divertente.» Disse la mia coscienza.
Sorrisi; almeno io e Ed eravamo d'accordo su qualcosa.
//ANGOLO AUTRICE//
I'm back, popoloh (devo smetterla di fare aggiornamenti a mezzanotte).
Sono stata assente per più di una settimana, ma ora sono tornata più carica di prima! (Seh)
Comunque, il nostro Chris sta diventando una specie di eroe, ma le situazioni di pericolo sono sempre dietro l'angolo, e forse il ragazzo potrebbe montarsi troppo la testa... meno male che c'è Ed a tenerlo a bada!
Ricordate di dirmi se la storia vi sta piacendo e ci vediamo nel prossimo capitolo!❤
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