28. In punizione!
Ed aveva ragione, non avrei dovuto fermarmi troppo a riflettere. Infatti arrivai in ritardo a lezione di storia, e appena varcai la porta della mia classe, tutti puntarono gli occhi verso di me. Ancora una volta non ero arrivato in tempo; ormai ero il re dei ritardatari. Al mio arrivo Mr. Gomez interruppe quello che stava dicendo (ed era una cosa negativa, dato che lui odiava essere interrotto). Il professore mi rivolse un'occhiata torva: ero nei guai.
«Watson, ancora lei.» Disse, con una nota di stanchezza nella sua voce.
«Buongiorno...» Feci io in tono amichevole, sperando in tutte le lingue che non mi sgridasse.
«Solo perché è considerato "l'eroe della scuola", non vuol dire che può entrare in classe quando le pare.»
«Mi scusi, non si ripeterà più.»
Lui sospirò. «Lo spero.»
Tuttavia, non si diede per vinta e volle sapere il motivo di quel ritardo. Stavo per dirgli una bugia, che avevo perso l'autobus o che ero stato troppo tempo davanti al distributore di merendine, quando una voce in fondo alla classe mi interruppe.
«Era in giro con la sua amichetta.» Disse Bethany, con del disprezzo nella sua voce.
"Amichetta". Bethany aveva usato ancora quel nomignolo. Lo stesso che aveva usato quando le avevo chiesto il perché non avesse postato la foto su internet. Non ci misi molto a realizzare che Vanessa probabilmente c'entrava qualcosa in tutta questa storia. Che avesse ricattato Bethany? Rimasi in silenzio a rielaborare i fatti, e non mi accorsi di essere ancora in piedi davanti a tutta la classe.
Fortunatamente fu Mr. Gomez a risvegliarmi. «Si ricordi che deve entrare in classe prima del suono della campanella, oppure prenderò dei provvedimenti. E ora vada al posto.»
Era stato più gentile di quanto pensassi. Apprezzai il suo gesto e senza protestare mi diressi verso il mio banco, ma prima che potessi sedermi mi accorsi che Peter stava cercando di chiedermi quello che era successo. Con la mano gli feci segno che gliene avrei parlato dopo. In silenzio mi sedetti, e la lezione poté finalmente iniziare. Nonostante stessi cercando di stare attento a quello che blaterava Mr. Gomez, la mia mente era piena di strani pensieri. Qualcuno mi stava nascondendo qualcosa... ed era snervante il pensiero di non sapere tutto. Stavo cercando di passarci sopra, ma non potevo: dovevo sapere il perché Bethany non avesse pubblicato quella maledetta foto.
«La finisci di pensare?» mi rimproverò Ed. «Resta concentrato sulla lezione.»
Sospirai. «Non posso! Io devo saperlo!»
«Ma non puoi farti gli affari tuoi?»
«Parlando da ragazzo che ha la sua reputazione nelle mani della sua ex fidanzata, direi che sono abbastanza affari miei.»
La mia coscienza sospirò, e il discorso fu chiuso. Ero ansioso e allo stesso tempo dubbioso. Poi ricordai: Bethany aveva usato il termine "amichetta" ben due volte, in quella giornata. La prima era stata "Chiedilo alla tua amichetta", e poi "Era in giro con la sua amichetta". Perciò era molto probabile che con quel termine si riferisse a Vanessa! Vanessa sapeva cose che io avrei potuto scoprire, perciò dovevo assolutamente parlare con lei. Mi ricordai che avremmo dovuto vederci dopo la scuola per la ricerca di francese, e quella cosa mi consolò. Bene, gliene avrei parlato dopo.
Ad interrompere i miei pensieri fu la porta della nostra classe, che si aprì di colpo. Mi affacciai per vedere meglio di chi si trattasse, e appena riconobbi la figura rimasi impietrito: Chase.
«Oh, no.» Si lasciò sfuggire Ed.
Mr. Gomez smise ancora una volta di parlare, e rivolse l'attenzione al ragazzo dagli occhi verdi.
«Bene bene, un altro ritardatario» disse annoiato. «E questa volta a venticinque minuti dal suono della campanella! Vuole spiegarmi il motivo, Wallas?»
«Avevo cose da fare.» La sua voce era serissima.
"Cose"? Che genere di cose? I due si scrutarono attentamente come fa un predatore con la sua preda, solo che ero ancora indeciso sui ruoli di entrambi.
«Al posto.»
Chase obbedì con malavoglia, camminando come uno zombie verso il suo banco. Nonostante stessi cercando di studiarlo, la missione si era rivelata più difficile di quanto pensassi. Quel ragazzo era davvero uno strano elemento, e non me la diceva giusta. Quando fece il giro dei banchi e si accorse della mia presenza, fece un piccolo ghigno e si sedette al suo posto, sfortunatamente a pochi passi dal mio. Sapevo che le cose non sarebbero andate bene, e per tutta la lezione rimasi in silenzio con le spalle ritratte, sperando di non attirare l'attenzione di quel pazzo omicida.
«Forse lo stai giudicando male.» Disse Ed, che come al solito cercava di mettere tutti in buona luce (tranne me, ovviamente).
Quelle parole mi fecero sbigottire.
«Stai scherzando?!» sussurrai, con gli occhi spalancati.
Mi voltai leggermente verso quel ragazzo, e notai una cosa sconcertante, che mi fece quasi rigettare la colazione di quella mattina.
«Ha appena sputato per terra o sbaglio?»
Ed sospirò. «Voglio dire che magari si sta comportando così per un motivo. Non ti hanno insegnato nulla le telenovelas che guardavi con tua nonna? Il "cattivo" nasconde sempre un passato problematico.»
Sbuffai. In quel momento due pensieri mi frullavano nella mente:
Punto 1: Ed era un appassionato di telenovelas?
Punto 2: Chase non nascondeva un passato problematico, e non meritava assolutamente la mia stima.
Era solo un ragazzo idiota.
«Un po' come te?»
«Cosa? No. Assolutamente n-» non feci in tempo a finire la frase, che qualcosa mi colpì la testa.
Presi l'oggetto in mano e capii che era una pallina di carta stropicciata. Arrabbiato, cercai di individuare con lo sguardo il cretino che aveva osato lanciarmela dritta sulla fronte. Il mio sguardo si fulminò, quando vidi Chase sghignazzare di gusto davanti al cestino dell'indifferenziata.
«Questo è troppo.» Sbottai, furibondo.
Ero al limite, avevo perso la pazienza. Si voleva prendere gioco di me? E allora lo avrei ripagato con la stessa moneta. Ignorando le suppliche di Ed, presi la pallina e con le mani la appallottolai per bene. Poteva sembrare un gesto immaturo, ma in quel momento ero rosso dalla rabbia. Senza pensarci due volte, mirai la testa di Chase e gli lanciai la pallottola stropicciata con tutta la forza che avevo.
«Che succede?» domandò all'improvviso Mr. Gomez, accorgendosi della lite.
Andò davanti a Chase, e in quel momento mi pentii di aver fatto quel gesto immaturo: infatti la pallina andò a colpire la testa pelata del professore, per poi rimbalzare subito per terra. L'intera classe scoppiò a ridere, Chase si stava letteralmente contorcendo dalle risate. Un altro momento in cui mi volevo sotterrare o trasferire da qualche parte in Australia. Mr. Gomez fece un'espressione che mi fece rizzare i capelli dalla paura; ora sì, che ero nei guai!
L'uomo si chinò per raccogliere la pallina, poi la mostrò alla classe e con il tono più severo del mondo tuonò: «Chi è stato?»
«Merda.»
«E non imprecare!»
Merda.
«Vale lo stesso se lo pensi.»
Sospirai. La classe era rimasta in un silenzio ipnotizzante, sperando che il "lanciatore di palline" sarebbe venuto fuori. Sapevo che se avrei parlato ne avrei risentito, ma se non mi sarei sbrigato ad aprire bocca, ne avrebbe risentito tutta la classe. Abbassai lo sguardo, rassegnato a prendermene tutte le conseguenze. Così, dalla nostra classe, una mano si alzò lentamente, attirando l'attenzione di tutti. E quella mano era la mia. Il professore mi rivolse un'occhiata piena di disprezzo ed incrociò le braccia.
«Sono stato io.» Mormorai, pieno di vergogna dalla testa fino ai piedi.
Chase, rimasto dietro al professore, trattenne una risata. Odiavo quel ragazzo. Non solo mi aveva minacciato, importunato Judith e preso il mio posto nel gruppo, ora mi stava anche umiliando. Qual era il suo obbiettivo? Rovinarmi la vita? Se era così, ci stava riuscendo alla grande.
«Ah, Watson...» sospirò Mr. Gomez, notando la mia mano. «Vorrei dire che è una sorpresa, ma non è così.»
Il mio sguardo non voleva incontrare gli occhi freddi dell'uomo che mi stava fulminando con tutta la potenza delle sue iridi marroni. Credo che insegnino questa pratica nel tirocinio... altrimenti non mi spiego.
Dopo la breve pausa, il professore tornò a parlare. «Avanti, in punizione. La strada la conosci, no?»
Sospirai. «Sì, professore.»
Il silenzio della classe mi stava uccidendo, anche se ogni tanto udivo qualche bisbiglio, e supponevo che Peter non avesse nulla da dire. Chissà quante domande gli stavano frullando nella testa... dopo gli avrei raccontato tutto. Nel momento in cui mi alzai dalla sedia, Chase tornò verso il suo posto. Quella volta, l'odio che stavo provando batté ogni singola briciola di disagio nell'incontrare il suo sguardo. Infatti, gli rivolsi un'occhiata piena di rabbia. Lui trattenne lo sguardo, non staccando i suoi occhi dai miei: una specie di gara a chi molla per primo.
«Scherziamo?»
Mantenni il mio sguardo provocatorio fino all'ultimo, quando per mia gioia lui staccò gli occhi dai miei e si sedette al posto, tagliando ogni singola forma di contatto tra noi. Un sorrisetto beffardo si formò sul mio viso; avevo vinto.
«Dimenticavo che i ragazzi di questa età sono così competitivi...»
Mentre uscivo dalla classe non rivolsi neanche uno sguardo a Mr. Gomez, che però aveva l'attenzione rivolta su di me. Con fermezza afferrai la maniglia della porta e non guardandomi indietro la chiusi, rimanendo fuori dalla classe. Sospirai e mi incamminai verso l'aula delle punizioni. Il tragitto me lo ricordavo come il palmo della mia mano. Una volta lontano da orecchie indiscrete, la mia coscienza cominciò a buttare fuori tutto quello che in classe stava cercando di trattenere.
«Sei impazzito? Palline di carta? Andiamo, Chris!»
«Mi ha provocato» mi giustificai. «Sai come sono fatto!»
«56% di cocciutaggine, 24% di orgoglio, 17% di superficialità e 3% di pura deficienza» commentò. «Sì, so come sei fatto.»
Roteai gli occhi al cielo e continuai il mio tragitto verso la stanza in cui avevo passato la maggior parte delle mie ore scolastiche. Quel luogo era un po' come la mia seconda casa, dopo tutto. È una cosa negativa, vero?
Giunto davanti alla porta, non esitai neanche un secondo ad aprirla. Dentro c'erano una decina di studenti seduti su dei banchi scadenti, pieni di scritte intagliate sul legno e cicche appiccicate qua e là. La stanza delle punizioni era una specie di tana per orsi, lì dentro c'era di tutto; sputi per terra, mutande appese alle lampade... avrei giurato di vedere una tavoletta del water incollata al muro. Al centro c'era una grande lavagna, e sopra era stato tracciato con il gesso un disegno osceno fatto da qualche pervertito. Se non mi trovassi a scuola, avrei pensato di trovarmi nel bagno di qualche fast food scadente chiuso da vent'anni. No, la stanza delle punizioni era molto peggio. Una volta entrato, l'attenzione di tutti gli studenti seduti a parlare venne rivolta verso di me.
«Giorno, ragazzi ribelli!» esclamai, spalancando le braccia.
Alcuni mi salutarono, altri rimasero in silenzio. Non ci feci tanto caso e mi sedetti sul primo posto libero che vidi, accanto a due ragazzi, pronto per restare seduto fino al suono della campanella. Per sbaglio mi sedetti sotto una cicca masticata, ma quello era il minimo che potesse succedermi in quella stanza delle torture. Mi limitai a fare un'espressione disgustata, ma rimasi dove mi ero seduto per il semplice fatto che non volevo sedermi accanto a Killer Ralph. Solo il nome può far capire molte cose. Da seduto, potei sentire le conversazioni che stavano avendo il ragazzo riccio e la ragazza con una cuffia nera in testa di fianco a me. Avevano il viso incollato a delle PSP e stavano muovendo i pollici come posseduti.
«Li stiamo battendo, Will?» domandò la ragazza, concentrata con il suo gioco.
«Oh cacchio, l'orco è scappato dal recinto.»
«Concentrati e dagli un calcio nelle palle!»
Decisi di non disturbarli e non dissi nulla. Continuarono per un po', finché il cellulare della ragazza, che era appoggiato al banco, cominciò a vibrare. Aveva ricevuto una notifica. La mia parte buona mi diceva di non farmi gli affari miei, ma la mia parte ficcanaso mi implorò di controllare. Inutile dire che diedi ascolto alla seconda. Furtivamente diedi un'occhiata alla schermata del cellulare; la ragazza aveva ricevuto una semplice notifica da qualche social. Tutto normale, finché i miei occhi vennero catturati dall'immagine dello sfondo. C'era un ragazzo moro con dei cuoricini attorno, e dedussi che fosse il suo fidanzato o una cosa del genere. Ma poi mi accorsi di chi si trattava veramente... e non potei fare a meno di scoppiare a ridere.
«MILES?» la mia voce risuonò per tutta la stanza.
Era Miles. Quello nella foto era proprio Miles! Perché era ricoperto di cuoricini? La ragazza si staccò subito dal suo videogioco e afferrò il suo telefono, con gli occhi spalancati.
«Miles Copper del corso di spagnolo, sì, proprio lui!» urlò a tutte le orecchie che stavano ascoltando.
Ogni studente ritornò a fare quello che stava facendo, e la ragazza fece un respiro di sollievo. Io ero l'unico confuso.
«Ora persino lui ti ha scoperto!» ridacchiò il ragazzo riccio e con gli occhiali.
Mi pareva di averlo già visto da qualche parte... ma accantonai quei pensieri. La ragazza sospirò, poi si rivolse a me.
«Qualsiasi cosa tu abbia visto, è un fake.»
«Fammi capire: quello nella foto era Miles Lewis?»
«Parla piano, cretino!»
Spaventato, rimasi in silenzio. Se non volevo che quella ragazza impazzisse, mi conveniva stare attento a quello che usciva dalla mia bocca.
«Hai per caso una cotta per Miles?» sussurrai incuriosito.
Lei non rispose ed abbassò lo sguardo.
«Rispondo io» disse il ragazzo riccio. «Sì, dal primo anno di liceo.»
A quelle parole spalancai gli occhi. Non avevo mai pensato che qualcuno potesse avere una cotta per il mio migliore amico e io non me ne ero neanche accorto! Ma la cosa sorprendente era che nemmeno Miles se n'era reso conto! Quella ragazza doveva essere davvero brava a non dare nell'occhio. Lei si girò subito verso il suo amico e gli diede una pacca sulla spalla.
«Will!»
«Che c'è?»
«Avevamo detto di non dirlo a nessuno!»
«Sì, ma lui ti ha scoperto con le mani nel sacco.»
La ragazza sospirò, poi tornò a guardarmi.
«Grandioso, ora dovrò farti fuori.»
Sbigottito, strusciai di qualche centimetro lontano da loro. Non sapevo se dicesse sul serio, ma nel dubbio era meglio non rischiare.
«Ehm... no grazie.» Dissi, spostando lo sguardo altrove.
«Allora devi giurare che non lo dirai ad anima viva» fece lei, puntandomi un dito contro. «Giuralo!»
«Lo giuro, lo giuro!» esclamai, alzando le braccia in segno di resa.
Lei ritrasse la mano, poi sorrise soddisfatta. «Bene. E ora che abbiamo messo in chiaro le cose... io sono Zoey.»
Il ragazzo riccio sbucò fuori da dietro di lei. «E io sono Will.» Si presentò, agitando la mano.
«Piacere, Chris.»
«Lo sappiamo chi sei» disse Zoey, roteando gli occhi al cielo. «Credevo che dopo il tuo "atto eroico" avessi deciso di cambiare rotta.»
Feci le spallucce. Allora era vero, tutti in quella scuola sapevano il mio nome.
«Come mai sei finito in punizione?» domandò Will, tirandosi su gli occhiali.
«Per errore ho tirato una pallina di carta sulla testa di Mr. Gomez.»
Zoey rise. «Classico.»
«E voi? Non ci avevo mai visto qui, prima d'ora.»
La mora fu la prima a parlare. «La prof mi ha beccato mentre usavo il cellulare in classe» sbuffò. «Mi era arrivata una notifica importante da Clash of Clans! Non potevo non controllare.»
«...E dato che Zoey è la mia migliore amica e mi tocca sempre tirarla fuori dai guai, ho detto una parolaccia alla professoressa e mi ha mandato in punizione con lei.» Continuò Will, sospirando.
«Mentre siamo in punizione ci piace giocare ai videogiochi. Sai, per passare il tempo.»
Ero sorpreso da quanta amicizia legasse quei due ragazzi, e per loro stava cominciando a crescere una strana simpatia. Non so, forse era qualcosa dei loro caratteri. Zoey notò un calzino sporco incollato alla suola della sua scarpa, e inorridì.
«Questo posto fa schifo» sbottò, buttando il calzino dall'altra parte della classe. «Comincio a capire perché si chiama stanza delle punizioni.»
//ANGOLO AUTRICE//
Ehilà!
Cosa ne pensate dei due nuovi personaggi? E della cotta che Zoey ha per Miles? E poi rimane Bethany con la foto non pubblicata... insomma, robeh.
In questi giorni mi sono dedicata principalmente alla mia nuova storia, che pubblicherò presto su Wattpad! Vi anticipo che sarà meno impegnativa di questa, i capitoli saranno più brevi e non ci saranno molti personaggi. Nonostante ciò, spero che potrà piacervi :)
Ci vediamo al prossimo capitolo, e ricordate che Ed vi tiene d'occhio u.u
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