37. Tradimenti e frappé
Vedere Peter al centro commerciale era come vedere un bradipo in Alaska. Non avevo mai visto qualcuno scambiare un camerino per il bagno. Mi chiedevo come avesse fatto a sopravvivere prima di me...
«Come mi sta questo?» domandò il rosso, mettendosi un cappello da pescatore in testa.
Era un cappello color verde palude, che era probabilmente stato indossato da tantissime altre persone prima di lui. Gli rivolsi un'occhiataccia, come a fargli capire di non scherzare.
Lui afferrò al volo e si tolse quell'obbrobrio dalla testa. «Capito.»
«Okay, ora avviamo la missione del rinnovo del look» affermai camminando e dando un'occhiata ai vari scaffali. Intanto, Peter mi seguiva come un cagnolino al guinzaglio. «Ti comprerai dei vestiti decenti, dopodiché andremo dal parrucchiere e vedremo cosa potrà fare con quel furetto che ti ritrovi al posto dei capelli.»
Forse ero troppo duro, ma se volevo aiutare Peter con Amanda dovevo essere brutale.
«Va bene, allora adesso che si fa?»
Sospirai e mi guardai intorno in cerca di vestiti adatti, poi i miei occhi vennero catturati da una felpa e dei pantaloni niente male.
«Provati questi.» Dissi, prendendoli con due mani e offrendoli al ragazzo.
Peter guardò per un attimo i vestiti, all'inizio leggermente incerto, ma poi il suo desiderio di stare con Amanda lo indusse ad accettare il dono.
«Okay, lo faccio» disse, rassegnato. «Ma sappi che se devo spendere soldi inutili la mia vendetta sarà molto dolorosa.»
Ridacchiai e lo invitai a cercarsi un camerino. Ora dovevo solo aspettare che uscisse, e probabilmente ci sarebbero voluti anni, data la sua incredibile lentezza a fare qualsiasi cosa. Mi sedetti su una poltroncina e poggiai il peso in avanti, esausto.
«Pensi veramente che il cambio di look funzionerà?» domandò Ed, per interrompere il momento di noia.
Io sospirai. «Lo spero, altrimenti non saprei proprio cosa fare.»
Non potevo cambiare il carattere di Peter, perciò l'unico modo per convincere Amanda a dargli una possibilità era quello di farsi notare.
«Peter mi sembra un bravo ragazzo, sono sicuro che Amanda lo accetterebbe anche così com'è.»
«Stai scherzando? Amanda Miller accettare uno come Peter Piper?» scossi la testa, contrariato. «No, quel ragazzo non riuscirà a combinare un bel niente senza il mio aiuto. Andiamo, Amanda si è perfino dimenticata del suo nome!»
La coscienza sospirò. «Come vuoi tu.»
Rimanemmo entrambi in silenzio, non sapendo cos'altro aggiungere. Il cambio di look era l'unica opportunità del ragazzo per fare colpo su Amanda, e speravo vivamente che avrebbe funzionato. Passarono un po' di minuti, prima che la mia pazienza raggiungesse la linea del confine.
«Peter, per caso lì dentro stai partorendo?» domandai bruscamente.
«Ho finito» fece lui, da dietro la tendina. «Anche se questi pantaloni sono un po' stretti.» Aggiunse, lamentandosi.
Sospirai e mi preparai psicologicamente a quello che i miei occhi avrebbero dovuto subire. La tendina del camerino si scostò, e quello che vidi all'interno mi bastò per farmi spalancare gli occhi.
«Wow! Sei un vero gangster!» commentai, piuttosto soddisfatto. «Sì, questi andranno bene.»
La faccia di Peter non era affatto felice. Sembrava quasi imbronciato, e io non ne capivo il perché, dato che quei vestiti gli stavano benissimo.
«Dai, fai un giretto.» Dissi.
«Se potessi lo farei, Chris» ribatté il ragazzo, senza nessuna emozione nella sua voce. «Peccato che questi pantaloni siano troppo stretti e che non riesca a muovere le gambe.»
Sbuffai divertito. «Sì, certo. Almeno provaci!»
Peter sospirò e obbedì a quello che gli era stato chiesto, o meglio, imposto. Era impossibile che non riuscisse a muoversi, ma a quanto pare mi sbagliavo; infatti il ragazzo non riusciva a muovere le ginocchia, stava facendo un lento e doloroso giro su sé stesso senza muovere un muscolo. Quando tornò dritto davanti a me, il disagio mi si leggeva in faccia.
«Hai ragione, quei pantaloni non vanno bene.» Commentai, demoralizzato.
«Non vanno bene?! Sembro un cotechino avvolto in della carta stagnola!»
Il suo commento era molto più sincero e realistico del mio, e anche se non volevo ammetterlo, il rosso aveva usato proprio la definizione adatta.
«Va bene, ora toglieteli.»
«Ti avverto, ci vorrà molto per sfilarmi questa armatura dalle gambe.» E in meno di un secondo, la tenda del camerino era già stata chiusa.
Sospirai e tornai in attesa. Avrei dovuto capire che quei jeans erano troppo attillati, anche per delle cosce così magre come quelle di Peter. Poggiai entrambe le braccia sui braccioli della poltrona su cui ero seduto e cominciai a guardarmi intorno. Niente di interessante, in quel negozio era tutto monotono.
«Ci sei?» domandai a Peter, sperando che avesse finito.
La risposta che udii non fu molto soddisfacente: «Non ho ancora cominciato a sfilarmi i pantaloni, sembrano fatti d'acciaio!» Che noia, quel ragazzo era proprio lento a cambiarsi.
Borbottai maledizioni contro di lui e rimisi a guardarmi intorno con fare annoiato.
«Hey, a ore 9:00.» Sussurrò Ed.
«Guarda che non serve sussurrare, nessuno ti sente a parte me.» Brontolai.
«Lascia perdere e girati!»
Obbedii, anche se un po' incerto. Alla mia sinistra non vidi nessuno, e cominciai a chiedermi perché la mia coscienza avesse sussurrato quelle parole.
«Guarda meglio, quella ragazza con il vestito lilla.»
Strizzai bene gli occhi, e finalmente riuscii a vedere a chi si stava riferendo.
La mia espressione era sbalordita. «Bethany? Che ci fa lei qui?» dissi allarmato.
«Beh, siamo in un centro commerciale, è normale trovarla qui.» Spiegò Ed normalmente.
Ma io non ero normale, anzi, ero più che nervoso: non potevo farmi vedere da lei! Preoccupato, approfittai del fatto che non si fosse ancora accorta di me e mi alzai di scatto dalla poltrona, per poi cercare subito un nascondiglio sicuro. I miei occhi brillarono, quando localizzai un camerino libero. Senza indugiare mi ci nascosi all'interno, tirando poi un sospiro di sollievo; mi sentivo stranamente al sicuro, anche se a separarmi dal mondo esterno c'era solo una misera tenda di seta.
«Grazie, Ed. Mi hai salvato da una vipera.» Sussurrai, mantenendo un attento contatto con la tendina.
La coscienza non rispose, ma sapevo che si stava crogiolando nel suo ego.
«Chris, ci sei ancora?»
Quella domanda mi fece rimettere sull'attenti. La voce era quella di Peter, che probabilmente era riuscito a togliersi quei maledetti pantaloni. Mi sentii obbligato a dire qualcosa, per non fargli credere che fossi scappato.
«Sono qui.» Dissi, uscendo quatto quatto dal mio nascondiglio.
Mi guardai intorno e notai che Bethany non c'era più; era un sollievo, ma poteva ancora essere nei dintorni.
Peter mi rivolse un'occhiata interrogativa. «Che ci facevi dentro al camerino?»
A quel punto dovetti cercare una via di fuga. «Io... mi stavo specchiando. Ora andiamo.» dissi frettolosamente, prendendo il ragazzo per le spalle e trascinandolo a grandi falcate verso l'uscita del negozio.
«Un attimo! Non compriamo niente?» mi fermò Peter.
Giusto, mi ero dimenticato del motivo per cui eravamo arrivati.
«Pensaci tu, io ti aspetto fuori. Okay?»
Il ragazzo era confuso. «Okay...»
Al suo consenso uscii immediatamente dalle porte automatiche, lasciando un esemplare di Peter stranito all'interno del negozio. Potevo essergli sembrato strano e averlo fatto insospettire, ma non mi importava, perché almeno ero riuscito a scappare dalle grinfie di Bethany. Era come un incubo, ovunque andassi avevo sempre la paura di avercela nei paraggi. Dovevo stare più attento, se in futuro non volevo ritrovarmela davanti.
***
«Ora che hai migliorato il look, è il momento dei capelli.»
«Io non capisco perché ti importa così tanto.» Replicò Peter, sedendosi sulle poltroncine in sala d'attesa.
Mi sedetti di fianco a lui. «Perché tu mi hai chiesto di aiutarti, e io mantengo le mie promesse. Fidati, con un nuovo taglio farai sicuramente bella figura.» Affermai, facendogli l'occhiolino.
Lui sospirò. «Beh, spero che tutto questo alla fine serva a qualcosa.»
«Ne sono convinto!» La verità? Non proprio.
In quel momento giunse davanti ai nostri occhi un signorina abbastanza alta e con i capelli rossi tinti legati ad una coda alta.
«Chi dei due ha bisogno di un nuovo taglio?» domandò sorridente.
«Provi a indovinare» feci io, con una nota sarcastica. Mi sentivo parecchio in vena di battute. «È questo ragazzo qui» dissi infine, indicando il rosso di fianco a me. «Faccia un miracolo.» Un'altra battuta, ma non potevo farci nulla.
La parrucchiera sorrise e disse, rivolta a Peter: «Seguimi.»
Il ragazzo si alzò in piedi e mi rivolse un'occhiata arrabbiata per il commento detto prima. Io ridacchiai, ancora divertito, e lasciai che si allontanasse insieme alla finta rossa. Dovevo ancora aspettare, e questa volta non solo per qualche minuto, bensì per un'intera ora. Cosa avrebbe potuto fare un ragazzo come me intrappolato in un centro commerciale così grande? Avevo qualche spicciolo a disposizione, così decisi di andare a fare un giro per i negozi. Ma ero sempre all'erta, nel caso avessi dovuto incontrare qualche ospite indesiderato. Nonostante avessi messo piede in ogni singolo negozio di vestiario, fatto figuracce con tutti i commessi immaginabili ed essere quasi caduto dalle scale mobili, alla fine il mio portafogli non si era alleggerito nemmeno di un milligrammo. Controllai l'orologio al mio polso e mi accorsi che non era passata nemmeno una mezz'ora, quando mi sembrava di aver trascorso lì l'intero pomeriggio. Esausto, decisi di fermarmi in un bar e di comprarmi un frappé alla banana. Scelsi un tavolino libero e mi ci sedetti col mio frullato in mano; un po' di riposo in un luogo tranquillo era tutto quello che mi serviva. Tirai un sospiro rilassato e bevvi dalla cannuccia un po' del mio frappé.
«Devi risparmiare soldi per pagare i danni della finestra» ricordò Ed-il-pignolo. «Dovevi proprio comprarti qualcosa da bere?»
«Ho sete.» Affermai annoiato dalle sue prediche.
«Di questo passo non ripagherai mai Peter.»
«Troverò un modo, tranquillo.»
La verità era che non sapevo come avrei fatto a trovare cinquecento dollari dal nulla, ma mi sarei inventato qualcosa. Credo.
«Potrei sempre chiederli a mia madre...» Dissi, come alternativa.
Il commento di Ed non fu molto positivo. «Stai scherzando? "Mamma, mi daresti cinquecento dollari?", assolutamente no! Devi prenderti le tue responsabilità.»
Sospirai, girando la cannuccia del frappé attorno al bicchiere con fare annoiato. Non avevo molto da fare, se non guardarmi intorno con la paura di trovare Bethany e bere la mia bevanda. Credevo che il tempo sarebbe passato velocemente, e invece mi sbagliavo. Da quando mi ero fermato al bar del centro commerciale erano passati poco più di cinque minuti. Allora cominciai ad osservare le persone sedute ai tavoli attorno al mio, sperando in qualche modo di intrattenermi. Persino le persone avevano facce noiose, eccetto una: una ragazza seduta tutta sola in un tavolino, che disegnava qualcosa su un quadernino e che dava di sfuggita qualche sorso al suo frappé. E quando mi accorsi del ciondolo che portava al collo, come d'impulso mi comparve un nome nella mente: Judith. Anche lei era ovunque andassi, forse era un segno? Sorpreso e allo stesso tempo incuriosito, mi soffermai su quest'ultima e cominciai ad osservarla più attentamente, mentre un sorriso si formava involontariamente sul mio volto. Era molto concentrata su quello che stava abbozzando, e sul viso aveva un'espressione quasi soddisfatta. Avrei tanto voluto vedere il soggetto del suo disegno, anche se dovetti restare nel mistero. Era semplicemente radiosa, in tutta la sua bellezza. Più la guardavo, più dicevo a me stesso di andare a parlarle. Poi qualcosa mi diceva che avrei fatto una figuraccia, o magari detto qualcosa di sbagliato, e mi tiravo indietro. Ad un certo punto la ragazza alzò gli occhi dal suo quadernino e mi notò, e allora mostrarle almeno un sorriso diventò obbligatorio. Judith sembrava sorpresa, ma poi la sua espressione mutò atteggiamento, e divenne sorridente. Mi alzai dalla sedia e andai a sedermi sul suo tavolo, tenendo il mio frappé in mano.
«Hey, ciao.» Dissi, mentre la sedia emise un assordante cigolio.
«Ciao.» Ricambiò la ragazza, chiudendo timidamente il suo quadernino.
«Aspetti qualcuno?»
«No, ero venuta qui per rilassarmi.»
«Al centro commerciale?» domandai, quasi colpito.
Lei ridacchiò. «Beh, sì. Qui fanno dei frappé eccezionali.»
«Giusta osservazione. Che gusto è il tuo?»
«Banana.»
Alla sua risposta rimasi di stucco. «Anche il mio! È il mio gusto preferito.»
Judith rise, anche lei colpita. «Non ti avevo mai visto qui.»
«Beh, ero venuto con Peter per "rinnovare il suo look". Ora è dal parrucchiere, io lo stavo aspettando.»
«"Rinnovare il suo look"? Cosa intendi?»
A quel punto mi sentii quasi obbligato a raccontarle tutta la storia di Peter che corre dietro ad Amanda. La ragazza era abbastanza sorpresa nell'ascoltare le mie parole, e a volte le capitò di sorridere o di ridere divertita.
«Non ci credo» disse, una volta finito di raccontarle tutto. «Peter è innamorato di Amanda?»
Annuii di risposta, sorridendo.
«E perché avrebbe chiesto aiuto proprio a te?»
Devo essere sincero: a quella domanda mi offesi, e non poco.
«Ma non è ovvio? Perché sono un esperto di ragazze.» Dissi, con aria altezzosa.
Judith alzò un sopracciglio. «Tu credi, eh?»
Mi avvicinai leggermente con il busto, anche se il tavolo non me lo permetteva più di tanto. «Mettimi alla prova.» Dissi, malizioso.
Lei ridacchiò, sorpresa. «Molto bene» spostò il suo frappé da un'altra parte e si concentrò. «Mmh... la vedi quella ragazza con il maglione blu?» domandò, indicando qualcuno dietro di me.
Mi girai e individuai subito di chi stava parlando. Si trattava di una ragazza dagli occhi castani e lunghi capelli dello stesso colore, e a dir la verità anche molto carina. Mi rigirai verso Judith e annuii.
«Procurati il suo numero.»
A quelle parole spalancai gli occhi ed impallidì. Il timore che non potessi farcela si fece largo tra la mia mente.
«Se sei un vero esperto delle ragazze non dovresti avere problemi, giusto?» Continuò Judith con tono di sfida, notando la mia incertezza.
«Non farlo...» Disse Ed.
Peccato che l'orgoglio di era ormai impossessato di me. «Certamente! Sarà facile come bere un bicchier d'acqua.»
Forse avevo esagerato, ma ormai la frittata era fatta. La ragazza mi invitò a farmi a avanti, divertita dalla mia sicurezza. Anche se ero un po' incerto, non lo feci notare e mi alzai dalla sedia. Cominciai a camminare verso quella ragazza, sapendo di essere sotto l'attenzione di Judith, e quella cosa mi innervosiva.
«Scusami» dissi, attirando la brunetta, che si accorse di me e smise di parlare con la sua amica. «Te l'hanno mai detto che hai... dei bei capelli?»
Okay, forse avevo dimenticato come si facesse a rimorchiare. Le mie doti non erano più quelle di una volta...
La ragazza e la sua amica risero di gusto.
«Fammi il favore di andartene, sprechi il tuo tempo» disse, spiazzandomi completamente. «Non fraintendermi, sei carino, ma sono fidanzata.»
Annuii, leggermente deluso. «Beh... buon pomeriggio, ragazze.»
Ritornai con la coda tra le gambe al mio tavolo, dove Judith mi aspettava con un sorriso divertito sul volto. Mi sedetti e bevvi un po' del mio frappé, imbarazzato.
«Com'è andata?» domandò la ragazza.
«Ha detto che sono carino» dissi semplicemente, sorridendo. «Ma... non mi ha dato il numero.» Ammisi accettando la sconfitta.
«Esperto di ragazze, eh?» ricordò Judith, alzando ancora un sopracciglio.
«Era fidanzata!» ribattei. «Con una single avrei potuto farcela.»
Lei non poté non trattenere una risata, e io feci lo stesso. Insieme ci divertivamo molto, eravamo proprio in sintonia. Il mio occhio cadde sul quadernino di fianco alla ragazza, e la curiosità ricominciò a scavarmi nel cervello. A quel punto era impossibile non cedere alla tentazione.
«Cos'è quello?» domandai, indicando l'oggetto posato sul tavolino.
Judith smise di bere il suo frappé e lo guardò, sorpresa. «Oh, qui è dove abbozzo qualcosina, quando mi capita...»
«Potrei... vedere cosa stavi abbozzando prima?» domandai timidamente.
Lei impallidì; ero sicuro che non si aspettasse quella domanda.
«Beh... è un quadernino molto personale.»
Bastò quello per farmi fare un passo indietro. «Tranquilla, non sei obbligata. Se non vuoi farmelo vedere, io ti capisco.»
La ragazza sorrise, contenta che non avessi insistito. Riprendendo memoria, controllai il mio orologio e mi accorsi che era quasi passata un'ora. Di sicuro Peter non sarebbe stato contento di non trovarmi lì, ed era meglio non farlo arrabbiare, dato che stava seguendo i miei ordini come se fossero oro.
«Ora dovrei tornare da Peter, tra poco dovrebbe avere un taglio nuovo.» Dissi, assicurandomi che il mio frappé fosse finito. Non lasciavo mai un bicchiere vuoto, sentivo sempre il dovere di finirlo.
«Ti accompagno, se vuoi.»
A quell'affermazione un sorriso mi illuminò il volto. «Sarebbe fantastico.»
Prendemmo le scale mobili, e decisi di raccontarle che prima ero quasi caduto rischiando di fare una brutta figura davanti a tutti. Lei rise, e rimasi sorpreso nel sapere che anche a lei era capitato un paio di volte. Avevamo molti interessi comuni, e quello mi faceva sentire bene. Sentivo che dalla chiacchierata sulla collina Judith era molto più sciolta; faceva molte battute e sembrava si sentisse a suo agio. Insomma, tra noi era nata una bella amicizia.
«E poi la commessa mi ha detto che i biscotti nel vassoio erano a pagamento. Io ne avevo già mangiati cinque!» raccontai, ridendo.
In quei minuti a spasso per il centro commerciale ne avevo combinate proprio di belle. Quando fummo a pochi metri dal negozio di parrucchieri, davanti a me vidi l'unica persona che stavo cercando di evitare. Bethany era lì, che aspettava qualcuno davanti ad un negozio di vestiti. Il panico si impossessò di me.
«Merda.» Mormorai allarmato.
Quando mi accorsi che la ragazza stava per voltarsi verso di noi, presi Judith per un braccio e la trascinai dietro un vaso abbastanza grande, con dentro un cespuglio.
«Ma che...?»
«Sta giù!» sussurrai mettendo la ragazza in ginocchio.
«Chris, cosa...» La ragazza non riuscì a finire la frase che io le tappai immediatamente la bocca con la mano. Anche solo un minimo rumore avrebbe potuto essere concepito dalle orecchie da pipistrello di Bethany.
Tenendo la mano appoggiata sulla bocca di Judith in modo che non parlasse, appoggiai l'altra sul vaso e diedi una piccola sbirciata; fui sollevato nel vedere che per fortuna Bethany non si era ancora accorta di noi.
Judith si scosse e si staccò dalla mia mano. «Che succede?» sussurrò, confusa.
A quel punto voltai la testa verso di lei. «Hai presente Bethany, la mia ex fidanzata? Quella ragazza scorbutica che ti prendeva in giro davanti al distributore di merendine?» lei annuii, ricordandosi. «Beh, è proprio davanti a noi.»
«Oh» fu l'unica cosa che riuscii a dire. «E cosa sta facendo adesso?»
Decisi di porre fine ad ogni dubbio, riaffacciandomi quatto quatto al vaso di ceramica.
«Sta aspettando qualcuno... credo.»
Tutto procedeva con i suoi ritmi, finché non vidi una cosa agghiacciante. Ero veramente sorpreso da Bethany, anche se avrei dovuto aspettarmelo, da una persona come lei.
«Ma non mi dire...» Mormorai incredulo.
Judith era troppo curiosa. «Cosa? Fammi vedere!»
Le feci spazio, permettendole di vedere con i suoi occhi; Bethany aveva letteralmente la lingua ficcata in gola ad un ragazzo, che non era certamente Miles. I due si stavano baciando appassionatamente, così esageratamente da dimenticarsi che erano in un luogo pubblico. Che delusione.
L'espressione di Judith divenne perplessa. «Ma lei non stava con Miles?» domandò, voltando la testa verso di me.
«Così mi sembrava...» Dissi io, continuando a guardare la scena.
Dedussi che avessero rotto, altrimenti Bethany era una vera traditrice. E se lo avesse fatto con me in passato? In tal caso non importava, perché mi era capitato di tradirla forse una decina di volte. Tuttavia non era una novità che io non fossi un ragazzo modello. Quando i due si staccarono, io e Judith tornammo furtivamente a ripararci dietro al vaso.
«Credi che Bethany stia tradendo Miles?» mi chiese Judith.
«Io non lo escluderei.»
Chissà come l'avrebbe presa Miles quando avrebbe scoperto che la sua fidanzatina stava baciando tranquillamente un altro ragazzo... di sicuro ci sarebbe stato da divertirsi. Quando io e Judith ci salutammo e dovetti tornare da Peter, la mia curiosità si era fatta a mille. Ero curioso di vederlo con un taglio diverso da come lo avevo lasciato prima, volevo veder un nuovo Peter. Appena lo vidi voltarsi verso di me con la sedia girevole, i miei occhi si illuminarono.
«Allora?» chiese lui, notando il mio stupore.
Io mi avvicinai a lui e sorrisi. «Allora dico che la missione Amanda è conclusa!»
Insieme ci battemmo il cinque, entrambi soddisfatti.
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