41. Operazione Amanda

Finita la lezione, camminavo silenziosamente nei corridoi della scuola senza rivolgere lo sguardo a nessuno, sperando di non dare nell'occhio. Pessima battuta, visto che il mio occhio era messo male.
Molte persone si accorsero di me e si allontanarono silenziosamente, evitandomi come la peste. L'unica persona carina era stata Connor, che mi aveva aiutato con il ghiaccio; ora il mio naso non sanguinava più, ma era comunque rosso e violaceo. Lo spazio attorno all'occhio, invece, era di un viola scuro, simile al nero, però di un tono poco appariscente. Ma anche lui faceva la sua figura. Quando lontananza vidi Peter, cercai di cambiare direzione per non farmi trovare in questo stato. Mi voltai e camminai a passo veloce lontano da lui.

«Chris!» troppo tardi, perché il rosso cominciò a correre verso di me.

Non appena mi girai, Peter sbarrò gli occhi.

«Santo cielo! Ma cosa hai combinato?» domandò stupito.

Sospirai, ma prima che potessi aprire bocca lui mi interruppe. «Sembra che tu sia stato aggredito da un rinoceronte, o che un camion ti abbia investito, o che Rocky Balboa ti abbia riempito di botte! È una cosa allucinante! Sembra che-»

«Ho capito!» lo fermai, alzando le braccia a metà altezza. Poi chiusi gli occhi e sospirai. «Chase e Miles mi hanno massacrato alla partita di dodgeball. Non è nulla di grave.»

«Non sei molto bello, in viso...» Commentò lui.

«Questo è rassicurante, davvero.» Dissi con un tono sarcastico.

Rimanemmo in silenzio, io mi guardai davanti per vedere se qualcuno mi stava osservando.

«Hai notato il mio look?» domandò il rosso, per cambiare argomento.

Girò su sé stesso con aria soddisfatta, e io sorrisi; da quando avevamo fatto shopping il suo stile era migliorato. Anche i capelli erano messi bene, dato che era andato dal parrucchiere.

«Sembri una rockstar.» Commentai ridendo.

Lui sorrise. «Bene, perché oggi riuscirò a parlare con Amanda.»

Mi piaceva tutta la sua convinzione.

«Ottimo spirito!» dissi soddisfatto.

«Quando possiamo agire?»

«Oggi alla mensa. Ti spiegherò tutto lì» risposi. Avevo in mente un piano bene articolato, per Peter. «Vedrai che farai un figurone!»

Ci battemmo il cinque e andammo ognuno nelle rispettive aule, con il nostro obbiettivo bene in mente. Avevo lezione di storia con il signor Gomez, e non volevo farmi trovare in quello stato. Perciò, quando entrammo, io mi coprii il volto con le mani cercando di non farmi notare e mi sedetti silenziosamente. Una volta al mio posto, chinai la testa e mi coprii con un libro.

«Bene, ragazzi» disse il professore. «Aprite il libro a pagina 154.»

Con la testa bassa e con un braccio a coprirla, lo feci.

«Hey, occhio nero!» quel grido proveniva da dietro di me.

Non volevo verificare chi fosse, perché sapevo già che si trattava di Chase.

«Qualcosa è andato storto, oggi?» subito dopo cominciò a ridere.

Quel ragazzo continuava ad infastidirmi. Semplicemente ignorai quella voce, ma dentro stavo morendo di rabbia. Mi chiedevo costantemente che cosa avessi fatto per meritarmi tutto quell'odio. Il professore zittì Chase, ma fu lì che si accorse di me.

«Watson, perché si copre?»

Sospirai, sapendo che era tutta colpa di quel biondo odioso. Non avevo altra scelta, se non quella di rimanere in silenzio.

Peccato che Mr. Gomez insisteva. «Mi faccia vedere.»

Ormai rassegnato, decisi di scoprirmi il viso e lasciargli vedere tutto. Il professore fece una faccia colma di stupore e orrore; era più o meno la reazione di chiunque mi avesse visto in quello stato.

«Si può sapere cosa è successo? Per caso è stato vittima di bullismo, in questa scuola?»

«Un incidente durante una partita. Niente di grave, professore.»

«Chris è debole!» rise un ragazzo. Subito dopo mi accorsi che si trattava di Tyler, uno dei miei vecchi amici.

Con lui rise la metà della classe. Era possibile che il mondo ce l'avesse con me? Mr. Gomez urlò più volte alla classe di stare in silenzio, ma era inutile. Neanche Peter sapeva cosa fare, nonostante volesse aiutarmi. Guardai tutti e mi sentii sprofondare.

«Hey!» un urlo attirò l'attenzione di tutta la classe, che si zittì d'un colpo. Un ragazzo si alzò in piedi sulla sedia, serissimo; solo dopo riconobbi che si trattava di Connor. «Mi è parso di capire che oggi è il giorno "Prendiamo in giro Chris Watson", non è vero?» l'intera classe rimase in silenzio. «Perché lo facciamo, perché è divertente?» fece una pausa, guardando Chase. «Forse perché siamo gelosi?»

Il biondo rise. «Geloso, io? Neanche tra un migliaio di anni. Non vorrei mai diventare come lui.»

«Interessante» fece il moro con un tono sarcastico. «Ma non ho ancora capito il motivo di questa lite contro di lui.»

Fu Bethany a parlare, alzando la mano. «Perché è debole e sfigato!»

La classe rise, ma Connor zittì tutti immediatamente. «Debole e sfigato? Va bene, è stato colpito due volte con una palla da dodgeball, e possiamo dire che non è più "popolare" come una volta, se per voi "popolare" vuol dire uno stronzo di prima categoria. Ma questo ragazzo ha avuto più coraggio di quanto ne avete tutti voi messi insieme» a quelle parole gli rivolsi un piccolo sorriso. «Ricordate il giorno del tentato suicidio? Beh, questo ragazzo ha avuto le palle di salire fin sul tetto della scuola e salvare quella ragazza dalla morte» disse, indicandomi con un dito. «Chris Watson ha salvato una vita, voi cosa avete fatto? Vi siete messi a riprendere con il cellulare. Non avete fatto nulla. Siete rimasti a guardare» fece una pausa, osservando bene ognuno di noi. «Siete stati codardi.»

Quel ragazzo era molto bravo, con i discorsi.

«Ditemi, voi avreste salvato quella ragazza?» il moro si voltò verso Chase. «Tu, l'avresti fatto?»

Il biondo rimase in silenzio, fissandolo dritto negli occhi.

Connor ridacchiò e chiuse le palpebre. «Come pensavo.»

Mi stupivo del fatto che anche Mr. Gomez fosse rimasto in silenzio. Di solito era molto severo riguardo alle regole: gli alunni non potevano salire sopra le sedie e interrompere la lezione. Ma questa volta sembrava molto attento a quello che stavamo dicendo.

«Io non ci posso credere che dopo tutto quello che è successo avete la faccia tosta di prendere in giro altra gente» continuò Connor, severo. «Volete che tutto questo si ripeta? È davvero questo quello che volete?» scosse la testa e sospirò. «Continuiamo a dire che il bullismo è sbagliato, ma siamo noi i primi che lo testano. Ognuno di noi è stato vittima di bullismo. Io questo lo so.» Girò la testa verso Chase, e per la prima volta lui abbassò lo sguardo. «Riflettiamo bene, prima di fare qualcosa. E dopo questo bel discorso, io lascerei Mr. Gomez alla sua lezione. Grazie.»

Connor tornò a sedersi sulla sua sedia, aprii il suo libro a pagina 154 e si mise a leggere tranquillamente, pur sapendo di aver ancora l'attenzione di tutti su di lui. La classe era in un silenzio tombale. Io ridacchiai di gusto e mi misi a mia volta a leggere. Connor aveva dato a tutti una bella lezione, io non avrei potuto spiegarmi meglio.

«Bene!» il professore si riprese dal suo stato di trance e tornò alla cattedra. «Riprendiamo...»

Guardai di sfuggita Connor, e lui ricambiò lo sguardo. Gli mimai un "grazie" con la bocca, e lui sussurrò "tranquillo" facendo un gesto con la mano.

***

Giunti alla mensa, io e Peter appoggiammo i nostri vassoi su un tavolo e ci guardammo intorno per vedere se qualcuno ci stava osservando.

«Bene, questo è il piano.» Gli illustrai, concentrato.

Peter staccò lo sguardo dalla sua coscia di pollo e mi guardò.

«Potresti solo... non guardarmi? Sai, sto mangiando, e...»

Capii al volo e stanco decisi di accontentarlo, voltandomi dall'altra parte della sedia. Il mio aspetto non era messo bene, e avrei potuto capire che poteva irritare le persone sensibili. Ma questo era troppo.

Sospirai e ripetei. «Questo è il piano. Dopo la mensa tu dovrai raggiungere Amanda ai suoi armadietti, e lì dovrai iniziare una conversazione. Una vera conversazione, chiaro?»

«Chiaro.»

«Basta un: "Bel vestito", oppure "Carini, quegli orecchini" e la palla è tua. Poi dovrai mostrare le tecniche che ti ho insegnato, ricordi? E infine le chiedi di uscire.»

«Sembra così facile, detto da te.» Commentò Peter demoralizzato.

«Posso assicurarti che è una passeggiata. Tranquillo, io sarò nascosto dietro gli armadietti e ti suggerirò se ne avrai bisogno.»

«E se mi impallo?»

«Se ti impalli, ti basterà dire la parola "suricato".»

Ovviamente la mia coscienza non poté non protestare. «Questa è mancanza di rispetto!»

Feci una risata interiore e continuai. «Se dirai quella parola io creerò un diversivo.»

«Che genere di diversivo?»

«Lo scoprirai.»

Peter si voltò e rimase ad osservare Amanda con un fare pensieroso. Si vedeva che era piuttosto nervoso; si trattava di fare un passo avanti, di fare un rischio. Gli trasmisi coraggio appoggiandogli una mano sulla spalla.

«Sei pronto?» domandai sorridendo.

Lui mi guardò negli occhi. «Sono pronto.»

«Bene, prendi un respiro profondo...» il rosso chiuse gli occhi e fece ciò che gli era stato chiesto. «Che l'operazione Amanda abbia inizio. Vai, tigre!»

Peter si girò ed a schiena dritta si diresse verso Amanda, che stava mettendo i suoi libri nell'armadietto. Guardai la scena con un sorriso soddisfatto e orgoglioso in volto.

«Credi che ce la farà?» domandò Ed dubbioso.

«Ne sono convinto.»

Peter aveva fatto tanta strada da quando l'avevo conosciuto. Da quel ragazzo timido e insicuro, era diventato... lo stesso di sempre. Ma ora sentivo che era pronto, che non avrebbe deluso le mie aspettative. Lo osservai avvicinarsi ad Amanda con un passo fermo e deciso. Capii che in quel momento ero più nervoso di lui, che cominciai a mangiarmi le unghie e a sperare che tutto andasse per il verso giusto.

«Andiamo... puoi farcela.» Sussurrai nervoso.

Avevo buttato tutto in ballo su quel momento. Peter giunse davanti alla sua meta e con un braccio si appoggiò agli armadietti. Pensai che fosse un'ottima mossa, in fondo aveva imparato dal migliore.

«Ciao, Amanda.» Disse il rosso con fare misterioso.

La ragazza si accorse di lui e fece sbattere il suo armadietto, per poi spostare la testa verso di lui. I suoi occhi nocciola si spalancarono, non appena vide il nuovo aspetto di Peter. Passò lo sguardo dal suo ciuffo rosso fino alla punta delle sue scarpe, e poi il contrario. Probabilmente era sorpresa, come lo ero stato anch'io. Il primo obbiettivo era riuscito.

«Wow» mormorò infine. «Sei diverso, ehm... Patr-»

«Peter.» Lo interruppe il ragazzo, sorridendo.

Amanda sbatté più volte le palpebre. «Giusto, Peter. Io... scusa, me n'ero dimenticata.»

«Tranquilla.»

Presto le gote della ragazza diventarono tutte rosse. La mia faccia era parecchio stordita; possibile che per una volta Amanda fosse arrossita davanti a Peter? Sembrava di vedere la brutta copia di un film americano.

«Io non ti avevo mai visto così. Per caso sei andato dal parrucchiere?» domandò la giornalista, osservando i capelli di Peter.

«Può darsi...» il fare misterioso di quel ragazzo mi stava piacendo. Dove aveva imparato? «Ho notato che hai addosso un nuovo profumo» Peter si avvicinò alla ragazza e aspirò l'aria. «Miele e cocco?»

Amanda fece una risatina imbarazzata e arrossì una seconda volta; inequivocabile segno che era interessata!

«Non ti facevo un latin lover...» Commentò ridendo.

«Ci sono tante cose di me che tu non sai...» fece il ragazzo avvicinandosi più a lei. «Ti va di scoprirle?»

Quello non era Peter. Avevo creato un maestro del rimorchio! Sulla mia fronte c'era scritto "Orgoglioso".

Amanda era ferma. Dopo una breve pausa, disse: «Va bene. Facciamo domani sera alle 20:00?»

«Non me lo rifarò ripetere due volte.» Ridacchiò Peter. Poi si riprese: «Intendo dire... sì, alle 20:00 è perfetto. In che locale?»

Amanda lo guardò bene negli occhi. «Sorprendimi.»

Il rosso sorrise, poi si girò e lasciò la ragazza andare via. Era incredibile quello che avevo visto. Peter mi raggiunse impassibile, mentre un enorme sorriso era impresso nella mia bocca. Non appena giunto davanti a me, rimase in silenzio, dovendo ancora realizzare quelle che era successo.

«Non. Ci. Credo.» Dissi.

«Ho un appuntamento con Amanda Miller.» Mormorò Peter senza alcun sentimento nella sua voce.

«Hai un appuntamento con Amanda Miller!» ripetei euforico.

Il rosso finalmente realizzò.

«HO UN APPUNTAMENTO CON AMANDA MILLER!»

Insieme ci mettemmo a fare i salti di gioia, sembravamo due bambini sulla macchina per andare al Luna Park e con una buona dose di zuccheri nel sangue. Ce l'aveva fatta, era riuscito finalmente a parlare con la ragazza dei suoi sogni, e aveva fatto tutto da solo. Aveva seguito i miei consigli e non aveva fatto cattivo uso delle mie parole. Ero profondamente felice e orgoglioso di quel ragazzo. Quando ci accorgemmo del nostro piccolo momento di sclero ci fermammo improvvisamente e tornammo seri.

«Ma cosa...»

«Non facciamolo più.» Dissi.

Peter annuii deciso.

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