33. Ed, ho fatto una cazzata

Tornato a casa, tentai di rispondere correttamente a tutte le domande di mia madre su dov'ero stato l'intero pomeriggio. Sicuramente non potevo dirle che lo avevo trascorso in compagnia di una ragazza, perciò mentii dicendo che ero uscito con Peter e che avevamo perso la cognizione del tempo. Per fortuna non dubitò di me, perché avevo esaurito le scuse plausibili dal mio forno di scuse plausibili. Dopo aver cenato mi sedetti sul divano in salotto e controllai le notifiche sul cellulare. Sobbalzai, quando i miei occhi diedero un'occhiata allo schermo: otto chiamate perse da Peter. Già... probabilmente si doveva essere accorto che la finestra della sua camera si era frantumata in mille pezzi. Una parte di me voleva cercare di risolvere la cosa, ma un'altra parte voleva ignorarlo completamente. Diedi ascolto all'angioletto sulla mia spalla destra e decisi di chiamarlo. In fondo... gli dovevo delle spiegazioni! Digitai velocemente il suo numero sulla tastiera e mi preparai psicologicamente a quello che sarebbe successo. Mi misi il cellulare all'orecchio e sospirai.

«Peter.» Iniziai, quando si aprì la chiamata.

«Allora sei vivo!» esclamò lui sollevato. «Temevo che mio padre ti avesse fucilato.»

Come sospettavo, Peter sapeva tutto.

«Per caso mi ha riconosciuto?» domandai allarmato.

Non volevo pensare alle conseguenze di quello che avevo fatto. O meglio, di quello che avevamo fatto. E se il signor Piper mi avesse scoperto, credo che la missione sulla terra sarebbe stata del tutto terminata.

Quello che disse Peter fu rassicurante. «No, tranquillo. Ha detto solo che ha visto due ragazzi scappare. Quando ha descritto un ragazzo alto con i capelli castani ho pensato subito a te, ma poi ha detto che c'era una ragazza bionda...»

A quelle parole sospirai. Suo padre non ci aveva scoperto, ma Peter decisamente sì. Perciò era meglio dirgli la verità.

«Senti, io volevo cercare di colpire la tua finestra delicatamente, ma poi...» mi bloccai. Non potevo dire che Judith aveva rotto la finestra, quella ragazza aveva già altre cose a cui pensare. «Ho preso un sasso troppo grosso e per sbaglio ho rotto il vetro. Con me non c'era nessuno... magari quella ragazza stava facendo jogging proprio quando stavo correndo e tuo padre dev'essersi confuso.»

Peter sospirò. Credevo di aver fatto la cosa giusta, rivolgendo tutta la colpa su di me.

«Se vuoi puoi dirgli tutto... è stata tutta colpa mia.»

«Non dirò nulla a mio padre.» Disse Peter.

Sorrisi, contento che il ragazzo non avesse intenzione di fare la spia. Ero felice che me ne fossi tirato fuori tanto facilmente. In fondo dire la verità fa bene.

«Davvero? Grazie!» esclamai, contento.

«Non gli dirò niente, ma dovrai comunque ripagare i danni» purtroppo Peter non aveva finito la frase. Il mio silenzio lo fece continuare. «Cosa credevi, che fosse gratis?»

Sospirai. Forse dovevo aspettarmelo...

«Oh» dissi con un tono deluso. «Va bene, dammi un po' di tempo e ti ripagherò.»

«Mi dispiace farlo, ma cavolo! Mi hai rotto una finestra!»

«Già...» Feci io, assumendo un'espressione colpevole. «Okay, ti prometto che ti darò i soldi, quando troverò un modo per ottenerli.»

«Bene, ora ti saluto, devo andare a calmare la crisi isterica di mia madre.»

Spalancai gli occhi. «Mi dispiace...»

«Tranquillo, ce l'ha quasi sempre.» Disse Peter tranquillamente.

«Okay, allora ci vediamo lunedì a scuola» conclusi. «Scusa ancora per la finestra!»

Ci salutammo e chiusi la chiamata. Tutto quello stress mi stava uccidendo, così decisi di sdraiarmi sul letto e riflettere.

«Grandioso, ora devo ripagare Peter per una cosa che non ho fatto.» Mormorai, passandomi una mano sui capelli ormai spettinati.

«Non dovevi accettare il piano di Peter, o per lo meno potevi esercitarti a mirare!» esclamò Ed, con il suo fare da rimprovero. «Sul serio, Clary ha una mira più decente di te.»

«Ho provato solo un paio di volte!» replicai. «Avrei potuto farcela.»

«Se ti fa sentire meglio... l'importante è crederci.»

Sospirai, rigirandomi nel letto. Ci sarà mai stata una volta in cui Ed mi avesse fatto sentire meglio?

«E ora dove li trovo i soldi?» sospirai, chiudendo gli occhi e cercando di far sparire ogni preoccupazione. Impresa impossibile, perché chiunque si fosse ritrovato nei miei panni avrebbe pensato di essere finito.

«Potresti trovarti un lavoro.» Suggerì Ed.

Dopo quella frase mi alzai dal letto come una molla. «Un lavoro?»

«Molti ragazzi della tua età hanno un lavoro, Chris. E non penso che tu abbia molto da fare, dopo la scuola.»

«Ma io non so fare niente!» protestai. «Non ci sono lavori per quelli come me.»

«Credimi, ce ne sono.» Fece lui, per quando strana potesse essere la cosa.

Sospirai e mi ributtai sul letto.

«No, è una pessima idea.» Sbottai, incrociando le braccia.

La verità era che non avevo affatto voglia di lavorare, e dato che lo avevo appena rivelato, subito pensai che la mia coscienza lo sapesse già.

Al contrario delle mie aspettative, questa non si lamentò. «Come vuoi» disse. «Troverai un altro modo.»

«Bene» fece io, contento che non avesse protestato. «Grazie.»

Ora che ci pensavo l'idea di guadagnare un po' di soldi non risultava così tanto difficile. Insomma, sarebbe bastato non spendere più nulla per qualche settimana.

«Che tu sappia... quanto costa far riparare una finestra?» domandai a Ed, per curiosità.

La mia coscienza fu lapidaria. «Mah... più o meno sui cinquecento dollari.»

A quelle parole sobbalzai.

«CINQUECENTO DOLLARI?!»

«Ho detto più o meno... potrebbe costare anche di più.»

La sua affermazione mi fece sentire peggio. Se pensavo a come avrei potuto trovare tutti quei soldi in così poco tempo... la testa mi esplodeva. Avevo fatto proprio un bel guaio.

«E ora come faccio? Sono un bel po' di soldi!»

«Io te l'ho già data, la soluzione.» Ricordò Ed, malizioso.

«Ma non ho intenzione di ascoltarti.»

Avrei dovuto trovare un modo per guadagnare tutti quei soldi senza lavorare o fare un minimo sforzo. Ma la domanda era: come? Ad interrompere i miei pensieri fu mia madre, che irruppe nella mia stanza con una tazza in mano.

«Mamma!» esclamai leggermente sorpreso, mettendomi seduto.

«Ti ho sentito parlare con qualcuno.»

Avrei dovuto capire che le mura di casa mia non erano fatte di metallo.

«Oh, sì... ero al telefono con Peter.» Mentii, sperando che ci credesse.

«Ti ho portato una tisana.» Continuò lei, sedendosi nel letto accanto a me.

Mi porse la tazza col vapore che usciva leggermente da quanto fosse bollente, e io accettai ringraziandola del bel gesto. Ne bevvi un sorso silenziosamente, sentendomi a disagio dalla sua presenza.

«Ho parlato con la madre di Peter, è davvero simpatica.»

A quelle parole rabbrividii. E se sapesse tutto? Solo quell'idea mi mise in ansia, ma cercai di non mostrarlo per non dare nell'occhio.

«Oh.» Era l'unica cosa che potevo dire.

Mi sfiorò l'idea che ormai sapesse già tutto, ma cercai di accantonare quei pensieri prima di sapere come stavano realmente le cose.

«Lo sapevi che qualche teppista ha rotto una finestra di casa loro?»

Quello che disse fu rassicurante, perché così sapevo che non aveva nessun sospetto di me.

Mi mostrai allibito. «Sì, me l'aveva già detto Peter. Al mondo ci sono persone così malvagie...»

Bevvi un altro sorso di tisana, per nascondere la mia faccia tanto accusatoria. Me l'ero scampata... più o meno.

«E sai cos'altro mi ha detto sua madre?»

Oh, no. C'era altro?

«Cosa?» domandai leggermente nervoso, spostando lo sguardo verso di lei.

«Che Peter era in punizione, e che ha passato l'intero pomeriggio in camera sua.»

Ecco, lo sapevo. Ero stato beccato da mia madre, e non sapevo come  reagito quando le avrei rivelato tutta la verità. Sospirai ed appoggiai la tazza che avevo in mano sul comodino, sapendo che ogni forma di negazione sarebbe stata inutile.

«Perciò...» Iniziai, non sapendo come giustificarmi.

«Tranquillo, a me puoi dire con chi sei stato. Sono tua madre! Ti prometto che manterrò la calma.»

Sospirai: dovevo fidarmi? Alla fine decisi di arrendermi e di essere sincero.

«Sono stato con Judith.» Ammisi, roteando gli occhi al cielo.

Mia madre tirò un urlo di gioia, una reazione che non mi sarei mai aspettato.

«Sì! Grande! Lo sapevo!» esclamò, non riuscendo a trattenersi dalla felicità. «Ora raccontami tutto. Come va? State insieme? Oh, sono così emozionata!»

«Mamma, non montarti la testa!» dissi, per farla calmare.

«Scusa, scusa» fece lei, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo. «Ti ascolto.»

«È successo tutto per caso... stavo camminando quando per sbaglio Judith mi è venuta incontro. Abbiamo parlato e dopo abbiamo deciso di fare una passeggiata, tutto qui.»

«Una passeggiata che è durata un bel po' di ore...» Fece mia madre, con un sorrisetto malizioso.

Lasciai perdere la sua affermazione. «Non capisco, come mai ti piace tanto?» domandai, confuso. «Insomma... non l'hai mai incontrata, e a malapena ti ho parlato di lei.»

La faccia di mia madre divenne così tanto realizzata che per poco non mi fece paura.

«Hai ragione...» disse, guardando un punto nella mia camera. «Per questo domani la inviteremo a pranzo!»

A quell'esclamazione spalancai gli occhi.

«Judith a pranzo da noi?» ripetei perplesso. «Pessima idea.»

«Perché?» fece lei, stupefatta. «In questo modo posso capire se è la ragazza giusta per te.»

«IO E LEI NON STIAMO INSIEME!» esclamai innervosito.

Mia madre indietreggiò con la testa, sorpresa dal mio tono così forte. «Calmati, Christophino.» Disse, con innocenza.

«E non chiamarmi Christophino!»

Odiavo quel diminutivo che spesso usava con me.

«Basta così, non fare il timido e invitala.» Disse la donna con convinzione.

«Non faccio il timido.» Protestai, incrociando le braccia con orgoglio.

«E allora invitala» fece lei, sorridendo. «Tanto so che ti piace.»

Volevo negare tutto, ma mi resi conto che sarebbe stato inutile e sospirai. «E va bene, la invito.»

Lei fece un piccolo urlo di gioia e sorrise. «Evviva!»

Mia madre si alzò dal mio letto e camminò verso la porta della mia camera, soddisfatta di che piega avesse preso la conversazione.

«Farai meglio a non preparare i broccoli.» Dissi, mentre la donna si avviava verso l'uscita.

Lei rise ed uscì definitamente dalla stanza, lasciandomi solo sul mio letto. Perché voleva invitarla? E perché aveva dato proprio a me il compito di farlo? Guardai con la coda dell'occhio il mio cellulare, appoggiato accanto alla tazza di tisana sul comodino.

«Pensi di invitarla oppure no?» domandò Ed, spazientito.

Quella domanda mi irritò. «Non mettermi ansia!»

«Dico solo che di questo passo lei andrà a dormire e non potrà leggere il messaggio.»

«Okay, okay!»

Feci un sospiro e mi sporsi in avanti per afferrare il cellulare. Non poteva essere così difficile, giusto? Entrai nella chat, ma quando feci per scrivere mi bloccai improvvisamente. E se mi avesse rifiutato? Sarebbe stato umiliante. Non potevo correre quel rischio!

«Scrivile!» ripeté Ed, annoiato.

«Sai che c'è? Lo faccio!» feci io, ormai convinto.

Non dovevo pensare. Dovevo agire.

NONINTERESSATO: Ciao, stai dormendo?

«Se stesse dormendo non ti risponderebbe, no?»

Più rileggevo quello che avevo scritto più pentivo di averlo fatto. La prossima volta avrei riflettuto un po' di più. Sobbalzai, quando sentii il mio cellulare vibrare.

SOLOUNARAGAZZA: Sono appena entrata sotto le coperte.

Quel messaggio mi fece sorridere, per qualche strano motivo.

NONINTERESSATO: Senti... ti andrebbe di venire a pranzo da me, domani? Idee di mia madre, ovvio.

SOLOUNARAGAZZA: Okay, ma mangio solo prodotti biologici e senza glutine. Mangio solo carne di polli allevati accuratamente nei campi, bevo solo acqua che scorre nelle sorgenti più alte, e odio qualsiasi tipo di dolce.

NONINTERESSATO: ...

SOLOUNARAGAZZA: Sto scherzando! Vorrei proprio vedere la tua faccia in questo momento!

Ridacchiai, ci ero proprio cascato.

NONINTERESSATO: Mi sento offeso. Per un attimo ho creduto che fossi la copia di Bethany.

SOLOUNARAGAZZA: Ora io mi sento offesa!

NONINTERESSATO: Posso farmi perdonare invitandoti a pranzo domani?

SOLOUNARAGAZZA: Accetto molto volentieri :) Mi farà piacere conoscere tua madre e tua sorella!

NONINTERESSATO: Ed io mi nasconderò in bagno per tutto il tempo...

Ci prendemmo una pausa per ridere, poi lei mi riscrisse.

SOLOUNARAGAZZA: Senti... stavo ripensando al bacio che ti ho dato. Non vorrei che tu abbia frainteso... o che magari fosse stato troppo.

NONINTERESSATO: Tranquilla, è stato solo un bacio innocuo. Gli amici fanno così, no?

SOLOUNARAGAZZA: Immagino di sì.

NONINTERESSATO: Beh... allora ci vediamo domani.

SOLOUNARAGAZZA: Perfetto.

NONINTERESSATO: Notte, Jud.

SOLOUNARAGAZZA: Buonanotte.

Spensi il cellulare e mi sdraiai sul letto. Non era andata tanto male, a pensarci. Anch'io continuavo a pensare a quel bacio; era stato un innocuo bacio sulla guancia, certo, ma non riuscivo a togliermelo dalla testa. A togliermi Judith dalla testa.

«Non pensavo che l'avrei mai detto, ma...» dissi, guardando il soffitto. «Mi sa che Judith mi piace.»

«No! Tu non l'hai detto!» esclamò la coscienza.

Mi misi una mano sul viso.

«Guarda che non sono stato io a sceglierlo! Sai com'è: al cuor non si comanda.»

«No, no e poi no!» fece lui. «Non capisco! Perché ti piace?»

«Perché è dolce, simpatica, sa come farmi sentire meglio... e poi è bellissima.»

Avevo combinato proprio un bel casino. Ma non mi ero mai sentito così, e in fondo ero felice.

«Questa cosa non finirà bene. Per niente!»

Sospirai, sapendo che Ed aveva ragione. Povera Judith, non avrei mai potuto farla soffrire.

«Lo so, e per questo... ho deciso metterò da parte i miei sentimenti» dissi, tristemente. «È... la cosa giusta da fare.»

«Bene. Ora cerca di dormire; oggi è stata una giornata piena.»

«Già...»

Il mio umore era a terra. Avevo finalmente capito che Judith mi piaceva, ma tra noi non avrebbe mai potuto funzionare. Io me ne sarei andato, che lo volessi o no. Ma invece di pensare al futuro mi resi conto che dovevo pensare al presente. Mancava ancora un bel po' di tempo prima di andare via, e potevo usarlo per fare buone azioni e divertirmi con i miei amici. Domani Judith sarebbe venuta a casa mia, ed ero un po' nervoso. Ma in fondo sarebbe andato tutto per il verso giusto, ne ero sicuro. L'avrei rivista, e quello mi bastava. Perciò mi addormentai con i vestiti ancora addosso, ma con un sorriso sul volto.

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