49. Walter il barista arrabbiato

Ci sono due tipi di ragazzi.
1. Quelli che arrivano mezz'ora prima ad un appuntamento per assicurarsi di non arrivare in ritardo, facendo amicizia con il cameriere e litigando con una vecchietta per dirle che il posto è occupato.
2. Quelli che arrivano con un'ora di ritardo, trovando il locale vuoto e approfittando dell'occasione per farsi una birretta con il cameriere.
Io facevo parte del secondo tipo. Le maggiori volte in cui io e Bethany uscivamo insieme arrivavo sempre in ritardo, lei non c'era quasi mai e perciò mi fermavo a parlare con il barista, Rico, un uomo messicano divorziato e con la passione per le matriosche. Il giorno dopo mi facevo perdonare comprando a Bethany qualche collanina o vestito, con lei funzionava sempre.
Quella volta con Judith, però, arrivai sul posto puntuale. Né un minuto di più, né uno di meno. Lei non era ancora arrivata, perciò scelsi un tavolo e mi sedetti ad aspettarla. Era strano, per la prima volta ero io quello che doveva aspettare al tavolo. Per la primissima volta, il mio ruolo si era invertito. Per passare il tempo mi misi a contare quante persone erano presenti con gli occhiali. Tredici. Parecchie, dato che nel bar eravamo in circa una quarantina.

«Cosa si prova ad aspettare?»

Ed e le sue domande fastidiose... se in quel momento avessi potuto ucciderlo, l'avrei fatto.

«Sono qui da cinque minuti, non è paragonabile a quanto facevo aspettare Bethany in passato» dissi. «Ora che ci penso ero davvero egoista a farla aspettare così tanto.»

«Finalmente te ne sei accorto. Oh, e per tua informazione non puoi uccidermi. Non ancora.»

Un giorno sarei riuscito a ricordarmi che dovevo smettere di fare commenti negativi su di lui. Feci un sorrisetto angelico nel tentativo di farmi perdonare e chiesi scusa.

«Idiota.»

Avrei dovuto immaginarlo.

La nostra "piacevole" conversazione venne interrotta da una ragazza che si sedette sul posto davanti al mio. Con mia piacevole sorpresa notai che si trattava di Judith. Stava respirando affannosamente, sembrava avesse corso.

«Scusa per il ritardo... mi è successa una cosa...»

«Va tutto bene?»

Lei annuì. «Tu come stai?»

Mi piaceva il suo modo di fare, nonostante tutto si interessava anche agli altri.

«Benissimo.» Sorrisi guardandola negli occhi.

Sia chiaro, non ci stavo provando. Era solo una semplice risposta. Una semplice, innocua risposta. Lei colse il mio sorriso e ricambiò.

«Hai notizie di Peter?»

«Ho un mucchio di notizie su di lui» affermai con gioia. «Oggi ho parlato con Amanda, e... ho scoperto che anche a lei piace lui.»

Judith fece un sorrisetto divertito. «Le hai raccontato anche di... quella cosa?»

Feci una piccola risata, dopodiché sospirai. «Sì, l'ho fatto.»

Judith non poté trattenere una risata. Era divertente vederla così.

«Ora mi calmo.»

«Tranquilla.»

L'avevo detto perché la verità era che amavo vederla ridere. Anche per le cose più stupide, ma era bellissimo. Judith si ricompose e mi guardò sorridendo.

«Sembri felice.» Commentai osservandola.

«È vero.» Ammise lei.

Fummo interrotti dall'arrivo di una cameriera con i nostri due frullati. Nell'aspettare gli avevo ordinati, giusto per farle una piccola sorpresa. Solo a quella vista la bocca di Judith si spalancò e le sue pupille si dilatarono, un po' la mia reazione quando vedevo dei soldi sul marciapiede.

«Allora non scherzavi quando hai detto che c'erano anche i frappé!» esclamò felicissima.

D'un tratto mi ricordò Clary quando per il suo compleanno nostra madre le comprò la bambola che aveva sempre sognato, la mitica Wanda Penny. Contenta prese il suo bicchiere e lo guardò desiderosa.

«Sai che lo pagherò io, vero?» mi chiese guardandomi.

Feci un sorriso beffardo e mi avvicinai più con il busto. «Sapevo l'avresti detto, infatti ho già pagato.» Dissi con un tono di voce più basso.

La ragazza spalancò gli occhi. Non se l'aspettava proprio, era divertente vedere la sua reazione sbalordita.

«Sei un genio del male!»

«Lo so, lo so.»

Entrambi ridemmo.

«Questa me la paghi.» Continuò Judith.

«Hey, ho appena pagato!»

Dopo la mia affermazione ricevetti una piccola spinta sulla spalla.

«Tu sei... un vero idiota.» Ridacchiò la biondina.

«Già, me lo dicono in tanti.» Dissi riferendomi alla mia coscienza.

«Finalmente ho trovato una che la pensa come me...»

Evitato quel commento totalmente inutile, cominciai a bere il frullato come lo bevevo di solito; senza la cannuccia, come se dovessi bere un bicchiere d'acqua. Stranamente però avevo lo sguardo di Judith addosso, che mi mise un po' a disagio.

«Cosa c'è?» domandai confuso.

La ragazza rise. «Niente... hai solo un po' di baffi sul viso. Sei sporco di banana.»

Imbarazzato presi un fazzoletto e mi pulii subito dal frappé rimasto appena sopra le mie labbra. Judith continuava a ridere, e mi piaceva. Mi piaceva... infinitamente.

«Allora, hai detto che volevi parlarmi.» Disse poi la ragazza, sorseggiando il frappé dalla sua cannuccia.

«Veramente... volevo fare un gioco.»

Judith alzò un sopracciglio. «Un gioco?»

«Hai mai sentito parlare di Obbligo o Verità?»

Il viso della biondina prese un colorito rosso. «Oh no, non ci penso neanche.»

«Andiamo... è divertente!» provai ad incitarla. «Nessuna domanda personale, te lo prometto.»

Sembrava che l'avessi convinta. «Va bene... ma sappi che non avrò pietà.»

«Ottimo.» Dissi sorridendo.

In effetti avevo un po' di paura.

«Obbligo o verità?» domandai prima di bere un po' del mio frappé.

«Obbligo.»

La guardai e sorrisi, riflettendo su cosa potessi chiederle di fare. Avevo in mente centinaia di cose... alla fine scelsi quella più divertente.

«Sei pronta?» domandai sorridendole malizioso.

«Veramente no.»

Ridacchiai. «Devi andare dal barista... e filtrare con lui fino a farti dare il suo numero.»

Per poco Judith si strozzò con il frullato. Tossì un paio di volte, poi mi guardò.

«Sei impazzito? No, assolutamente no.»

«Non puoi tirarti indietro» ridacchiai notando la sua reazione. «Oh, e dovrai avere l'erre moscia. Fingi di essere una... ragazza francese molto attraente.» Inventai facendole l'occhiolino.

Judith sospirò tristemente. «Non posso... non riesco a parlare con le altre persone.»

«Con me ci riesci benissimo.»

«Con te è diverso...»

Dopo quella frase le sorrisi dolcemente e le presi la mano, obbligandola a guardarmi negli occhi.

«Judith... se non lo vuoi fare non ti obbligherò. Voglio solo farti vedere il lato divertente della cosa...» dissi con un tono il più rassicurante possibile. «Andiamo... cosa mai potrebbe succedere di brutto?»

Judith mi sorrise leggermente. Sapevo che si fidava di me, ne ero sicuro. Solo che non riuscivo a capire il perché avesse questo lato timido e insicuro che riusciva sempre ad avere la meglio su tutto.

«Okay, lo faccio.»

Sorrisi contento della sua decisione. Judith diede un sorso al suo frappé per darsi la carica e si alzò dalla sedia per osservare dubbiosa il barista.

«Ora osserva come si rimorchia.» Disse convinta, sistemandosi i capelli e il vestito.

Prese un respiro e camminò verso il ragazzo al bancone, mentre io la guardavo divertito. Era incredibile che Judith avesse veramente detto quella cosa, ed era ancora più incredibile che avesse accettato di farlo! Ero curioso di come avrebbe fatto a parlargli se aveva paura persino della sua ombra, ma decisi di non giudicarla troppo presto. Sicuramente ci sarebbe stato da divertirsi. Judith raggiunse il barista con convinzione, ma quando fece per parlargli girò i tacchi e tornò al nostro tavolo con un'espressione spaventata in volto.

«Non posso farlo.» Disse sedendosi.

«Sì che puoi!» la incitai. «Judith, ascoltami» dissi prendendole le spalle. «Nella vita bisogna buttarsi, non ti deve importare del giudizio degli altri. Non avere paura o imbarazzo, io ti sono accanto.» Una volta finito le rivolsi uno dei miei sorrisi più rassicuranti.

La ragazza mi guardò negli occhi per qualche secondo, poi sorrise e annuì.

«Va bene, mi butto.»

Felice di quella affermazione la lasciai alzare. Sapevo che poteva farcela, era un ottimo esercizio per abituarla ad essere più estroversa con gli sconosciuti. Judith camminò a passi non proprio sicuri verso il barista, che non appena la vide le sorrise. Avrà avuto trent'anni, quella ragazza avrebbe dovuto essere super sicura di sé se voleva sembrare convincente.

«Salve, ha bisogno?» le domandò gentilmente il giovane adulto.

«No, niente.» Judith voltò la testa verso di me e mi vide incrociare le braccia e alzare un sopracciglio, così sospirò e a malavoglia si rigirò verso il barista. «Veramente... avrei bisogno di qualcosa.»

In quel momento scoppiai a ridere in mezzo al locale. Judith aveva seriamente provato a parlare con l'erre moscia! E le riusciva anche bene, a mio parere. Se non l'avessi conosciuta ci sarei cascato anch'io come un salame.

Il barista colse quell'accento e sorrise. «Francese?»

«Oui, mi sono trasferita un anno fa per lavoro.»

«Beh ha imparato molto bene la nostra lingua, complimenti.»

Judith era più che imbarazzata, ma cercò di sforzare un sorriso. «Merci

Non potevo crederci, Judith era davvero riuscita a fare colpo? Intanto mi godetti la scena gustandomi tutto il sapore del mio frappé alla banana. Aperitivo con spettacolo, il mio preferito.

Il barista di stava esplicitamente provando. «Allora, aveva bisogno di qualcosa?»

«Oui, mi stavo chiedendo...» Judith si appoggiò al balcone. «Se lei fosse libero, una sera di queste...»

«Oddio, l'ha detto.» Fece Ed sbalordito.

Annuii sorridendo. «L'ha detto.» Subito dopo ridacchiai divertito.

A quella frase il barista sorrise sorpreso, grattandosi la nuca. «Ecco... sì, va bene.» Disse annuendo più volte.

Judith sorrise, ma ero sicuro che dentro stesse morendo dall'imbarazzo. Inutile dire che mi stavo divertendo un mondo; il miglior obbligo che avessi mai fatto. L'uomo dietro il bancone scrisse qualcosa su un foglio di carta, poi lo porse alla ragazza.

«Il mio numero» ammiccò. «Mi chiamo Walter.»

Judith non poté far altro che fingere un sorriso e prendere il biglietto. Povera ragazza, si vedeva lontano un miglio che non vedeva l'ora di andarsene e di porre fine a quella farsa.

«Sono Judith» disse. «Allora... ci vediamo!» così dicendo cominciò a camminare via disgustata.

Il barista stava ancora sorridendo. «A presto!»

La ragazza si girò per l'ultima volta e gli fece un senno con la mano. «Au revoir!»

Dopodiché tornò al tavolo con una faccia imbarazzata e si sedette davanti a me senza dire nulla. Appoggiò il foglietto sul tavolo e mi sorrise.

«Voilà!» ridacchiò mettendosi in posa.

Io ero ancora sbalordito, in uno stato di trance. Non avevo mai visto Judith così estroversa, aveva finalmente sconfitto le sue paure e aveva semplicemente provato. Ed era stata magnifica.

«Sono andata male?» domandò la ragazza notando che non avevo ancora aperto bocca.

A quel punto mi ricomposi. «Sei stata... fantastica. Non posso credere che tu l'abbia fatto davvero!» esclamai mettendomi le mani nei capelli.

«Mi sono buttata.» Disse lei facendo le spallucce.

«Ora come ti senti?»

«A dir la verità mi sento bene... sono quasi sollevata.» Ammise sorridendo.

«Ed è solo l'inizio.»

Prendemmo i nostri frappé e brindammo con quelli. La situazione ci fece ridere.

«Tocca a te» disse Judith. «Obbligo o verità?»

Sapevo cosa avrei potuto rischiare se avessi scelto obbligo, perciò scelsi l'unica altra alternativa.

«Verità.»

Avevo quasi paura di che domanda avrebbe potuto farmi Judith. Poteva chiedermi qualsiasi cosa, e dopo quello che le avevo fatto fare... ero davvero obbligato a rispondere.

Judith piegò la testa d'un lato e cominciò a riflettere. «Cosa ti piaceva in Bethany?»

Quella domanda sorprese. Non immaginavo che qualcuno me l'avrebbe mai chiesto... immaginavo che avrei dovuto essere sincero...

«...In Bethany?» provai a schivare il colpo e a rallentare il tempo, anche se tutto ciò sarebbe stato comunque inutile.

Judith annuì sorridendo. «Sei obbligato a rispondermi, dopo quello che ho dovuto fare.»

Ridacchiai ed annuii, anche se un po' spaventato. Parlare di Bethany a Judith mi innervosiva un po', soprattutto perché avrei dovuto parlare del vecchio me.

«Ecco...» intimorito mi sistemai il colletto della maglietta che avevo addosso. «Io e Bethany...» sospirai. «In verità non so bene cosa ci trovavo in lei. Insomma... oltre al suo aspetto fisico quella ragazza non aveva niente di ché. Lo sai com'ero... sinceramente non mi va di approfondire la cosa.»

Judith annuì con il capo. «Capisco... ma sappi che io non ti sto giudicando. So benissimo che tipo di ragazzo eri in passato... ma l'importante è che ora ti sei pentito e hai deciso di cambiare, e ti stimo per questo.»

Le sorrisi, poi mi venne in mente una curiosità. «Hey, prima del nostro "incontro"... per caso tu mi conoscevi di già?»

Judith avvampò tutto ad un tratto, come un palloncino appena scoppiato.

«Beh... ecco... sì, ti conoscevo... come tutti gli altri studenti della nostra scuola...» Disse cominciando a bere dalla sua cannuccia.

Qualcosa nel suo tono di voce mi risultava strano, ma non ci feci tanto caso.

«Tocca a te, Jud.»

«Scelgo verità, non rischierò ancora di rimorchiare un trentenne.»

«Mmh...» cominciai a pensare giocando con la cannuccia del mio frappé. «Quali sono le cose che ti fanno sentire bene?»

Avevo un assoluto bisogno di saperlo. La ragazza mi guardò e abbozzò un piccolo sorriso.

«È una bella domanda... pensavo che mi avresti chiesto cose più piccanti.» Ammise sorridendo.

Ridacchiai. «Su, rispondimi.»

Judith appoggiò due gomiti sul tavolino e rifletté un attimo. «Cose che mi fanno sentire bene... beh, come avrai capito mi piace disegnare. Oh, e poi amo l'odore delle pagine dei libri. Mi piace andare in bicicletta di mattino presto, oppure alla sera, quando il sole deve tramontare. A volte mi siedo sull'altalena del parco e osservo il tramonto, quando tutte le persone se ne sono andate. Con mia madre lo facevo spesso, nella mia vecchia città» disse sorridendo ai quei pensieri. «Mi piace pattinare sul ghiaccio, guardare film strappalacrime...» ridacchiò, arrossendo leggermente. «E poi... mi piace passare il tempo con te.»

Dopo quell'ultima frase sorrisi. Più la guardavo e più mi rendevo conto che in quel momento non avevo bisogno di nient'altro. Mi bastava parlare con lei.

«Allora Christopher...» continuò la ragazza, rigirandosi la cannuccia tra le dita. «Obbligo o... obbligo?»

«Non c'è un'altra alternativa?» domandai ridacchiando.

Judith scosse la testa sorridendo. «No.»

Ovvio che no, ero finito.

«Va bene, allora...» sospirai affranto. «Scelgo obbligo.»

Judith fece un gridolino di gioia e cominciò a pensare a quale malvagità potesse farmi fare. Non avrebbe avuto scrupoli, questo lo sapevo. Ansioso finii di bere il mio frappé e mi asciugai le labbra con un tovagliolino di carta.

«Trovato!» fece Judith facendomi quasi tremare le gambe. «Devi salire sul tavolo...»

«Oh no...»

«...E poi devi urlare a tutte le persone presenti che domani ti sposi.» Aggiunse la ragazza ridendo.

Forse Judith era più malvagia di me. Scossi la testa contrariato e sorrisi. Che razza di obbligo assurdo...

«No no no... scordatelo.» Mormorai coprendomi il viso con una mano.

«Se non lo fai ti butto il mio frappé in testa.»

«Non lo faresti mai, ami troppo il frappé.»

«Sì, è vero...» ammise Judith facendo le spallucce. «Mettiamola così... se non lo fai stasera chiamo il barista ed esco con lui.»

Sapevo che non l'avrebbe fatto... vero? Nel dubbio sospirai e mi arresi alla sua pretesa.

«Se mi cacciano dal locale sarà colpa tua.» Dissi con tono di rimprovero.

In risposta ricevetti una piccola risata. Come immaginavo. Abbattuto e non proprio sicuro di quello che stavo facendo mi alzai in piedi sulla sedia e poi salii con i piedi sul tavolo. Le persone che si accorsero di me cominciarono a guardarmi strano, alcune con facce di stupore, e altri scoppiarono a ridere.

«Scusate, vorrei un attimo di attenzione.» Dissi richiamando l'attenzione di tutti.

Oddio, mi stavo mettendo in ridicolo davanti a tutti. Judith mi stava guardando sorridendo, era già pronta a riprendermi con il cellulare. Il bar era in silenzio, in attesa di qualche mia parola.

Mi schiarii bene la gola. «Ci terrei che tutti mi ascoltassero... persino tu, signora con il cappello di pelo di procione» dissi indicandola. «Vorrei condividere con voi una bellissima notizia. Sì, perché domani... mi sposo!» urlai spalancando le braccia.

In quel momento tutte le persone cominciarono ad applaudirmi. Mi stavano applaudendo davvero, non era la mia immaginazione. Mi applaudivano perché erano sorpresi dal mio coraggio, insomma... salire su un tavolo in mezzo al bar non era una cosa da poco. Sembravo un conduttore televisivo, ad essere sincero mi sentivo benissimo. Sentivo che ormai potevo fare tutto.

«Esatto, signori!» esclamai notando che Judith stava ridendo.

A quel punto mi venne un'idea, giusto per vendicarmi.

«Mi sposo con questa ragazza qui!» dissi indicandola.

La folla applaudì più forte di prima, giurai di aver sentito qualcuno fischiare. Judith, sorpresa, si guardò attorno e cominciò a scuotere il capo imbarazzata.

«Su non essere timida!» le presi la mano e la invitai a salire sul tavolo.

La ragazza mi squadrò con lo sguardo, dopodiché si arrese e con il mio aiuto salì di fianco a me. Non potevo credere che l'avesse fatto veramente.

«Eccola qui. Non è bellissima?» scherzai strizzandole le guance.

«Chris, prima o poi ti uccido.» Mi sussurrò lei.

Risi e le presi la mano. «Allora amoruccio, vuoi dire qualcosa?»

«Sì. Chiederò il divorzio.»

Finsi un broncio, che venne interrotto da una persona che si avvicinò a noi con fare di rimprovero. Oh, era il barista.

«Voi due dovete uscire da qui. Subito.»

Guardai Judith. «È questo l'uomo con cui mi tradisci?»

Walter-il-barista-arrabbiato cominciò a perdere le staffe. «Scendete dal tavolo!»

«Ora scendo, devo chiarire con la mia ragazza» mi rivoltai verso Judith. «È perché ha i baffi, vero? Lo sapevo che alle ragazze francesi piacciono quelli con i baffi...» Mormorai fingendomi abbattuto.

«Se non scendete chiamo le autorità.»

A quel punto non mi rimase molta scelta; dovevo finire la recitazione. Peccato, cominciava ad essere divertente.

«Okay, okay...» guardai Judith e sospirai. «Tesoro, amore della mia vita... ti lascio. Tra noi non poteva funzionare.»

La ragazza rise e mi spintonò il petto. «Ora sì che ti rovescerei il mio frullato in testa...»

Scesi dal tavolo e aiutai Judith a fare lo stesso. Una volta con i piedi per terra guardai il barista e gli posai una mano sulla spalla.

«Senti, Walty... posso chiamarti Walty, vero?» nessuna risposta, come pensavo. «Te la lascio, ora è libera. Tutta tua, bello.» Dissi rivolgendomi a Judith.

«Uscite da qui. Ora.» Scandì bene l'uomo, incrociando le braccia e guardandomi severamente.

Okay... Walter - 1, Chris - 0.
Il gioco era finto, ora dovevamo seriamente sparire da quel locale.

«Ai suoi ordini!» Mi incamminai verso l'uscita del bar seguito da Judith.

Una volta davanti alla porta feci un piccolo inchino e salutai le persone che stavano ancora ridendo dallo spettacolo. Almeno ero felice di essere riuscito a strappare un sorriso a qualcuno. Era la mia missione da bravo cittadino, no?

«Non direi...» commentò Ed.

Usciti dal bar potemmo finalmente scoppiare a ridere. Era incredibile quante cose si potessero fare con un semplice gioco.

«Grazie a te ci hanno banditi dal locale...» Disse Judith camminando. Aveva comunque un sorriso sul volto.

«Sei tu quella che hai scelto l'obbligo!» replicai io.

«Dovevi proprio coinvolgere anche me?»

«Dovresti sapere quanto sono disposto ad andare oltre.»

«Mh, già» dopodiché ridacchiò. «Mi sembra di essere tornata bambina...»

La guardai e sorrisi. «Beh è stato divertente, no?»

La ragazza annuì. «Sei pazzo.» Aggiunse ricominciando a ridere.

«Anche tu sei un po' pazzerella» dissi sorridendo. «Tutti lo siamo, dobbiamo solo trovare quel lato.»

«Mi piace quel lato.» Ammise Judith.

«Anche a me. Un sacco.»

Ci guardammo negli occhi e sorridemmo. Cavolo, Judith mi faceva sentire bene. Aiutarla mi piaceva da morire, e credo che anche lei mi stesse lentamente aiutando. In pratica ci aiutavamo a vicenda, e ci stava bene così.

«Dato che siamo qui nel centro commerciale ne approfitto per comprare il mio costume per la festa di Halloween» dissi. «Vieni con me?»

Judith sorrise. «Mi piacerebbe, ma ora devo proprio tornare a casa. A mio padre... non piace aspettare.»

«Fa niente, tranquilla.» Dissi rivolgendole un caldo sorriso.

«Solo per curiosità... da cosa ti vestirai?» mi domandò la ragazza.

«Sorpresa.»

La verità era che non ne avevo ancora nessuna idea, ma era un ottima occasione per lasciare una risposta ad effetto. Ormai sapete come sono fatto.

«Allora lo scoprirò domani» disse Judith. «Ciao Chris, mi sono divertita oggi. A dir la verità mi diverto sempre quando sono con te.»

«Anch'io. Sai, sei proprio simpatica. Le persone dovrebbero rendersene conto.»

La ragazza sorrise e mi abbracciò amichevolmente. Mi sentii subito bene.

«A domani, allora.» Mi disse allontanandosi leggermente.

«Sì, a domani.»

La guardai camminare via con un sorriso da ebete stampato sul volto. Sentivo che piano piano ce la stavo facendo, avevo la sensazione di starmi legando a lei, lentamente, passo dopo passo.

«Bene, Ed» sospirai, cominciando a camminare verso le scale mobili. «Si va a fare shopping.»

«Cristo santo...»

«Hey, non dovresti avere questo linguaggio così scurrile...» commentai sogghignando. «Non sei una coscienza? Non dovresti essere un "angioletto"?»

«Oh no. Stare con te mi sta cambiando...» mormorò la coscienza spaventata. «Porca zozza.»

Ridacchiai. «Sembra che anche tu stia prendendo qualcosa da me... un attimo, hai detto porca zozza?»

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