48. (Ho fatto) bingo!
«Oh, che ne dici di lui?» domandò Vanessa alla sua amica per la milionesima volta, indicando un ragazzo moro vicino al cestino dell'immondizia.
Judith rise e scosse la testa. «Non è il mio tipo.»
Finsi di mette i miei libri dentro all'armadietto e silenziosamente ascoltai la conversazione. Non sapevo perché, ma quello di cui stavano parlando mi interessava molto.
Alle parole della ragazza Vanessa sospirò. «Oh andiamo... è il quarto ragazzo che ti propongo oggi.»
Vanessa stava mandando avanti il piano per trovare a Judith un fidanzato, cosa a mio parere assurda. Non aveva bisogno di un ragazzaccio che poi la facesse soffrire, tutto ciò avrebbe potuto solo peggiorare le cose.
«Va bene, allora te ne scelgo un altro.» affermò la brunetta ricominciando a guardarsi intorno. «Mmh... quello lì?» domandò quando i suoi occhi si illuminarono. «È molto figo, e poi mi hanno detto che è un ottimo baciatore.» Ammiccò la ragazza sorridendo.
Judith sospirò e scosse la testa contrariata. Sapevo che non aveva alcuna voglia di mettersi in pista, non mi sembrava il tipo. Ma Vanessa non si sarebbe data per vinta tanto facilmente.
«Chris, tu che ne pensi?» la domanda che poi mi rivolse mi fece scattare come una molla verso di loro.
«Ehm sì... un ottimo baciatore.» Ripetei disorientato.
Vanessa aggrottò la fronte. «Mmh...» sapeva benissimo che ero contrario alla sua idea. «Potresti aiutarci? Penso che tu abbia avuto tanti amici che adesso potresti consigliarci...»
La guardai male e lei nascose un sorrisetto provocatorio. Osservai Judith, e mi sembrava così innocua che risponderle male sarebbe stato un reato. Sospirai mentalmente, chiusi l'armadietto e mi guardai intorno in cerca di qualche mio conoscente. Quando ne vidi uno decente lo indicai alle due ragazze.
«Owen Jefferson, ci conosciamo perché è un amico del DJ. Tutto vostro.»
Vanessa cominciò a scrutarlo usando il suo bei-ragazzi detector. «Mmh... sì è carino» commentò sorridendo. «Judith?»
La ragazza si voltò immediatamente verso di lei. Non appena vide il soggetto fece un'espressione che non diceva nulla di buono. La sua amica sospirò, capendo che trovare un ragazzo a Judith non sarebbe stato affatto facile. Comunque decise di cambiare argomento. Interpellando chi? Me, ovviamente.
«E tu Chris? Hai intenzione di... rimetterti in pista?»
Scossi la testa. «Ho appena rotto con Bethany... adesso non mi va proprio di avere relazioni.»
«Sicuro? Potrei presentarti qualche mia amica...»
«Sono sicuro.»
La curiosità di Vanessa non mi piaceva. Sarà stato il tempo nuvoloso, o il fatto che mi ero alzato con il piede sbagliato, ma qualcosa dentro di me non andava, come una nuvola di negatività che si stava lentamente facendo spazio tra le varie insenature del mio corpo. E non potevo farci nulla. Ci incamminammo verso le nostre aule, le ragazze che facevano strada e io dietro di loro, dubitante se ascoltare le loro conversazioni decisamente poco maschili. Vanessa era come una macchinetta, mi chiedevo se avesse un pulsante di spegnimento o cos'altro.
«Parliamo della festa di domani. Da cosa ti vestirai?»
Judith rispose a suo rischio e pericolo. «Veramente non ho ancora pensato a cosa mettermi...»
Ecco, se Judith avesse confessato di aver commesso un reato, la reazione dell'amica sarebbe stata meno esagerata.
«COSA VUOL DIRE CHE NON CI HAI ANCORA PENSATO?»
Roteai gli occhi al cielo; la solita melodrammatica. Judith si fermò pentendosi di aver pronunciato quelle parole.
«LA FESTA È DOMANI» sbottò Vanessa. «DOMANI!»
«E tu cos'hai intenzione di indossare?» domandai mettendomi in mezzo alle ragazze.
Dovevo salvare la situazione, o sarebbe crollata. A quella domanda il volto di Vanessa si illuminò. Forse stava aspettando che qualcuno glielo chiedesse dall'inizio della conversazione.
«Mi vestirò da ballerina Charleston» affermò raggiante. «Avete presente?»
Imitò goffamente qualche mossa, e non potei fare a meno di ridere. Persino Judith si coprì la bocca con una mano ed emise una risatina. Era tremenda.
«Non sono così male!» ribatté Vanessa una volta accorta delle nostre risate.
Ripresi fiato e alzai un pollice, mentre la ragazza sospirò e riprese a camminare. Ci unimmo a lei.
«È evidente che non capite il mio potenziale da ballerina degli anni '20.»
Nessuna risposta. Forse perché sia io che Judith avevamo i nostri pensieri per la mente. Quanto avrei voluto entrare nella sua testolina... in senso positivo, ovvio. La immaginavo come una barriera stracolma di frasi e pensieri che lottavano per uscire. Raggiungemmo l'armadietto di Vanessa, e approfittai del momento di distrazione della ragazza per avvicinarmi alla sua amica.
Le arrivai vicino senza dare nell'occhio, con tutta la delicatezza possibile piegai le ginocchia fino ad arrivare vicino al suo orecchio e le sussurrai: «Devo parlarti.»
Lei voltò immediatamente lo sguardo verso di me, un po' spaventata. Ruotò la sua espressione confusa da me a Vanessa, impegnata a mettere libri nel suo armadietto, e infine di nuovo a me. La stavo guardando con un piccolo sorriso in volto, che cercai subito di smascherare. Maledizione ai miei atti involontari.
«Come?» bisbigliò confusa.
«Oggi al centro commerciale verso le 16:00. Davanti a un bel frullato alla banana, quello che ti piace tanto.» Un sorrisetto sghembo si impossessò del mio viso dopo quell'ultima frase, tra parentesi del tutto inaspettata!
Judith scrutò il mio sguardo per un po', fece per aprire la bocca quando venimmo interrotti dall'armadietto di Vanessa, sbattuto con forza. Entrambi facemmo un piccolo balzo dallo spavento e guardammo la ragazza davanti a noi. Tempismo impeccabile.
«Andiamo a lezione Judith» fece la brunetta prendendo la ragazza per un braccio e trascinandola con sé.
Judith, sorpresa, cercò di divincolarsi alla presa dell'amica, che ridacchiò divertita. «Andiamo, se non cammini arriveremo in ritardo a lezione!»
Ormai arresa, la ragazza si fece guidare. Io restai ferme a guardarle, con uno sguardo abbattuto in volto. Grandioso, avevo avuto una possibilità di parlarle, ma quella era stata disfatta nel nulla. Ma forse avevo parlato troppo tardi. Infatti, quando tutto sembrava perduto, Judith fece una cosa del tutto inaspettata: voltò la testa verso di me e sorridendo leggermente alzò un braccio e mise un pollice in su. Fu l'ultima cosa che vidi, prima che la ragazza sparisse nel nulla. E così rimasi fermo come un idiota a rimarginare quello che era successo. Attorno a me il silenzio.
«Cazzo sì!»
Sorrisi e feci una danza della vittoria, non curante del fatto che fossi in mezzo al corridoio e che avessi attirato l'attenzione di praticamente mezza scuola. Già. Gli occhi di tutti rivolti verso di me. Ma poco mi importava in quel momento di euforia.
«Allora... di cosa hai intenzione di parlare quando sarai solo con lei?» domandò Ed. «Ti prego smettila di ballare, sei imbarazzante.»
Eseguii gli ordini e mi rimisi sulle mie, assicurandomi che nessuno mi stesse più guardando. Dio santissimo, dovevo ricordarmi di trattenere me stesso.
«Devo legare con lei, diventare un suo amico intimo.»
«Credevo che aveste già legato abbastanza...»
Scossi il capo. «Mh, non così tanto. Insomma... sì, in questi giorni ho imparato a conoscerla, ma è ancora distaste. È come se un giorno facessi un passo avanti e quello dopo due indietro.» Sospirai.
Era la verità, avvicinarmi a quella ragazza si stava rivelando l'impresa più difficile del mondo. Ma non impossibile.
«Pensi di mollare?»
«Assolutamente no!» esclamai deciso. «Non mollerò mai. Mai!»
«Okay, okay, calmati.» Fece la coscienza mettendo un freno alla mia euforia.
Roteai gli occhi al cielo, dando un'occhiata all'orologio fisso sulla parete della scuola. Non mi restava altro che andare a lezione, che sarebbe iniziata tra dieci minuti. Seguii gli altri studenti del mio corso, voltai lo sguardo e vidi una ragazza sui tacchi e con orecchini pendenti. Camminava annoiata insieme alla folla.
Dallo stupore esclamai: «Amanda!»
Lei mi vide e mi ignorò, voltando lo sguardo verso il corridoio. Sospirai e la rincorsi fino a giungerle davanti. Ci fermammo in mezzo al gruppetto di studenti, che ci superò fino a scomparire dalla parte opposta.
Amanda roteò gli occhi. «Cosa vuoi, Chris?»
«Peter non è venuto a scuola oggi. Lo sai, vero?»
La ragazza fece le spallucce, impassibile. «Non lo sapevo, e allora?»
«È per ieri sera.»
Una volta tornato a casa da quella specie di cena avevo chiamato Peter undici volte. Undici. Ma lui non mi ha mai risposto. E dato che non era venuto a scuola sapevo che stava davvero male. Il mio istinto da buon amico mi diceva di saltare la scuola per andare a casa sua, ma Ed riusciva sempre a farmi cambiare idea.
«Non è colpa mia se mi ha dato buca.»
«Lui non ti ha dato buca!» il mio tono forse era risultato più alto del normale, ma avrei fatto qualsiasi cosa per aiutare il mio amico.
Amanda rimase un attimo in silenzio, guardandomi seria negli occhi. Dovevo spiegarle tutto. Beh... magari non tutto-tutto.
«Ascoltami. Peter ha una cotta per te da quando ti ha puntato gli occhi addosso, e fino a ieri si era sempre nascosto dietro ad un sipario ne tentativo di... rivolgerti la parola. Per tutto questo tempo il suo sogno è stato quello di stare con te» la guardai negli occhi. «Pensi davvero che ti abbia dato buca?»
Speravo che quelle parole avessero addolcito Amanda, ma quella ragazza era tosta.
«E allora cos'è successo ieri? C'eri tu, Judith... d'un tratto il mio appuntamento è diventato uno spettacolo da baldacchino.»
Sapevo che avrei fatto meglio a rimanere in silenzio, ma era importante che Amanda capisse di che persona fantastica stavamo parlando. Perciò non avevo altra alternativa, dovevo dirle come stavano le cose, senza sprecarmi in esitazioni.
«Peter ha avuto un'erezione.»
La frase mi era uscita così. Di petto.
Amanda sembrava incredula. «Una... eh?»
«Hai sentito bene.»
E fu un secondo, forse un istante, prima che la ragazza scoppiasse a ridere. La guardai con stupore, alzando un sopracciglio.
«Seriamente?» Amanda stava ancora ridendo. «E per così poco?»
«Beh, sarebbe stato imbarazzante se tu l'avessi scoperto davanti a lui.»
La ragazza doveva ancora riprendersi, prese un respiro e mi guardò.
«In effetti hai ragione.» Disse con ancora un sorrisetto stampato in viso.
L'aveva presa meglio di quanto pensassi.
«Mi dispiace di aver reagito così male ieri sera...» continuò Amanda. «Credevo di non piacergli! Lui è... così carino.» Fece una risatina.
Dovevo ancora elaborare quello che aveva detto. Era il sonno? L'instabilità? La pallonata che mi aveva dato Chase aveva girato qualche rotella del mio cervello? Oppure era semplicemente Ed che mi stava dando alla testa?
«Un attimo. Mi stai dicendo che ti piace Peter?» il mio tono era stupefatto, direi più incredulo.
Le guance di Amanda mi erano apparse più rosse del solito, in quel momento giurai di averla vista arrossire.
«Può darsi.» Ammise.
Due semplici parole che mi fecero spuntare un enorme e sincero sorriso. Era come se tutto ad un tratto tutti i tentativi che io e Peter avevamo fatto si fossero rivelati vincenti. Sinceramente non pensavo che avrei mai sentito Amanda dire quelle cose.
«Perciò...»
«Perciò gli parlerò» quello che disse fu sollevante. «Oggi andrò a casa sua e... vedrò di chiarire.»
Sorrisi. «Stai facendo la cosa giusta, e vedrai che tra voi le cose si sistemeranno.» Affermai dandole un pugnetto amichevole sulla spalla.
Lei mi sorrise. «Già, penso anch'io.»
«Solo... non dirgli cosa ti ho raccontato.»
Amanda scoppiò a ridere di nuovo. «Va bene» mi rivolse un sorriso sincero e sospirò. «Grazie mille, Chris. Senza di te... penso che io e Peter non ci saremmo mai rivolti la parola.»
«Non ringraziarmi, in fondo avete fatto tutto da soli.»
E dopo esserci sorrisi un'ultima volta, ci separammo per andare a lezione.
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